3. La divina Parola avanza nella Chiesa e nel mondo
Gesù Cristo, dopo aver parlato velatamente dell'arma spirituale della conquista del suo Regno spirituale, cioè della divina Parola, ed aver accennato al modo col quale essa avrebbe prodotto il suo frutto nei cuori, si rivolge ai suoi apostoli che dovevano accogliere la sua predicazione e farla conoscere al mondo. Essi erano le lampade del mondo e non potevano rimanere nascosti, ma dovevano splendere sul candelabro per fare luce ai popoli. La lucerna non è nascosta sotto il moggio, cioè non viene coperta dalla misura di capacità di otto litri circa, con la quale si misurava il grano, quasi come cappello per tutelarla dal vento, né viene posta sotto il letto quando deve fare luce a tutta la stanza.
Gli apostoli sono fiaccole che debbono splendere nelle tempeste dei secoli con piena fiducia, senza temere di essere spenti dagli uragani, perché accesi dalla grazia sono lampade non destinate ad illuminare sotto il letto, ossia le poche amicizie familiari sono luci non ristrette nell'intimità delle case, ma destinate ad illuminare la società, ad essere guide della vita pubblica in mezzo alle oscurità di tutte le aberrazioni umane. Gli apostoli hanno un tesoro di verità che non tutti capiscono, che sono nascoste alle anime indegne o superficiali, e sono espresse, come faceva Egli allora, con parabole; ma poi verrà il tempo nel quale essi dovranno spiegare tutto, essere gli interpreti autentici della divina Parola. Essi illuminano gli altri annunziandola, la illuminano commentandola; soltanto a loro è affidato questo ministero di illuminazione spirituale, e non a qualunque anima, e tanto meno in modo cervellotico o arbitrario.
Unendo queste parole di Gesù a quelle che disse proclamando esplicitamente gli apostoli luce del mondo e sale della terra, è chiaro che Egli voleva proclamare la missione della Chiesa di annunziare la divina Parola, ed il suo magistero infallibile nell'interpretarla. Perciò rivolgendosi agli eretici, e soprattutto ai futuri protestanti che avrebbero preteso di annunziare essi la parola e d'interpretarla a modo loro, disse in tono profetico e severo: Chi ha orecchie da intendere intenda cioè: non vi fate illusione che sia come voi pensate, né crediate di potere stravolgere la mia parola.
Gesù Cristo, dopo aver parlato velatamente dell'arma spirituale della conquista del suo Regno spirituale, cioè della divina Parola, ed aver accennato al modo col quale essa avrebbe prodotto il suo frutto nei cuori, si rivolge ai suoi apostoli che dovevano accogliere la sua predicazione e farla conoscere al mondo. Essi erano le lampade del mondo e non potevano rimanere nascosti, ma dovevano splendere sul candelabro per fare luce ai popoli. La lucerna non è nascosta sotto il moggio, cioè non viene coperta dalla misura di capacità di otto litri circa, con la quale si misurava il grano, quasi come cappello per tutelarla dal vento, né viene posta sotto il letto quando deve fare luce a tutta la stanza.
Gli apostoli sono fiaccole che debbono splendere nelle tempeste dei secoli con piena fiducia, senza temere di essere spenti dagli uragani, perché accesi dalla grazia sono lampade non destinate ad illuminare sotto il letto, ossia le poche amicizie familiari sono luci non ristrette nell'intimità delle case, ma destinate ad illuminare la società, ad essere guide della vita pubblica in mezzo alle oscurità di tutte le aberrazioni umane. Gli apostoli hanno un tesoro di verità che non tutti capiscono, che sono nascoste alle anime indegne o superficiali, e sono espresse, come faceva Egli allora, con parabole; ma poi verrà il tempo nel quale essi dovranno spiegare tutto, essere gli interpreti autentici della divina Parola. Essi illuminano gli altri annunziandola, la illuminano commentandola; soltanto a loro è affidato questo ministero di illuminazione spirituale, e non a qualunque anima, e tanto meno in modo cervellotico o arbitrario.
Unendo queste parole di Gesù a quelle che disse proclamando esplicitamente gli apostoli luce del mondo e sale della terra, è chiaro che Egli voleva proclamare la missione della Chiesa di annunziare la divina Parola, ed il suo magistero infallibile nell'interpretarla. Perciò rivolgendosi agli eretici, e soprattutto ai futuri protestanti che avrebbero preteso di annunziare essi la parola e d'interpretarla a modo loro, disse in tono profetico e severo: Chi ha orecchie da intendere intenda cioè: non vi fate illusione che sia come voi pensate, né crediate di potere stravolgere la mia parola.
II magistero della divina Parola
Gesù Cristo anzi fece una restrizione nello stesso campo della Chiesa, riguardo al magistero e all'interpretazione della divina Parola, e disse a modo di proverbio di badare bene a quello che udivano, poiché nella misura con la quale si sarebbero sforzati di apprendere la divina parola, ne sarebbe stata ad essi corrisposta, quasi contraccambio, l'intelligenza, e che ai negligenti sarebbe stata tolta ogni luce. Con questo volle dire che la propagazione ed il commento della divina Parola richiede una grazia speciale che viene data a quelli che cercano di alimentarsene con una particolare diligenza.
Chi misura, cioè apprezza la divina Parola col magistero della Chiesa e non col proprio criterio, riceve da quel magistero una sovrabbondanza di luce, e chi ha la luce di quel magistero riceve anche la luce interiore che illumina particolarmente l'anima; chi invece rifiuta quella luce perde anche quello che ha, rimane cioè senza l'intelligenza comune della Parola di Dio, e perde anche il Testo che la contiene, deformandolo e riducendolo a pura forma umana, come fanno i razionalisti. Quando si misura la Parola di Dio con un criterio umano, si ha una luce umana che non ha nulla di comune con quella che dà la Chiesa; si perde la luce della Chiesa e con essa anche quella interiore e lo stesso Sacro Testo.
È proprio quello che è avvenuto ai protestanti ed agli eretici di tutti i tempi.
Non deve far meraviglia che Gesù abbia parlato per essi in queste oscure e misteriose parole; l'apostasia del mondo, infatti, è causata dallo stravolgimento della Parola di Dio, come la conversione delle anime è frutto della sua retta propagazione ed interpretazione; è logico dunque che il Redentore, parlando della semina della divina Parola, abbia guardato a quelli che avrebbero cercato un giorno di renderla vana e di deformarla col proprio personale criterio.
La fecondazione della Parola di Dio non è frutto di oratoria o di industria umana, ma è frutto della grazia, che opera silenziosamente nei cuori ben disposti.
Il seminatore ha cura di preparare il terreno e di metterlo nelle condizioni di prosperare; dopo che ha gettato la semente dorme la notte, cioè si abbandona a Dio e confida in Lui nelle incertezze della stagione; si leva, poi, il giorno, cioè continua il suo lavoro nella terra per quanto gli sia possibile, e cerca di aumentarne le fecondità. Egli aspetta dalla provvidenza il frutto, e la terra, benedetta da Dio, produce essa stessa l'erba, la spiga e il frutto, aspettando al tempo della messe la falce.
Così avviene nella Chiesa e nelle anime; l'apostolo getta la buona semente nei cuori ben disposti, e confida nel Signore, implorando la sua misericordia e la sua grazia perché la fecondi. La grazia produce a poco a poco il frutto, e rende l'anima matura nelle vie di Dio, preparandola al giudizio finale, che sarà il tempo della messe di tutte le anime.
La parabola del granello di senapa
Chi si alimenta della Parola di Dio non deve preoccuparsi eccessivamente di veder subito il suo frutto nel cuore, perché l'azione della grazia è lenta e gradata. Chi si affanna e pretende di controllare continuamente la semente che è stata posta nel suo cuore, finisce per toglierla dal terreno e impedirne la germinazione. Occorre la pazienza dell'attesa e la fiducia grande nel Signore tanto per l'anima propria quanto per quello che si dona agli altri. Il lavoro spirituale non è mai perduto, e dopo lunga attesa vengono fuori germi insperati di vita, e il campo del Signore prospera e fruttifica.
La Chiesa non si dilata come i grandi imperi, a furia di armi e di spettacolose parate; Essa appare innanzi al mondo come un piccolo granello di senape, che sembra sproporzionato al suo sviluppo ma poi cresce in un grande arbusto, sul quale possono nidificare gli uccelli. Nella Chiesa poi, e nelle anime che ne fanno parte, il principio fondamentale della prosperità non è ciò che appare grande, ma l'umiltà che è piccolezza feconda. Non si raggiunge una mèta elevata ingrandendosi ma impiccolendosi; più l'anima si umilia, più Dio la riempie di forza e di grazia; più s'impiccolisce e più cresce nelle vie della santità. Non si può quindi aspirare nella Chiesa a trionfi mondani o impressionanti, poiché il suo vero trionfo sta nella fecondità spirituale che la rende albero fiorito in mezzo all'universale sterilità. Gesù Cristo, parlando del granello di senape, si rivolse specialmente a quelli che attendevano il regno politico glorioso del Messia, ed a quelli che nei secoli futuri avrebbero sognato trionfi politici del suo regno.
No, la Chiesa non avrà mai questi trionfi, che praticamente diminuirebbero la sua vera vita; Essa è pellegrina, naviga versogli eterni lidi, è combattente, e imbattuta aspira all'eterna vita e non può trovare sulla terra né la sua dimora, né la perfetta calma, né il riposo.
La tempesta sedata
Questa grande verità, corona di quelle che Gesù Cristo aveva espresse con parabole, fu da Lui manifestata con una scena reale, perché fosse rimasta impressa nell'anima dei suoi apostoli, e della Chiesa. Egli, venuta la sera, volle passare all'altra riva del lago. Si pose a poppa della navicella, s'adagiò su di un guanciale e s'addormentò, mentre gli apostoli remigavano.
Era presente e sembrava assente; lo nascondevano le tenebre, e lo eclissavano il silenzio poiché dormiva.
Improvvisamente si levò una bufera di vento che sospingeva le onde nella barca, fino a riempirla. Sembrava che da un momento all'altro affondasse: non c'era scampo, e Gesù dormiva.
E l'unica volta che il Vangelo ci parla del sonno di Lui, ed era un sonno nella tempesta.
Agli apostoli sembrò una noncuranza da parte sua, e lo svegliarono. Eppure Egli non solo si curava di loro, ma ne provava e fortificava la fede. Si levò allora pieno di maestà, sgridò il vento, impose al mare di tacere e di calmarsi, e subito si fece grande tranquillità, con immenso stupore degli apostoli.
La Chiesa nella tempesta
Era la sintesi del cammino della Chiesa nei secoli: Essa passa da una riva all'altra, dal tempo all'eternità; è in compagnia di Gesù ed è in balìa delle onde delle umane vicende e delle umane tempeste. Gesù Cristo è con Lei, ma sembra che dorma nel silenzio eucaristico, e quasi appare noncurante delle lotte che Essa affronta, proprio quando maggiore è il pericolo.
Egli tace ma è presente; tace perché vuol essere risvegliato dalla fede, e quando le preghiere diventano grido di vera fede, allora solo si leva ed impone la calma alla tempesta.
La domanda che si fecero gli apostoli: Chi è mai costui cui il vento ed il mare obbediscono?, fa vedere chiaro che la loro fede era ancora imperfetta; Gesù permise la tempesta per risuscitarla, come permette nella Chiesa le grandi tempeste per rinnovarci nella fede.
Confidiamo in Gesù nelle oscurità dello spirito, e confidiamo in Lui, ora specialmente che la Chiesa si trova in tempeste terribili, mai viste prima. Nelle nostre tempeste rifugiamoci in Lui, ed in quelle della Chiesa preghiamo perché venga la calma nella fecondità spirituale delle anime, e nella suprema aspirazione all'eterna vita.
Confidiamo, dormiamo anzi noi sul Cuore divino di Gesù, e rifugiamoci ai piedi del suo altare.
Là Egli non si vede, ma si sente, e lo sente la fiducia che lo cerca come unica salvezza. Siamone certi: la tempesta non ci può sommergere se confidiamo in Lui, e perciò dilatiamo il cuore nel suo amore, e viviamo innanzi ai suoi tabernacoli.
Essi sono la fortezza della Chiesa, sono il riposo nella tempesta, sono la potenza che le impone il silenzio e la calma.
O Gesù, vita della tua Chiesa, ascolta la sua voce supplicante; levati sulle tempeste che tentano sommergerla, imponi la calma, riduci al silenzio le infernali potenze; vinci, vinci, e venga il tuo regno in tutta la terra, fatta un solo ovile sotto un solo pastore per la tua Parola di vita!
Sac. Dolindo Ruotolo
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