sabato 13 febbraio 2016

14.02.2016 - Commento al vangelo di S. Luca cap. 4 par. 2-5

2. Il mistero delle tentazioni di Gesù nel deserto

Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, essendosi assoggettato a tutte le nostre pene, volle ancora subire le tentazioni di satana. San Luca dice chiaramente al versetto 13 che il diavolo, dopo averlo tentato nel deserto, partì da Lui per ritornare in altro tempo, o come dice il testo greco: Fino ad un tempo propizio. Questo indica che Gesù non subì solo la tentazione nel deserto e che satana, benché sconfitto, ritornò altre volte all'assalto contro di lui. Nell'Orto del Getsemani e

nella Passione lo assalì certamente, non solo nell'interno dell'anima, ma anche servendosi degli uomini perversi che lo tormentarono; lo si rileva dal contesto medesimo dei Vangeli, dall'angustia che manifestò Gesù nell'orto e dalla crudeltà dei suoi nemici, inspiegabile senza una intensa suggestione diabolica. Ma oltre le tentazioni che ebbe nella Passione si può supporre che ne abbia avute altre, o della stessa natura di quelle del deserto o anche di altre specie.

È impressionante il fatto che Egli, pieno di Spirito Santo dopo il battesimo del Giordano, sia stato assalito da satana. Lo Spirito, certamente lo Spirito Santo, lo condusse nel deserto per prepararlo all'imminente ministero pubblico e, proprio quando era ripieno di grazie particolari nella sua santissima umanità, subì la tentazione.

Satana gli girò attorno fin dalla nascita, perché sospettava che fosse il Messia; cercò di farlo sopprimere dall'empio Erode, e poté anche influire sinistramente sui Betlemiti, prima che nascesse, per renderli ostili o duri di cuore verso la sacra Famiglia. Quando poi s'accorse dalla vita di Lui e dalla pienezza dello Spirito Santo che non era un uomo come gli altri, tentò di sviarlo, per la stessa maligna invidia con la quale sviò Adamo. Era logico che il secondo Adamo non fosse esente dalle tentazioni, dovendo Egli riparare le spaventose conseguenze della prima tentazione.

È un grande conforto questo per le anime pie, che spesso nelle tentazioni si disorientano, e non sanno capire come la pienezza delle grazie particolari che hanno, porti in loro lo scompiglio delle suggestioni più brutte da parte di satana. Si ripete in loro, membra più vive del Redentore, quello che avvenne a Lui medesimo per nostra istruzione e per nostro conforto.

Il calore non attrae subito le correnti fredde? Gli strati caldi s'elevano e gli strati agghiacciati si precipitano sulla fiamma. Ora satana, come gelo di morte, si precipita dove vede ardere una fiamma più intensa, non per assorbirne il calore ma per spegnerla, giacché, nel suo orgoglio, crede che il suo stato di morte sia preferibile a quello della vita, e nella sua ira funesta ha invidia della felicità che porta la vera vita. Appena dunque l'anima s'accende, per così dire, nello Spirito Santo, satana si precipita per turbarla.

Le tentazioni, perciò, non sono segno di decadimento, ma segno di un'azione più intensa dello Spirito Santo in noi. Tutto sta a non scambiarle per luce, a non crederle ragionamenti di logica, ed a non isolarsi nei tristi pensieri che suscitano, rifiutando la luce che ci viene da quelli che guidano l'anima nostra.

Chi rifiuta la direzione, s'aggroviglia nella tentazione, la rende sua mentalità, la crede irrefutabile, e s'espone al pericolo di farsi ingannare da satana. Come Gesù ricacciò la tentazione con la Parola di Dio, così l'anima deve ricacciarla con la parola di chi le rappresenta Dio; alla suggestione di un falso ragionamento che le sembra luce deve rispondere non già ragionando ma fulminando satana con la parola che il Signore ci ha detto per il suo ministro.

3. Il digiuno di Gesù

La pienezza dello Spirito Santo dava all'anima divina di Gesù tale vita e, diremmo, tale nutrimento interiore, che Egli digiunò per quaranta giorni e quaranta notti. San Luca ha un'espressione propria del suo Vangelo su questo digiuno, e dice che Gesù non mangiò nulla in quei giorni. Dunque il suo digiuno fu completo. Digiunò per trarre dall'anima sua una fiamma di amore, per ridurre le attività corporali e dare la prevalenza a quelle spirituali, per mortificare il suo corpo divino, immolandolo nella privazione del cibo, e renderlo, poi, nutrimento delle anime nostre. Nel digiuno suo e nella sua penitenza Egli quasi seminò il grano del Pane eucaristico, che doveva poi stritolare nella Passione e lo rese nel suo amore cibo delle anime nostre. La povera mente umana si sente piccola piccola innanzi agli arcani di Dio!

Il digiuno è un'immolazione della propria vita, parziale, sì, ma vera; è un sacrificio che si consuma alla presenza di Dio.

Quando s'immolava una vittima la si uccideva; rimaneva però il corpo inerte, testimonianza pubblica e reale che Dio solo è vita, perché fuori di Lui tutto muore. Quando s'immolava l'olocausto, si uccideva e si bruciava la vittima, quasi sostituendone la vita con la fiamma, simbolo dell'amore che consuma in noi tutto quello che non è di Dio. Il digiuno è una riduzione della vita corporale, ed è un olocausto delle sue tendenze materiali, fatto per amore di Dio. Come riducendo la corrente elettrica la lampadina abbassa il tono della sua luce, quasi morisse, così digiunando si abbassa il tono della vita materiale, che diventa in tal modo come immolata alla presenza di Dio.

Per questo il digiuno ha una grande forza impetrativa al cospetto di Dio, e per questo satana cerca di ridurlo a minimi termini nella vita spirituale. Aggiungiamo subito, a scanso di equivoci, che il digiuno è strettamente collegato con l'obbedienza, perché se la riduzione della vita corporale è un'immolazione, questa è vana senza l'immolazione dell'anima. Il corpo riduce la sua vita con la privazione, e l'anima quasi esce fuori dalla propria vita corporale con l'obbedienza. Perciò è detto esplicitamente che Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto. Non vi andò di sua volontà, ed aggiunse all'immolazione del corpo quella dello spirito. Aggiungiamo pure che i digiuni, comandati dalla Chiesa, benché così blandi, sono i più belli che si possano fare, perché allora è proprio lo Spirito Santo che per la Chiesa guida l'anima alla penitenza.

4. La prima tentazione

Gesù Cristo andò nel deserto obbedendo alla volontà del Padre, digiunò per immolarsi, e digiunò per quaranta giorni, completamente, perché questa era l'obbedienza che aveva avuta dallo Spirito Santo. Dopo questi giorni di vita spirituale intensissima ebbe fame\ questo ci fa supporre o che prima non abbia sentito la fame, o che dopo l'abbia sentita imperiosamente. Era vero uomo, ed era naturale che la sua vita corporale reclamasse i suoi diritti.

Satana stava in agguato, e colpì questo momento di debolezza fisica per tentarlo. Egli così fa sempre: sfrutta le deficienze della vita corporale o le sue stesse esuberanze, che sono miserie, per trarre l'anima al male o per asservirla al corpo da schiava e da prigioniera.

Gesù Cristo aveva un ordine perfettissimo in tutte le sue potenze ed in tutto il suo santissimo corpo, di modo che era impossibile tentarlo disordinandogli gli umori; è certissimo. Satana colpì la debolezza del corpo conseguente al digiuno, e tentò di attrarre le sue potenze spirituali in una sfera inferiore. Additandogli una delle pietre, che abbondavano nell'arido deserto, gli disse: Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane.Si può anche supporre che satana abbia prima additato a Gesù le pietre per spingerlo a mutarle in pane, e poi gliene abbia presentata una perché avesse fatto il miracolo determinatamente su di essa. Così si capisce perché san Matteo parla di pietre (4,3), e san Luca di una pietra.

Non di solo pane vive l'uomo
A primo aspetto non si vede che male ci sarebbe stato a mutare con un miracolo la pietra in pane, dato che Gesù era onnipotente. Ma la tentazione era sottilissima e degna della perversità diabolica. Satana, infatti, tenta di sostituirsi a Dio; è stata questa l'origine della sua rovina, fu questa l'origine della tentazione fatta ai nostri progenitori, ed è questa la ragione della tentazione fatta a Gesù. Gesù Cristo, infatti, affermò ripetutamente ch'egli compiva le opere che gli aveva affidate il Padre suo, e satana avrebbe voluto che ne avesse compiuta una dietro il suo suggerimento; Gesù Cristo affermò che voleva solo glorificare il Padre, e satana voleva che avesse operato per proprio tornaconto glorificando se stesso; Gesù Cristo aveva digiunato per allargare la sua attività sulle anime, e satana voleva invece restringerla ad un'esigenza puramente corporale. Voleva distruggere d'un tratto l'effetto stesso del digiuno, e concentrarlo tutto nella vita corporale.

È, in fondo, quello che fa cento volte con la maggior parte dei cristiani nelle grandi solennità dello spirito, mutando la festa in un'orgia, o in una preoccupazione corporale.

Per questo Gesù rispose profondissimamente: Sta scritto: Non di solo pane vive l 'uomo ma di ogni Parola di Dio. Dalla risposta si arguisce quale sia stata la vita di Gesù nel deserto: lo Spirito Santo gli fece da maestro e lo concentrò, in quanto uomo, nelle Sacre Scritture. Egli doveva insegnare la verità e si trattenne nella meditazione della Parola di Dio; se ne cibò per nutrirne gli altri, ed ebbe fame di propagarla. La fame che avvertiva nel corpo manifestava la fame che aveva di diffondere la divina Parola, come la sete che soffrì sulla croce esprimeva la sete che aveva delle anime. Ogni atto della sua vita materiale rivelava la sua mirabile vita spirituale, perché Egli, come Dio e come uomo, era glorificazione del Padre. Satana, dunque, errava pensando che avesse fame solo di pane, mentre Egli anelava alla divina gloria. La risposta di Gesù lo inchiodava, e sventava nei secoli le insidie che avrebbe tese agli uomini, concentrandoli nella ricerca dei beni materiali della vita fisica.

Ma di ogni Parola di Dio...
Tutta la vita umana, infatti, sta sempre sotto il fascino di questa tentazione: mutare la pietra in pane. Si lavora, si stenta, si fanno, per così dire, miracoli di meccanica e di chimica, per cavare il pane dalla pietra, cioè dall'oro e dalle ricchezze che si accumulano per rendere sicura la vita corporale. Le lotte individuali, sociali e nazionali si riducono a questo: assicurarsi il pane, e si giunge ad ogni degradante ingiustizia pur di assicurarselo.

L'apostasia spaventosa della rivoluzione francese e quella più orrida della rivoluzione russa, le lusinghe fatte ai popoli dai mestatori sociali e quelle fatte dai dominatori avidi di gloria, hanno come base questa tentazione: mutare le pietre in pane, identificare la vita col cibo e con tutto quello che è collegato col proprio mantenimento.

Gesù Cristo riconduce la vita al giusto equilibrio tra l'anima ed il corpo e proclama altamente che l'uomo non vive solo di pane, ma si nutre anche di ogni Parola di Dio. Dicendo che il nutrimento spirituale è la Parola di Dio, allude chiaramente a sé, Verbo eterno di Dio e, nella sua chiara visione di tutto il futuro, vede il pane che Egli darà all'uomo, transustanziato nel suo Corpo, cibo vero dell'anima, come il pane materiale è cibo del corpo.

Satana voleva fargli mutare la pietra in pane, e Gesù, spinto non da lui ma dall'amore, muterà il pane nel suo Corpo divino, per mutare la pietra del cuore umano in amore. La divina risposta di Gesù è sintetica, ammirabile, e con un lampo solo di sapienza confonde le aberrazioni degli uomini, smaschera le insinuazioni di satana ed annunzia velatamente quel mistero d'amore infinito che doveva mutare l'esilio nel vestibolo dell'eterna fruizione di Dio.

Quale ingratitudine è quella dell'uomo nel concentrare la propria vita tutta nel pane, dimenticando il tesoro eucaristico! Il pane è la sintetica espressione della vita materiale, l'Eucaristia è il cibo della vita dell'anima; il pane del corpo, senza quello dell'anima, riduce l'uomo come una bestia, e lo preoccupa solo della vita che passa, mentre egli peregrina nel mondo per conseguire la vita immortale. E una pena immensa il constatare che gli uomini non parlano che di affari materiali, il vederli affannati nel guadagno, e completamente o quasi dimentichi dell'anima!

5. La seconda e la terza tentazione di satana

La risposta di Gesù Cristo confuse satana ma non lo disarmò, perché lo spirito perverso è tenace nelle sue tentazioni. Si può dire che l'ostinazione sia proprio il carattere di satana, eternamente irremovibile nella sua malizia ed eternamente concentrato nel suo menzognero giudizio, anche di fronte all'evidenza del suo torto.

Satana non si dà mai per vinto, tenta sempre una rivincita, cerca sempre un ripiego per persuadersi e persuadere di avere ragione. Questo suo spirito di ostinata illogicità di fronte all'evidenza cerca di comunicarlo agli uomini, e per questo non c'è segno più chiaro della falsità di uno spirito o di un atteggiamento spirituale, quanto l'ostinazione nel proprio giudizio, la ribellione e la disobbedienza. L'anima che non sente consigli, che persiste nelle sue idee, che si ostina nei suoi apprezzamenti, che vede se stessa tutta luce di ragione e di logica, e gli altri, o peggio chi le parla in nome di Dio, tutti tenebre di illogicità e d'incomprensione, è un'anima che sta certamente su falso cammino, che certamente è tentata da satana, e corre serio pericolo di eterna perdizione se non rinnega interamente e completamente se stessa.

Il diavolo dunque ritornò all'assalto, e poiché s'accorse che non poteva vincere Gesù nell'appetito sensibile, cercò di vincerlo in quello spirituale, concentrandolo nel desiderio della gloria e del dominio. E questa l'essenza delle altre due tentazioni che gli fece. Nel racconto di san Matteo ed in quello di san Luca queste due tentazioni sono riportate con ordine diverso; san Matteo pone prima quella del pinnacolo del tempio, san Luca prima quella subita sull'alto monte, ma la differenza è accidentale, poiché tutte e due le tentazioni cercavano di vincere Gesù trascinandolo nella cupidigia della gloria e del dominio.

Dio lasciò liberi gli evangelisti di raccontare i fatti come meglio credevano per lo scopo che si prefiggevano, pur facendolo sotto la divina ispirazione.

Essi attinsero le notizie da fonti diverse, naturali, e Dio permise qualche leggera differenza nei loro racconti, per lasciarci l'argomento irrefutabile della loro storicità. Se essi, infatti, avessero creato fantasticamente il racconto, e se si fossero concertati insieme, si sarebbero posti d'accordo. Le differenze, benché solo accidentali, dimostrano che ciascun Vangelo è una fonte storica d'inestimabile valore, e che ciascun evangelista ha scritto indipendentemente dagli altri, riportando i fatti o come testimone oculare, o come assertore di testimonianze oculari raccolte.

Confrontando, però, il racconto di san Matteo e quello di san Luca, può trovarsi la giustificazione dell'accidentale diversità; san Luca, infatti, confessando d'aver raccolto diligentemente le testimonianze dei fatti che racconta, ha dovuto essere più preciso e particolareggiato nelle loro circostanze, e può riguardarsi, per dir così, come più minuto. Si può supporre che satana abbia tentato due volte Gesù di adorarlo; una prima volta dopo la tentazione di mutare la pietra in pane, ed una seconda volta dopo la tentazione di precipitarsi giù dal pinnacolo del tempio. Di questa seconda tentazione san Luca non parla, perché era identica alla prima, ma può dirsi che lo lascia supporre, quando dice che il demonio, dopo la terza tentazione, si partì da Lui per ritornare ad altro tempo.

Dunque, ritornò all'assalto e vi dovette ritornare col disegno che più gli premeva: sostituire al regno di Dio il proprio regno, asservendovi il Verbo Incarnato.

Questa seconda volta satana fu più tracotante della prima, e per questo san Matteo, riportando questa tentazione, dice che Gesù Cristo cacciò satana, mentre san Luca, che riporta il primo tentativo del diavolo, non dice che Gesù lo cacciò, perché in realtà nella prima volta, Gesù lo confuse soltanto. Questa spiegazione è una semplice ipotesi.

La psicologia diabolica della tentazione
Satana, benché abbia ancora i doni di scienza naturale, conseguenti alla sua natura angelica, ha un gran fondo di cretinaggine nei suoi ragionamenti, perché gli manca la bussola principale dell'intelletto che è la luce di Dio. E proprio come alcuni scienziati miscredenti che sanno tante notizie scientifiche e mancano di criterio, cadendo nelle più banali contraddizioni e nelle più puerili supposizioni.

Egli, dunque, non capì che Gesù, dicendo che l'uomo non vive di solo pane, alludeva alla vita soprannaturale che viene dall'alimento dell'anima; suppose invece che Egli desiderasse un grande dominio.

È la psicologia di satana, diremmo, che bisogna approfondire per intendere la ragione della sua tentazione.

Un uomo concentrato in un'idea fissa non sa vedere che quell'idea, ed anche le cose più disparate e inconcludenti gliela richiamano. È come un animale concentrato nel cibo, che non guarda altro, o come un fanciullo affascinato dal gioco che non si accorge di nulla fuori di esso. Ora, satana ha un'idea fissa: dominare e glorificarsi sulla terra; mantenere il suo stoltissimo ed infelicissimo isolamento formandosi un regno non solo degli angeli ribelli, ma anche degli uomini che dovranno occupare i loro seggi nella gloria.

Per formarsi questo regno di anime, egli deve sottrarle a Dio, ed allora cerca in tutti i modi di trascinarle al male, ponendo innanzi a loro come oggetto di felicità il peccato. Egli, dunque, cerca di formarsi dei ministri e dei cooperatori di perdizione nei grandi del mondo, li aiuta a prosperare, spiana loro la via, li rende crudeli, tiranni, ingiusti, violenti, peccatori, affinché lo aiutino a perdere le anime. E questo il triste retroscena di tanti dominatori della terra.

Satana è abituato a vivere in contatto con questi esseri orgogliosi, avidi di successo, che asserviscono tutto alla loro gloria. Li segue per non farseli sfuggire, li vede pensosi, accigliati, preoccupati, e conosce bene, per così dire, le linee somatiche di un dominatore.

Psicologicamente chi è preso dall'idea del dominio bada poco alle necessità della vita materiale, è capace di ogni sacrificio, è insonne, ha lo sguardo come smarrito in una visione lontana, fugge dal consorzio umano, ha le ciglia inarcate, la fronte corrugata, le mascelle serrate, l'aspetto autoritario, perché rumina i suoi disegni di conquista e di gloria.

Satana vide Gesù tutto pensoso e raccolto, vide che digiunava e poiché Egli veramente pensava al regno del Padre suo e ne era tutto compreso, perché si preparava proprio a fondarlo, credette di scorgere nel Redentore i caratteri di un dominatore avido di gloria.

Lo tentò prima sul cibo per vedere se era capace di credersi potente e di avere una volontà tesa al mirabile ed al grandioso; volle provare se era volitivo, come si dice oggi dei disgraziati dominatori del mondo, pronto ad offrirsi lui a mutare il sasso in pane, qualora Gesù non l'avesse potuto fare.

Comunemente si crede che satana abbia tentato Gesù di gola, proponendogli di mutare la pietra in pane; ma non è esatto, perché non sarebbe stato gola il mangiare un pane dopo quaranta giorni di digiuno; egli lo tentò per concentrarlo nella materia, e volle vedere se era capace di volere operare straordinariamente.

Dalla risposta di Gesù e dal suo atteggiamento credette d'intuire che Egli era in preda a desideri di dominio e, benché sentisse che non desiderava un regno come altri dominatori, pure pensò che aprendogli la via alla gloria terrena poteva asservirselo. Era cretino senza dubbio, ma credeva di dare nel segno. Il rifiuto di mutare la pietra in pane gli sembrò una confessione d'impotenza, ed il riferimento alla Parola di Dio un ripiego per non diminuirsi in quella impotenza; satana giudicava dal proprio orgoglio, e credette che Gesù fosse in preda a pensieri di orgoglio; perciò si offrì di aiutarlo e gli mostrò una prospettiva orgogliosa di dominio e di gloria per conquiderlo.

Lo condusse su di un alto monte, cioè su di un'altezza dalla quale gli fece scorgere in un attimo, con una fantasmagoria sintetica, tutti i regni della terra. Gli prospettò una specie di carta geografica, una specie di bilancio della potenza umana e gli disse che gliel'avrebbe data se, prostrato, l'avesse adorato. Per mostrargli che avrebbe potuto dargliela, disse che ne era il padrone e poteva assegnarla a chiunque avesse voluto.

Certo satana allora aveva ancora un dominio sulla terra, la quale come sfera della sua attività in certo modo gli apparteneva, ma non poteva dirsene lui il padrone. Egli dunque mentì, com'è sua abitudine, per ingannare Gesù. Non sapeva l'infelice che parlava proprio con Colui che l'avrebbe vinto e spodestato, e che proprio in mezzo ai regni del male che gli appartenevano avrebbe piantato la sua Chiesa.

Gesù Cristo rispose: Sta scritto: Adorerai il Signore Dio tuo e servirai a Lui solo, ossia farai regnare sulla terra Dio solo, ed a Lui solo darai l'onore e la gloria.

La risposta del Redentore era un annunzio del regno di Dio, una proclamazione solenne del suo diritto su tutte le creature. Gesù doveva regnare e doveva soggiogare tutte le potenze del mondo, ma solo per ristabilirvi la gloria di Dio.

Che cosa triste è il pensare a quelle parole di satana: I regni del mondo sono stati dati a me e li dò a chi voglio! Se quest'affermazione è una menzogna, infatti, non è una menzogna che i regni gli si danno apostatando, e che egli vi spadroneggia con le sue infernali influenze.

Dove sono le potenze che non si asserviscono a satana? Le scellerate influenze settarie e le ipocrite affermazioni di ordine negli stati totalitari, i più nocivi alla Chiesa, non vengono da intrigo diabolico? Se si eccettuano i regni governati dai santi, il resto di quelli governati dai re o dai presidenti non si riducono ad un ammorbante intreccio di sopraffazioni e di miserie e ad una continua vessazione manifesta o ipocrita alla Chiesa? La storia dei regni e dei re della terra è quasi sempre un obbrobrio, ed è mirabile che la Chiesa in mezzo a questi deserti spaventosi fiorisca e prosperi.

L'ambizione umana
Si può dire che non c'è anima che non subisca da satana questa stessa tentazione, e che non sia portata in alto sulle vertigini dell'orgoglio, e non sogni grandezze letali alla vita dello spirito.

In qualunque campo uno si trovi, anche se ordinario e basso, immagina di potervi dominare, ed ambisce il comando. È raro trovare qualcuno che non desideri stare alla sommità gerarchica del suo ambiente, o che addirittura non pensi di poter essere a capo di tutti.

Satana soffia sul nostro orgoglio per essere adorato attraverso il culto delle passioni più vili e spera di sottrarci al vero amore a Dio concentrandoci nelle cose della terra.

Gesù Cristo c'insegna la vera via d'un regno imperituro, e ci sottrae alle illusioni diaboliche dicendo: Adorerai il Signore Dio tuo ed a Lui solo servirai. Servire Dio è lo stesso che regnare, perché significa dominare la propria natura, elevarsi sulle misere cose terrene, e spaziare nel cielo. Servire Dio è la più completa indipendenza dell'anima dai legami della terra, ed è regno di amore che nulla può equiparare.

Chi regna nel mondo ne è servo, e chi serve Dio regna. Avere tutti i regni significava dunque sottostare a tutte le schiavitù dello spirito, mentre adorare Dio e servirgli significava regnare e dominare tutte le miserie della vita.

Satana si sentì vinto, ma tentò una nuova via per indurre Gesù a scendere dall'altezza della vita soprannaturale a quella naturale ed umana. Questa volta, però, tentò di comprometterne tutta la missione o con un clamoroso insuccesso, o con una spampanata di notorietà che avrebbe compromesso la sua via di umiltà. Lo trasportò sul pinnacolo del tempio, cioè sulla parte più alta del sacro edificio e, travisando il senso di un testo scritturale, lo incitò a gettarsi giù innanzi alla moltitudine che vi si affollava, promettendogli l'incolumità. Dio protegge nei pericoli e manda i suoi angeli a custodirci, ma non favorisce la presunzione e la vanità. Gettarsi in basso premeditatamente per uno scopo di vanità non significava invocare l'aiuto ma il castigo di Dio. Perciò Gesù rispose: Sta scritto: Non tenterai il Signore Dio tuo.

Queste parole furono per satana come una folgore; ebbero per lui una straordinaria potenza di umiliante rimprovero, giacché egli in quel momento tentava precisamente il Signore Dio suo.

Psicologicamente chi è compreso da un pensiero, od è persuaso di un'idea e parla, trasfonde in chi lo ascolta un riflesso potente della sua idea e del suo pensiero ed impressione.

L'attore teatrale che riproduce una scena vivendola lui, trasmette nel pubblico non tanto la sua mimica quanto la sua impressione; se per esempio imita il gesto di un personaggio storico, vivendolo nel suo interno e considerandolo fortemente con la sua fantasia, trasmette nel gesto esterno il suo fantasma, e fa vedere la scena al vivo perché egli per primo ne è spettatore dentro di sé. A questo si aggiunga che il pubblico che conosce il personaggio rappresentato, o che ci si appassiona, se lo figura dentro di sé, aggiunge il suo fantasma a quello dell'attore, e vive la scena che vede.

Questo fenomeno si realizza anche nelle circostanze più comuni della vita, e non è difficile poterlo sperimentare: io, per esempio, imito il gesto di una bertuccia e la rivedo nella fantasia; chi mi vede ed ha visto anche lui la bertuccia in quel gesto, ne sente rinascere in sé il ricordo per il mio gesto, rivive la scena e crede che io sia un mimico di primo ordine.

Chi non ha visto la bertuccia non ha la stessa impressione, e vive solo dell'immagine che io gli formo, che per lui è poco interessante.

Questo fatto psicologico avvenne in un senso grandioso quando Gesù disse a satana: Non tenterai il Signore Dio tuo. Egli era Dio, non voleva farsi conoscere per tale, e satana osava tentarlo non conoscendolo a pieno, ma solo sospettando di Lui; però nel sentire: Non tenterai il Signore Dìo tuo,satana non poté non avvertire in Gesù un'insolita maestà, perché Gesù non poté non trasfondere nelle sue parole almeno un riflesso della sua divina natura. Satana rimase come schiacciato da quelle parole, quasi fiera colpita dallo sguardo o dalla potente scudisciata del domatore, e cessò di tentarlo,non osò insistere, si sentì sconvolto, si allontanò per prendere lena. Questa sottigliezza psicologica conferma la spiegazione che abbiamo data della divergenza tra i racconti di san Matteo e san Luca: satana, colpito dalle parole del Signore, sospettò più fortemente che fosse Dio, e volle ritentare una prova più audace, trasportandolo di nuovo sul monte altissimo per promettergli i regni del mondo, come dice san Matteo. Fu allora che Gesù lo scacciò, ripetendogli con divina potenza quelle parole che riguardavano Lui stesso come Dio: Sta scritto: Adorerai il Signore Dio tuo, e servirai a Lui solo.

Satana sentì il divino dal Redentore, più che non lo avesse sentito prima; avvertì che Egli era il padrone dei regni, si sentì schiacciato dalla sua gloria e, rifiutandosi di adorarlo, se ne fuggì.

Satana e i grandi del mondo
Il diavolo maledetto sa che l'uomo non vive solo di pane, e non si contenta di tentarlo solo di avidità materiale, ma cerca concentrarlo in un falso campo ideale per sottrarlo al Signore. Il suo scopo è sempre lo stesso: sostituire il proprio regno a quello di Dio e trarre gli uomini negli abissi della propria ribellione. Tenta tutti di ambizione e di orgoglio, proporzionando la tentazione al campo particolare nel quale ognuno vive, ma si accanisce con particolare violenza e scaltrezza contro i così detti grandi del mondo, le sue ambizioni ed il cui orgoglio sono smisurati. Egli li tenta dando loro avidità insaziata di potenza e di gloria, ad ogni costo, anche con la manomissione della giustizia e della verità, e proponendo loro di barattare la coscienza e l'eterna salvezza, praticamente li induce a rifiutare a Dio ciò che è di Dio, e ad adorare i principi del male come leggi ineluttabili di grandezza.

L'umanità disgraziata, che ha la sventura d'appartarsi dalla Chiesa cattolica non s'accorge delle insidie di satana, e si lascia trascinare all'abisso.

I famosi pretesi filosofi, con le loro sballatissime teorie, ed i politici con le loro pretese, sono servi e manutengoli di satana, e dicono agli ambiziosi di potere e di gloria di adorarlo, rifiutando l'adorazione a Dio! È impossibile, infatti, la manomissione delle leggi naturali e divine senza adorare i principi falsi e le teorie infami che propone satana. Non c'è un traviato che non cerchi di giustificarsi e che non elevi a codice le proprie ingiustizie ed i propri delitti.

È una tristissima esperienza che abbiamo vissuta e viviamo osservando l'ascesa dei prepotenti del mondo: salgono in alto adorando satana nei suoi errori e nelle sue aberrazioni; conquistano la potenza come la conquistano i briganti e i delinquenti di alto bordo. Adorano satana ribellandosi alla Chiesa o perseguitandola, e per riuscirci ricorrono a tutte le arti della perversità e della menzogna; non conoscono limiti nei loro delitti, pur cercando di dissimularli sotto la copertura delle leggi, e sono il flagello dell'umanità. Il brigante assale, maltratta ed uccide chi non obbedisce alle sue prepotenti ingiunzioni, ed è servo di satana.

Il grande del mondo concepisce il delitto e poi lo codifica in una legge, e con ciò stesso è adoratore di satana.

Il tempio allora, la Casa di Dio, la Chiesa diventano sgabello delle sue acrobazie orgogliose; s'innalza fin sul pinnacolo del tempio, cioè sulla più alta autorità della Chiesa, pretende di dominarla e si gloria di asservirla. Precipita giù e chiama grandezza il suo precipizio, quando gli sembra che rimanga intatta la sua gloria terrena, poco curandosi della sua eterna rovina.

E un fatto storico oramai assodato, che i grandi del mondo, appena si mettono in urto col Papa e con la Chiesa, decadono e vanno a finire in rovina; essi non si accorgono nelle loro orgogliose sopraffazioni di essere tentati dal diavolo, e lo secondano miseramente. È necessario che rinsaviscano se non vogliono rimanere vittime del loro orgoglio e della loro audacia.

Oh, se si pensasse che tutto passa, come si potrebbe desiderare avidamente la potenza e la gloria terrena? Si cerca l'immortalità della storia? Ma la storia vera non può che bollare gli ingiusti e gli ambiziosi, e nell'ultimo giorno, innanzi al Giudice eterno, servirà solo a maggiore ignominia dei perversi. E poi chi bada alla storia? Un monumento eretto in una piazza non è, spesso, la misura dell'umana imbecillità? Non è spesso il termine di maledizioni da parte del popolo?

L'ambizione tenta anche nelle vie dello spirito...

Vigiliamo anche noi contro le insidie di satana, perché, dolorosamente, l'ambizione non è solo tentazione dei così detti grandi del mondo, e potrebbe sconvolgere anche la nostra umile vita, facendoci aspirare a cose vane con detrimento della coscienza. Vigiliamo, perché anche nella pietà e nella vita spirituale potremmo desiderare le manifestazioni spettacolari che fomentano l'orgoglio. Uno solo dev'essere il programma della nostra vita: Adorare e servire Dio.

Sac. Dolindo Ruotolo

 

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