sabato 4 luglio 2015

05.07.2015 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 6 par. 2

2. Il disprezzo degli abitanti di Nazaret per Gesù

Partito da Cafarnao, Gesù andò a Nazaret, riguardata da tutti come la sua patria. Era stato tanti anni nascosto in quella città, vi aveva esercitato il mestiere di falegname insieme con san Giuseppe, suo padre putativo e, ritornandovi ora, accompagnato dai discepoli come maestro di sapienza, suscitò l'animosità dei cittadini.

Avrebbero dovuto gloriarsi di Lui, ma per le continue opposizioni degli scribi e farisei non credettero che la sua notorietà fosse giunta a tal grado da lusingarli nell'orgoglio di essere concittadini di un illustre personaggio. Essi anzi concepirono disprezzo per la sapienza altissima che manifestava, sembrando loro una presunzione, e stimandola una contraddizione con i suoi umili natali. Molti conoscevano sua madre, Maria, la sua parentela, i suoi fratelli-cugini e le sue sorelle-cugine, tutta gente che appariva di nessun conto, e sembrava loro diminuirsi rendendogli omaggio. Non parlarono di san Giuseppe il quale era già morto, ma di Gesù falegname, perché, evidentemente era subentrato a san Giuseppe nel mestiere, e si scandalizzarono sembrando loro che la sua predicazione fosse un discredito per il sacro ministero.

Nazaret aveva la poco lusinghiera taccia di essere una città di scemi; si direbbe che l'apprezzamento che fecero di Gesù confermasse questa taccia, giacché si scandalizzavano di quello che avrebbe dovuto edificarli, e si contraddicevano, perché, pur tenendo Gesù in nessun conto, avrebbero voluto vedergli operare grandi miracoli. Egli invece, per la loro poca fede, poté solo guarire qualche infermo, imponendogli la mano.

È detto nel Sacro Testo che Gesù si meravigliava della loro incredulità; da che cosa veniva questa meraviglia? Dal fatto che, com'è detto in san Luca (4,22) tutti gli rendevano testimonianza, ed ammiravano le parole di grazia che uscivano dalla sua bocca; i Nazaretani non potevano negare la grandezza della sua sapienza, ma intanto non volevano riconoscerla come il più grande segno della sua missione; lo lodavano come maestro e lo disprezzavano come Messia, non volendo ammettere che il re che aspettavano fosse di così umile condizione.

La loro incredulità meravigliava Gesù, anche perché lo addolorava profondamente, amando Egli Nazaret, e volendo colmarla di benedizioni. Ma nessun profeta è in onore nella sua patria, nella sua casa e tra i suoi parenti, per le prevenzioni dell'orgoglio, per le animosità latenti di gelosia che si hanno contro di lui, e per il fatto stesso di averlo conosciuto bambino e fanciullo; perciò Gesù dovette contentarsi di andare ad annunziare la divina Parola nei villaggi circostanti.

L'ingratitudine di Nazaret gli causò un gravissimo dolore, giacché quella città non capì l'altissimo onore che le era stato concesso da Dio, e non seppe ricavarne profitto. Il vedere l'umile falegname mutato in un grande Maestro di dottrina che non potevano non ammirare li avrebbe dovuti persuadere di più ch'Egli era un essere straordinario; invece concepirono per Lui tale avversione da minacciarlo nella vita, come ci dice san Luca (4,28-29).

Così fanno tante anime sterili, che dicono di ammirare le bellezze del Vangelo, e poi rinnegano Gesù nella loro vita, scacciandolo dal loro cuore. Ammirano il Vangelo, ma quando lo paragonano alle loro orgogliose spampanate, sembra indegno di loro, e non intendono che esso è sapienza che non tramonta giammai, ed è la pietruzza che abbatte le statue idolatriche dell'umana, pretesa sapienza.

Gli uomini stolti credono che abbiano valore le loro idee e spregiano quelle della fede; eppure le loro idee sono come vapori di nebbia che sono vapori dissipati dal vento e travolti dal turbine.

Ci lamentiamo che Gesù non operi in noi grandi cose, e non ci lamentiamo mai della poca fede che abbiamo, per nostra colpa. La Parola di Dio è come semente che richiede il terreno per prosperare. Apriamo il cuore a Gesù con grande umiltà, ed Egli opererà in noi meraviglie di grazia, perché il suo infinito amore non ha altro desiderio che di riempirci di beni.

La missione dei dodici apostoli e le note caratteristiche delle vere missioni

Il disprezzo che i Nazaretani avevano mostrato per Gesù, fu forse una delle ragioni per le quali Egli mandò i suoi apostoli in missione nelle regioni circostanti. Nella sua infinita misericordia tolse così a quelli che l'avevano conosciuto fanciullo il pretesto di non credere alla buona novella, ed inaugurò solennemente Egli stesso quella missione di preparazione e di evangelizzazione che non doveva giammai interrompersi nella Chiesa, e che durerà fino alla consumazione dei secoli. Li mandò in varie parti, a due a due, perché l'uno fosse stato aiuto dell'altro, e volle che fossero stati abbandonati interamente al Signore, senza avere preoccupazioni di umano prestigio.

Conquistatori di nuovo genere, essi avanzavano senza avere nulla per il viaggio, eccetto un bastone per sostenersi, e i più rozzi sandali ai piedi per custodirsi contro le pietre delle strade.

In san Matteo è detto che non dovevano avere né bastone né scarpe (10,10) cioè che non dovevano portare sandali o bastoni di ricambio, come san Marco dice subito delle tuniche, dovendo portare il puro necessario al loro cammino, senza preoccupazioni temporali.

Gesù Cristo diede loro la potestà sugli spiriti immondi e di guarire i malanni del corpo, ungendo con l'olio gl'infermi; essi dovevano così annunziare e figurare i due grandi Sacramenti della misericordia, quello della Penitenza che scaccia satana dall'anima, e quello dell'Estrema Unzione che purifica l'anima e sana anche le infermità dell'umana natura; di quest'ultimo Sacramento lo dice espressamente il Concilio di Trento (Sess. XIV, c. 1). Andavano avanti come messaggeri del Re, con un mandato spirituale altissimo, che non doveva in nessun modo confondersi con un qualunque giro di propaganda; perciò Gesù volle che si fossero fermati in una sola casa, senza andare qua e là, o accettare inviti di convenienza, quasi fossero andati a diporto.

Dovevano annunziare la buona novella senza clamori, senza contese, senza suscitare inutili reazioni; se la loro parola non fosse stata accettata, dovevano solo mostrare la loro riprovazione per questo atto di resistenza alla Parola di Dio, e declinare ogni responsabilità scuotendo la polvere dei loro piedi, cioè mostrando con questo atto simbolico, allora in uso, che essi non volevano portare con loro neppure la polvere di quel paese che rifiutava la misericordia e la grazia, e declinavano qualunque responsabilità innanzi a Dio.

La Chiesa ha raccolto l'eredità di Gesù Cristo, e manda i missionari per tutta la terra con lo stesso programma di povertà e di umiltà. Essi si distinguono nettamente da alcuni pretesi missionari del protestantesimo e di tutte le sette, i quali vanno come stipendiati, con tutta l'abbondanza delle ricchezze e delle comodità, e spargono solo la zizzania dei loro errori. È un fatto che può constatare chiunque. Chi va in missione in nome di Dio, non ha bisogno di prestigio umano e di mezzi materiali esuberanti, ha bisogno solo di grande fiducia in Dio e di grande amore per la sua divina gloria.

Chi va in missione con i grossi bagagli, con la servitù, con la moglie e col portafoglio carico di sterline e di dollari non è mandato da Gesù, perché Gesù non manda così i suoi apostoli. La ricchezza di alcune delle dette missioni protestanti, che a tanti, persino cattolici, sembra un segno di prosperità e non contrasto con la povertà delle missioni cattoliche, è invece un segno della loro falsità mercenaria. Dio non abbandona alla miseria le missioni cattoliche, come potrebbe apparire, ma vuole che siano affidate alla sua provvidenza ed all'amoroso concorso dei suoi figli.

La ristrettezza dei mezzi finanziari è il segno di Dio: Senza bisaccia, senza pane, senza denaro nella cintura, calzati di sandali, senza portare due tuniche. Il Signore provvede i suoi missionari, ma in modo che essi non corrano pericolo di mutare la missione in una azienda o in un affare commerciale; le ristrettezze costringono a volgere gli occhi a Dio, e portano la ricchezza dello spirito; spingono gli altri al soccorso, e suscitano le ricche energie della carità.

E un po' penoso il pensare, per esempio, che l'America stanzi un miliardo per aiuto ai protestanti, e che tra i cattolici di tutto il mondo non si raccolga neppure la metà o il quarto di questa somma; ma i milioni protestanti sono il capitale di un'azienda, mentre i milioni dei cattolici sono stille di carità e di sacrificio che accendono fiamme di fede e di amore.

Sac. Dolindo Ruotolo

 

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