sabato 9 maggio 2015

10.05.2015 - Commento al vangelo di S. Giovanni cap. 15 par. 3

3. L'Eucaristia, Sacramento di amore nella carità verso il prossimo


L'Eucaristia è Sacramento di amore a Dio nel sacrificio e nella dedizione dell'anima alla divina volontà, ed è Sacramento di amore al prossimo nella carità che s'immola e si dona per amore di Dio. Per questo Gesù, dopo aver parlato dell'amore e della dedizione a Dio, ritornò sul suo grande precetto di amare il prossimo e disse: Questo è il mio comandamento: che vi amiate l'un l'altro come io ho amato voi. Egli questo comandamento l'aveva già dato, e l'aveva chiamato nuovo (13,34) per il mondo, dilaniato dalle vendette e dall'odio; ora volle determinarne la portata, ed esclamò: Nessuno ha un amore più grande di colui che dà la vita per i suoi amici.

 

Amarci come Gesù ci ha amati

Dobbiamo amarci come Gesù ci ha amati; Egli ci ha dato il massimo segno di amore immolando per noi la sua vita, e donandola interamente nella Santissima Eucaristia, e noi dobbiamo essere disposti anche al supremo eroismo della carità, e donarci alle anime come aiuto, sostegno, consolazione e sollievo morale e materiale. Attraverso gli atti dell'amore fraterno dobbiamo donare noi stessi, quasi in un'Eucaristia di carità. Non bastano gli atti esterni, né basta un soccorso dato freddamente, quasi fosse come tassa.

Occorre dare negli atti di condiscendenza il nostro pensiero e il nostro giudizio, negli atti di bontà il nostro cuore, negli atti di compatimento la nostra sensibilità, negli atti di solidarietà i nostri interessi, negli atti di beneficenza il frutto della nostra vita di lavoro, sempre per Dio, solo per Dio: perché dalle creature non dobbiamo attenderei nulla, neppure il riconoscimento del beneficio e la gratitudine.

La carità è il vero e l'unico segreto della uguaglianza e della fraternità umana; poiché nell'atto in cui si espande e si esercita, riguarda il prossimo come amico, come fratello, come parte della propria famiglia, e lo ama.

La carità non guarda il fratello dall'alto in basso, come disgraziato ridotto in uno stato inferiore, ma, diremmo, da basso in alto, come si guarda Gesù in croce sul Calvario.

La visita del sofferente è per il cristiano vero come la visita di Gesù, e se ne crede onorato, lo accoglie come Gesù, lo tratta come Gesù, lo solleva come avrebbe voluto sollevare Gesù sul Calvario, e s'intenerisce per le sue pene.

La carità spirituale
Per ispirare questo amore nel cuore dei suoi apostoli, Gesù protestò di riguardarli come amici, solo a patto che avessero praticato la carità, e mostrò loro come Egli li aveva amati: Voi siete miei amici se farete quello che io vi comando. E soggiunge: Ora non vi chiamerò più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone. Vi ho chiamati invece amici, perché tutto quello che ho udito dal Padre mio l 'ho fatto sapere a voi. Egli voleva dire: Ora che vi ho rivelato il precetto della carità, vi ho fatto conoscere il grande segreto della redenzione, ch'è opera di carità, e non vi chiamo più servi ma amici. Chiamandovi così, vi dò l'esempio, perché voi riguardiate i poveri ed i sofferenti come amici e, rivelandovi quello che ho udito dal Padre mio, v'insegno un altro atto di carità, quello di comunicare agli altri i beni spirituali, aiutandoli a conoscere la verità, ed a camminare verso il Cielo. E questa infatti, parlando strettamente, la vera carità, secondo l'esempio che Gesù stesso ci ha dato.

Egli ci ha rivelato la verità, ha dato la vita per salvarci, ha confortato le nostre angustie, ma non ci ha liberati interamente dalle pene della vita presente. E una cosa che fa pensare. Il Signore ci ha dato la pienezza della carità spirituale e non di quella temporale. Avrebbe potuto far ritornare l'Eden, ma per nostro stesso bene non lo ha voluto, perché un paradiso terrestre avrebbe fatto dimenticare quello eterno alla povera creatura decaduta dal suo stato di giustizia originale.

Egli ha sottoposto la carità temporale a quella spirituale, e soccorrendo il corpo ha voluto principalmente soccorrere l'anima. Ci ha redenti, ma l'applicazione dei suoi meriti e, diremmo, il compimento dell'opera sua continua sino al termine dei secoli nella Chiesa e per la Chiesa.

Il peccato, per l'umana libertà, dolorosamente imperversa ancora sulla terra, e con esso le grandi tribolazioni di cui è causa. Ci sono ancora, e in gran numero, gli uomini preda di satana, e continua nelle anime sante e nella Chiesa la Passione e Morte di Gesù Cristo; per conseguenza continuano le grandi pene e tribolazioni della vita, quelle che sono castigo delle colpe, e quelle che ne sono riparazione.

La carità più bella perciò è sempre quella spirituale: rivelare la verità a chi la ignora, far conoscere Dio, farlo amare e liberare le creature dalle illusioni del mondo, del demonio e della carne.

Chi fa la carità corporale senza quella spirituale è come colui che compassiona un malanno, magari vi applica qualche pomata refrigerante, ma non lo cura. Chi ha la possibilità di fare la carità spirituale e non la fa, o la trascura per quella temporale è simile a chi ha premura di accomodare il letto all'infermo, ma non pensa a dargli le medicine, s'affanna a fasciare le piaghe ma non ne elimina il pus che le alimenta e le ingrandisce.

Nell'esercizio della carità si può trovare un grande ostacolo nell'indegnità di quelli che la ricevono. Essi o sono ingrati o sono duri, e ci fanno sentire o ripugnanza nell'aiutarli o scoraggiamento nel curarli. Gesù Cristo previene questa difficoltà delicatamente, mostrando agli apostoli che la loro dignità e quello che da Lui hanno ricevuto non è stato frutto dei loro meriti o della loro elezione, ma frutto della sua misericordia: Non siete voi che avete eletto me, ma io ho eletto voi, e vi ho costituiti perché andiate e facciate frutto, e il vostro frutto sia durevole. Se io vi ho eletti senza vostro merito, anche voi dovete andare alle anime e cercarle per beneficarle spiritualmente, affinché portino un frutto di eterna vita. Che se vi doveste trovare innanzi alle difficoltà dell'apostolato, non vi turbate per la vostra insufficienza, ma pregate, perché vi dico che qualunque cosa domanderete al Padre mio in mio nome ve l'accorderà. Gesù Cristo non dice che otterranno tutto quello che vorranno, ma qualunque cosa domanderanno in suo nome, per superare le difficoltà dell'apostolato della carità, e per questo soggiunge subito: Questo v'ingiungo: che vi amiate l'un l'altro.

In Gesù Sacramentato il segreto della vera carità

Il mondo si dilania nella maniera più feroce quando si allontana dall'Eucaristia, e noi lo constatiamo coi fatti, poiché le nazioni più povere di Eucaristia sono le più povere di carità. La bontà, la dolcezza, il compatimento, l'apostolato fatto per salvare le anime, il soccorso materiale agl'indigenti sono fiori che spuntano e prosperano ai piedi dell'altare eucaristico. Non sono i trattati che stabiliscono la pace nel mondo, ma è il regno eucaristico.

Se l'umanità non ricorre al suo Re sacramentato, invano fa appello alla giustizia ed alla carità. Queste parole sono vive solo quando si riceve Gesù e si vive di Gesù. Andiamo perciò ogni giorno ai piedi dell'altare per rinfocolarci nella carità vera, e per fecondare le nostre opere di apostolato, affinché, raccogliendo da Gesù i tesori della sua carità, siamo come fiori profumati dalla sua bontà, dal suo amore, dalla sua misericordia, dalla sua condiscendenza, e dal sacrificio col quale ci ha amati e ci ama.

Ogni giorno dobbiamo metterci nei raggi di questo sole divino, per espanderci come passiflore di bontà, che sono fiori bellissimi e portano in loro i segni della Passione. L'anima nostra porti i segni della Passione come segni della carità che giunge a dare la vita per il prossimo, in un sacrificio ed in un'immolazione completa. L'Eucaristia sia la mensa comune delle famiglie, dei cuori e delle nazioni, e per l'Eucaristia si formi di tutta la terra un solo ovile e un solo pastore, nella vera pace.

Sac. Dolindo Ruotolo

 

 

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