Dopo le feste pasquali, gli apostoli, secondo il comando avutone da Gesù, se ne ritornarono nella Galilea, attendendo sue disposizioni. Erano insieme sette di loro che erano pescatori, Simon Pietro, Tommaso, detto il Didimo, Natanaele, ossia Bartolomeo, i figli di Zebedeo, Giovanni e Giacomo, e altri due discepoli che il Sacro Testo non nomina. Benché Gesù avesse già detto loro che li mandava come Lui era stato mandato dal Padre, e benché avesse loro dato lo Spirito Santo, comunicando ad essi la potestà di rimettere i peccati, pure non avevano capito molto della dignità soprannaturale alla quale erano stati eletti. Non avevano ancora ricevuto lo Spirito Santo nella pienezza che doveva trasformarli, ma solo come grazia particolare, data ad essi per anticiparne l'elevazione alla dignità alla quale Dio li aveva eletti.
La loro mente s'era solo snebbiata di qualche pregiudizio, la loro fede s'era orientata al suo vero oggetto, la loro speranza si era ravvivata, il loro amore era cresciuto, e stavano in attesa di quello che Gesù potesse fare.
Essendo poveri, e non avendo più le pie donne che con le elargizioni del popolo devoto provvedevano alle loro necessità, pensarono di ritornare all'antico mestiere. Essi in realtà non l'avevano mai smesso interamente, essendo un mestiere innocente, ma al ritorno in Galilea ne sentirono la necessità per procacciarsi da vivere. Fu san Pietro che ne diede l'esempio dicendo: Vado a pescare. Gli altri si unirono a lui salendo nella sua barca. Non avevano una precisa occupazione e pensarono di unirsi a Pietro per aiutarlo, e beneficiare con lui del frutto della pesca. Erano pratici del mestiere e scelsero la notte come il tempo più atto alla pesca, ma non presero nulla. Dio, che è padrone di tutto, lo dispose per far meglio risultare il miracolo che Gesù voleva operare ed il significato profondo che voleva dargli.
Alle prime luci del mattino, Gesù, improvvisamente, come indica il testo greco, si fermò ritto sulla riva. Gli apostoli erano a circa cento metri di lontananza, e la nebbia mattutina non fece loro distinguere chi fosse. Non lo riconobbero neppure alla voce quando loro parlò, perché Egli, per farsi intendere a quella distanza, alzò la voce, e questa ebbe una risonanza di eco per la solitudine del lago. Si stupirono nel vedere improvvisamente un uomo sulla riva a quell'ora, ma, quando Egli domandò se avessero qualche cosa da mangiare, credettero che fosse un povero o un pellegrino. Non avevano nulla, non avendo preso nulla, e perciò risposero recisamente: no.
Il supposto povero o pellegrino li aveva chiamati affettuosamente figlioli, ed essi risposero rudemente: No; evidentemente erano un po' nervosi perché stanchi e delusi dell'inutile notte di lavoro. Con la stessa amabilità Gesù soggiunse: Gettate le reti a destra della barca e ne troverete. Il consiglio avrebbe potuto anche essere male accolto, trattandosi di un pellegrino che dava suggerimenti ad uomini del mestiere, ma gli apostoli sentirono in quella voce tanta cortese amabilità, che non poterono fare a meno di seguirla; gettarono la rete, e subito dopo s'accorsero che si era così riempita di pesci, da non poterla tirare. Il fatto era miracoloso, non se ne poteva dubitare; ora chi avrebbe potuto compiere un miracolo all'infuori di Gesù? Giovanni lo intuì per primo, e poiché nel frattempo il sole s'era levato e la nebbia s'era dissipata, riconobbe in quel personaggio il Maestro divino, e lo disse a Pietro.
Pietro al sentire ch'era il Signore, fu preso da tanta gioia e da tale impeto di amore, che messasi la sopravveste della quale si era spogliato per aver maggior libertà nel lavoro, si gettò in mare nella speranza di raggiungere più presto la riva.
Avrebbe dovuto o rimanere com'era con la sola veste succinta, o addirittura togliersela per nuotare, ma conosceva quanto Gesù amava la purezza, e per rispetto a Lui preferì vestirsi interamente.
Se si capisse quanto il Signore ama la purezza, chi oserebbe stargli davanti in un abbigliamento poco modesto? Egli sta sulla riva eterna e ci attende esortandoci a gettare la rete nel mare della vita temporale per raccogliere meriti, e noi andiamo verso di Lui. Come possiamo presentarci al suo cospetto nudi di meriti e privi di modestia? Per il Sacro Testo una veste succinta e senza maniche era nudità: erat enim nudus) ora tale deve dirsi molto più la veste che mette in mostra la carne. Dio è geloso della purezza del vestire dovunque noi siamo, perché è geloso dell'anima nostra e della nostra dignità.
In riva al mare Gesù aveva preparato un po' di cibo per i suoi apostoli stanchi
Gli altri apostoli raggiunsero la riva con la barca, coprendo più lentamente la distanza di duecento cubiti, ossia di circa cento metri che li separava, giacché si traevano appresso la rete colma di pesci. Discesi a terra ebbero la sorpresa di trovarvi il fuoco acceso sul quale era stato messo del pesce e del pane. Nel suo delicato amore Gesù aveva con un altro miracolo acceso il fuoco e preparato un po' di cibo ai suoi amati discepoli, per farli rifocillare dopo le fatiche della notte. E opinione comune dei Padri, infatti, che Egli produsse miracolosamente il fuoco, i pesci ed il pane, che non avrebbe potuto trovare sulla riva deserta.
Per far constatare poi agli apostoli la pesca che avevano fatto, ordinò loro di apprestare anche alcuni pesci di quelli che avevano presi, per arrostirli sul fuoco. Pietro subito tirò a terra la rete, e constatò che conteneva centocinquantatré grossi pesci, stupendosi che la rete non si fosse rotta a quel peso. Dopo che i pesci furono cotti, Gesù invitò i suoi a mangiare, ed Egli stesso distribuì loro il pane e il pesce. Mangiavano i discepoli pieni di gioia, e nessuno interrogava Gesù domandandogli chi fosse, sapendo che era Lui. Egli era come trasfigurato, era glorioso, e sembrava proprio un altro, tanto era bello e amabile oltre ogni dire; però si riconosceva che era Lui, e non se ne poteva dubitare. Il Sacro Testo soggiunge che questa era già la terza volta che Gesù si manifestava ai suoi discepoli dopo essere risorto da morte, intendendo parlare delle manifestazioni fatte a più apostoli congregati insieme. Computando infatti le altre manifestazioni di Gesù raccontate degli altri Evangelisti, questa sarebbe la settima.
Dio opera e ci parla attraverso gli eventi umani
L'episodio raccontato in questo capitolo da san Giovanni, non è semplicemente una manifestazione di Gesù, ma ha un significato profondo. Gli apostoli agirono con semplicità e spontaneamente, e non supposero allora che in quel fatto ci fosse un mistero, ma il mistero lo esprimeva il Signore, e non era necessario che essi allora lo capissero. Questo ci mostra ancora una volta come Dio opera e ci parla attraverso gli umani eventi, e per essi ci istruisce.
Il Signore si mostra infinitamente buono coi suoi apostoli e nelle angustie della loro vita temporale, va loro incontro, li consola con una pesca miracolosa, prepara Egli stesso loro il desinare con un altro miracolo, ma in tutto questo Egli ha di mira un beneficio immensamente più grande, e guarda nei secoli lo sviluppo dell'attività della sua Chiesa. Gli apostoli stessi non si accorgono di rappresentare quello che Egli vuole significare, e di esprimere nelle loro attività quello che Egli vuol dire. È un mistero profondo: Pietro dice ai suoi compagni: Vado a pescare', dopo la pesca miracolosa va per primo incontro a Gesù, e tira lui al secco la rete. Era il capo degli apostoli, il primo capo della Chiesa e, senza pensarlo, prendeva lui l'iniziativa e la direzione di quella pesca che figurava l'apostolato nel mondo e nei secoli.
Pescò di notte e non prese nulla; pescò dopo che Gesù ebbe parlato, ed improvvisamente la rete si riempi di pesci. Questo indicava che con le forze naturali non possono prendersi le anime, e che la Chiesa non può gettare la rete che nel nome e sulla parola di Gesù.
Ecco un momento di tribolazione e di prova: la Chiesa si trova in un periodo di povertà spirituale, getta le reti e non prende più anime nel mondo; il Papa è quasi ridotto all'inerzia dalla notte profonda che incombe sulle nazioni. Gesù sta sulla riva e chiama, vi sta solo e sconosciuto. Ha l'apparenza di un bisognoso e di un affamato, domanda da mangiare e non può avere nulla. Egli allora con grazie particolari fa gettare di nuovo la rete ai suoi nuovi apostoli, ed in modo speciale al Papa, e la rete si riempie di anime. E riconosciuto prima dall'amore, da Giovanni, cioè dalle anime predilette alle quali si rivela e si dona; poi da Pietro, cioè dalla Chiesa ufficialmente, e la Chiesa corre a Lui per avere la vita. Corre e trova già il pranzo spirituale, il cibo dell'amore, figurato nel pesce arrostito e nel pane, preparati da Gesù. A questo dono di vita aggiunge ciò che essa può dare, i tesori che trova nel suo mare alla parola di Gesù, rendendo ufficiale l'abbondanza del dono della vita, moltiplicato da Gesù per un miracolo di amore.
Quando Pietro tirò in secco la rete vi trovò centocinquantatre grossi pesci. Perché questo numero preciso? Per esprimere un mistero di amore: in quei tempi si conoscevano precisamente 153 specie principali di pesci, come attestano gli antichi naturalisti tra i quali Oppiano; in quei centocinquantatré pesci, adattandosi all'idea comune, Gesù volle quasi rappresentare tutte le specie dei pesci, per indicare che nella rete della Chiesa sarebbero stati raccolti gli uomini di ogni stirpe e di ogni condizione. E l'epilogo finale della storia dell'apostolato che culminerà nella chiamata effettiva di tutti alla fede e nell'unico ovile sotto un solo pastore. Gesù Cristo, infatti, dopo la pesca misteriosa e il banchetto preparato dal suo amore, si rivolse a Pietro dandogli precisamente il mandato di supremo Pastore delle anime, come subito vedremo.
I popoli, affascinati da nuove correnti di male, non sono più orientati alla Chiesa
Noi ci troviamo già all'alba del regno di Dio, figurato dalla pesca miracolosa, e culminante nel banchetto di amore, preparato da Gesù stesso. Il primo banchetto, quello della cena, lo preparano gli apostoli; il secondo, quello della piena abbondanza, lo prepara Gesù.
È notte, notte di orrori, di agitazioni, di guerre, e la Chiesa invano getta le reti; i popoli non l'ascoltano più, il mondo non se ne cura.
Il papato attrae su di sé l'attenzione universale in due soli momenti: quando un Papa muore e un altro ne è eletto; una curiosità come le altre. Per il resto il mondo ignora il Papa o, peggio, lo combatte. Anche quando finge di stare in armonia con lui, lo fa nel proprio tornaconto e lo tiene sempre al guinzaglio.
Noi spesso ci consoliamo di certi momenti di apostolato, e facciamo le statistiche del bene, senza fare quelle del male; riposiamo in un ottimismo che addormenta.
In realtà i popoli non sono più orientati alla Chiesa nella loro vita, e sono trascinati da nuove correnti di male. Gesù però non abbandona le anime e, mentre la Chiesa lavora, in apparenza inutilmente, nella notte della sua grande tribolazione, Egli le va incontro con grazie particolarissime, domanda agli affannati apostoli se abbiano da mangiare, perché il segreto della riuscita nell'apostolato è sempre il Cibo della vita; lo prepara quasi in modo nuovo Egli stesso, accendendo nelle anime un nuovo fuoco d'amore e, mentre Egli lo prepara in silenzio, la rete di Pietro si riempie di 153 grossi pesci, cioè l Chiesa raccoglie nel suo seno ogni specie di gente, senza stupidi pregiudizi di razza, di nazionalità o di partito, e forma dei popoli, per il banchetto dell'amore, un solo ovile sotto un solo pastore.
Noi assistiamo già ai primi albori di questo miracolo di amore: la parola della verità incomincia a farsi strada, e Gesù nel silenzio dell'amore lavora sulla riva, cioè in quelle anime che gli danno con l'oblazione di se stesse il modo di accendere il nuovo fuoco di eucaristico Amore che deve divampare nel mondo.
Per un certo tempo, verso la metà del secolo scorso, si credette che l'apologetica potesse salvare le anime, e si discusse animatamente su tutti gli errori, quasi si sperasse raccogliere le anime nella notte. Ma non si prese nulla, e spesso l'apologetica fuori posto propagandò l'errore fra le masse ignare. L'apologetica fece dimenticare di dover far ricorso alla grazia di Dio; sembrò una trovata infallibile, ed era fondata sulle forze naturali. All'apologetica successe lo scientismo, tentativo balordo di ridurre la fede ad una costruzione affascinante per serietà di ricerche, di documentazioni, e di naturalismo. Lo scientismo fu ed è eresia di modernismo che avvelena ogni fonte soprannaturale. Ecco, Gesù viene improvvisamente, parla, fa gettare di nuovo la rete, prepara il banchetto Eucaristico più abbondante, e raccoglie così le genti nella Chiesa, sotto il pastorale comando del Papa. E quello che avviene sulla riva deserta dove sono sette anime, le anime privilegiate che seguono Gesù per preparare il suo regno.
3. Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu più di questi?
Dopo che gli apostoli si furono rifocillati insieme a Gesù sulla riva deserta, Gesù rivolto a Pietro lo interrogò dicendo: Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu più di questi?Pietro rispose umilmente rimettendosi questa volta al giudizio stesso del Maestro divino: Certamente, Signore tu sai che io ti amo.
Prima della Passione nella notte della cena, aveva spavaldamente affermato che, anche se tutti l'avessero abbandonato, egli non l'avrebbe rinnegato, ma, posto nell'occasione, aveva invece per tre volte protestato di non conoscerlo e di non essere suo discepolo.
Ora che Gesù vuol fargli riparare la triplice negazione con una triplice protesta di amore, egli risponde con umiltà che lo ama, ma non fa alcun confronto coi suoi compagni, e si rimette al giudizio del Maestro.
Gesù Cristo gli domandò se lo amava più degli altri, per farlo salutarmente umiliare, ricordando la presunzione con la quale s'era creduto più forte e più fedele degli altri; per questo lo interrogò in questa forma solo la prima volta, bastandogli ch'egli si fosse internamente umiliato. Gesù, come è chiaro dal contesto, non volle mettere a confronto l'amore di Pietro con quello di Giovanni, che era un amore più tenero, ma solo volle con delicatezza raccogliere Pietro in un sentimento di umile penitenza, ricordando che aveva preteso di amarlo più di tutti e poi l'aveva rinnegato. Gesù interrogandolo non lo chiamò Pietro, ma Simone, figlio di Giovanni, per mostrargli che per il suo rinnegamento non aveva più meritato quel nome di fiducia che Egli gli aveva dato, e che doveva riconquistarlo con una protesta di amore e di fedeltà.
Alla risposta di Pietro: Signore, tu sai che io ti amo, Gesù soggiunse: Pascola i miei agnelli. Il testo greco ha il diminutivo: Pascola i miei piccoli agnelli, quelli cioè che ora nascono alla fede.
Simone, figlio di Giovanni mi ami tu?
Per la seconda volta Gesù domandò a Pietro: Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu? Questa volta non disse: Mi ami tu più di questi? perché non volle ricordare nuovamente a Pietro il suo peccato, ma volle un'esplicita testimonianza di amore per dargli il governo delle anime radunate in ovile, cioè della Chiesa costituita come vera società. Pietro rispose di nuovo: Certamente, Signore, Tu sai che io ti amo. Gesù soggiunse: Pascola i miei agnelli, o come dice molto espressivamente il testo greco: Prenditi cura del mio gregge.
Per la terza volta: Simone, mi ami tu?
Per la terza volta Gesù disse a Pietro: Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu? Pietro allora si contristò, pensando che Gesù glielo domandasse perché non vedeva in lui l'amore, e perché ricordava ancora il peccato che aveva fatto rinnegandolo, e rispose: Signore, tu sai tutto, tu conosci che io ti amo. E voleva dirgli: tu sai quello che io sono, tu conosci il mio cuore, tu lo scruti nel fondo, e tu sai che, nonostante la mia infedeltà, io ti amo. Gesù soggiunse: Pascola le mie pecorelle, ossia, secondo il testo greco: le pecore madri, fatte adulte e capaci di procrearne delle altre.
In poche parole Gesù tracciava tutto il cammino della Chiesa, e dava a Pietro e ai suoi successori il primato di giurisdizione su tutto il suo gregge, fino al termine dei secoli. Egli affidava a Pietro le anime che aveva redente col Sangue suo sulla croce, in un amore infinito, e richiese da lui una triplice confessione di amore, perché doveva governarle per amore e con amore. Chiamò Pietro col nome di nascita, Simone, sia perché egli nella Passione del Maestro aveva smesso quel nome come compromettente e Gesù volle ricordarglielo, e sia principalmente perché volle allora compiere ciò che gli aveva detto nell'eleggerlo: Tu ti chiamerai Pietro (Mt 26,18). Nell'eleggerlo gli aveva annunziato che si sarebbe chiamato Pietro, cioè pietrafondamentale e rupe sulla quale avrebbe edificato la Chiesa; ora compiva ciò che aveva annunziato, e chiamava Pietro col nome di origine: Simone,per renderlo di fatto Pietro, capo visibile e fondamento della Chiesa. Se l'avesse chiamato Pietro, Egli avrebbe supposto già in lui quello che stava per dirgli. Richiestagli la triplice confessione di amore, Gesù gli assegnò su quella base l'ufficio di formare il gregge con l'apostolato, di governarlo con la suprema autorità, e di perpetuarlo formando le pecore madri, cioè governando i pastori delle anime che le generano a Lui in tutto il mondo e in tutti i secoli.
Egli gli dette un triplice regno, e può dirsi quasi che con le sue divine parole cesellò Egli la tiara del pontefice: gli dette il regno delle anime: Pascola i miei piccoli agnelli', gli dette il governo dei popoli cristiani: Prenditi cura del mio gregge', gli dette la giurisdizione suprema su tutti i pastori: Pascola le mie pecore madri che generano gli agnelli. Gesù Cristo è il Re di tutto l'universo e di tutte le genti, e per il suo Sangue ha, di pieno diritto, in eredità le nazioni.
Il potere del Papa è potere d'amore
Gesù costituì Pietro e i suoi successori vicari e rappresentanti di questa sua potestà, e per conseguenza i Papi sono di diritto divino rappresentanti della sua suprema autorità sulle anime, sulle nazioni e sui capi, tanto spirituali che temporali, dei popoli.
Presumere di relegare il Papa in una cerchia ristretta, riguardandolo come semplice capo di una professione religiosa, e pretendere che a Lui non interessi il governo dei popoli, è contrastare direttamente lo spirito e la lettera della parola di Gesù. La teoria delle due parallele che non s'incontrano e stanno ben separate e distinte, il potere civile e quello religioso, è errata dalle fondamenta poiché nessun potere civile può sottrarsi a quello divino ed al Papa che lo rappresenta.
Il Papa, sì, è Re di amore, ma è Re dei Re veramente per diritto divino; qualunque limitazione posta alla sua autorità è essenzialmente contraria alla maniera illimitata con la quale Gesù Cristo l'ha costituita. È un fatto poi confermato dalla storia che i regni che si sottraggono alla Chiesa vanno in rovina presto o tardi, e che i popoli che non riconoscono più nel Papa il Padre universale e il moderatore delle umane potestà, cadono sotto l'esosa schiavitù dei tiranni.
Certo il potere del Papa è potere di amore, non è potere di armi; è anzi potenza di triplice amore, che cura il corpo, l'anima e la vita dei suoi figli, che s'estende alla terra, al Purgatorio ed al Cielo, e riguarda tutte le creature per renderle inno di amore a Dio. Certo il potere del Papa non può ridursi ad un potere politico, nel senso umano e sporco di questa parola, ma il negare che sia una reale potestà su tutte le genti in tutta la loro vita, spirituale e corporale, temporale ed eterna, è lo stesso che negare la potestà di Dio su di ogni creatura.
Gesù velatamente predice a Pietro il martirio
Gesù Cristo, dopo avere dato a Pietro la potestà di pascolare e reggere la Chiesa, gli disse: In verità, in verità ti dico che quando eri più giovane ti cingevi la veste e andavi dove volevi, ma quando sarai invecchiato stenderai le mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove tu non vorrai.L'evangelista aggiunge che disse questo per indicare con quale morte avrebbe glorificato Dio. San Giovanni scrisse il Vangelo dopo la morte di san Pietro, e poté controllare meglio la verità dell'analogia e del paragone del quale Gesù si servì per predirgliela. Chi è giovane ha maggiore elasticità nei movimenti, può cingersi la veste da se, e può andare dove gli piace. Chi è vecchio, invece, ha bisogno di un altro che lo cinga e, per farglielo fare più agevolmente, stende le braccia, come se le stendesse in croce; egli poi non può andare dove desidera, ma dove lo accompagnano gli altri ai quali è soggetto.
Pietro doveva terminare la vita con un glorioso martirio, simile a quello del suo Maestro, e doveva glorificare Dio con questa ultima grandiosa testimonianza di amore. Egli fu crocifisso, fu cinto di funi, stese le mani per farsele configgere, ed andò dove non voleva, andò alla morte che ripugna sommamente alla natura. Egli anzi, condannato in Roma alla crocifissione sotto Nerone, nell'anno 67, per rispetto al suo Maestro, e perché i fedeli non avessero confuso la sua croce con quella di Gesù, domandò in grazia ai carnefici ed ottenne di essere crocifisso col capo in giù. In tal modo glorificò veramente Dio con una fedeltà eroica di amore, mostrò la potenza della sua grazia nel sostenere la debole natura, suggellò col sangue i suoi insegnamenti, e consolidò col martirio il santo fondamento della Chiesa. Per questo Gesù, dopo avergli predetto la morte velatamente per non turbarlo, gli soggiunse: Seguimi. Non ebbe quasi il cuore di dirgli: sarai crocifisso come me, ma gli ricordò la seconda parte di quel suo precetto col quale comandava di prendere la croce e seguirlo, e lo esortò a percorrere il suo stesso cammino.
Egli non parlò più esplicitamente, perché era inutile, sapendo che, giunta l'ora del cimento, l'avrebbe sostenuto con la sua grazia. Gli aveva dato un immenso potere, non già perché fosse stato come un re della terra, ma perché si fosse immolato come un buon pastore per le pecorelle che gli aveva affidate; aveva tracciato il programma della vita dei Pontefici, che è vita di rinunzia e di immolazione, anche in mezzo agli onori dai quali sono circondati per rispetto della loro dignità.
Il Papa è un crocifisso
Chi vede il Papa è come affascinato dallo splendore che lo ammanta, dalla corte e dagli ossequi che gli si tributano, e non immagina neppure lontanamente il sacrificio che comporta quella dignità. Il Papa può dire veramente che stende le mani, un altro lo cinge, ed è condotto dove non vorrebbe. Egli perde ogni libertà personale, ed è stretto da un continuo cerimoniale ed è spesso trasportato dalle persone e dagli eventi dove non vorrebbe. È la caratteristica più spiccata della crocifissione del Papa, poiché Egli per prudenza deve tante volte subire le situazioni del mondo, e non può fare tutto il bene che vorrebbe. Il Papa è un perenne crocifisso, sempre con le mani aperte per benedire, sempre con le mani inchiodate dalla perfidia umana, sempre sanguinante di angoscia.
Dobbiamo pregare per il Papa, affinché venga il giorno del grande trionfo, nel quale Egli possa stendere le mani all'umanità, e farle sentire nella piena libertà tutta la grandezza del suo benefico potere, luce di verità, fiamma di amore, e fonte vera di pace per la terra.
Sac. Dolindo Ruotolo
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