È troppo comune il caso degl'impedimenti al bene posti dai buoni, ed è troppo penosa la rovina di tante iniziative di bene che vengono stroncate da malintesi, per non dovere insistere su queste parole di Gesù Cristo.In generale tutto ciò che sa di novità urta e diventa sospetto per partito preso, senza alcuna ragione e peggio per un inconscio sentimento di gelosia. Non si fa guerra al bene perché si ha argomento di pensare che sia male, ma perché lo si crede una novità o perché deriva da chi ci è antipatico, o peggio perché urta interessi materiali. Satana soffia volentieri su queste stoltezze, forma delle ombre, le montagne, eccita spesso l'ira nei cuori senza ragione, e con arte subdola giunge fino a fare impressionare i superiori, custodi del bene, rendendoli ostili.Nei grandi disegni messi da uno speciale intervento di Dio l'opposizione non solo non li sfascia ma li rassoda nei secoli, diventando nelle vie del Signore un mezzo per dimostrare la sua speciale operazione.Nelle iniziative comuni dello zelo invece, l'opposizione può cagionarne la rovina irreparabilmente, e questa rovina pesa terribilmente su chi ne è causa.
4. Una disputa fra gli apostoli: chi fra loro era il più grande?Gesù parlò agli apostoli della sua Passione, ed essi non solo non ne capirono nulla, ma, lungo la strada che conduceva a Cafarnao, cominciarono a discorrere chi tra essi fosse il più grande.È probabile che, sentendo parlare il Maestro di Morte, di Passione e di Risurrezione, essi avessero capito che Egli alludesse alla morte dei suoi nemici ed alla sua risurrezione gloriosa dall'umile stato in cui era, all'apice del regno; perciò, supponendo imminente il suo trionfo, cominciarono a discorrere sul posto che avrebbero avuto nel suo regno. Parlavano sommessamente, proprio come chi si confida delle speranze e fa dei progetti; Gesù li lasciò discorrere e solo quando furono in casa interrogò qualcuno di essi sul soggetto dei loro discorsi.Saputolo, li radunò tutti intorno a sé per far loro una grande lezione di sapienza e di umiltà: chi voleva essere il primo doveva essere ultimo e servo di tutti, e chi voleva essere grande doveva essere come fanciullo, anzi come infante. Gesù mostrò loro un fanciullo prendendolo fra le braccia, proprio per mostrare il modello della piccolezza alla quale li chiamava, e poiché essi non capivano quale importanza potesse avere un fanciullo nel regno da Lui preconizzato, li esortò ad accogliere i fanciulli come Lui stesso, per accogliere il Padre che lo aveva mandato, giacché sulle nuove generazioni era poggiato lo sviluppo della Chiesa.
4. A Betsaida Gesù guarisce un ciecoA Betsaida fu presentato a Gesù un cieco perché lo toccasse e lo risanasse; ma Egli non volle farlo innanzi a tutti e, presolo per mano, lo condusse fuori dal villaggio. Era ancora vivo il ricordo della moltiplicazione dei pani, ed il Redentore non volle che il popolo si entusiasmasse inutilmente, trascurando il bene dell'anima. Egli anzi non volle operare il miracolo in un momento, ma lo fece gradatamente, quasi fosse stata una guarigione naturale; non volle che un fatto impressionante avesse eccitato nella folla l'entusiasmo per il regno politico e terreno che credeva dovesse attendersi da Lui.Il popolo aveva supplicato Gesù di toccare il cieco, ed Egli lo prese per mano, degnandosi di farsene Egli stesso la guida. Come dovette essere soave per il cieco dare la mano a Gesù, ed essere da Lui accompagnato fuori del frastuono del villaggio! Questa mano, bellissima e morbida, spirava carità, santità e purezza, e gli trasfondeva una grande dolcezza nel cuore, accendendogli maggiormente la fede, la speranza e l'amore. Gesù lo accompagnò fuori del villaggio per dargli tempo di raccogliersi, e tenendolo per mano gli fece sentire una grande attrazione ai beni eterni. In tal modo gli dava prima la vista dell'anima. Poi gli pose della saliva sugli occhi e gl'impose le mani, domandandogli se vedesse qualche cosa. Lo sputo non poteva essere una causa naturale della guarigione, ma Gesù si servì di quel mezzo per mostrare innanzi al popolo che applicava un rimedio e nascondere così la sua operazione divina. Probabilmente la saliva non fu messa sugli occhi ma dentro, mentre il cieco aveva dilatato le palpebre che poi si rinchiusero, e quella saliva benedetta cominciò a rischiarare gli occhi dell'infelice; per questo è detto nel Testo che il cieco, interrogato se vedesse qualche cosa, alzò gli occhi, aprì con un certo sforzo le palpebre e sollevò gli occhi che si erano istintivamente abbassati dopo aver ricevuto lo sputo. Girò intorno lo sguardo, lo fisso lontano verso la strada e disse che vedeva gli uomini come alberi che camminavano. Egli distingueva solo una massa eretta come un fusto, e questo gli richiamò in mente l'immagine degli alberi; evidentemente non doveva essere un cieco nato, poiché aveva l'idea del corpo umano e degli alberi. Gesù gl'impose nuovamente le mani sugli occhi, i quali subito furono completamente rischiarati e videro tutto distintamente; dopo di che lo accomiatò, raccomandandogli di non dire nel villaggio nulla di ciò che era avvenuto.
4. La fede della CananeaGesù volle fare una visita alle contrade pagane di Tiro e di Sidone, chiamate anche sirofenicia, perché unite alla provincia romana di Siria. Gli Ebrei chiamavano Cananei gli abitanti di questa regione, e per questo la donna che supplicò il Redentore è chiamata Cananea da san Matteo.Gesù Cristo passò in territorio pagano per far diminuire l'avversione che avevano contro di Lui gli scribi e i farisei, e nello stesso tempo per chiamare anche i pagani alla fede. Non voleva fare un apostolato in quelle regioni, ma desiderava quasi prenderne possesso tacitamente, e perciò non voleva che si sapesse della sua presenza in quei luoghi. Ma non poté rimanervi nascosto, perché ben presto si sparse la notizia del suo arrivo.Dal contesto si può rilevare che gli apostoli non fossero stati molto contenti d'andare in terra pagana; essi che prima avevano interrogato Gesù sulle sue affermazioni riguardo al mangiare ed al bere, perché erano sembrate loro contrastanti con gli usi legali, non dovettero guardare di buon occhio quell'escursione in terra pagana e presso i pagani, riguardati dagli Ebrei come cani. Questo loro nascosto sentimento traspare dalla stessa durezza delle risposte che il Redentore diede ad una povera donna che lo supplicava di scacciare il demonio da una sua figlia.La poveretta, saputo della venuta di Gesù, andò appresso a Lui nel luogo dove Egli si trovava, e lo supplicò di aver pietà della figlia. Ma Gesù, rispecchiando nelle sue parole l'occulto sentimento degli apostoli verso i pagani, e perché essi avessero potuto vederne la durezza e rammaricarsene, disse che non era bene prendere il pane dei figli e darlo ai cani.Assolutamente questa espressione non poteva stare sulle labbra dell'infinita bontà, e Gesù la disse ripetendo con parole sue quello che gli apostoli pensavano internamente, e le disse, come si rileva da san Matteo, per le insistenze che gli fecero gli stessi apostoli. Essi che trovavano mal fatto andare ai pagani, avrebbero voluto poi che Gesù avesse accontentato quella donna per non farla più gridare.La donna capì bene il senso delle parole del Signore, e lungi dall'adontarsene, sentì tanto forte la bontà di Lui che rispose con maggiore umiltà e fiducia: Anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli. Si umiliò e disse una parola di grande fiducia, e per questa parola ottenne la grazia, e il demonio fuggì dalla figlia*; lo disse esplicitamente Gesù: Per quanto hai detto va il demonio è uscito dalla tua figlia. L'umiltà è come una saetta per satana, lo ferisce in pieno, ed è un elemento a lui così contrario che ne rifugge come il pesce rifugge dall'aria libera.Le grandi invasioni diaboliche avvengono quando l'orgoglio apre loro la via, e le grandi sconfitte che egli subisce avvengono per la santa umiltà che lo confonde. Se intendessimo questa grande verità e sapessimo umiliarci innanzi a Dio, saremmo invulnerabili da parte di satana.È detto nel Sacro Testo che Gesù, entrato in una casa del territorio di Tiro e di Sidone, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté stare nascosto.Se Egli non voleva che nessuno lo avesse saputo, avrebbe potuto rendersi invisibile oppure impedire che la gente si accorgesse di Lui; è evidente che Egli non voleva che il popolo fosse andato da Lui per curiosità, e si manifestò alla fede che lo ricercava. Egli vive nella nostra terra nascosto dai veli eucaristici, e nessuno può scorgerlo in quella benedetta dimora; solo la fede lo scopre, e corre a Lui per averne la vita.Gesù guarisce il sordomutoPartito di nuovo dai confini di Tiro, Gesù ritornò in Palestina per la via più lunga, traversando il territorio della Decapoli. In questo territorio gli presentarono un uomo sordo e muto, pregandolo di guarirlo. Il Redentore lo trasse in disparte dalla folla perché fosse stato più attento a quello che voleva fargli per eccitargli in cuore la fede.Il sordomuto, infatti, per la sua stessa infelicità, ha uno sguardo mobilissimo, e scruta quello che lo circonda e quelli che gli vogliono far intendere il loro pensiero. Ha sempre il timore di poter essere ingannato o deriso. Trattolo in disparte, Gesù gli mise le dita nelle orecchie, per fargli sperare la guarigione e per prepararla col suo contatto divino; poi, per la stessa ragione, gli toccò la lingua con la saliva, alzò gli occhi al cielo, e sospirò pregando e dicendo: Effatà, che in lingua aramaica significa: Apriti. Immantinente il sordomuto ascoltò e parlò, tra l'ammirazione degli astanti, invano esortati da Gesù a tacere del fatto.Gesù Cristo sospirando ed elevando gli occhi al cielo, volle farci intendere a che cosa debbono servirci la lingua e l'udito. Egli sospirò, come dicono i Padri, per l'abuso che se ne fa, e volle dirci che l'udito deve servire ad ascoltare le parole di Dio e la lingua deve servirci a lodarlo e benedirlo in ogni momento della vita.All'occhio del mondo quel povero infermo sembrava un infelice; ma se egli avesse volto lo sguardo al cielo, avrebbe ascoltato parole arcane di vita, ed avrebbe conversato unicamente col Signore. È questo l'atteggiamento che debbono avere tutti quelli che sono privati dell'uso di qualche senso: il cieco vede in Dio una luce che non può paragonarsi a nessun sole; il sordo ascolta la sua parola; il muto conversa con lui senza distrarsi con le creature terrene. L'infelicità in fondo diventa felicità, perché non siamo per questa terra ma per Dio.La Chiesa nel santo Battesimo rinnova il gesto di Gesù: tocca gli orecchi del battezzando e l'unge con la saliva, perché quella creatura si apra a Dio, e passi la vita ascoltandolo, lodandolo, e diventando buon odore del Redentore. Come possiamo noi, toccati da Gesù per il sacerdote, aprire gli orecchi a tutte le parole stolte della vanità e della pretesa sapienza umana? Come possiamo aprire la bocca, consacrata alla lode di Dio, per fare discorsi vuoti, o peggio per profanare il Nome del Signore? Gesù Cristo sanò un muto che non parlava, ma non impedì, a quelli che lodavano Dio per le opere che Egli compiva, di parlarne. Lo proibì loro, è vero, per non suscitare nel popolo false aspirazioni ad una regalità tutta temporale, ma non chiuse le bocche che ne parlavano, perché esse lodavano Dio nelle sue opere.Diciamo anche noi a queste nostre orecchie che non percepiscono la voce di Dio: apritevi! Siamo sordi spiritualmente, e benché circondati da mille voci di verità e di amore, rimaniamo ottenebrati e freddi. In quanti modi ci parla Dio nell'interno del cuore, e noi seguiamo sempre le voci delle passioni, credendole voci di verità e di felicità! In quanti modi Dio ci richiama al suo Cuore, e noi non distinguiamo quelle voci, rimanendo assonnati e muti nelle nostre miserie! Andiamo a Gesù Sacramentato: Egli ci tocchi col suo Corpo eucaristico, Egli ci dia l'unzione che viene dalla fede, Egli sciolga la nostra lingua alla lode di Dio! Sac. Dolindo Ruotolo