giovedì 23 gennaio 2014

23/24.01.2014 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 3 par. 3


3. Il concorso delle turbe e l’elezione dei dodici apostoli
Mentre gli scribi e i farisei congiuravano con gli erodiani, nella speranza che Erode stesso pensasse ad impedire a Gesù ogni attività e ad ucciderlo, il Salvatore proseguiva nel suo cammino che nessuna forza umana poteva impedire.
Egli andò verso il mare, cioè verso il lago di Genesaret, perché una grande moltitudine lo seguiva, e volle trovare un luogo in pianura capace di accoglierla.
Da tutte le parti accorrevano a Lui: dalla Galilea, dalla Giudea, dalla regione al di là del Giordano e dalle stesse vicinanze di Tiro e di Sidone, ed Egli, sulle rive del lago le accoglieva con infinito amore, vedendo in quelle moltitudini le primizie del suo regno di anime. La ressa anzi fu tanta che Gesù fù costretto a scendere in barca per ammaestrare quelle turbe, dopo avere guarito gl’infermi ed aver liberato gli ossessi che gli furono presentati.
Quello spettacolo di fede era l’immagine e la figura di quello che sarebbe avvenuto nei secoli: a Lui sarebbero corse le genti nelle varie epoche della vita della Chiesa, ed Egli le avrebbe istruite dalla barca di san Pietro, dalla Chiesa, nella quale veramente vive. In tutti i secoli vi sarebbero state le opposizioni dei cattivi, come quelle che incessantemente gli facevano gli scribi e i farisei, ma in tutti i secoli tempestosi i popoli avrebbero sentito il bisogno di correre all’unica e vera Chiesa da Lui formata, come al solo porto di salvezza.
Come gl’infermi irrompevano verso Gesù per toccarlo, cosi le anime sarebbero corse a Lui per avere con Lui un contatto di vita nella Santissima Eucaristia; come gli stessi spiriti immondi gli si prostrarono davanti proclamandolo Figlio di Dio, così gli stessi perversi avrebbero dovuto riconoscerlo per vero Dio ed unico Redentore dell’umanità; come Egli imponeva silenzio alla testimonianza degl’indemoniati, perché essa non poteva generare, tutto al più, che una fede naturale in Lui, così nel suo trionfo. Egli non vorrà la testimonianza dei miscredenti, ma quella che viene dalla luce divina della fede.
Non si tratta solo di conoscere se Egli sia il Cristo, il Figlio di Dio, ma si tratta di vivere di Lui, di partecipare alle ricchezze che ci ha donate e di conquistare la vita eterna con una vita veramente cristiana.
Chi dice di credere, e poi vive lontano da Dio, dai Sacramenti, dalla virtù, da tutto ciò che il Signore ci ha comandato, rende a Gesù una testimonianza che non è dissimile da quella degli spiriti immondi, testimonianza di parole che non compungono il cuore non lo trasformano, non lo danno a Dio.
Può dirsi, gemendo, che la stessa testimonianza gli rendono quei poveri ministri infedeli che predicano la Parola di Dio ma non la fanno partire dal cuore, vivificato dalla Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana. Essi sono nature morte, frutti separati dall’albero, fiori appassiti sul tavolo tarlato, granate abbandonate che non spazzano, botti vuote che non hanno una goccia sola di vino corroborante le forze. Gesù Cristo non può ricevere che la testimonianza dell’amore, non vuole che la testimonianza dell’amore! Un cuore immondo fa meglio a tacere, anzi fa meglio a uscire dal suo stato di corruzione e a convertirsi sinceramente, per diventare voce di glorificazione pratica per il Redentore.



La chiamata degli apostoli
Quando Gesù vide tutte quelle moltitudini che gli si accalcavano d’intomo, dopo averle consolate ed istmite, salì su di un monte, cioè sulla collina dalla quale predicò le beatitudini e, passata la notte in orazione, come rileviamo da san Luca, (6,12) chiamò a sé i discepoli e ne scelse dodici perché fossero sempre con Lui ed annunziassero la divina Parola. Chiamò quelli che Egli stesso volle, perché li scelse non per il loro merito, ma per un disegno della sua volontà adorabile; li chiamò sul monte, perché essi dovevano essere con l’anima e col cuore in alto, tutti rivolti al cielo, viventi lontani dal mondo, servi di Dio solo per la sua gloria; li chiamò su quell’altura profumata dalla sua preghiera, perché essi fossero stati fortificati dal suo amore per il Padre celeste.
Il Sacro Testo ci dà i nomi dei dodici eletti, cominciando da san Pietro che ne era il capo, e finendo con Giuda che fu il traditore.
Il mistero dell’elezione di Giuda

Si potrebbe domandare: se Gesù Cristo elesse quelli che Egli volle, come mai elesse anche Giuda che fu il traditore, pur conoscendo quello che avrebbe fatto? Se Egli disse nell’ultima Cena che sarebbe stato meglio che quell’uomo non fosse nato, noi quasi potremmo dire: non sarebbe stato meglio che quell’uomo non fosse stato eletto ad un ministero che doveva mutarsi per lui in perdizione eterna?
Per rispondere a questa grave difficoltà, bisogna prima di tutto raccogliersi in adorazione profonda, perché la piccola mente umana non è capace di scrutare i disegni arcani della divina provvidenza. Sappiamo che Dio è infinita giustizia ed infinita misericordia, sappiamo che opera tutto con sapienza altissima, e questo dovrebbe bastarci per dire che l’elezione di Giuda fu un tratto di amore. Ma dopo avere adorato il disegno di Dio, la ragione può intravedere anche qualche linea di luce proporzionata alla propria piccolezza.
Gesù scelse gli apostoli come i propagatori dell’opera sua, e li scelse ancora come rappresentanti delle umane debolezze e delle buone qualità che sono il fondamento sul quale lavora la grazia. La vita di Gesù e tutto quello che ne formava l’ambiente terreno era la sintesi della storia dell’umanità, era la figura e l’annunzio di quello che sarebbe avvenuto alla Chiesa, Corpo mistico del Re divino, ed era anche la sintesi di quello che sarebbe avvenuto in ogni epoca della vita della Chiesa ed in ogni membro del Corpo mistico.
Gesù Cristo scelse gli apostoli con uno sguardo infinito di sapienza e di prescienza, utilizzando ai suoi fini le loro debolezze, e mutandoli poi in novelle creature con la grazia dello Spirito Santo.
Egli sapeva che Giuda l’avrebbe tradito, ma sapeva pure che l’avrebbe fatto con piena libertà; lo elesse non per renderlo traditore ma per migliorarlo, e poiché aveva un’anima bassa e volgare, gli affidò la borsa delle elemosine, che era l’unica cosa che avrebbe potuto disimpegnare con un certo amore.
Non si può dire che l’essere stato eletto all’apostolato l’abbia reso traditore; anzi si deve fare la deduzione opposta, e pensare che la compagnia di Gesù gli abbia giovato certamente e l’abbia reso meno perverso di quello che sarebbe stato se non l’avesse seguito. D’altra parte la previsione dell’abuso che egli avrebbe fatto delle grazie, non era per Gesù Cristo un motivo per non dargliele; anzi Egli fu con lui generoso ed a-mabile fino a quando lo tradì nell’orto, per indurlo con la carità a ritornare sulla via del bene.
Giuda si sarebbe perduto anche senza seguire Gesù, perché si dava con facilità in balìa delle passioni; Gesù lo elesse per fame un santo, lasciandolo libero di corrispondere o meno alla grazia e, subordinatamente alla sua incorrispondenza, di metterlo nel suo disegno come l’espressione dell’incorrispondenza e del tradimento, per istruzione della Chiesa nei secoli.
Non lo scelse per avere il traditore, ma poiché sapeva che egli, in un modo o in un altro, sarebbe precipitato nel baratro; lo scelse per formarne almeno una parte del suo disegno, ed inquadrare quella vita malefica nel disegno dell’amore misericordioso di Dio.
Se tu hai bisogno di un legno per porlo come sostegno in un mobile, scegli quello che non è atto ad essere lavorato perché nodoso o marcito. Questo non significa che tu prendi il legno buono e lo rendi marcito o nodoso.
Dio permette che nel mondo vi siano i cattivi per prova dei buoni; li utilizza ma non li forza o li predestina ad essere cattivi. Se permette questo nel mondo, non è meraviglia che l’abbia permesso nei medesimi apostoli scelti da Lui.
Giuda poi non fu eletto in quanto perverso, ma fu chiamato perché aveva anche egli il desiderio di servire Dio, e Dio non rigetta mai chi lo desidera. Egli poi si rese infedele a poco a poco, cominciò a cadere in piccole trasgressioni, cominciò a disistimare il Maestro divino, a perdere in Lui la fiducia, a crederlo un ingannatore, a riguardare come peso insopportabile il seguirlo, a dar retta alle insinuazioni degli scribi e farisei, e a mano a mano a giungere fino al tradimento ed alla perdizione.
Se Gesù avesse dovuto non eleggerlo prevedendo il male che avrebbe commesso, non dovrebbe eleggere nelle sue vie nessuna creatura, perché tutte, più o meno, sono peccatrici.

 
Sac. Dolindo Ruotolo

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