domenica 26 gennaio 2014

28.01.2014 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 3 par. 4

4. Gli scribi stimano Gesù pazzo e indemoniato. Il peccato contro lo Spirito Santo
L'innumerevole turba che si accalcava intorno a Gesù suscitava ogni giorno di più l'animosità degli scribi e dei farisei, i quali tentarono tutti i mezzi per impedirlo.
Con ogni probabilità furono essi che ricorsero ai parenti del Redentore, perché l'avessero preso e rinchiuso in casa come un pazzo, dicendo loro che Egli comprometteva la loro dignità e la loro reputazione.
Sappiamo che quasi tutti i suoi parenti lo stimavano un esaltato e non credevano in Lui; essi quindi non ebbero difficoltà a secondare l'iniziativa dei suoi nemici. Vennero anche degli scribi e farisei, mandati dall'autorità di Gerusalemme, per indagare sulla sua attività; essi, avendo visto molti miracoli, ed avendo assistito alla liberazione di parecchi indemoniati, con grande sfrontatezza andarono spargendo la voce nel popolo che quei miracoli erano operati in virtù di Beelzebul, principe dei demoni, dal quale, dicevano, Egli era posseduto.
Era una menzogna che poteva disorientare il popolo, poiché distruggeva in esso tutto il frutto che poteva ricavare dai fatti straordinari cui assisteva; era anche un'infamia balorda, essendo assurdo che satana avesse potuto scacciare se stesso e rovinare il suo regno.
Gesù Cristo ebbe una grande carità verso questi suoi oppositori ostinatigli chiamò a sé e, senza bollarli come avrebbero meritato, dimostrò loro prima l'insussistenza di ciò che affermavano, e poi l'empietà nella quale cadevano chiamando posseduto da satana Lui, che era posseduto dallo Spirito Santo. Volle prima persuaderli con un ragionamento e con una parabola, affinché, constatata l'illogicità della loro affermazione, l'avessero ritratta; quando poi li vide ostinati, parlò loro del pericolo che correvano di perdersi eternamente peccando contro lo Spirito Santo.
Essi, infatti, bestemmiavano, chiamando spirito immondo lo Spirito Santo che, possedeva Gesù; chiamandolo poi indemoniato, negavano nella maniera più contraria alla verità la sua divinità.
I segni della sua Persona divina diventavano per quegli empi segni di satana, e le luci che fluivano dal cielo diventavano fasci di tenebre erompenti dall'abisso; essi con questo si mettevano nell'impossibilità di avere luce e di salvarsi.
La terribile parola che Gesù disse sull'irremissibilità del peccato contro lo Spirito Santo riguarda, quindi, il fatto più che la possibilità assoluta; ogni peccato può essere rimesso, ma il peccato che riguarda come errore la verità e come insidia diabolica la grazia, rifugge di fatto dalla remissione e la rende impossibile praticamente.
Un infermo che rifiuta la medicina perché non la vuole, può sempre ricredersi e riprenderla; un altro, che preferisce un rimedio cervellotico, può sempre sperimentarlo inutile e rifare appello alla vera medicina; ma chi stima veleno il farmaco che deve guarirlo e, pur conoscendolo come unico rimedio, dice invece che porta la morte, non potrà mai guarire.
Gli scribi e i farisei, rifuggendo dal Redentore come da un pazzo e da uno posseduto dallo spirito immondo, si mettevano volontariamente nell'impossibilità di avere il perdono e la vita eterna, frutti mirabili della redenzione e del Redentore.

Nei nostri tempi si pecca contro lo Spirito Santo
Il maledetto demonio, sapendo che il peccato contro lo Spirito Santo rende praticamente impossibile la salvezza, tentò e tenta sempre gli uomini a cadere in questo abisso profondissimo.
Nei nostri tempi poi, si può dire, abbia toccato l'apice di questa sfrontatezza, avvelenando, per così dire, le stesse radici dell'anima cristiana. La lotta del filosofume, del razionalismo senza ragione, del bolscevismo e del nazismo contro la fede cattolica è il frutto di tanti peccati contro lo Spirito Santo, ed è un colossale peccato contro lo Spirito Santo.
Stravolgere la verità e la storia in mala fede e negare l'evidenza della luce, è tale peccato che rende impossibile la risurrezione di quelle anime che mentiscono sapendo di mentire, e che con freddo e scellerato calcolo tentano minare le basi stesse della Chiesa cattolica.
Sono note oramai le scienti falsificazioni di Hegel e di tanti pretesi scienziati, per tentare di porre un fondamento alla negazione di Dio; sono note le insidie, le ingiustizie, le violenze e le sopraffazioni dei bolscevichi e dei nazisti per riuscire nel diabolico programma di abbattere la fede; si è giunti a tali raffinatezze diaboliche per gettare ombre sulla verità, che è quasi impossibile sperare che uomini scesi in così profondi abissi possano risalire.
Abituiamoci ad umiliarci profondamente dinanzi alla verità eterna, adorandola, e persuadiamoci che fuori della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana non c'è che l'abisso. Ripudiamo energicamente tutto quello che avvelena l'anima, e teniamoci ben custodito il tesoro della fede.
Nelle oscurità dello spirito adoriamo Dio, e smettiamola con quello spirito falso che battezziamo come critica e ragionevolezza, mentre è solo stupidità ed orgoglio.
La nostra ragione è una pessima guida quando non è essa stessa illuminata dalla fede e guidata dalla disciplina dell'obbedienza.
Chi non dubita della sua ragione e non è diffidente innanzi alle sue suggestioni, non è dissimile dai pazzi, che hanno come carattere patologico l'ostinazione nel loro pensiero, e l'irruente esclusione del pensiero degli altri. Si può dire che solo i pazzi che non hanno la ragione a posto sono quelli che credono infallibile la loro ragione, e perciò quelli che si appoggiano alla ragione con assolutismo che non ammette repliche sono pazzi autentici.
Chi commette il peccato contro lo Spirito Santo cade in questo stato patologico della ragione, e finisce per credere veramente infallibili le sue deduzioni false, illogiche e blasfeme. Si forma un mondo tutto suo, con canoni creati da falsi o puerili impressioni, con assiomi campati sulle proprie deduzioni, e con leggi tratte dalla sconvolta coscienza. Il traviamento allora è così totalitario, così desolante, così reagente ad ogni rimedio, che, senza un miracolo di grazia ottenuto per un torrente di preghiere e di penitenze, si può dire segnata dalle proprie mani la sorte di quell'anima.
L'incontro con i parenti e la dichiarazione della divina Maternità di Maria
Mentre Gesù ragionava con gli scribi e i farisei, dimostrando quanto fosse assurdo quello che essi dicevano di Lui, i suoi parenti si avvicinarono, tentarono di farsi largo e, non potendo giungere fino a Lui, mandarono a chiamarlo.
Essi, cugini e parenti suoi, si fecero annunziare come fratelli, non tanto per l'uso che c'era di denominare così i parenti più stretti quanto per ostentare il diritto che credevano di avere di richiamarlo. Avevano indotto anzi la Vergine Santissima ad accompagnarli, sperando così di riuscire più facilmente a condurlo con loro ed a segregarlo da tutti come pazzo.
Allarmarono la tenerezza materna di Maria, dicendole che il Figlio suo correva serio pericolo, e la costrinsero ad andare con loro. Questo non è detto nel Sacro Testo, ma deve supporsi necessariamente, perché sarebbe assurdo pensare che la Vergine Santissima abbia potuto seguirli nei loro pensieri riguardo a Gesù.
Si fecero annunziare come suoi fratelli quelli che ordivano una congiura contro di Lui, e fecero annunziare la madre sua non come la sposa dello Spirito Santo, ma come sposa di Giuseppe. Dicendo essi: Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di te, intendevano parlare di una donna che lo aveva generato umanamente, e intendevano dare alla loro linea di parentela un valore più grande di quello che aveva, per ostentare il diritto di parlargli e di essere ascoltati.
Non credendo in Lui, diminuivano la Madre alla stregua di una donna qualunque, e volendo imporsi alla sua volontà aumentavano se stessi chiamandosi fratelli, mentre erano solo parenti e, quel che è maggiormente penoso, gli erano ostili come e più degli estranei.
Gesù Cristo non aveva una madre comune, ma una madre Vergine che l'aveva generato per virtù dello Spirito Santo. Egli dunque non volle riceverla così come gliel'annunziavano, perché l'avrebbero diminuita nella sua dignità; senza svelare il mistero della divina Maternità per non esporlo alla derisione di quelli che non avrebbero potuto comprenderlo, disse velatamente in qual modo Maria gli era madre, affermando che era sua madre che faceva la volontà di Dio.
Fu infatti proprio in un atto di pienissima unione alla divina volontà che Essa fu fecondata dallo Spirito Santo; quando disse all'angelo il fiat, si offrì tutta alla disposizione del Signore e nel medesimo istante lo Spirito Santo l'adombrò, e il Verbo si fece carne nel suo seno verginale.
Maria fu Vergine purissima prima, durante e dopo il parto, e Gesù fu suo primogenito ed unigenito; Egli non aveva dunque fratelli e sorelle, ma, compiendo la volontà del Padre, voleva formarsi una famiglia spirituale nella stessa maniera come Lui stesso era nato da Maria, cioè nell'unione dell'anima loro alla divina volontà.
Questi soltanto avrebbero potuto gloriarsi di appartenergli, questi avrebbero potuto parlargli e vivere con Lui, di Lui e per Lui.
Come avrebbe potuto ricevere quelli che si chiamavano suoi fratelli, tentando per quanto era in loro, di ostacolare i disegni della divina volontà, e pretendendo di sottrarlo alla sua missione?
Gesù volse gli occhi a quelli che lo circondavano, agli apostoli che lo secondavano nella sua missione, e disse in tono di grande amore che essi erano la sua madre e i suoi fratelli, perché essi, compiendo i disegni della divina volontà, lo avrebbero generato nelle anime, e sarebbero stati veramente suoi fratelli nella propagazione del Vangelo.
I disegni di Dio però non si sarebbero compiti che per Maria Santissima, ed essi avrebbero dovuto vivere anche con questa dolcissima Madre, imparando da Lei a generarlo nelle anime, unendosi alla divina volontà.
I poveri protestanti pretendono vedere nelle parole di Gesù un disconoscimento della Madre divina, e nello stesso tempo una testimonianza che Egli avesse dei fratelli; non si accorgono di stravolgere il senso del Sacro Testo, e di giocare di astuzia, molto ingenua in verità, dimenticando il valore della parola fratello nella Sacra Scrittura. Essi, che hanno sempre sulle labbra questa parola per simulare la loro unione in Gesù Cristo, non sono dissimili da quei parenti del Signore, che si chiamavano suoi fratelli quando andavano a Lui per presentare Maria come una donna comune, e per ostacolare la propagazione del suo regno. Precisamente, denigrano la Madre divina e denigrano la fratellanza cristiana, facendosi strumenti di dissensione ed attentando all'unità della Chiesa.
Gesù Cristo non li può ricevere, non li riceve, ed essi rimangono fuori della sua Casa, nonostante la presunzione che hanno di entrarvi di diritto, come rimasero fuori i pretesi fratelli di Lui.
Uniamoci alla divina volontà nella Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana, e guardiamoci bene dall'ostacolare le opere di Dio. Non è difficile, infatti, che i medesimi cristiani tentino di attraversare i disegni del Signore, illudendosi magari di fare del bene, ed è comunissimo che le persone più vicine a qualcuno chiamato a compiere un'opera santa lo credano esaltato e gli muovano guerra.
Il mondo crede sempre esaltamento morboso la pietà, lo zelo, la carità, l'amore a Dio ed alla preghiera, ed ha sempre pronte le sue ambascerie, noiosissime per distogliere le anime dal bene.
Siamo costanti nelle vie di Dio, e non ci facciamo deviare dal rispetto umano. Ci sia anzi di grande onore essere stimati pazzi per amore di Dio, e ci sia di grande conforto il pensare che il Maestro divino non fu trattato diversamente. Il programma della nostra vita non dev'essere quello di piacere al mondo ma a Dio, ed invece di curarci degli occhi degli altri, dobbiamo preoccuparci solo che Gesù ci guardi con amore e sia contento di noi.

 
Sac. Dolindo Ruotolo

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