sabato 9 gennaio 2016

09.01.2016 - Commento al vangelo di S. Luca cap. 3 par. 4

4. Giovanni rende testimonianza a Gesù

La vita del Battista rappresentava per il popolo un prodigio e, benché egli non facesse mai alcun miracolo, molti pensarono che fosse il Cristo, l'atteso Redentore.

Questo sospetto, lungi dal rappresentare una lusinga per Giovanni, fu per lui una pena, e perciò si affrettò con tutte le sue forze a dissipare l'equivoco, stabilendo nei termini precisi la verità.

Egli battezzava con l'acqua, cioè con un semplice simbolo di penitenza e di umiliazione, mentre il Redentore, più forte di lui perché Dio ed al quale si dichiarava indegno di sciogliere i legacci dei calzari, avrebbe battezzato effondendo la grazia dello Spirito Santo ed il fuoco dell'amore; il suo battesimo sarebbe stato perciò una vera rigenerazione.

Egli minacciava magari i castighi di Dio, ma non aveva alcun potere sulle anime, il Redentore invece avrebbe avuto il ventilabro nella sua mano, cioè sarebbe stato giudice delle anime, avrebbe purificato il suo popolo, ed avrebbe salvato i giusti e condannato i reprobi come inutile paglia, nel fuoco eterno dell'inferno. Non si poteva dunque scambiare il simbolo per la realtà, né il servo per il padrone.

La testimonianza del Padre e dello Spirito Santo

Dio ebbe cura di confermare Egli stesso la testimonianza di Giovanni: Gesù Cristo, infatti, andò anch'Egli a farsi battezzare, e nell'atto nel quale, ricevendo l'acqua, si copriva della veste dei nostri peccati, il cielo si aprì; cioè apparve luminosissimo in un punto, quasi si fosse squarciato, manifestando la luce eterna, e da quello splendore venne su Gesù lo Spirito Santo come un alone di luce, quasi colomba fulgente, e si fece sentire la voce del Padre che disse: Tu sei il mio Figlio diletto, in te mi sono compiaciuto. La bianca colomba di luce, e la voce del Padre manifestarono la santità di Gesù Cristo e la sua divinità; lo Spirito Santo consacrò l'umanità di Lui in una pienezza di grazia che toccava l'infinito, e la voce del Padre lo dichiarò esplicitamente suo eterno Figlio, oggetto delle sue compiacenze: con questa testimonianza era come suggellata la testimonianza di Giovanni, e la sua missione poteva dirsi terminata col cominciare del ministero pubblico di Gesù. Perciò san Luca accenna alla prigionia del Battista prima della solenne testimonianza del Padre e dello Spirito Santo. Cronologicamente avvenne parecchio tempo dopo, ma san Luca l'accenna prima, per chiudere il ministero pubblico di san Giovanni.

Può supporsi che il Precursore medesimo, fatto segno a grande amore da parte del popolo, abbia desiderato e domandato a Dio d'essere eclissato nel carcere, per non intralciare il ministero del Redentore.

Qual'esempio per noi, quando siamo adibiti dalla provvidenza a far conoscere il Redentore nell'apostolato laico od in quello sacerdotale! Non possiamo cercarvi né il nostro tornaconto né la nostra gloria, ma tutta la nostra premura dev'essere la gloria di Dio. La nostra personale attività a che vale? È meno che un poco di acqua versata nei cuori per intenerirli; sono necessari, dunque, la grazia dello Spirito Santo ed il fuoco del divino amore per zelare la gloria di Dio, e lo Spirito Santo non può vivere nelle anime se noi ne ostacoliamo l'azione con la nostra presunzione ed il nostro orgoglio.

Confessando la nostra nullità, si apre il cielo; dichiarando la nostra indegnità, richiamiamo la grazia sulle anime, la voce di Dio si fa loro sentire e le muta in oggetto della divina compiacenza con la grazia. Eliminare ciò che è nostro, ecco il segreto di un vero apostolato; umiliarsi, confessarsi inetti, indegni, incapaci, ecco il segreto per renderlo fecondo.

La genealogia di Gesù e la genealogia ascendente dell'anima

San Luca riporta la genealogia di Gesù Cristo ascendendo da Lui fino a Dio; noi ne abbiamo già parlato commentando il Vangelo di san Matteo, e rimandiamo il lettore a quel libro; ricordiamo solo qui che da Gesù Cristo dobbiamo ascendere a Dio, e che Egli è la scala mirabile che ci porta dal nostro povero esilio nelle braccia del Padre celeste.

Ascendere, ascendere, ecco la nostra vita; non darci quasi respiro in quest'ascesa, come non ci dà respiro il leggere i nomi di questa genealogia. Non possiamo ristagnare in una fossa di terra, mai, neppure nelle cose più comuni della vita, ma dobbiamo ascendere da un'attività ad un'altra, fino a Dio, e la sua infinita gloria deve dominare ogni nostra azione.

Ecco per esempio, la genealogia ascendente del cibo della nostra vita terrena, del pane quotidiano. La terra è del padrone, il quale la fa coltivare dal suo fattore, che la lavora e la semina a grano; il grano cresce, e dal fattore è posto nell'aia, è mandato al molino, è stacciato, è impastato, è cotto, è venduto; va sulla mensa, sostenta la vita perché si sviluppi, perché si attivi, perché sia strumento dell'anima, la quale lavora per conquistare l'eterna ricompensa e per essere tutta di Dio.

Ecco la genealogia dello studio: un piccolo è figlio del padre e della madre; cresce, si sviluppa la ragione; ha le prime idee di asilo, forma le aste, le piccole lettere, le sillabe, le parole, i numeri; legge, apprende le prime verità e le ordina alla classe seguente; studia la prima per la seconda, la seconda per la terza, la terza per la quarta, la quinta, la sesta; si licenzia per il ginnasio, ascende per il liceo, si perfeziona per l'università, studia per una professione, approfondisce di più la verità per conoscere; più sale e più trova l'oscurità, come chi va nella stratosfera; s'attacca alla fede, e per gli studi che ha fatto può giungere più preparato alle altezze; s'eleva alla scienza divina da cui ogni scienza deriva, raggiunge la luce eterna, conosce Dio, eterna verità, sapienza ed Amore.

Ancora un esempio; genealogia ascendente del gioco, l'opposto dello studio: la fiacca natura legata al corpo con l'anima piena di aspirazioni si stanca a pensare, a produrre.

Si stanca, se appena sboccia alla vita, ed apprende la prima idea nel gioco; si stanca quando sta nella pienezza degli anni e tempera lo sforzo dell'intelletto o dei muscoli col gioco. La materia lavorata forma lo strumento del gioco; lo strumento è dell'uomo che gioca, si riposa la mente, si stendono i muscoli, per studiare meglio e per lavorare con lena maggiore.

Si lavora per la vita, si vive per dar luogo allo spirito, si coltiva lo spirito per una vita più bella, si passa dal gioco alla virtù, dalla virtù all'eroismo, all'amore che si dona, a Dio. Niente può fermarsi nella materia, niente può discendere in basso, occorre in tutto salire, salire da un'intenzione ad un'altra, dalla materia allo spirito, dallo spirito alla santità, dalla santità a Dio. È quello che dice san Paolo: Far tutto per la gloria di Dio, niente escluso, ed operare per la gloria di Dio per salvarsi e raggiungere Dio. Le intenzioni della vita debbono dunque essere come tante genealogie ascendenti; l'una dev'essere più nobile dell'altra, più bella, più alta, fino a raggiungere l'ultimo fine, Dio, corona e premio di tutte le nostre intenzioni e di tutte le nostre attività.

Per ascendere bisogna cominciare con Gesù e finire con Dio, poiché Gesù Cristo ci vivifica e muta Lui la nostra vita in un'ascensione continua al Padre. Se si toglie Gesù la vita non ascende, rovina; e se si toglie Dio la vita non riposa, si perde. È questo il mirabile segreto di tutta la vita soprannaturale, di tutta la vera vita: unirsi al Redentore, ascendere da Lui al Padre e, per i meriti della sua morte e Passione riposare nell'eterna felicità, nel pieno possesso di Dio.

Sac. Dolindo Ruotolo

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