2. Zaccheo
Per andare verso Gerusalemme, Gesù, continuando nel suo cammino, attraversò Gerico. La fama dei miracoli da Lui operati, e specialmente quella dei ciechi ai quali aveva ridonato la vista, suscitò grande entusiasmo nella città, ed il popolo gli si affollò straordinariamente intorno. Ora, vi era in Gerico un capo dei pubblici doganieri, il quale, sentendo che passava Gesù, corse e si mescolò prima tra la folla nella speranza di vedere chi fosse.Egli era Ebreo, come si rileva dal suo stesso nome ebraico Zakkai, che significa puro, giusto, e come Ebreo aveva anch'egli la speranza del Redentore futuro; volle vedere Gesù, dunque non per una semplice curiosità, ma per osservare chi fosse, cioè se avesse qualche cosa di straordinario che potesse farlo riconoscere per il Messia promesso.
Zaccheo, capo dei doganieri o pubblicano, esosi esattori delle gabelle romane, che facevano mille soprusi al popolo, era riguardato come un peccatore più degli altri. Piccolo di statura, doveva essere molto scaltro ed intelligente per stare ad un posto di responsabilità che faceva correre anche rischi di aggressioni da parte degli angariati, e richiedeva una mano ferma per tenere disciplinati i suoi subalterni. Doveva avere, però, un buon fondo di rettitudine, come appare dal modo col quale accolse la grazia di Dio, ed un'anima semplice, come può rilevarsi dal gesto che fece per vedere Gesù.
Piccolo di statura ma svelto e nel pieno vigore delle forze come si rileva dal suo gesto, non potendo in nessun modo farsi largo tra la folla, né scorgere Gesù da lontano, da uomo pratico com'era, ebbe un'idea geniale: corse avanti per dove doveva passare Gesù e, visto un albero di sicomoro, vi si arrampicò e vi stette per osservare a suo agio il Maestro divino.
Il sicomoro si prestava a fargli da stazione di osservazione, perché ha i rami quasi orizzontali e non è molto alto; egli, dunque, si appoggiò comodamente ai rami ed attese. Notò l'ondeggiare della folla e dall'alto, forse, non gli sfuggì la miseria di quel popolo angariato; ciò può supporsi dalla risoluzione che prese, sotto l'influsso della grazia, di dare ai poveri metà dei suoi beni.
La grazia non opera mai a salti nell'anima nostra e poté utilizzare l'ispezione che Zaccheo fece del popolo dall'alto dell'albero.
Appena Gesù passò per quel luogo, alzò gli occhi e, visto Zaccheo, si fermò e lo invitò a scendere, dicendogli che gli occorreva fermarsi nella sua casa. Zaccheo apprezzò l'onore altissimo che gli veniva fatto e, scendendo in fretta, lo accolse con grande gioia. La sua dimora non doveva essere molto lontano, e tutto il popolo, vedendo che Gesù era andato da un uomo peccatore, cominciò a mormorare. Eppure avrebbe dovuto esaltare Gesù e ringraziarlo, perché la conversione di Zaccheo fu di immediato vantaggio per i poveri e per tutti quelli che erano stati angariati da lui. E evidente che Gesù andò da quel peccatore per convertirlo e disse che gli occorreva fermarsi in casa sua, perché voleva spingerlo a regolare le ingiustizie che aveva commesse.
Non ebbe bisogno di parlargli; gli bastò visitarlo e, poiché Zaccheo aveva accolto il suo primo invito, accolse con prontezza anche quello che gli faceva dell'anima, e disse: Ecco, o Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri e se ho frodato qualcuno gli rendo il quadruplo. Al contatto con Gesù sentì una grande carità per i poveri, e poiché Gesù era andato da lui per perorare la causa dei diseredati e degli angariati, egli sentì nel suo cuore il calore di quella fiamma di bontà e si sentì tutto trasformato. Diventò prodigo nella carità ed esuberante nella giustizia; dette metà di quello che gli apparteneva e riparò al quadruplo quello che aveva frodato.
Con questo, Zaccheo si mostrò pentito non solo dei peccati contro la giustizia, ma di tutti quelli che aveva fatto; col suo esempio trasse tutta la sua famiglia a seguire Gesù, riconoscendolo per Messia, accettò la salvezza che veniva da Lui, e perciò Gesù disse con accento di grande soddisfazione che la salvezza era venuta per quella casa, formando del suo capo un vero figlio di Abramo. Era venuto a cercare e salvare ciò che era perduto, ed il suo Cuore divino esultava accogliendo un'intera famiglia a salvezza.
Tratto dalla monumentale opera di dottrina esegetica di ben 30 volumi. Il frutto che si ricava da tale lettura è una maturazione profonda nella fede, una percezione della verità della Parola negli eventi del nostro tempo, una aspirazione santa alle promesse contenute nella Rivelazione.
sabato 29 ottobre 2016
sabato 15 ottobre 2016
16.10.2016 - Commento al vangelo di S. Luca cap. 18 par. 1
2. Pregare con costanza e con umiltà. Semplicità dei bambini
Avendo Gesù accennato nel capitolo precedente alle tribolazioni degli ultimi tempi del mondo, esorta i suoi alla preghiera continua, costante e quasi importuna, per ottenere la misericordiosa giustizia di Dio contro le ingiustizie dei persecutori. Negli ultimi tempi, infatti, sarà tanta l'iniquità degli uomini e così generale l'apostasia che qualunque rimedio o iniziativa umana sarà impossibile; rimarrà solo il grande mezzo della preghiera, e Gesù esorta tutti a fame uso, raccontando una parabola, nella quale caratterizza l'indole dei capi di Stato degli ultimi tempi.
C'era un giudice in una città, il quale non temeva Dio e non aveva riguardi per gli uomini. Era scettico, miscredente, privo di ogni concetto di superiore giustizia e per conseguenza non aveva alcun senso di rispetto o di carità per gli uomini.
Questa malvagia caratteristica noi la vediamo già nei capi atei o miscredenti di tanti Stati moderni, i quali non conoscono la giustizia ma il delitto o la sopraffazione.
C'era in quella città una vedova che aveva ricevuto qualche grave torto o danno, ed incapace di difendersi con le sue forze, perché vedova, ricorse al giudice iniquo. Ma inutilmente, giacché egli non se ne curò e la disprezzo. Essa però non si stancò di supplicarlo e si rese così importuna che il giudice, annoiato, per non essere tormentato dalle sue insistenze, la contentò.
Con questa parabola Gesù fece un argomento dal meno al più: se un giudice iniquo, al quale non importava nulla della giustizia, finì per cedere alle insistenti preghiere della vedova, Dio, che è giustizia per essenza, non ascolterà la preghiera di chi lo invoca giorno e notte contro le sopraffazioni degli empi?
La preghiera che può conquidere un uomo scellerato con l'importunità non conquiderà l'infinita bontà di Dio con l'amore? Egli ascolterà chi lo supplica, e non sarà lento, ma prontamente renderà giustizia.
Gesù dà la ragione di questa sua esortazione e dice chiaro per quali tempi principalmente la fa, soggiungendo: Quando il Figlio dell'uomo verrà, credete voi che troverà fede sopra la terra?
Ecco i tempi nei quali sarà più che mai urgente pregare. Verrà il Figlio dell'uomo in una straordinaria effusione di grazie nella Chiesa e per la Chiesa, ma troverà le anime senza fede ed estremamente rilassate; verrà negli ultimi tempi per giudicare tutti, ed apparirà glorioso quando l'apostasia sarà quasi completa sulla terra; in questi tempi i pochi fedeli superstiti, sbattuti da fierissime persecuzioni ed impossibilitati a difendersi, potranno trovare scampo solo in Dio, e lo troveranno pregando immediatamente.
Avendo Gesù accennato nel capitolo precedente alle tribolazioni degli ultimi tempi del mondo, esorta i suoi alla preghiera continua, costante e quasi importuna, per ottenere la misericordiosa giustizia di Dio contro le ingiustizie dei persecutori. Negli ultimi tempi, infatti, sarà tanta l'iniquità degli uomini e così generale l'apostasia che qualunque rimedio o iniziativa umana sarà impossibile; rimarrà solo il grande mezzo della preghiera, e Gesù esorta tutti a fame uso, raccontando una parabola, nella quale caratterizza l'indole dei capi di Stato degli ultimi tempi.
C'era un giudice in una città, il quale non temeva Dio e non aveva riguardi per gli uomini. Era scettico, miscredente, privo di ogni concetto di superiore giustizia e per conseguenza non aveva alcun senso di rispetto o di carità per gli uomini.
Questa malvagia caratteristica noi la vediamo già nei capi atei o miscredenti di tanti Stati moderni, i quali non conoscono la giustizia ma il delitto o la sopraffazione.
C'era in quella città una vedova che aveva ricevuto qualche grave torto o danno, ed incapace di difendersi con le sue forze, perché vedova, ricorse al giudice iniquo. Ma inutilmente, giacché egli non se ne curò e la disprezzo. Essa però non si stancò di supplicarlo e si rese così importuna che il giudice, annoiato, per non essere tormentato dalle sue insistenze, la contentò.
Con questa parabola Gesù fece un argomento dal meno al più: se un giudice iniquo, al quale non importava nulla della giustizia, finì per cedere alle insistenti preghiere della vedova, Dio, che è giustizia per essenza, non ascolterà la preghiera di chi lo invoca giorno e notte contro le sopraffazioni degli empi?
La preghiera che può conquidere un uomo scellerato con l'importunità non conquiderà l'infinita bontà di Dio con l'amore? Egli ascolterà chi lo supplica, e non sarà lento, ma prontamente renderà giustizia.
Gesù dà la ragione di questa sua esortazione e dice chiaro per quali tempi principalmente la fa, soggiungendo: Quando il Figlio dell'uomo verrà, credete voi che troverà fede sopra la terra?
Ecco i tempi nei quali sarà più che mai urgente pregare. Verrà il Figlio dell'uomo in una straordinaria effusione di grazie nella Chiesa e per la Chiesa, ma troverà le anime senza fede ed estremamente rilassate; verrà negli ultimi tempi per giudicare tutti, ed apparirà glorioso quando l'apostasia sarà quasi completa sulla terra; in questi tempi i pochi fedeli superstiti, sbattuti da fierissime persecuzioni ed impossibilitati a difendersi, potranno trovare scampo solo in Dio, e lo troveranno pregando immediatamente.
sabato 8 ottobre 2016
09.10.2016 - Commento al vangelo di S. Luca cap. 17 par. 4
4. La guarigione dei lebbrosi
Si avvicinavano le feste pasquali, e Gesù intraprese l'ultimo suo viaggio a Gerusalemme per compiervi la sua divina missione. Passò in mezzo alla Samaria, ossia tra i confini della Samaria e della Galilea, avviandosi verso la Perea e, stando per entrare in un villaggio, ancora nell'aperta campagna, gli andarono incontro dieci lebbrosi, i quali, fermatisi da lontano per non avere contatti col popolo, alzarono la voce implorando pietà. La loro fede in Gesù era in quel momento un atto di fiducia; essi lo sapevano potente e speravano che avrebbe potuto alleviare le loro pene; non era ancora una fede di pieno abbandono, e Gesù volle suscitarla in loro con un comando al quale potevano obbedire solo con una fede piena. Andate, Egli dissq, fatevi vedere dai sacerdoti.
Si andava dai sacerdoti per far constatare la guarigione e fare l'offerta al tempio (Lv 14,10-21); ora essi erano ancora infermi, e solo con un atto di viva fede e di obbedienza poterono avviarsi a Gerusalemme. Mentre andavano si sentirono sani, e continuarono il loro viaggio; solo uno di essi, un Samaritano, accortosi d'essere guarito, ritornò sui suoi passi e, glorificando Dio ad alta voce, si prostrò ai piedi del Redentore ringraziandolo. Gli altri nove, nell'esultanza della riacquistata salute, preoccupati com'erano di rientrare subito nel consorzio umano, dal quale la terribile malattia li escludeva, non pensarono di andare a ringraziare Gesù glorificando Dio. Era questo un atto d'ingratitudine del quale Gesù si lamentò, sia per far rimarcare a tutti la loro guarigione, sia per esortarli alla gratitudine nei benefizi divini, facendo rilevare che questo dovere l'aveva sentito solo un Samaritano da essi sprezzato come eretico e scismatico.
Si avvicinavano le feste pasquali, e Gesù intraprese l'ultimo suo viaggio a Gerusalemme per compiervi la sua divina missione. Passò in mezzo alla Samaria, ossia tra i confini della Samaria e della Galilea, avviandosi verso la Perea e, stando per entrare in un villaggio, ancora nell'aperta campagna, gli andarono incontro dieci lebbrosi, i quali, fermatisi da lontano per non avere contatti col popolo, alzarono la voce implorando pietà. La loro fede in Gesù era in quel momento un atto di fiducia; essi lo sapevano potente e speravano che avrebbe potuto alleviare le loro pene; non era ancora una fede di pieno abbandono, e Gesù volle suscitarla in loro con un comando al quale potevano obbedire solo con una fede piena. Andate, Egli dissq, fatevi vedere dai sacerdoti.
Si andava dai sacerdoti per far constatare la guarigione e fare l'offerta al tempio (Lv 14,10-21); ora essi erano ancora infermi, e solo con un atto di viva fede e di obbedienza poterono avviarsi a Gerusalemme. Mentre andavano si sentirono sani, e continuarono il loro viaggio; solo uno di essi, un Samaritano, accortosi d'essere guarito, ritornò sui suoi passi e, glorificando Dio ad alta voce, si prostrò ai piedi del Redentore ringraziandolo. Gli altri nove, nell'esultanza della riacquistata salute, preoccupati com'erano di rientrare subito nel consorzio umano, dal quale la terribile malattia li escludeva, non pensarono di andare a ringraziare Gesù glorificando Dio. Era questo un atto d'ingratitudine del quale Gesù si lamentò, sia per far rimarcare a tutti la loro guarigione, sia per esortarli alla gratitudine nei benefizi divini, facendo rilevare che questo dovere l'aveva sentito solo un Samaritano da essi sprezzato come eretico e scismatico.
sabato 1 ottobre 2016
02.10.2016 - Commento al vangelo di S. Luca cap. 17 par. 3
3. La potenza della fede ed il dovere di servire Dio
Parlando degli scandali, Gesù Cristo alludeva principalmente ai farisei che allontanavano le anime dalla fede nel regno di Dio; e parlando del perdono, evitava negli apostoli un risentimento inesorabile contro di loro. Egli voleva che aborrissero dal male ma non che si isolassero in loro stessi quasi fossero un partito od una setta. La Chiesa è universale anche quando discaccia gli erranti dal suo seno, perché li vuole salvi e perdona loro con generosità.
Gli apostoli capirono che Gesù li premuniva contro gli scandali che li scuotevano nella fede e, riscontrando in loro effettivamente una diminuzione di fede, lo pregarono ad accrescerla nei loro cuori. Tra gli scandali, infatti, il più spaventoso è quello che scalza dall'anima la fede; è un vero assassinio interiore, poiché un'anima senza la fede è oscurata, è confusa, è disperata, è morta.
A volte una sola parola stolta o sprezzante può gettare l'anima nel dubbio, e un dubbio positivo e volontario sulle verità eterne è già la perdita della fede.
Anche un sogghigno può disorientare un'anima dalla verità e può produrre in lei una grande rovina. Se si ponderasse la natura di questa rovina non si sarebbe così facili a riportare gli errori dei perversi, né si oserebbe fare una stupidissima ed insulsa propaganda contro tutto quello che è soprannaturale, con la scusa di precisione critica e storica. Anche se si avesse ragione per farla, non si dovrebbero gettare nell'anima dei piccoli quei dubbi che essi poi allargano a tutta l'universalità della fede, naufragando miseramente nei gorghi dell'errore e perdendo la grazia di Dio.
La fede è un tesoro immensamente prezioso per l'anima e per la medesima vita presente, poiché è faro di luce e consolazione immensa nelle sue angustie; bisogna, dunque, custodirla gelosamente nel cuore proprio ed in quello degli altri.
Gli apostoli, domandando l'accrescimento della loro fede, desiderarono vedere compiute opere meravigliose per confusione dei farisei e probabilmente desiderarono compierle essi stessi. Per questo Gesù rispose che se ne avessero avuto quanto un granello di senapa, cioè anche poca, ma viva e capace di accrescersi, avrebbero potuto con un comando far trapiantare nel mare un albero di sicomoro.
Col suo sguardo divino Gesù vide le opere grandi e miracolose che gli apostoli avrebbero fatto per la diffusione della fede nel mondo e, per prevenire in loro e nei loro successori qualunque atto di vanità o di presunzione soggiunse, col suo stile divinamente sintetico, che essi avrebbero un giórno lavorato molto, ma che non avrebbero avuto mai motivo di invanirsi e dovevano riguardarsi come servi inutili, cioè non necessari a Dio, dato che i miracoli li avrebbe operati Lui con la sua onnipotenza.
Parlando degli scandali, Gesù Cristo alludeva principalmente ai farisei che allontanavano le anime dalla fede nel regno di Dio; e parlando del perdono, evitava negli apostoli un risentimento inesorabile contro di loro. Egli voleva che aborrissero dal male ma non che si isolassero in loro stessi quasi fossero un partito od una setta. La Chiesa è universale anche quando discaccia gli erranti dal suo seno, perché li vuole salvi e perdona loro con generosità.
Gli apostoli capirono che Gesù li premuniva contro gli scandali che li scuotevano nella fede e, riscontrando in loro effettivamente una diminuzione di fede, lo pregarono ad accrescerla nei loro cuori. Tra gli scandali, infatti, il più spaventoso è quello che scalza dall'anima la fede; è un vero assassinio interiore, poiché un'anima senza la fede è oscurata, è confusa, è disperata, è morta.
A volte una sola parola stolta o sprezzante può gettare l'anima nel dubbio, e un dubbio positivo e volontario sulle verità eterne è già la perdita della fede.
Anche un sogghigno può disorientare un'anima dalla verità e può produrre in lei una grande rovina. Se si ponderasse la natura di questa rovina non si sarebbe così facili a riportare gli errori dei perversi, né si oserebbe fare una stupidissima ed insulsa propaganda contro tutto quello che è soprannaturale, con la scusa di precisione critica e storica. Anche se si avesse ragione per farla, non si dovrebbero gettare nell'anima dei piccoli quei dubbi che essi poi allargano a tutta l'universalità della fede, naufragando miseramente nei gorghi dell'errore e perdendo la grazia di Dio.
La fede è un tesoro immensamente prezioso per l'anima e per la medesima vita presente, poiché è faro di luce e consolazione immensa nelle sue angustie; bisogna, dunque, custodirla gelosamente nel cuore proprio ed in quello degli altri.
Gli apostoli, domandando l'accrescimento della loro fede, desiderarono vedere compiute opere meravigliose per confusione dei farisei e probabilmente desiderarono compierle essi stessi. Per questo Gesù rispose che se ne avessero avuto quanto un granello di senapa, cioè anche poca, ma viva e capace di accrescersi, avrebbero potuto con un comando far trapiantare nel mare un albero di sicomoro.
Col suo sguardo divino Gesù vide le opere grandi e miracolose che gli apostoli avrebbero fatto per la diffusione della fede nel mondo e, per prevenire in loro e nei loro successori qualunque atto di vanità o di presunzione soggiunse, col suo stile divinamente sintetico, che essi avrebbero un giórno lavorato molto, ma che non avrebbero avuto mai motivo di invanirsi e dovevano riguardarsi come servi inutili, cioè non necessari a Dio, dato che i miracoli li avrebbe operati Lui con la sua onnipotenza.
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