2. Il vincitore della morte
Il Vangelo non ci racconta quel che avvenne al momento della risurrezione di Gesù, ma lo lascia supporre dal contesto medesimo; non è una reticenza, è una sublime maniera di esprimersi, che possiamo noi stessi ricostruire recandoci in spirito al sepolcro 6. Ecco la tomba: la pietra pesantissima che la copriva è ribaltata, i lini che avvolsero Gesù sono piegati e riposti in un canto, due angeli sfolgoranti di luce vigilano il luogo della sepoltura; uno di essi, come dice san Matteo (28,2) rovesciò la pietra, e vi si assise sopra, terrorizzando le guardie che vigilavano il sepolcro; poi entrò nella tomba e vi rimase in adorazione con l'altro angelo, di cui fa menzione san Luca.
Essi soli furono testimoni del momento solenne, che non ebbe nulla d'impetuoso, ed essi soli con la potenza del loro spirito scossero la terra. Era l'alba del giorno dopo il sabato: Gesù dormiva ancora nel sonno della morte, ma la Persona divina non aveva abbandonato il suo Corpo incorrotto. Era veramente morto, ma non poteva dirsi cadavere dominato dalla corruzione; attendeva l'ora stabilita dal Padre per ricomporre quel Corpo divino e rianimarlo.
La sua anima si avvicinò al Corpo, gloriosa, ripiena di potenza divina, sublimata dalla divina volontà che aveva perfettamente compiuta; guardò il Corpo esanime e piagato, lo amò perché era stato olocausto pieno di amore per la divina gloria; lo desiderò, perché non poteva abbandonarlo alla corruzione, essendo esso innocentissimo e santo. Vide il Sangue che ancora lo copriva, e vide quello che s'era sparso, si ordinò di nuovo al Corpo ed al Sangue suo, poiché la Persona divina v'era ancora congiunta, com'era congiunta a lei. Non poteva essere separata più da quella unità, poiché la Persona divina traeva l'anima verso il Corpo ed il Sangue, ed il Corpo e il Sangue verso l'anima. Fu come una consacrazione; l'anima disse: Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue, ed il Corpo non mutò di sostanza ma di forma, si ricostituì in un istante, e da cadavere divenne addormentato, col Sangue vivo che rigurgitava già nel cuore e nelle vene ed aspettava il pulsare della vita per circolare. Fu un istante solo; l'Anima rientrò nel Corpo e lo informò nuovamente, comunicandogli la gloria che l'avvolgeva, ed il corpo, come oro volatilizzato da una grande fiamma, fu tutto spirituale. Era avvolto dalle bende; il Cuore pulsò amando, e come onda gioiosa il Sangue si riversò nelle vene e raggiunse il cervello, che si rischiuse lodando il Padre, come fiore che si riapre al sole mattutino e dà la sua fragranza.
Quel Corpo sgusciò quasi tra le bende, passandole in un attimo, quasi fosse una nube di luce, od un fascio di raggi splendenti. Si levò adorando, e tutta la sua umanità cantava come arpa dalle corde di oro fulgente, cantava ringraziando il Padre del suo trionfo.
L'angelo come folgore scese dal cielo, e con Lui una turba gioiosa; con un atto di volontà si volse alla terra ed essa tremò, si volse al macigno ed esso ribaltò come fuscello trasportato dal vento, infrangendo i suggelli.
Gesù era già passato attraverso il masso. Aveva dato uno sguardo intorno allo speco, l'aveva benedetto perché fosse d'ora innanzi glorioso, ed aveva benedetto tutte le tombe degli uomini, perché un giorno, come grano, rifiorisse la loro vita.
Egli era la primizia degli addormentati nella morte, e risorgeva per darci la risurrezione, com'era morto per darci la vita.
Albeggiava, e le tenebre calavano, calavano come tenda che si ravvolge; la terra fuggiva, fuggiva, girava sull'asse, avanzava, perché il sole la avesse inondata di gioia; aveva un fremito di vita novella, perché la Vita aveva scontrato la morte e l'aveva fiaccata.
Fuggiva la morte... in quell'ora il suo regno passava; sorgeva la Vita, splendente nei raggi di gloria, avvolgeva gli oscuri meandri della scarna morte, ed opponeva alla condanna dell'Eden: Morte morieris, morirai di morte, il chirografo della misericordia: Vitam habeant, abbiano la vita.
Un canto si levò dai cieli, un canto di gioia al vincitore della morte: Exultet iam angelica turba caelorum, exultent divina mysteria, et prò tanti Regis victoria tuba insonet salutaris,esulti dunque E angelica schiera dei cieli, esultino i divini misteri e risuoni la tromba della salvezza per la vittoria di un così grande re.
Discesero gli angeli a schiere, esultarono sfavillando come folgori intorno alla tomba del grande trionfo e cantarono di nuovo: Gloria a Dio e pace agli uomini di buona volontà, come a Betlem.
Le pie donne al sepolcro
La terra dormiva ed ancora l'avvolgeva la bruma della notte. Silenti erano i campi fra tanto splendore d'invisibile gioia; silenti le guardie del sepolcro, come morte per lo spavento, silenti le vie lontane e deserte, e gli alberi vetusti come giganti rabbuffati, cascanti dal sonno.
Lontano lontano avanzava un gruppo di donne, anch'esse silenti per la pena, con grossi involti ricolmi di funebri aromi; esse avanzavano meste, ma le avvolgeva la gioia di quell'ora, e non se ne accorgevano; solo un'onda di pace penetrava il loro cuore. Avanzavano sole e non avevano timore, andavano verso una tomba, e non ne avevano spavento; verso un cadavere per imbalsamarlo e non ne avevano ribrezzo. Si preoccupavano solo della pesantezza del macigno che chiudeva la tomba, ma speravano di trovare qualcuno che le aiutasse. Svoltarono svelte, avevano fretta di giungere... Ecco la rupe, ecco la caverna, che avevano ben segnata nella loro mente al vespro del venerdì... Il cuore faceva sforzi per stringersi, ma un soffio di pace lo dilatava... s'era come sbrinato, era caldo di amore, moltiplicava i palpiti, ansava...
Il Maestro era là, pensavano, reclinato, sepolto, ma non sapevano pensarlo morto, poiché un'aura di vita le avvolgeva e non se ne accorgevano.
Quel luogo era tutto vita, la tomba era un monumento della vittoria sulla morte, non ci poteva essere là un morto, benché esse ancora lo pensassero; sentivano che nel loro cuore sorgeva un sole novello di amore come sorgeva a poco a poco tra le brume del mattino. Avanzarono svelte, la rupe s'ingrandiva,... avanzarono, affissarono gli sguardi, trasalirono,... la pietra era ribaltata, lanciata verso un lato, come se una mano gigantesca l'avesse agguantata.
La caverna era aperta; vi entrarono con l'ansia di chi teme una triste sorpresa, ma l'ansia era amore. Era vuota. Il Corpo del Signore non v'era. Fu un attimo d'angoscia indicibile. L'avevano tolto? L'avevano rubato? L'avevano profanato? La loro fede era ancora nelle tenebre, non pensarono a quello che era avvenuto; furono costernate, immobili con gli occhi che avrebbero voluto lacrimare, ma avevano chiuso le fonti del pianto, perché la gioia saliva già invisibile dalla stessa caverna, come profumo d'amore.
Ecco, un fulgore le abbacinò, due personaggi come soli fulgenti si avvicinarono; erano come uomini, ma gli abiti avevano lo sfolgorio del cielo a meriggio. Abbassarono gli occhi impaurite..., tremarono... chi erano essi? E mentre pensavano, uno di essi parlò con voce potente e soave: Perché cercate tra i morti il vivente? Non è qui, è risorto; ricordatevi come vi parlò mentre era ancora in Galilea, dicendo: È necessario che il Figlio dell 'uomo sia dato in mano di uomini peccatori, e sia crocifisso e il terzo giorno risorga. A queste parole si risvegliarono come da un sonno profondo, ricordarono che Gesù così aveva parlato, e si stupirono di non averlo ricordato prima. Ma nell'irrompere della tremenda tempesta della Passione esse s'erano sconcertate, guardando come positiva realtà solo quello che avveniva; la speranza era tramontata dal loro cuore. Ora invece riviveva e si mutava in certezza, ma aveva ancora delle ombre, e perciò esse, come dice san Marco, (16,8) prese dallo spavento di trovarsi di fronte ad una manifestazione sepolcrale ed innanzi ad ombre funeree, benché la luce le avesse abbagliate, cominciarono a fuggire, fuggire, impaurite, e sollecite quasi di trovare nuovamente la terra dei viventi.
E profondamente psicologico: la visione soprannaturale le aveva poste di fronte alla certezza; ma, appena allontanatesi dalla tomba, subentrò in loro il pensiero che quella era una tomba; riaffiorò il terrore del mistero inesorabile della morte; sospettarono che fossero state spettatrici di uno dei tanti paurosi eventi sepolcrali, e fuggirono impaurite, senz'avere in quel momento il coraggio di parlarne ad alcuno.
Allontanatesi, però, dalla zona sepolcrale e sparito quell'incubo naturale di spavento dovuto al consueto terrore che si ha delle tombe, rivisse in loro la gioia, si dileguò l'ombra dal loro spirito e, recatesi dagli undici apostoli e da quelli che erano con loro congregati, raccontarono ciò che avevano visto ed ascoltato.
Il Sacro Testo nota che le donne che annunziarono queste cose agli apostoli furono Maria Maddalena, Giovanna, Maria di Giacomo, e le altre che stavano con loro. Le donne erano state più fedeli a Gesù, ed esse per prime ebbero la gioia di conoscerne la risurrezione.
Dio derise l'umana saggezza e l'umana prudenza, che avrebbe creduto più efficace che la grande novella fosse stata comunicata ad uomini rappresentativi.
Scelse le donne come prime testimoni del grandissimo evento, perché esse erano state le più fedeli; alla loro testimonianza del resto non si poteva opporre nulla, perché la donna nei fatti veramente soprannaturali, lungi dall'essere credulona o superficiale, è accurata e profonda osservatrice e critica. Per l'intuito pratico che ha, vede subito il lato debole di un fatto e stenta a credere ciò che è veramente soprannaturale, perché lo vede con la luce naturale del suo intuito, e non sa intenderne la profonda verità a prima vista.
E una calunnia incosciente il credere la donna un essere inferiore, soprattutto nell'intelligenza e nella volontà. Questo può dirlo solo chi la considera come una pupattola o la conosce poco nell'anima.
La donna ha un'intelligenza tagliente ed una volontà tenacissima, e certo non senza una profonda ragione Dio la scelse come prima testimone della risurrezione di Gesù, fondamentale argomento della nostra fede.
San Pietro alla tomba e le tenebre della miscredenza
Gli apostoli, stando al pregiudizio comune contro la donna, che era più forte ancora presso gli Ebrei, credettero un delirio ciò che le pie donne raccontarono loro e non gli prestarono fede. Certo esse erano emozionate e forse anche sconvolte; certo non potevano raccontare il fatto come se fosse stato una cosa ordinaria, e questo concorse non poco a far credere agli apostoli che si trattasse di delirio di donne. Pietro, però, sia come capo degli apostoli, sia per il grande amore che ancora aveva a Gesù, corse al sepolcro per darsi conto di ciò che era avvenuto, ed entratovi, vide le bende riposte in un lato, il che diceva chiaro che il corpo non era stato rubato; però la sua fede non era ancora risorta, e se ne ritornò meravigliato del fatto, senza riuscire a spiegarselo.
Come si rileva dal ritorno sconsolato dei discepoli ad Emmaus, per tutti era ormai assodato che la loro fede nella divina realtà di Gesù Cristo era stata un'illusione, e quindi, lungi dal risvegliarsi alla presenza dei fatti, se ne stupivano come di cose inesplicabili.
Così fa la ragione stravolta dalla miscredenza: considera come cose stupefacenti i fatti grandiosi che confermano la fede ma li crede delirio, e non ne prende motivo per credere.
Gl'increduli ricevono l'annunzio delle mirabili verità della fede dalla Chiesa, Signora e Maestra dei popoli, esaltata su tutte le genti, Maria Maddalena', lo ricevono internamente dalla grazia misericordiosa del Signore, Giovanna, e ne sentono in loro la certezza, perché nelle amarezze della vita la fede soppianta tutte le utopie dei filosofi ed è l'unica realtà che conforta il dolore, Maria di Giacomo; ma nonostante queste valide testimonianze non credono. A volte giungono persino a voler esaminare e studiare la fede, e corrono al sepolcro, come Pietro, perché studiano la fede non come vita ma come si esaminano i cimeli del passato o le bende di un sepolcro, ossia i fossili di una cosa morta.
È evidente, allora, che nella loro anima non può rifulgere la luce della verità, ma tutto al più uno sterile stupore che li lascia nel medesimo stato di tenebre in cui sono.
Le pie donne, andarono al sepolcro con un sentimento di amore, benché imperfetto, ed ebbero la luce; se, invece di cavillare e magari studiare, i poveri miscredenti offrissero al Signore un pegno qualunque del loro amore, più facilmente vedrebbero la luce.
La ragione, ahimè, è nana di fronte alle altezze della fede e se non trova modo di spiccare almeno un volo oltre l'atmosfera pesante della materia, con qualche opera di spirituale amore, non giunge mai al limitare della grazia divina che la illumina e la trasporta nelle sublimi altezze dell'eterna verità.
Sac. Dolindo Ruotolo
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