sabato 10 settembre 2016

11.09.2016 - Commento al vangelo di S. Luca cap. 15 par. 2

2. L'infinita misericordia di Dio nel ricercare i peccatori e nell'accoglierli, in uno sguardo generale alle parabole di Gesù

Si avvicinavano a Gesù i peccatori e i pubblicani per ascoltarlo. Il testo greco dice che gli si avvicinavano tutti i peccatori ed i pubblicani, per far rilevare che tutti erano attratti dalla bontà di Gesù, anche quelli che poi non si convertivano per loro colpa.

C'era, infatti, nel Redentore una potente attrattiva, perché Egli era venuto in terra per rigenerarli ed aveva in sé la delicatezza di una mamma, la premura di un pastore e l'espansione di un affettuosissimo padre. I peccatori, poi, standogli vicino, si sentivano migliori, perché in quell'immensa luce di santità l'anima loro spontaneamente si umiliava.

I farisei e gli scribi non potevano tollerare la bontà di Gesù, perché contrastava troppo con la loro durezza; premurosi com'erano della loro fama e della loro gloria, disprezzavano i peccatori per ostentare anche così la loro pretesa giustizia e riprovavano l'atteggiamento di Gesù, non tanto perché loro dispiacesse, ma per far rimarcare al popolo che Egli non era giusto come loro. Credevano che la sua familiarità coi peccatori dipendesse per lo meno da superficialità e volevano far rilevare che Egli non sapeva conoscerli, e quindi non era profeta.


C'era nel loro rimprovero un insieme di orgoglio, di malignità e di avversione che li rivelava.

Gesù Cristo non rispose smascherandoli, come avrebbe potuto fare, ma rivelò la misericordia di Dio e per conseguenza quella del suo Cuore, aprendo così maggiormente alla fiducia il cuore dei peccatori di tutti i tempi, e manifestando il grande segreto della sua missione divina, Gesù raccontò tre parabole che esprimono la bontà di Dio stesso nel cercare, nell'accogliere i peccatori, e rivelò così che Egli non cercava i traviati né per superficialità di valutazione delle loro colpe, né per semplice compassione naturale, ma perché era Dio e li cercava per usare loro misericordia. Le tre parabole, poi, manifestavano la valutazione vera che Egli faceva dei peccatori di tutte le nazioni e di tutte le epoche, riguardandoli come pecorelle smarrite dell'ovile di Dio, come valori dell'umanità, perduti con danno comune, e come figli lontani dal cuore paterno. Un pastore cerca la pecorella smarrita per compassione, una donna cerca il valore perduto per interesse, un padre per amore tenerissimo sospira al figlio ribelle, che si è allontanato da lui.

Sono i tre grandi momenti della divina misericordia: il Signore chiama l'umanità peccatrice come pecorella smarrita, la redime pagando il prezzo del suo riscatto, e l'accoglie in un amore paterno immenso che la ridona alla primitiva grandezza. Accolse Israele e lo cercò nel deserto del mondo come pecorella smarrita, portandolo Egli stesso per le vie della vita come un pastore porta sulle spalle la sua pecorella. Venne dal cielo in terra e fece luce per cercare l'umanità perduta e ridonarle il valore perduto col peccato; aspetta al suo Cuore l'umanità traviata ed apostata, immersa nelle sozzure dell'impurità e ridotta ad uno stato di estremo squallore, e l'accoglie con amore paterno riabilitandola.

La misericordia di Dio è sempre ricerca amorosa, valutazione divina di un'anima ed amore immenso nell'accoglierla, ma si può dire che le tre parabole proposte da Gesù riguardassero le tre grandi manifestazioni della misericordia di Dio Uno e Trino: quella fatta al popolo eletto, pecorella sua, il Padre; quella fatta nella redenzione, pagando il prezzo del nostro riscatto, il Figlio, e quella che fa ogni giorno nella Chiesa, e farà in modo meraviglioso alla fine dei tempi, accogliendo al suo Cuore i figli traviati, corrotti ed apostati dal suo paterno amore, lo Spirito Santo.

Gesù parla della gioia del pastore nel ritrovare la pecorella smarrita, della gioia della donna nel rintracciare la dramma perduta, e della gioia del padre nel riabbracciare il figlio traviato, non per dire che Dio ama più i peccatori che i giusti, ma per dire che è così piena e completa la sua misericordia che Egli accoglie i peccatori pentiti come se fossero giusti. Egli parla della festa che si fa nel cielo per un peccatore che si converte, per dirci che è più grande la gioia attuale dei Beati per un'anima che si salva, che per quelle che sono già salve o giuste; anche un padre gode più attualmente della guarigione di un figlio infermo, che della sanità degli altri, il che non significa che egli apprezza più i malati che i sani, ma proprio perché apprezza la salute, gode che il figlio infermo l'abbia recuperata.

Nei peccatori che si convertono c'è poi sempre una ricchezza di umiltà, di riconoscenza e di amore che li rende più cari al Signore, e facilita in loro l'efflusso della grazia.

Il peccato è un male orribile che Dio aborre sempre; ma la vera penitenza può far fiorire il cuore dei peccatori anche più di quello dei giusti, e la tenerezza di Dio riguarda proprio questa fioritura di amore e di virtù.

Si deve notare che Gesù accennò semplicemente le parabole della pecorella smarrita e della dramma sperduta, mentre raccontò con minuti e bellissimi particolari quella del figliol prodigo, per dare maggiore risalto all'amore col quale Dio accoglie come padre i peccatori che vanno a Lui, pentiti.

Il suo Cuore divino non ebbe confini nella tenerezza quando parlò di ciò che l'anima fa per cercare Dio e, nell'esuberanza della parabola, rivelò l'esuberanza dell'amore di Dio. Si direbbe che la delicata sua carità abbia voluto dare più risalto al bisogno che il peccatore sente di Dio che a quello che fa Dio per un peccatore; l'amor suo nel cercarci è infinito, ma l'amor suo nell'accoglierci è tenerissimo, ed è divinamente psicologico che il Redentore si sia trattenuto di più sulla parabola del fìgliol prodigo. L'ampiezza di questa parabola, poi, può anche farci intendere quanto sarà esuberante la misericordia che Dio farà negli ultimi tempi ai figli apostati che ritorneranno al suo Cuore.

Sac. Dolindo Ruotolo

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