3. Tutto ciò che di fuori entra nell'uomo non può contaminarlo
Queste parole di Gesù Cristo sono spesso citate a sproposito da quelli che rifiutano ogni legge di astinenza o di digiuno imposta dalla Chiesa, e credono di giustificare così la loro gola e la loro ribellione.
Eppure il Signore non volle minimamente intaccare la legge, ma solo dimostrare, contro gli scribi e farisei, che la scrupolosità esterna in certi casi introdotti dagli uomini non giovava a nulla, e non poteva santificare la creatura. Gesù parlò di ciò che è fuori dell'uomo, cioè di ciò che non ha relazione alcuna con l'anima, il che non poteva valere per le astinenze e i digiuni comandati dalla legittima autorità, ordinati al bene dell'anima.
Nessuna legge di digiuno prescrive il modo esterno di mangiare o di bere, e questo cerimoniale di igiene o di galateo è fuori del dominio dell'anima, e non le aggiunge o le toglie nulla, a meno che non abbia relazione con la carità; ma non è indifferente all'anima il digiunare, perché questo la rende disciplinata spiritualmente, ammansisce in lei le pretese delle passioni, l'abitua al dominio di se stessa, e le dà la gioia di notare in sè un progresso spirituale.
Se non fosse così, Gesù Cristo non ci avrebbe dato Egli stesso l'esempio digiunando 40 giorni nel deserto, e non avrebbe suscitato con particolari aiuti di grazia, i grandi santi penitenti. Ciò che entra nell'uomo indifferentemente, segue il corso delle leggi digestive, e non può influire sull'anima; gli scribi e farisei invece credevano che il mangiare senza lavarsi le mani fosse causa di una vera macchia nell'anima, quasi che il cibo potesse direttamente influire su di lei.
Macchia l'uomo ciò che viene dal cuore, cioè la cattiva volontà, il ribellarsi alla Legge, il disobbedire; chi mangia con le mani non lavate, non ha alcuna cattiva volontà, ma chi tradisce la Legge dell'astinenza e del digiuno ha la pessima volontà di fare il proprio comodo e quindi, in questo caso, è precisamente dal cuore cattivo che viene la sua trasgressione, macchiandogli l'anima.
Ma chi sono quelli che si mostrano noncuranti della Legge del digiuno, ostentando un'immunizzazione assoluta contro le macchie interne? Sono precisamente quelli che sono macchiati di ogni delitto, o che bevono con facilità il peccato, a somiglianza degli scribi e dei farisei. La loro coscienza, facile al peccato, dimostra esaurientemente con quale spirito parlano, e li accusa; chi veramente è buono sente rimorso di mangiare un cibo proibito, e non affaccia vani pretesti per trasgredire la Legge.
Gesù Cristo si mostrò un poco severo nel rispondere all'interrogazione fattagli dagli apostoli, perché essi s'erano impressionati dal rimprovero dei farisei, ed avevano creduto per poco che Egli fosse un po' troppo largo di coscienza.
La loro domanda non era fatta per avere luce, ma piuttosto per richiamare l'attenzione del Maestro su di un dovere del quale sembrava non tenesse il conto dovuto; fu per questa doppiezza che Gesù, addolorato, rivolse loro la parola in modo severo; se essi avessero avuto fede in Lui, non avrebbero dovuto parlare in quel modo; forse Gesù alludendo ai peccati che vengono dal cuore, volle richiamare la loro attenzione anche sulla doppiezza con la quale avevano parlato ed al poco amore col quale l'avevano interrogato. Essi non volevano che Gesù transigesse sulla Legge, e il sospettare che lo facesse, era già un diffidare della sua santità.
In questo stava la vera mancanza di discernimento degli apostoli; essi non capivano ancora che in Gesù tutto era santo, e non intendevano che il suo amore per il Padre e per le sue Leggi era superiore a qualunque loro concezione.
Queste parole di Gesù Cristo sono spesso citate a sproposito da quelli che rifiutano ogni legge di astinenza o di digiuno imposta dalla Chiesa, e credono di giustificare così la loro gola e la loro ribellione.
Eppure il Signore non volle minimamente intaccare la legge, ma solo dimostrare, contro gli scribi e farisei, che la scrupolosità esterna in certi casi introdotti dagli uomini non giovava a nulla, e non poteva santificare la creatura. Gesù parlò di ciò che è fuori dell'uomo, cioè di ciò che non ha relazione alcuna con l'anima, il che non poteva valere per le astinenze e i digiuni comandati dalla legittima autorità, ordinati al bene dell'anima.
Nessuna legge di digiuno prescrive il modo esterno di mangiare o di bere, e questo cerimoniale di igiene o di galateo è fuori del dominio dell'anima, e non le aggiunge o le toglie nulla, a meno che non abbia relazione con la carità; ma non è indifferente all'anima il digiunare, perché questo la rende disciplinata spiritualmente, ammansisce in lei le pretese delle passioni, l'abitua al dominio di se stessa, e le dà la gioia di notare in sè un progresso spirituale.
Se non fosse così, Gesù Cristo non ci avrebbe dato Egli stesso l'esempio digiunando 40 giorni nel deserto, e non avrebbe suscitato con particolari aiuti di grazia, i grandi santi penitenti. Ciò che entra nell'uomo indifferentemente, segue il corso delle leggi digestive, e non può influire sull'anima; gli scribi e farisei invece credevano che il mangiare senza lavarsi le mani fosse causa di una vera macchia nell'anima, quasi che il cibo potesse direttamente influire su di lei.
Macchia l'uomo ciò che viene dal cuore, cioè la cattiva volontà, il ribellarsi alla Legge, il disobbedire; chi mangia con le mani non lavate, non ha alcuna cattiva volontà, ma chi tradisce la Legge dell'astinenza e del digiuno ha la pessima volontà di fare il proprio comodo e quindi, in questo caso, è precisamente dal cuore cattivo che viene la sua trasgressione, macchiandogli l'anima.
Ma chi sono quelli che si mostrano noncuranti della Legge del digiuno, ostentando un'immunizzazione assoluta contro le macchie interne? Sono precisamente quelli che sono macchiati di ogni delitto, o che bevono con facilità il peccato, a somiglianza degli scribi e dei farisei. La loro coscienza, facile al peccato, dimostra esaurientemente con quale spirito parlano, e li accusa; chi veramente è buono sente rimorso di mangiare un cibo proibito, e non affaccia vani pretesti per trasgredire la Legge.
Gesù Cristo si mostrò un poco severo nel rispondere all'interrogazione fattagli dagli apostoli, perché essi s'erano impressionati dal rimprovero dei farisei, ed avevano creduto per poco che Egli fosse un po' troppo largo di coscienza.
La loro domanda non era fatta per avere luce, ma piuttosto per richiamare l'attenzione del Maestro su di un dovere del quale sembrava non tenesse il conto dovuto; fu per questa doppiezza che Gesù, addolorato, rivolse loro la parola in modo severo; se essi avessero avuto fede in Lui, non avrebbero dovuto parlare in quel modo; forse Gesù alludendo ai peccati che vengono dal cuore, volle richiamare la loro attenzione anche sulla doppiezza con la quale avevano parlato ed al poco amore col quale l'avevano interrogato. Essi non volevano che Gesù transigesse sulla Legge, e il sospettare che lo facesse, era già un diffidare della sua santità.
In questo stava la vera mancanza di discernimento degli apostoli; essi non capivano ancora che in Gesù tutto era santo, e non intendevano che il suo amore per il Padre e per le sue Leggi era superiore a qualunque loro concezione.
Sac. Dolindo Ruotolo
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