Mentre i sacerdoti, gli scribi e i farisei cercavano con la più stupida calunnia di impedire il propagarsi della buona novella, Gesù Cristo con la sua divina autorità, investiva gli apostoli della loro missione e solennemente li mandava ad annunziare la verità a tutte le genti di buona volontà, battezzandole nel nome della Santissima Trinità, ed incorporandole al suo Corpo mistico. Egli mandandoli non li fece ministri di una vana eloquenza, ma ordinò loro di istruire le genti e di insegnare ad osservare tutto ciò che aveva loro comandato. La predicazione evangelica è perciò eminentemente didascalica, e non può perdersi in vane parlate, che servirebbero più a magnificare l'oratore che a dilatare il regno di Dio. L'esposizione delle verità, del resto, è l'eloquenza più bella che possa desiderarsi, poiché è luce che illumina la mente, ed è calore che riscalda il cuore e la vita. L'oratoria non è mai apostolato, anzi molte volte diventa vera causa dell'ignoranza che affligge l'anima cristiana. Bisogna darle definitivamente il bando, e ritornare alle forme di omelia e di catechesi che avevano le prediche nella Chiesa primitiva.
Tratto dalla monumentale opera di dottrina esegetica di ben 30 volumi. Il frutto che si ricava da tale lettura è una maturazione profonda nella fede, una percezione della verità della Parola negli eventi del nostro tempo, una aspirazione santa alle promesse contenute nella Rivelazione.
sabato 30 maggio 2015
30.05.2015 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 28 par. 5
5. Gli apostoli mandati da Gesù ad evangelizzare il mondo
venerdì 22 maggio 2015
23.05.2015 - Commento al vangelo di S. Giovanni cap. 16 par. 4
4. Il cammino di Pietro e di Giovanni nel mondo: un'iperbole che non è iperbole
Quando Gesù disse a Pietro: Seguimi, egli andò appresso a Lui credendo che dovesse fargli delle particolari raccomandazioni. Era tutto compreso dell'ufficio assegnatogli, poiché aveva avvertito nell'anima una profonda trasformazione. Era anche tutto compreso dalla profezia fattagli, nella quale aveva capito che si accennava alla sua vecchiezza e, vedendo Giovanni che s'era messo anch'egli a seguire Gesù, ebbe la curiosità di sapere che cosa sarebbe stato di lui. Forse sentendosi dire che sarebbe giunto alla vecchiezza, si preoccupò di sopravvivere a Giovanni che amava di particolare amore, forse desiderò per lui qualche ufficio speciale; si ricordò che quel discepolo era prediletto da Gesù, che nella Cena gli aveva appoggiato il capo sul petto, domandando chi fosse il traditore, ed immaginò che dovesse avere un posto importante. Perciò rivolto a Gesù gli domandò: Signore, di questi che sarà?
Era una curiosità che non importava appagare, poiché quando un'anima è eletta ad una missione, deve pensare a compierla senza preoccuparsi dell'ufficio degli altri. Gesù poi per spiegare a Pietro che cosa sarebbe stato di Giovanni, avrebbe dovuto dirgli tante cose che l'avrebbero contristato, poiché certo san Giovanni ebbe a patire non poco sia per l'esilio a Patmos, sia per le persecuzioni che ebbe, sino ad essere gettato in una caldaia di olio bollente; perciò rispose evasivamente: Se voglio che rimanga fino a tanto che io venga, a te che importa? Gesù Cristo aveva detto altra volta agli apostoli: Quando sarò partito ed avrò preparato il luogo per voi, verrò di nuovo e vi prenderò con me, affinché dove io sono siate anche voi (14,3). Con queste parole aveva loro promesso di assisterli nella morte e portarli in Paradiso. Dicendo a Pietro: Se io voglio che rimanga, finché io venga,Gesù evidentemente non alludeva alla sua venuta finale, ma alla sua venuta amorosa nella morte di Giovanni. Egli voleva dire: lo farò rimanere sulla terra finché io verrò a prenderlo; a te che importa sapere quando verrò a prenderlo? Tu seguimi, cioè tu percorri la tua via appresso a me, e non ti curare di altro.
Quando Gesù disse a Pietro: Seguimi, egli andò appresso a Lui credendo che dovesse fargli delle particolari raccomandazioni. Era tutto compreso dell'ufficio assegnatogli, poiché aveva avvertito nell'anima una profonda trasformazione. Era anche tutto compreso dalla profezia fattagli, nella quale aveva capito che si accennava alla sua vecchiezza e, vedendo Giovanni che s'era messo anch'egli a seguire Gesù, ebbe la curiosità di sapere che cosa sarebbe stato di lui. Forse sentendosi dire che sarebbe giunto alla vecchiezza, si preoccupò di sopravvivere a Giovanni che amava di particolare amore, forse desiderò per lui qualche ufficio speciale; si ricordò che quel discepolo era prediletto da Gesù, che nella Cena gli aveva appoggiato il capo sul petto, domandando chi fosse il traditore, ed immaginò che dovesse avere un posto importante. Perciò rivolto a Gesù gli domandò: Signore, di questi che sarà?
Era una curiosità che non importava appagare, poiché quando un'anima è eletta ad una missione, deve pensare a compierla senza preoccuparsi dell'ufficio degli altri. Gesù poi per spiegare a Pietro che cosa sarebbe stato di Giovanni, avrebbe dovuto dirgli tante cose che l'avrebbero contristato, poiché certo san Giovanni ebbe a patire non poco sia per l'esilio a Patmos, sia per le persecuzioni che ebbe, sino ad essere gettato in una caldaia di olio bollente; perciò rispose evasivamente: Se voglio che rimanga fino a tanto che io venga, a te che importa? Gesù Cristo aveva detto altra volta agli apostoli: Quando sarò partito ed avrò preparato il luogo per voi, verrò di nuovo e vi prenderò con me, affinché dove io sono siate anche voi (14,3). Con queste parole aveva loro promesso di assisterli nella morte e portarli in Paradiso. Dicendo a Pietro: Se io voglio che rimanga, finché io venga,Gesù evidentemente non alludeva alla sua venuta finale, ma alla sua venuta amorosa nella morte di Giovanni. Egli voleva dire: lo farò rimanere sulla terra finché io verrò a prenderlo; a te che importa sapere quando verrò a prenderlo? Tu seguimi, cioè tu percorri la tua via appresso a me, e non ti curare di altro.
domenica 17 maggio 2015
17.05.2015 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 16 par. 3
3. Le pie donne al sepolcro
Gli apostoli stavano rinchiusi per timore di essere catturati, e non ebbero neppure il coraggio d'andare al sepolcro; forse furono informati che vi era la guardia. Le pie donne, invece, ignare di questo e spinte dall'amore, comperati la sera del sabato gli aromi funebri, appena terminata al vespro la festa, si avviarono di prima mattina nel giorno seguente, primo della loro settimana, per imbalsamare il Corpo del Redentore. Fecero un cammino piuttosto lungo e giunsero al sepolcro mentre spuntava il sole.
L'amore le spingeva, ma si ricordarono che la pietra posta sulla tomba era grande assai, e si domandavano fra loro come avrebbero fatto a trovare qualcuno che l'avesse tolta in quell'ora. Alzati però gli occhi si accorsero che era stata già tolta, ed entrarono trepidanti nella caverna. Trasalirono di stupore vedendovi non il Corpo del Redentore, ma un angelo sotto sembianze di giovane, vestito di bianco perché tutto luminoso, il quale disse loro: Non abbiate timore; voi cercate Gesù Nazareno crocifisso; Egli è risuscitato, non è qui. E, mostrato loro il luogo dov'era stato deposto, le esortò a dame notizia ai suoi discepoli ed in particolare a Pietro, dando ad essi convegno nella Galilea. La Galilea era un luogo più pacifico, dove la riunione dei molti discepoli, che Egli aveva, poteva destare minori rappresaglie. Gesù Cristo in realtà si mostrò subito ai suoi apostoli ripetutamente, come si mostrò certamente e prima che a tutti, a Maria Santissima per consolarla, ma la riunione di tutti i suoi apostoli e discepoli la volle nella Galilea.
Gli apostoli stavano rinchiusi per timore di essere catturati, e non ebbero neppure il coraggio d'andare al sepolcro; forse furono informati che vi era la guardia. Le pie donne, invece, ignare di questo e spinte dall'amore, comperati la sera del sabato gli aromi funebri, appena terminata al vespro la festa, si avviarono di prima mattina nel giorno seguente, primo della loro settimana, per imbalsamare il Corpo del Redentore. Fecero un cammino piuttosto lungo e giunsero al sepolcro mentre spuntava il sole.
L'amore le spingeva, ma si ricordarono che la pietra posta sulla tomba era grande assai, e si domandavano fra loro come avrebbero fatto a trovare qualcuno che l'avesse tolta in quell'ora. Alzati però gli occhi si accorsero che era stata già tolta, ed entrarono trepidanti nella caverna. Trasalirono di stupore vedendovi non il Corpo del Redentore, ma un angelo sotto sembianze di giovane, vestito di bianco perché tutto luminoso, il quale disse loro: Non abbiate timore; voi cercate Gesù Nazareno crocifisso; Egli è risuscitato, non è qui. E, mostrato loro il luogo dov'era stato deposto, le esortò a dame notizia ai suoi discepoli ed in particolare a Pietro, dando ad essi convegno nella Galilea. La Galilea era un luogo più pacifico, dove la riunione dei molti discepoli, che Egli aveva, poteva destare minori rappresaglie. Gesù Cristo in realtà si mostrò subito ai suoi apostoli ripetutamente, come si mostrò certamente e prima che a tutti, a Maria Santissima per consolarla, ma la riunione di tutti i suoi apostoli e discepoli la volle nella Galilea.
sabato 9 maggio 2015
10.05.2015 - Commento al vangelo di S. Giovanni cap. 15 par. 3
3. L'Eucaristia, Sacramento di amore nella carità verso il prossimo
L'Eucaristia è Sacramento di amore a Dio nel sacrificio e nella dedizione dell'anima alla divina volontà, ed è Sacramento di amore al prossimo nella carità che s'immola e si dona per amore di Dio. Per questo Gesù, dopo aver parlato dell'amore e della dedizione a Dio, ritornò sul suo grande precetto di amare il prossimo e disse: Questo è il mio comandamento: che vi amiate l'un l'altro come io ho amato voi. Egli questo comandamento l'aveva già dato, e l'aveva chiamato nuovo (13,34) per il mondo, dilaniato dalle vendette e dall'odio; ora volle determinarne la portata, ed esclamò: Nessuno ha un amore più grande di colui che dà la vita per i suoi amici.
L'Eucaristia è Sacramento di amore a Dio nel sacrificio e nella dedizione dell'anima alla divina volontà, ed è Sacramento di amore al prossimo nella carità che s'immola e si dona per amore di Dio. Per questo Gesù, dopo aver parlato dell'amore e della dedizione a Dio, ritornò sul suo grande precetto di amare il prossimo e disse: Questo è il mio comandamento: che vi amiate l'un l'altro come io ho amato voi. Egli questo comandamento l'aveva già dato, e l'aveva chiamato nuovo (13,34) per il mondo, dilaniato dalle vendette e dall'odio; ora volle determinarne la portata, ed esclamò: Nessuno ha un amore più grande di colui che dà la vita per i suoi amici.
venerdì 1 maggio 2015
03.05.2015 - Commento al vangelo di S. Giovanni cap. 15 par. 2
2. L'unione dell'anima a Gesù Cristo è segreto di fecondità, di amore, di carità e di apostolato
Gesù Cristo esortò gli apostoli ad alzarsi da tavola e andar via, come si accennò nel capitolo precedente, ma non uscirono immediatamente, perché dovettero rassettare la sala del banchetto. Mentre raccoglievano i residui della mensa Gesù continuò il suo discorso con loro. Egli che già si chiamò Pane di vita (6,35) e si paragonò al granello di frumento (11,24), vedendo gli apostoli che toglievano i vasi del vino, o forse anch vedendo qualche tralcio disseccato di vite che poteva essere nella sala per attizzare il fuoco esclamò: Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo.Gesù era il coltivatore divino della vigna novella che era venuto a piantare in mezzo al popolo eletto, ma in quel momento s'era donato vivo e vero come cibo e come bevanda, ed era Egli stesso la vite che dava il frutto soave, e lo dava perché le anime, congiunte a Lui, avessero prodotto anch'esse il loro frutto, in Lui e per Lui. Dandosi sacramentalmente Egli s'era come moltiplicato ed aveva promesso di darsi a tutti i suoi fedeli, unendoli a sé; era dunque, per l'Eucaristia, come una vite che doveva coprire dei suoi tralci tutto il mondo ed i fedeli erano i suoi tralci, congiunti a Lui, per attingere da Lui il succo vitale e produrre il frutto. Il Padre suo, sotto questo aspetto, era il vignaiolo ed il coltivatore di questa vite divina, poiché Egli aveva mandato il Piglio suo in terra perché salvando le anime le avesse congiunte a sé e le avesse rese come suoi tralci vivi e fecondi. Per mezzo dei Sacramenti, e soprattutto per l'Eucaristia, i fedeli, congiunti a Gesù Cristo come i tralci alla vite nel suo mistico Corpo, avrebbero attinto la sua vita e prodotto in Lui e per Lui frutti di eterna gloria.
Gesù Cristo esortò gli apostoli ad alzarsi da tavola e andar via, come si accennò nel capitolo precedente, ma non uscirono immediatamente, perché dovettero rassettare la sala del banchetto. Mentre raccoglievano i residui della mensa Gesù continuò il suo discorso con loro. Egli che già si chiamò Pane di vita (6,35) e si paragonò al granello di frumento (11,24), vedendo gli apostoli che toglievano i vasi del vino, o forse anch vedendo qualche tralcio disseccato di vite che poteva essere nella sala per attizzare il fuoco esclamò: Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo.Gesù era il coltivatore divino della vigna novella che era venuto a piantare in mezzo al popolo eletto, ma in quel momento s'era donato vivo e vero come cibo e come bevanda, ed era Egli stesso la vite che dava il frutto soave, e lo dava perché le anime, congiunte a Lui, avessero prodotto anch'esse il loro frutto, in Lui e per Lui. Dandosi sacramentalmente Egli s'era come moltiplicato ed aveva promesso di darsi a tutti i suoi fedeli, unendoli a sé; era dunque, per l'Eucaristia, come una vite che doveva coprire dei suoi tralci tutto il mondo ed i fedeli erano i suoi tralci, congiunti a Lui, per attingere da Lui il succo vitale e produrre il frutto. Il Padre suo, sotto questo aspetto, era il vignaiolo ed il coltivatore di questa vite divina, poiché Egli aveva mandato il Piglio suo in terra perché salvando le anime le avesse congiunte a sé e le avesse rese come suoi tralci vivi e fecondi. Per mezzo dei Sacramenti, e soprattutto per l'Eucaristia, i fedeli, congiunti a Gesù Cristo come i tralci alla vite nel suo mistico Corpo, avrebbero attinto la sua vita e prodotto in Lui e per Lui frutti di eterna gloria.
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