sabato 26 novembre 2016

27.11.2016 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 23 par. 4-5

4. I segni della catastrofe

Altro segno remoto, e potremmo dire caratteristico della fine del mondo, sono le guerre e le voci di guerre, le sollevazioni di popolo contro popolo e di gente contro gente, le conseguenti pestilenze e carestie, e gli sconvolgimenti tellurici. Gesù Cristo avverte che tutto questo deve avvenire, ma non è ancora la fine, perché le guerre e le tribolazioni sociali ci furono anche al tempo delle persecuzioni contro il cristianesimo, e furono così aspre da far credere prossima la fine anche ad alcuni padri della Chiesa. Gesù Cristo volle proprio prevenire questo equivoco dicendo che le guerre non indicavano la fine imminente. Egli velatamente determina di quali guerre intenda parlare e di quali sconvolgimenti, parlando di persecuzioni in tutte le parti del mondo, di odio generale al nome cristiano, di scandali caratteristici, di tradimenti, di odi, di falsi profeti, di seduzioni universali, e soprattutto di raffreddamento della carità verso Dio e verso il prossimo, dovuto al sovrabbondare dell'iniquità; Egli specifica che questo avverrà quando il Vangelo sarà stato già diffuso per tutto il mondo. Si può dire che a bella posta Gesù abbia parlato un po' velatamente, quasi confondendo i segni prossimi e quelli remoti della fine del mondo, e i segni della fine di Gerusalemme; Egli volle eccitare le anime di tutti i tempi alla vigilanza, e non volle estremamente terrorizzare quelle che si sarebbero un giorno trovate nei terribili avvenimenti. Sapere con certezza assoluta il tempo della fine potrebbe essere per quelli che ne sono lontani un motivo per darsi bel tempo, e per quelli che ne sono vicini un motivo di scoraggiamento e d'ignavia. L'incertezza ci fa essere vigilanti e nello stesso tempo ci fa continuare nel compimento dei nostri doveri, tanto nella vita familiare che in quella sociale.

Dai segni remoti caratteristici della fine del mondo, Gesù passa a quelli prossimi, riguardanti la fine di Gerusalemme. E prima di tutto l'abominazione della desolazione, cioè la desolazione abominevole posta nel luogo santo, nel tempio. Il Sacro Testo soggiunge: Chi legge comprenda, per indicare che non si parla solo della profanazione del luogo sacro, ma anche di quella dei ministri del santuario e dei fedeli.

Abominazione desolante furono non solo i segni del dominio pagano nel tempio, ma soprattutto le stragi commesse nel suo recinto dalla setta dei Zeloti, i quali se ne impossessarono con le armi, e per tre anni e mezzo vi commisero le più orrende scelleratezze, facendovi perire più di 8500 uomini, come racconta Giuseppe Flavio nella guerra giudaica (6,3).

In questo periodo vi era il tempo di fuggire dalla città, mentre quando i Romani l'assediarono non fu più possibile, e per questo Gesù Cristo esortò tutti a porsi in salvo senza indugio, con espressioni che mostrano l'imminenza del pericolo. Quando cominciarono, infatti, le ostilità tra gli Ebrei e i Romani, nessuno pensava che si sarebbe giunti all'ultima desolazione; i Romani credettero si trattasse di una semplice sedizione, facilmente domabile, e gli Ebrei che si trattasse di una rivendicazione nazionale vittoriosa, illusi come erano dai falsi cristi e dai falsi profeti. Solo i cristiani, ricordando le parole del Redentore, abbandonarono la città e si rifugiarono a Pella, nelle montagne di Galaad al di là del Giordano, prima che le armate di Tito ponessero l'assedio alla città. Il terribile assedio sorprese quasi all'improvviso gli Ebrei, e perciò Gesù Cristo profetizzandolo disse che era necessario pregare che la fuga dalla città non fosse avvenuta né in giorno di sabato, nel quale gli Ebrei credevano di non poter percorrere più di due miglia, né d'inverno, per le difficoltà che offriva un viaggio lontano, fatto in montagna. Logicamente le persone più infelici in quelle tragiche circostanze sarebbero state le donne o incinte o allattanti, per le grandi difficoltà che avrebbero trovato in una fuga precipitosa.

Di nuovo Gesù guardò anche agli eventi della fine del mondo insieme con quelli di Gerusalemme, ed esclamò che la tribolazione sarebbe stata senza precedenti e tale, che se quei giorni non fossero stati abbreviati per amore degli eletti, nessuno sarebbe scampato alla catastrofe. Concludendo con la sua profezia, Gesù parla in modo determinato di un falsario che si farà credere il cristo: ecco qui il Cristo ed eccolo là, e di falsari che lo sosterranno, inducendo moltissimi in errore e facendo pericolare persino gli eletti. Questo falsario, circondato dal prestigio di falsi miracoli, trarrà dalla sua parte moltissima gente. Gesù però ammonisce che Egli verrà in modo da farsi scorgere da tutti in un momento, come il lampo, verrà gloriosamente con grande maestà, e non sarà necessario andarlo a rintracciare nel deserto o nelle case private. Come le aquile, o meglio gli avvoltoi, si raccolgono là dove sono i corpi, così le anime si sentiranno tratte al luogo del giudizio, dove apparirà Gesù Cristo nella maestà di giudice, e dove esse verranno per assistere all'epilogo finale della storia del mondo. L'epilogo sarà terribile, perché la giustizia esigerà una piena riparazione di tutte le scelleratezze commesse nei secoli. Il mondo si scompaginerà, il sole si oscurerà, forse per raffreddamento interno e la luna non darà più luce. Frammenti di astri o asteroidi cadranno sulla terra con immenso frastuono, e le potenze dei cieli appariranno sconvolte. In questi terribili momenti apparirà nel cielo la croce, e giustamente, perché allora quasi tutte le genti l'avranno rinnegata e profanata. Il segno aborrito dei seguaci dell'anticristo apparirà in una gran luce di fuoco, e le genti risorte o ancora superstiti sulla terra piangeranno, alcune disperatamente, altre ancora fedeli per immensa gioia. Verrà Gesù Cristo sulle nubi del cielo, con grande maestà, in una luce abbagliante che risplenderà più bella sullo sfondo cupo e rossigno del cielo; apparirà non più umiliato, ma nella maestà della sua regale e divina grandezza, e sarà visibile a tutti. Gli angeli, mandati da Lui, chiameranno allora gli eletti da tutte le parti del mondo, come si chiama con la tromba un esercito alla raccolta. Forse si farà sentire veramente un suono solenne in tutte le parti del mondo, e in ogni caso si farà sentire la voce del comando della divina volontà che esigerà la glorificazione dei giusti, disprezzati e manomessi nella loro vita mortale.

L'annunzio dato da Gesù Cristo è terribile sia per gli Ebrei che per gli uomini di tutti i secoli; la rovina della nazione ebraica e quella di tutta la terra esigeva una grande vigilanza, soprattutto quando si sarebbero cominciati a verificare i segni precursori delle due catastrofi. Quando il fico mette le foglie, si capisce che l'estate si avvicina, e non può dubitarsi che sia così; nella stessa maniera i segni preannunziati sarebbero stati certissimo annunzio della venuta imminente del Redentore glorioso e della manifestazione della divina giustizia. Gesù soggiunse: Non passerà questa generazione prima che siano successe tutte queste cose, intendendo parlare della generazione a Lui contemporanea, che avrebbe visto la distruzione di Gerusalemme, come di fatto avvenne, e del terzo periodo della vita del mondo, che non sarebbe trascorso senza che tutto si fosse avverato. Egli aveva inaugurato il Nuovo Patto e il periodo storico nel quale doveva svilupparsi, ed Egli doveva conchiuderlo per sempre con una manifestazione solenne di potenza. Lo inaugurò con l'umiliazione del Calvario, e lo compirà con la glorificazione del giudizio universale.

Questo è certissimo, soggiunse il Redentore, ma in quanto al giorno ed all'ora in cui avverrà, cioè in quanto al tempo preciso, nessuno lo sa, eccetto il Padre; Egli voleva dire che era un segreto di Dio che neppure il Figlio sapeva per comunicarlo agli uomini. Egli lo conosceva certamente in quanto Dio e in quanto uomo, ma non potendolo comunicare poteva dire di non saperlo neppure Lui, quasi ambasciatore legato dal segreto. Avverrà come al tempo del diluvio; gli uomini spensierati continuarono nella loro vita e nei loro peccati, nonostante le esortazioni di Noè, e non credettero al flagello che quando ne furono colpiti. Così avverrà che di due persone che sono nel medesimo campo, o al medesimo lavoro, una sarà salva ed una sarà perduta, perché quella che è buona non sospetterà la fine e non penserà a convertire l'altra, e quella che è cattiva continuerà nelle sue occupazioni materiali e nei suoi peccati.

Occorre dunque vigilare e vivere come se fosse imminente sempre il giorno del giudizio. Bisogna vigilare come un padre di famiglia che teme in qualunque ora l'assalto del ladro, e come servo fedele che, in attesa del suo padrone, si comporta bene e quando egli ritorna riceve il premio della sua fedeltà. Chi credendo lontano il giorno di Dio si dà bel tempo, e maltratta gli altri, è simile al servo infedele che è sorpreso nel mal fare dal padrone, ed è diviso, cioè è punito, scacciato e tagliato in due, come si usava fare con gli schiavi ribelli, precipitando così nell'eterna perdizione.

    5. Un'appassionante questione: siamo vicini alla fine del mondo?

Benché Gesù Cristo abbia detto che nessuno sa il tempo e l'ora della fine del mondo, pure in tutte le età gli uomini si sono sforzati d'indagarlo con congetture, e si sono creduti prossimi alla fine. San Gregorio stesso affermava questo al suo tempo, e gli sembrava imminente la fine. Premettiamo che se è presunzione il voler determinare l'anno della catastrofe universale, non è contrario alle parole di Gesù l'indagare sui segni che la precederanno, anzi è opportuno per eccitarsi maggiormente a non attaccarsi al mondo ed a vigilare per la salvezza dell'anima. Che noi viviamo in un tempo di eccezionale sconvolgimento e di singolare empietà, questo non può negarsi, e fa pensare seriamente ad una fine non estremamente lontana; potremmo dire che molti l'aspettano. Così per esempio nell'aprile del 1937 la regione del Dniester ed altre dell'infelicissima Russia bolscevica erano percorse da processioni di contadini, che invitavano i compagni a non lavorare e pensare solo all'anima, essendo prossima la fine del mondo.

La stessa incommensurabile e quasi irreparabile scelleratezza degli uomini ci fa pensare che non vi sia altro rimedio che la rovina di tutto. I mezzi di corruzione, infatti, sono tali e tanti, che non si vede come possano eliminarsi senza una catastrofe. Il cinema, la radio, la televisione, la velocità con la quale si comunica con le varie nazioni, costituiscono, assai più della stessa stampa, tali mezzi di propaganda del male, che non se ne può trovare il rimedio. L'impurità dilaga peggio che ai tempi del diluvio, la mania omicida non ha più confini, il

capovolgimento dei più elementari valori della vita non fanno sperare più ad un ritorno sulle vie del bene; si attende la catastrofe, e diremmo pure si spera nella catastrofe.

Certo alcuni dei segni precursori della fine ci sono, ma noi non sappiamo quali altre sorprese potrà darci l'umana delinquenza, resa più letale dalle scoperte stesse della cosiddetta scienza. La beata Anna Katharina Emmerick dice nelle sue rivelazioni che la nascita dell'anticristo sarà nel 1956 . Data la precisione impressionante delle sue visioni, è una data che non può ritenersi come una fiaba. L'apostasia universale e la lotta feroce contro Dio, Gesù Cristo e la Chiesa, lotta che non ha avuto mai la tracotanza moderna, ci fa pensare già ai prodromi del maledetto regno dell'anticristo. Si dovrà avere un periodo di trionfo per la Chiesa, una prima risurrezione di tutto in Gesù Cristo, e questo si rileva dall'Apocalisse, ma questo periodo sarà quasi come un giorno sereno per la semina e la raccolta di novelli fiori per il cielo. Il male terribile che già ci soffoca rimarrà come incatenato, ed avrà poi una recrudescenza anche più terribile al tempo dell'anticristo.

Non si può dire nulla di preciso, perché i segni che ora vediamo come caratteristici potrebbero essere seguiti da altri più terribili. Quando si combatté la guerra universale, si credette quasi impossibile andar più oltre nei mezzi di distruzione e nelle scene apocalittiche dei campi di battaglia; eppure oggi quei mezzi già sembrano quasi primitivi. La famosa Berta tedesca, il cannone che tirava a cento chilometri, sembrò un prodigio di balistica, eppure oggi c'è già il cannone che tira a mille chilometri, senza dire che non sappiamo se i segreti militari delle nazioni nascondano altre sorprese. I segni che vediamo e l'incertezza che sempre ci prende debbono farci solo star vigilanti e spingerci a vivere cristianamente, anzi da santi. Oggi noi viviamo come sull'orlo di un vulcano; tutto è precario per noi, tutto è causa di opprimente dolore e di cupa tristezza e non ci rimane che abbandonarci a Dio ed amarlo sopra tutte le cose. Viviamo nell'atmosfera ammorbata dei senza Dio, di quelli che, come nella povera Spagna calcata dal tallone rosso, si salutavano turpemente: Sin Dios, cioè: senza Dio, invece di dire: a Dio! In questa pestifera atmosfera che certo è già anticristianesimo, dobbiamo tener ferme le nostre posizioni di fede, e non farci vincere né dal rispetto umano né dalla vilissima apostasia; dobbiamo portare alto il nostro nome di cristiani, senza cedere al mondo neppure un pollice delle nostre posizioni. Se in ogni tempo è un male cedere al mondo, in questi momenti è un delitto di diserzione.

Non si può aver nulla di comune con l'empietà, neppure nelle forme esterne degli usi mondani; bisogna tenersi fermamente uniti alla Chiesa, e quasi attaccati alle sue vesti benedette, come figli alla madre. Dobbiamo soprattutto vivere cristianamente nella pratica dei Sacramenti e nella vita, affinché l'atmosfera del mondo non ci soffochi, e dobbiamo tener cara la fede come un preziosissimo tesoro. Niente ci faccia vacillare, niente ci affascini, niente ci tragga fuori di Gesù Cristo e della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana. Non crediamo ai falsi profeti, e ce ne sono tanti, che pretendono predicare nuove religioni, nuove morali, e nuovi ordinamenti sociali; questi, come diceva Pio XI, sono spacciatori di chimere, destinati alla più amara delusione. Ascoltiamo la voce della verità che è nella Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana, e persuadiamoci che mai come in questi momenti di confusione si sente il bisogno di tendere l'orecchio alla verità e le mani alla Madre!

Sac. Dolindo Ruotolo

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