2. Fondamento incrollabile della verità della nostra risurrezione: la risurrezione di Gesù Cristo.
Dopo aver illuminato i Corinzi sugli abusi che si erano introdotti fra di loro e aver risolto le difficoltà e i dubbi da essi propostigli, san Paolo viene ad una questione di grandissima importanza per alcuni che si erano lasciati sedurre o traviare, e che non ammettevano la risurrezione dei morti. Questi, ancora imbevuti di idee pagane, non sapevano
concepire come i corpi potessero risorgere nell’ultimo giorno del mondo, e non riflettevano che, negando la risurrezione, venivano a negare anche l’immortalità dell’anima e gettavano il dubbio persino sulla risurrezione di Gesù Cristo.
I Corinzi, in tal modo traviati dovevano essere non pochi, ed ostinati nel loro convincimento a tal punto, che l’Apostolo li chiama insensati. Non avrebbe usato questa forte espressione, che potrebbe sembrare una mancanza di carità se essi non fossero stati irragionevolmente tenaci nel loro errore. Psicologicamente, infatti, noi usiamo simili espressioni, quando ci troviamo di fronte a chi nega ostinatamente la verità, e non si lascia persuadere da nessun argomento.
San Paolo entra in argomento mettendo, come fondamento incrollabile di ciò che sta per dire, la Rivelazione; non si tratta di opinioni più o meno filosofiche, ma di verità assolute che fanno parte del medesimo Vangelo, e sulle quali non si può avanzare dubbio senza rinnegarlo dopo averlo ricevuto, esponendosi in tal modo all’eterna rovina. Io vi dichiaro, o fratelli - comincia a dire san Paolo - il Vangelo che vi annunciai nella mia predicazione, che voi riceveste credendovi, e quindi accettandolo in tutte le sue verità, nel quale perseverate, perché tuttora faccettate e lo credete, e per il quale siete anche salvati, raggiungendo la vita eterna, purché lo riteniate tal quale io ve lo annunciai, senza pretendere di deformarlo, salvo il caso che non l’abbiate creduto invano, cioè a meno che voi l’abbiate accettato prima con sincerità, e poi l’abbiate praticamente rinnegato rifiutando qualcuna delle sue verità. È vana, infatti, la fede nel Vangelo quando lo si riceve come una qualunque teoria filosofica, e si pretende di accoglierne solo quello che garba alle proprie idee.
Del Vangelo trasmesso ai Corinzi per mandato del Signore, san Paolo ricorda quelle verità fondamentali che gli Apostoli solevano annunciare per prime nella loro predicazione, (At 2,22; 10,40; 13,29 ecc.) e cioè la Morte e la Risurrezione di Gesù Cristo: Vi trasmisi, dunque, prima di tutto, ciò che io stesso ricevetti, che il Cristo cioè morì per i nostri peccati, secondo le Scritture, che fu sepolto e risuscitò il terzo giorno, secondo le Scritture. Com’era stato predetto nelle Scritture così avvenne, e il compimento delle profezie fu la conferma che Egli veramente era stato il Messia e il Salvatore del mondo. Morì per i nostri peccati, come aveva predetto Isaia (53,4ss) fu sepolto e risuscitò il terzo giorno, com’era stato prefigurato da Giona e come Gesù stesso aveva detto (Mt 12,39-40). Risuscitato da morte fu visto redivivo e glorioso da Cefa, ossia da Pietro {Le 24,34), e fu visto anche dai dodici. In seguito apparve ad oltre cinquecento fratelli in una volta, dei quali la maggior parte fino al giorno presente sono ancora in vita, soggiunge san Paolo, e solo alcuni sono morti.
Quest’apparizione non è ricordata nei Vangeli, e non deve confondersi con quella raccontata da san Matteo (28, 16ss). Poté avvenire in Gerusalemme, poco dopo la risurrezione, quando ai centoventi fedeli che contava allora la comunità di Gerusalemme (At 1,15), si aggiunsero i discepoli venuti in pellegrinaggio per la Pasqua, e poté avvenire nella Galilea, come pensano alcuni. Ad ogni modo era certissima, e san Paolo lo dimostra assicurando che la maggior parte di quelli che videro in quella circostanza Gesù risorto, erano ancora viventi e potevano attestarlo. Fu visto poi da Giacomo detto il minore, primo vescovo di Gerusalemme e, in seguito da tutti gli apostoli e discepoli di Gesù nel giorno dell’Ascensione, e finalmente fu visto anche da san Paolo medesimo sulla via di Damasco (At 9,3; 17,27 ecc.).
Parlando di se stesso come testimone del Redentore risorto l’Apostolo si umilia profondamente, chiamandosi aborto di apostolo, minimo di tutti e indegno di essere chiamato apostolo per aver perseguitato la Chiesa di Dio. Egli, però, non disconosce quello che la grazia ha operato in lui, e confessa di avervi corrisposto con l’aiuto della medesima grazia e di aver lavorato più di tutti, affinché i Corinzi dalla sua profonda umiliazione non avessero preso occasione di svalutare la sua testimonianza e il suo apostolato. Egli, infatti, conclude confermando la sua predicazione sulla Passione, Morte e Risurrezione di Gesù Cristo come identica a quella degli altri apostoli, e dice che ad essa i Corinzi hanno creduto e credono.
Ricordando la risurrezione di Gesù Cristo, verità fondamentale della fede cristiana, san Paolo entra in argomento e, rivolgendosi a quelli che negavano la risurrezione dei morti, mostra loro le assurde conseguenze che derivano da quella negazione, dato il fatto certissimo della risurrezione di Gesù Cristo. Se, infatti, non c’è la risurrezione dei morti, se non esiste questa grande verità, neppure Cristo è risuscitato. Se poi Cristo non fosse risuscitato, mancherebbe ogni fondamento alla predicazione apostolica ed alla stessa fede, e gli apostoli sarebbero falsi testimoni di Dio, attestando che Egli ha risuscitato Gesù Cri-
sto, quando in realtà non l’avrebbe risuscitato, supposto che i morti non risorgano.
L’Apostolo ribadisce il validissimo suo argomento, mostrando anche meglio a quali conseguenze assurde e penose conduce la negazione della risurrezione dei morti: Se i morti non risorgono - egli ripete - se è impossibile la risurrezione, neppure Cristo è risuscitato. Ed allora, mancando l’argomento fondamentale della vostra fede, questa è per voi vana, la Redenzione non è avvenuta, voi siete ancora nei vostri peccati, e quelli che si sono addormentati in Cristo, morendo nella sua fede, sono periti nell’eternità per i loro peccati, e nella terra perché i loro corpi non risorgeranno. Se questa fosse la condizione umana - soggiunge san Paolo - noi saremmo i più miserabili degli uomini, perché seguendo la fede in Gesù Cristo ci priveremmo di tante soddisfazioni terrene ed andremmo incontro a tante angustie e persecuzioni, senza alcuna speranza di retribuzione e di felicità.
Gesù, primizia dei risorti da morte
Ma questa non è che un’ipotesi, una stupida ipotesi, dalla quale l’anima rifugge, perché la verità è proprio l’opposto della tenebrosa supposizione, e perciò l’Apostolo esclama con accento di gioia e di trionfo: Ora però Cristo è risuscitato da morte, ed è risorto come primizia di quelli che si sono addormentati. Egli è stato il primo a risorgere gloriosamente, e come in un campo le primizie di un albero fruttifero suppongono la fecondità di tutto l’albero e sono quasi l’annuncio e la promessa di altri frutti simili, così Gesù risorto è la primizia della risurrezione di tutti e ne è premessa e preannuncio.
La terra è come un campo nel quale sono gettati i nostri corpi quale semente che deve sbocciare; ora, avendo questo campo già prodotto una primizia nella risurrezione di Gesù Cristo, non tarderà a produrre altri frutti. Parecchi, è vero, risuscitarono prima di Gesù Cristo, e parecchi furono da Lui stesso risuscitati, ma nessuno di essi risuscitò glorioso a vita immortale; solo Gesù Cristo risorse perfetto, glorioso, trionfante, per vincere la morte e prepararne anche in noi la sconfitta.
San Paolo dimostra con un raffronto molto bello come Gesù Cristo è stato la primizia dei risorti dalla morte, e come anzi per Lui risorgeranno gloriosamente i giusti, dicendo: Da un uomo la morte, e da un uomo la risurrezione da morte. Come in Adamo tutti muoiono, così tutti in Cristo saranno vivificati. In Adamo tutti peccarono e tutti furono condannati alla morte; in Gesù Cristo tutti trovano la giustificazione e la salvezza, e tutti in Lui risorgono a nuova vita. L ’ordine di questa risurrezione, ossia il modo e il tempo col quale si realizza, comporta che risorga prima Colui che è causa della risurrezione degli altri, e poi quelli che per Lui risorgono, e quindi prima Cristo che è la primizia, e poi, nella sua venuta, quelli che appartengono a Cristo.
Dopo la risurrezione di tutti i morti, giusti e peccatori, verrà la fine, terminerà il mondo e l’ordine attuale delle cose, e terminerà con un trionfo solenne di Dio, poiché Gesù Cristo nel suo trionfo sulla morte ridurrà al nulla ogni principato, ogni potestà e virtù, e rimetterà il regno a Dio, suo Padre mostrando all’universo, nel Giudizio universale, che Dio solo è il Creatore e Padrone di tutte le cose. L’onore e il supremo dominio di Dio è stato tante volte manomesso dai demoni e dagli uomini.
Gesù Cristo Figlio di Dio e glorificazione del Padre è venuto sulla terra per ristabilire l’onore e il dominio di Dio. Negli eterni decreti di Dio, questo dominio e questa gloria si ristabiliscono così: Gesù Cristo redime l’uomo nell’umiliazione e nella morte, poi risorge come primizia dei morti, e continua a combattere nella sua Chiesa e per la sua Chiesa i nemici di Dio. Questi credono di avere il sopravvento su di Lui, e il regno del male sembra trionfante. Ma il suo trionfo è effimero, e Dio lo permette per poco, unicamente per mostrare meglio il trionfo del Figlio suo. Questi deve regnare, e in realtà, pure nell’effimero trionfo del male, è necessario che Egli regni nella Chiesa e per la Chiesa militante, e regni fino al suo trionfo completo, fino a che Dio non abbia posto sotto i suoi piedi tutti i suoi nemici, com’è annunciato nel salmo 109, che san Paolo cita liberamente.
Tutto si sottopone a Gesù Cristo, perché tutto si sottoponga a Dio, che è padrone di tutto, e gli si sottoponga la stessa umanità assunta dal Verbo Incarnato, ultima e grandiosa manifestazione della sottomissione di tutto a Dio. Gesù Cristo vince ad uno ad uno tutti i nemici di Dio nel percorso della vita della Chiesa, come li vinse nella sua Passione e nella sua Morte, che continuano nella Chiesa durante il percorso dei secoli; e come nella sua Passione
Egli trionfò della morte, risorgendo, così nel suo Corpo mistico trionferà della morte con la risurrezione finale.
Egli trionferà di tutto il male e regnerà, dovrà regnare, non potrà non regnare per glorificare il Padre nel suo trionfo. L ’ultimo nemico ad essere distratto sarà la morte, frutto maledetto del peccato, e così tutto sarà sottoposto a Lui, sarà sotto i suoi piedi, perché tutto sia sottoposto a Dio. In tal modo il Verbo di Dio, glorificazione del Padre, fattosi uomo glorificherà il Padre, assoggettandogli in Lui tutto, e assoggettandogli la sua stessa umanità.
Con questa sintetica esposizione del disegno di Dio, che sembra quasi una parentesi al suo argomentare in favore della risurrezione dei morti, san Paolo vuol dire che se tutto dev’essere sottoposto al Redentore, anche la morte, perché tutto sia poi sottomesso a Dio, è chiarissimo che i morti risorgeranno. Gesù Cristo trionfò della morte nella sua Passione, e risorse glorioso dal sepolcro come primizia di quelli che dormono; trionferà della morte nella nostra risurrezione finale e, dopo avere giudicato il mondo, ristabilirà in pieno la gloria di Dio, e assoggetterà tutto a Lui.
L’argomento era meraviglioso contro quelli che negavano la risurrezione pur dicendosi cristiani, e il piano della divina provvidenza, che esso rivela, è per noi di grandissima consolazione. Siamo nella vita come in una battaglia continua, nella quale l’onore e la gloria di Dio sembrano e sono manomessi nel mondo, e il mondo appare gaudente, spensierato e vittorioso. Ogni opera buona è perseguitata, ogni uomo nobilitato dalla fede e dalla grazia di Dio è considerato dal mondo come un minorato, un miserabile, un illuso. Il male ha saputo prendere l’etichetta e l’aspetto della felicità. La tentazione e lo scandalo al quale furono
sottoposti gli apostoli nella Passione sopraffanno ugualmente noi, che vediamo la Chiesa perseguitata, tradita dai suoi figli, bistrattata e crocifissa.
Da questo punto di vista la vita nostra ci diventa estremamente penosa, e in certi momenti di smarrimento noi possiamo apparire veramente come i più miserabili degli uomini. La risoluzione dell’arduo problema sta tutta in due risurrezioni: quella di Gesù Cristo e la nostra. La vita presente non è la vita, non è completa, è solo una prima parte del nostro penosissimo dramma. Noi abbiamo certamente un’altra vita, non solo per l’anima ma anche per il corpo, e questa certezza ci viene non solo per la fede ma anche per un fatto che è per noi storicamente certo e assodato: Gesù Cristo è risorto dopo essere stato crocifisso, e dopo che il suo cuore era stato trapassato da una lancia; è risorto come primizia della risurrezione di tutti gli uomini, è stato come la primula spuntata in un campo desolato, ed ha annunciato la primavera futura della povera umanità, la nostra gioiosa primavera, dopo una vita di fallimenti e di angustie. Certissimamente l’ordine della nostra vita è questo: Prima Cristo che è la primizia, poi, nella sua venuta, quelli che appartengono al Cristo.
È il caposaldo della nostra vita, fondato non solo su di una speranza ma su di un’assoluta certezza, su quella certezza che noi desideriamo e che crediamo più salda di qualunque altra, sulla realtà di un fatto certissimo, storicamente assodato, che è parte del nostro patrimonio terreno, poiché Gesù Cristo, certissimamente morto, certissimamente risorse.
Questa risurrezione che gli uomini hanno constatato con i più validi, completi e positivi argomenti storici, ci rende certi di una manifestazione gloriosa che noi attendiamo sulla terra, e che è per noi una delle più salde e confortanti speranze: La riduzione al nulla di ogni principato, di ogni potestà e di ogni forza che si oppone al regno di Dio; il regno di Gesù Cristo, il suo trionfo sul male, il suo trionfo sulla medesima morte, il regno eterno di Dio, la sottomissione di tutto a Dio. La parola di san Paolo: E necessario che Egli regni, finché non abbia posto sotto i suoi piedi tutti i suoi nemici, trova riscontro in quella parola di Gesù Cristo a santa Margherita Alacoque: Regnerò malgrado i miei nemici. Noi aspettiamo il suo regno, il suo trionfo, la sua piena vittoria anche in questo mondo, e questa vittoria è tutta nel ridurre al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni forza. Il male ha il suo sopravvento nel mondo per i principi infedeli, per le potestà o i poteri pubblici che ne sono lo strumento, e per la forza che rende possibile la sopraffazione del male sul bene.
Il popolo è trascinato all’apostasia da pochi che salgono al potere, è mantenuto sotto questa tirannide dalle potestà civili, è costretto a starvi dalla forza militare. Non è avvenuto mai che una nazione retta da capi buoni, e organizzata da funzionari retti, sia stata trascinata all’apostasia.
È vero che i capi perversi nascono dal popolo perverso, e sono sostenuti dal servile applauso di quel popolo, ma è anche vero che, per esempio, tutta l’apostasia della Russia fu dovuta ai suoi capi prima zaristi, poi bolscevichi, e che le potestà e le forze asservite a quei capi mantennero quella nazione in piedi per tanti anni.
Ora Gesù Cristo umilierà proprio i capi, dissolverà le potestà e conquidere la forza, dando il regno a Dio e Padre, cioè manifestando la supremazia assoluta di Dio suo Padre, e sottomettendogli tutte le creature. Questa nostra grande speranza non può fallire, poiché la risurrezione di Gesù Cristo ce ne è come caparra: Egli vinse la morte, certissimo; trionfò dei suoi nemici, dopo essersi fatto da essi sopraffare sino a farsi crocifiggere: Egli ha promesso che vincerà i suoi nemici, anche quelli che irrompono contro la Chiesa, e vincerà persino la morte, dunque Egli certissimamente trionferà, e nessuno potrà opporsi al suo trionfo.
Questa speranza è per noi certezza, e noi ne aspettiamo e ne sospiriamo continuamente il compimento. Anche se noi passiamo su questa terra e siamo soccombenti, sappiamo certissimo che non terminerà col sepolcro la nostra giostra, e che un giorno risorgeremo anche col corpo, per partecipare anche noi al trionfo finale di Gesù Cristo.
Sac. Dolindo Ruotolo
Nessun commento:
Posta un commento