17. Creazione dell’uomo ad immagine e somiglianza di Dio. La nobiltà dell’uomo e il cibo che lo nutrisce.
Dio creò gli animali terrestri nella prima parte dei sesto giorno, e poi si raccolse quasi in se stesso per creare l’uomo, si raccolse nella gloria della sua ineffabile Trinità, per diffondere in questa creatura la sua Potenza, la sua Sapienza ed il suo Amore : Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza. La creazione di tutte le cose sensibili, di tutte le piante e di tutti gli animali l’aveva fatta con una parola, affidando alla terra e alle acque la cura di sviluppare i germi da Lui creati, la creazione dell’uomo la fa e la sviluppa Egli stesso; difatti anche per l’uomo, come per la prima creazione dal nulla (vers. I), il testo ebraico usa la parola bara, creare, che indica una azione diretta di Dio. L'uomo dunque fu tratto dal nulla, fu creato direttamente da Dio nell’anima, ed anche quando Dio trasse il corpo dalla terra, lo fece Egli stesso con un atto di potenza diretta, con una Provvidenza speciale, senza lasciare alla terra la cura di produrne direttamente gli elementi costitutivi, ma servendosi della terra per produrli ed aggregarli, come vedremo nel capitolo seguente.
Il Signore accenna in questo capitolo alla creazione dell’uomo subito dopo quella degli animali, e fa risaltare la sua azione diretta nel crearlo maschio e femmina, per escludere assolutamente che l'uomo sia derivato dagli animali per evoluzione, come pretese poi di affermare la stolta miscredenza. È strano! Dio ha premura di dirci che ci ha creati Lui, ed anticipa il racconto della nostra creazione per dircelo subito, quando la nostra mente è tutta presa da stupore per la creazione degli animali, e l'uomo ingrato ha premura di rinnegare la propria origine nobilissima, e va cercando tra le scimmie e persino tra gli asini la sua origine!
Dio, che ha tutto presente e che ama l'uomo d’immenso amore, pondera questa orribile ingratitudine, e proprio quando crea gli animali terrestri e le scimmie, la previene, e avverte l’uomo che non viene da quegli animali, che non è figlio della terra, ma è figliuolo della sua Potenza, della sua Sapienza e del suo Amore. Egli insiste in questo concetto che dovrebbe inebriarci di amore: Dio creò l'uomo a sua somiglianza, ad immagine di Dio lo creò, lo creò maschio e femmina; lo creò per presiedere alla creazione, e per dominare la terra e assoggettarla, e perciò lo creò re della creazione, e gli dette la potenza di moltiplicarsi, non come gli animali che per la generazione conservano la loro specie, ma come creatura sua che nella generazione produce il corpo con un atto libero e volontario come se fosse la mano divina che lo plasma, e reclama da Dio un novello atto creativo che gl'infonda l’anima.
Oli animali si riproducono l’uno dall’altro, gli uomini si riproducono per la potenza di un nuovo atto creativo di Dio. I genitori sono come strumenti dell'onnipotenza divina per la generazione del corpo, e sono quasi voci di consacrazione che fanno discendere dal Cielo nel corpo l’anima immortale. Lo spirito animale viene dalla terra e ritorna alla terra, lo spirito dell’uomo viene da Dio e ritorna a Dio; lo spirito animale è come una forza elettrica, per così dire, che ritorna nella terra per vivificare i nuovi germi che nascono, lo spirito dell’uomo è una sussistenza che ritorna a Dio per amarlo e per contemplarlo eternamente; l’animale è come un satellite che non ha luce propria, ma la riceve dalla terra alla quale appartiene, dalla quale viene e alla quale ritorna, e l'uomo è come un sole che riceve la luce direttamente da Dio, la conserva nella sublime incandescenza, per così dire, dell’intelletto e della volontà , ed illumina eternamente il trono divino, vivendo distinto da Lui ed immerso nell’immensa felicità della sua contemplazione, nell’immenso appagamento del suo amore. Solo chi ha estinto in sè la luce della ragione e della libertà, solo chi s’è reso tutto terra ed ha gettato nella melma il suo lucido brillante, può riguardarsi non solo alla stregua delle scimmie, ma al disotto di loro, come figlio della loro carne tenebrosa, e come rampollo del loro spirito animale!
Dopo aver accennato per anticipazione, come dicono gli esegeti, alla creazione dell'uomo, Dio parla del cibo che gli ha dato in comune con gli animali. Nell’infinita sua sapienza, Egli lo fa per stabilire anche meglio che la natura umana non ha nulla di comune con gli animali, e parla dell’unica cosa che l’uomo ha in comune con essi, per escludere tutte*le altre. I due concetti sembrano a primo aspetto disparati, ed invece sono mirabilmente legati; diremmo quasi che sono una divina associazione d'idee.
Dio ha presente infatti le due più grandi ingratitudini dell'uomo: il disconoscere la propria origine da Lui, e il trasgredire il precetto del frutto datogli proprio per elevarlo soprannaturalmente, e per togliergli, nel fulgore della ragione e dell’obbedienza, l’unica comunanza che aveva con le bestie. L'uomo, mangiando il frutto proibito, pur avendo a sua disposizione tutte le piante e tutti gli alberi della terra, cadde nel peccato e perdette la sua elevazione soprannaturale, accomunandosi agli animali nella vita materiale. Dio lo aveva creato con le sue mani divine, lo aveva creato ad immagine e somiglianza sua, e l'uomo giunse fino a credersi evoluzione di una scimmia; Dio gli dette il cibo, nobilitandolo nell'obbedienza e rendendolo una funzione della vita soprannaturale per la mortificazione, e l’uomo mangiando anche ciò che gli era stato proibito per un altissimo motivo di amore, rese il cibarsi una funzione dissolvitrice della sua nobiltà/degradandosi anche nel corpo fino al livello degli animali. Sono i due peccati più grandi dell’umanità, sono i germi di ogni degradazione, e Dio li associa nel suo divino pensiero.
È dunque una stoltezza la spiegazione troppo semplicista che alcuni, e massime i poveri razionalisti senza ragione, danno di questo Testo della Scrittura, dicendo che vi si anticipa il racconto della creazione dell’uomo e si parla del cibo dell’uomo e degli animali, perché Mosè raccolse qui vari frammenti delle tradizioni che esistevano ai suoi tempi sull'origine di tutte le cose. Non si riflette che la Scrittura è libro divino, e che questo tratto non è disunito
e frammentario, ma è la profonda espressione del pensiero di Dio, ed è la parola che Egli rivolge all'uomo, prevenendo le degradazioni nelle quali sarebbe caduto.
Due elevazioni nobilissime, ripetiamo, Egli dette all'uomo nel dargli la vita: lo creò a sua immagine e somiglianza, e lo elevò al soprannaturale con un precetto facilissimo, la privazione di un frutto, che doveva mutare la funzione animale del nutrirsi in un fatto soprannaturale e quasi in una comunione con Dio per l’obbedienza. Dio associa nella sua parola queste due idee che sembrano lontane e sono tanto vicine, e parla della creazione dell’uomo e del cibo assegnatogli per sostenere la vita.
Anche gli animali hanno come nutrimento le erbe e le piante, ma con una grande differenza dall'uomo; questi non si ciba solo per istinto, ma vede in tutto un dono di Dio, ed ha il privilegio di potergli offrire qualche cosa di quello che mangia, mentre gli animali mangiano avidamente ciò che vogliono. E tanto vero che il Signore intese parlare del cibo comune all'uomo ed agli animali per giustificare il precetto che poi diede all'uomo di non mangiare il frutto proibito, che Egli non parlò degli animali carnivori, i quali non avevano nulla di comune con l’ uomo, certamente vegetariano nei primi tempi della sua esistenza. Quando Dio concesse all’uomo di mangiare le carni (Gen. IX, 3), gli proibì di mangiare il sangue, e con questo rese soprannaturale anche il cibarsi di animali; nei Nuovo Patto, la Chiesa, proibendo di mangiare le carni in certi giorni e comandando il digiuno, ha ridonato all’uomo la nobiltà perduta col primo peccato, poiché un solo atto di penitenza è sufficiente a mutare il cibarsi in un atto eminentemente ragionevole e soprannaturale, in un atto di ossequio al Creatore. Chi non rispetta perciò le astinenze ed i digiuni della Chiesa, mostra di non capire la profonda ragione di quei precetti, e si equipara alle bestie , che mangiano senz’altra legge che il loro istinto ed il loro gusto, incapaci di mangiare amando Dio ed elevandosi a Lui.
18. Ha potenza dei santi desideri. Il modo come possiamo ringraziare Dio per le opere del Creato.
Che cosa è la creazione ? È il desiderio e la volontà di Dio manifestata e compita. Con una sola parola Dio manifesta la sua volontà e crea dal nulla tante creature. Egli che ci ha creati ad immagine sua, ha dato un grande valore ai nostri desideri, perciò Daniele fu lodato dall’Angelo come uomo di desideri santi. Dio accoglie i nostri desideri e li realizza fino al punto che il desiderio del Battesimo giustifica chi non può riceverlo, e sostituisce il Sacramento in quell'estrema necessità.
Desideriamo noi di convertire gli eretici, i peccatori, il mondo? Ebbene questo desiderio glorifica Dio come un’opera compiuta ; Egli stesso Io raccoglie e non lo rende vano. Il desiderio di un’ anima è un atto della vita spirituale, è fiducia in Dio che tutto può, è amore a Lui, è sete della sua gloria. Lo scoraggiamento, la diffidenza, l’ esitazione è la tentazione con la quale satana si sforza di restringerci nella nostra inerte nullità. Bisogna confidare in Dio illimitatamente, poiché tutta la creazione è un invito alla fiducia, e bisogna desiderare la sua gloria e la salvezza delle anime. Noi effondiamo così sulle anime la luce, attingendola da Dio, e facciamo germinare da questo nostro povero cuore tanti fiori di amore e di zelo. La miniera dei santi desideri dell’anima è la Liturgia della Chiesa, ricca di aspirazioni bellissime che fioriscono in Gesù e per Gesù, e diventano nostre. In quanti modi l’anima si espande in Dio, in quanti modi ne desidera la gloria pregando con le ispirate parole liturgiche !
Noi non possiamo restituire nulla a Dio per tutto quello che ci ha dato nella creazione, ma possiamo unirci alla Chiesa militante nelle sue. lodi e possiamo così far risuonare in Cielo la nostra voce di ringraziamento e di amore. Le anime elette si sono consumate tutte in santi desideri, ed hanno dato a Dio la gloria di un apprezzamento magnifico di Lui sopra tutte le cose, ringraziandolo della creazione con l’offerta di questi mistici fiori.
Mentre trasciniamo fra tante miserie spirituali la nostra vita, pensiamo che i Cieli cantano le lodi di Dio con un ordine ammirabile, e che da ogni parte del creato si elevano a Lui inni di gloria. Uniamoci a queste voci formando in noi un'armonia più bella, riconoscendo, apprezzando, amando Dio sopra tutte le cose. Risplenda sul caos della nostra mente la luce di una Fede viva, si formi in noi una divisione che ci separi dal mondo e che ci elevi nel Cielo soprannaturale. Spuntino in noi i fiori delle virtù, come ricca vegetazione dell'anima, lodino Dio tutte le nostre potenze, tutti i movimenti della nostra vita, e l’anima nostra sia tutta del Signore in una vita così santa, da poter ricevere l’approvazione divina: E vide Dio che stava bene. È un dovere ringraziare Dio della creazione, perché noi viviamo in mezzo alle opere sue ; ma poiché le nostre forze sono meschine, uniamoci a Gesù Cristo come membra del suo Corpo mistico, viviamo di Lui nei Sacramenti e specialmente dell’Eucaristia, offriamo al Signore i suoi ringraziamenti e le sue adorazioni, e risponderemo così al fine per il quale siamo stati creati, che è quello di lodare Dio in tutte le cose e di amarlo sopra tutte le cose.
19. L’ombra dell’Uomo novello e del Cibo di vita.
Dio creò l'uomo nella pace di tutta la terra, rassodata sulle sue basi, e ricca di vita; lo creò maschio e femmina, a sua immagine e somiglianza, immagine della sua Potenza, della sua Sapienza e del suo Amore. Gli dette in cibo le erbe ed i frutti della terra e lo benedisse perché sì fosse moltiplicato; gli dette un dominio pieno su tutta la terra perché l'avesse sottomessa, scrutandone le leggi e dominandole gradatamente con la ragione e con l'intelligenza. Quando l’uomo fa una scoperta scientifica e domina le forze create, non Io fa imponendosi alle leggi naturali, come stupidamente si crede, ma riceve dal Signore una grazia speciale per intendere l'armonia delle leggi fisiche, e le domina perché Dio glielo concede. Sintetizzando le idee di questo grande racconto, noi abbiamo l’uomo, immagine di Dio, la donna complemento dell'uomo e luce di bontà di questa immagine, abbiamo una forza ragionevole che domina tutte le cose, un cibo di vita che sostenta questa forza. Sono queste precisamente le idee fondamentali dell'Uomo-Dio che doveva nascere dalla discendenza del primo uomo : Egli nacque nella pace di tutto il mondo, fu l'immagine più grande di Dio, perché la sua natura umana fu terminata dalla Persona Divina del Verbo, associò a sé la donna, Maria SS., regina di grazia e di misericordia ed immagine viva della bontà divina , ed ebbe il dominio non solo sulla terra ma su tutte le creature. Dio parlò del cibo che doveva nutrire l'uomo, ed in realtà l’Uomo-Dio doveva nutrire l'uomo col frumento di vita e col vino degli eletti , col suo Corpo e col suo Sangue, fatto come spiga del campo divino e grappolo della vite celeste. Nell'opera grande che coronò la creazione, Dio tracciò le prime linee fondamentali dell'opera più grande che voleva fare, dell’opera che doveva dare all'uomo l’impronta divina nell’unione col Verbo Umanato.
Il primo uomo non fu solo, fu segnato dalla benedizione della fecondità, e l’Uomo Dio non fu solo perché crebbe nel suo Corpo Mistico, la Chiesa, e si moltiplicò nel cibo di vita, nei Sacramenti, nel Sacerdozio ed in tutte le membra del suo Corpo Mistico dove Egli vive comunicando la vita, dove Egli è come linfa divina che dalla vite si trasfonde nei tralci.
Di fronte a questa nobiltà immensa che Dio ci dà , chi può mai pensare di essere lo stupido rampollo di un gorilla, nato dalla terra, fornito di forza bruta, che si aggirò per le foreste solo per mangiare e per bere, che lottò per assicurarsi il cibo e morì dissolvendosi nella terra ? Chi sarà così ingrato da rifiutare la legge di Dio, segreto mirabile dell'elevazione della ragione, da rifiutare il cibo di vita, segreto stupendo della trasformazione del tralcio nella vite divina?
Io credo, mio Signore, che Tu mi hai creato, che vengo dalle tue mani, che sono illuminato dalle tua luce e riscaldato dal tuo amore. Credo e ti adoro, credo e spero, credo e ti amo; adorandoti, sono innanzi al tuo Trono; sperando, ho Te per ideale della mia vita; amandoti, ho Te come oggetto della mia felicità. Ti ringrazio, o Signore, che mi hai redento, che mi hai dato Te stesso nell’Incarnazione e nell'Eucaristia, che mi hai dato Maria come soave Regina; con queste luci, ogni miseria mia s’illumina per la tua misericordia, ogni mia lacuna si colma per la tua divina carità, ogni mia ombra dispare nel tuo fulgore ed io sono in Te e per Te immagine tua, voce della tua gloria, incendio di amore che ti canta amore nel tempo e nell’eternità.
Tu vedesti che ciò che avevi fatto era buono assai; le singole opere le vedesti buone, tutte, nel loro insieme, le vedesti buone assai, perché con la creazione dell’uomo avevi creato l’anello per il quale tutto doveva risalire a Te come gloria nel Verbo Incarnato. La caduta dell’uomo, il peccato, la perdizione stessa di tanti non avrebbe intaccato la bontà di ciò che avevi creato, perché il Verbo Umanato avrebbe riempito la creazione della tua gloria, ed avrebbe fatto risplendere la tua bontà anche negli abissi della perdizione. Tutto era assai buono, perché da tutto rifulgeva la tua gloria, da tutto sarebbe venuta la tua gloria , in tutto avrebbe trionfato la tua bontà.
1. Il settimo giorno santificato.
Dio creò l’uomo ad immagine e somiglianza sua e gli dette la missione di operare. Il lavoro penoso è conseguenza del peccato, come vedremo; l’attività invece, è dote mirabile che ci rende immagine di Dio, il quale è infinitamente in atto. Il Signore che aveva fatto I' uomo a sua immagine e somiglianza, si mostra quasi Lui stesso a somiglianza dell'uomo ; crea come uno che lavora e poi si riposa, per addestrare l’uomo a lavorare e poi a riposarsi in Lui. Egli pose l'uomo sulla terra per fargli conquistare, meritando, l’eterna felicità; lo creò felice ma non ozioso, e per spingerlo ad operare ed a riposarsi, si mostrò Egli stesso prima nell'attività della
erezione e poi nel riposo del settimo giorno. Era questo il mezzo più bello per persuadere l'umana ragione sia della necessità di operare, sia di quella di riposare; certo per l'uomo non c'è esempio più convincente quanto quello di Dio stesso, come per un bambino ciò che fa la madre è l’esempio più vivo che lo convince ad imitarla.
Il Signore poi sapeva che l’uomo non gli sarebbe stato fedele e che per raggiungerlo avrebbe volontariamente e liberamente scelto un penoso cammino di lavoro anche materiale; Egli perciò, misericordiosamente, si mostra come operaio che lavora e si riposa per indurre la sua creatura a riposarsi ogni sei giorni ed a ricordarsi di essere nobile, elevata e libera, almeno in un giorno della settimana. Non era sconveniente a Dio mostrarsi quasi come un operaio, poiché Egli umanandosi si rese veramente operaio nella bottega di Nazaret. Allora Egli veramente si stancò per nostro amore e sentì il bisogno di riposarsi. Dio riposò il settimo giorno da tutte le opere che aveva fatte, cioè non creò nuovi generi e nuove specie di esseri nel mondo; tutto ciò che si sarebbe sviluppato nell'universo era già stato creato da Lui, e non aveva bisogno di un novello atto creativo, ma solo della forza provvidenziale per svilupparsi. Il Signore avrebbe potuto creare infiniti mondi, ma non creò più nulla, e pose termine alle opere sue per indicare eloquentemente che esse non erano eterne, poiché ciò che ha un termine ha anche un principio.
Al grande fine che Dio voleva raggiungere con la creazione, le opere già fatte erano sufficienti. Esse in realtà sono sterminate e la mente umana non riesce a numerarle e à valutarle. Oggi la scienza astronomica, con i mezzi perfezionati che possiede, scopre nei cieli novelli astri e novelle meraviglie. Lo studio delle leggi naturali reca sempre novelle sorprese, le scoperte si moltiplicano, le applicazioni delle forze naturali non si contano; eppure l’uomo non può ancora valutare tutta l’opera di Dio, tanto essa è vasta e piena di sconfinate ricchezze.
Dio terminò l'opera creativa dell'universo, quale Io vediamo' noi, ed è in questo senso preciso che Egli dice che si riposò; questo non toglie che Egli potrebbe ancora creare altrove altre meraviglie, e non toglie che Egli continui a creare le anime umane a misura che debbono informare i corpi di quelli che sono concepiti e nascono sulla terra.
Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, cioè lo riempì di grazie speciali per l'anima nostra e lo rese sacro al suo dolcissimo amore. Egli dunque non c'impose un peso donandoci la festa, ma ci fece una grazia singolarissima. Nel giorno festivo l’uomo è tutto di Dio, dimentica quasi il suo pellegrinaggio penoso, si eleva in alto, e vive più intensamente la vita soprannaturale.
Se l’uomo non avesse peccato, il giorno festivo sarebbe stato la cessazione dell'attività materiale e la contemplazione delle divine perfezioni ; dopo il peccato esso è la cessazione della pena, dovuta alla colpa, la piena libertà della creatura dalla schiavitù della materia, il tempo della sua conversazione con Dio. L'uomo, sempre ingrato al Signore, non intende il gran dono che ha ricevuto, e profana il giorno consacrato a Dio preferendo la schiavitù alla libertà, lo profana lavorando, peccando, abbrutendosi, e rendendosi servo del peccato. Se Dio santificò il settimo giorno vuol dire che esso è ricco di grazie specialissime; chi lo passa santificandolo nelle pratiche liturgiche della Chiesa Cattolica, riceve abbondanti benedizioni.
Deve notarsi che Dio santificò il settimo giorno, ma non determinò ancora la santificazione specifica del sabato che fu introdotta più tardi nel popolo ebreo e fu sostituita con la domenica dal popolo cristiano. Il settimo giorno doveva essere il giorno della resurrezione del Redentore, e quindi il giorno della nostra piena resurrezione ; il settimo giorno figurava il riposo della Chiesa dopo le sei epoche del suo pellegrinaggio, e figurava il riposo della vita eterna, era dunque sacro al Padre, al Figliuolo ed allo Spirito Santo, era ed è sacro a Dio che crea, a Dio che redime, a Dio che compie la santificazione delle anime nell’eterna gloria. Santificarlo significa ringraziare Dio della Creazione, della Redenzione e della Santificazione, significa porsi al caldo dei raggi mirabili della SS. Trinità. Perciò la Chiesa con profonda sapienza consacra la Domenica a Dio uno e trino, ricordandoci la Creazione e la Redenzione, da cui scaturisce come soffio di amore la Santificazione e la vita eterna.
Riposiamo in Dio nel giorno della festa; istruiamoci nelle eterne verità per riconoscerlo Creatore e padrone di tutte le cose, ascoltiamo la S. Messa e comunichiamoci per cogliere i frutti della Redenzione nell'intima unione con Gesù Cristo, cantiamo le divine lodi per glorificare Dio, Eterno Amore ed infinita carità. Riposiamo pensando che la festa è, per chi la santifica, il pegno dell'eterna gloria, e che un giorno riposeremo in Dio senza lutto e senza pianto, nell’eterna felicità.
Dio creò gli animali terrestri nella prima parte dei sesto giorno, e poi si raccolse quasi in se stesso per creare l’uomo, si raccolse nella gloria della sua ineffabile Trinità, per diffondere in questa creatura la sua Potenza, la sua Sapienza ed il suo Amore : Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza. La creazione di tutte le cose sensibili, di tutte le piante e di tutti gli animali l’aveva fatta con una parola, affidando alla terra e alle acque la cura di sviluppare i germi da Lui creati, la creazione dell’uomo la fa e la sviluppa Egli stesso; difatti anche per l’uomo, come per la prima creazione dal nulla (vers. I), il testo ebraico usa la parola bara, creare, che indica una azione diretta di Dio. L'uomo dunque fu tratto dal nulla, fu creato direttamente da Dio nell’anima, ed anche quando Dio trasse il corpo dalla terra, lo fece Egli stesso con un atto di potenza diretta, con una Provvidenza speciale, senza lasciare alla terra la cura di produrne direttamente gli elementi costitutivi, ma servendosi della terra per produrli ed aggregarli, come vedremo nel capitolo seguente.
Il Signore accenna in questo capitolo alla creazione dell’uomo subito dopo quella degli animali, e fa risaltare la sua azione diretta nel crearlo maschio e femmina, per escludere assolutamente che l'uomo sia derivato dagli animali per evoluzione, come pretese poi di affermare la stolta miscredenza. È strano! Dio ha premura di dirci che ci ha creati Lui, ed anticipa il racconto della nostra creazione per dircelo subito, quando la nostra mente è tutta presa da stupore per la creazione degli animali, e l'uomo ingrato ha premura di rinnegare la propria origine nobilissima, e va cercando tra le scimmie e persino tra gli asini la sua origine!
Dio, che ha tutto presente e che ama l'uomo d’immenso amore, pondera questa orribile ingratitudine, e proprio quando crea gli animali terrestri e le scimmie, la previene, e avverte l’uomo che non viene da quegli animali, che non è figlio della terra, ma è figliuolo della sua Potenza, della sua Sapienza e del suo Amore. Egli insiste in questo concetto che dovrebbe inebriarci di amore: Dio creò l'uomo a sua somiglianza, ad immagine di Dio lo creò, lo creò maschio e femmina; lo creò per presiedere alla creazione, e per dominare la terra e assoggettarla, e perciò lo creò re della creazione, e gli dette la potenza di moltiplicarsi, non come gli animali che per la generazione conservano la loro specie, ma come creatura sua che nella generazione produce il corpo con un atto libero e volontario come se fosse la mano divina che lo plasma, e reclama da Dio un novello atto creativo che gl'infonda l’anima.
Oli animali si riproducono l’uno dall’altro, gli uomini si riproducono per la potenza di un nuovo atto creativo di Dio. I genitori sono come strumenti dell'onnipotenza divina per la generazione del corpo, e sono quasi voci di consacrazione che fanno discendere dal Cielo nel corpo l’anima immortale. Lo spirito animale viene dalla terra e ritorna alla terra, lo spirito dell’uomo viene da Dio e ritorna a Dio; lo spirito animale è come una forza elettrica, per così dire, che ritorna nella terra per vivificare i nuovi germi che nascono, lo spirito dell’uomo è una sussistenza che ritorna a Dio per amarlo e per contemplarlo eternamente; l’animale è come un satellite che non ha luce propria, ma la riceve dalla terra alla quale appartiene, dalla quale viene e alla quale ritorna, e l'uomo è come un sole che riceve la luce direttamente da Dio, la conserva nella sublime incandescenza, per così dire, dell’intelletto e della volontà , ed illumina eternamente il trono divino, vivendo distinto da Lui ed immerso nell’immensa felicità della sua contemplazione, nell’immenso appagamento del suo amore. Solo chi ha estinto in sè la luce della ragione e della libertà, solo chi s’è reso tutto terra ed ha gettato nella melma il suo lucido brillante, può riguardarsi non solo alla stregua delle scimmie, ma al disotto di loro, come figlio della loro carne tenebrosa, e come rampollo del loro spirito animale!
Dopo aver accennato per anticipazione, come dicono gli esegeti, alla creazione dell'uomo, Dio parla del cibo che gli ha dato in comune con gli animali. Nell’infinita sua sapienza, Egli lo fa per stabilire anche meglio che la natura umana non ha nulla di comune con gli animali, e parla dell’unica cosa che l’uomo ha in comune con essi, per escludere tutte*le altre. I due concetti sembrano a primo aspetto disparati, ed invece sono mirabilmente legati; diremmo quasi che sono una divina associazione d'idee.
Dio ha presente infatti le due più grandi ingratitudini dell'uomo: il disconoscere la propria origine da Lui, e il trasgredire il precetto del frutto datogli proprio per elevarlo soprannaturalmente, e per togliergli, nel fulgore della ragione e dell’obbedienza, l’unica comunanza che aveva con le bestie. L'uomo, mangiando il frutto proibito, pur avendo a sua disposizione tutte le piante e tutti gli alberi della terra, cadde nel peccato e perdette la sua elevazione soprannaturale, accomunandosi agli animali nella vita materiale. Dio lo aveva creato con le sue mani divine, lo aveva creato ad immagine e somiglianza sua, e l'uomo giunse fino a credersi evoluzione di una scimmia; Dio gli dette il cibo, nobilitandolo nell'obbedienza e rendendolo una funzione della vita soprannaturale per la mortificazione, e l’uomo mangiando anche ciò che gli era stato proibito per un altissimo motivo di amore, rese il cibarsi una funzione dissolvitrice della sua nobiltà/degradandosi anche nel corpo fino al livello degli animali. Sono i due peccati più grandi dell’umanità, sono i germi di ogni degradazione, e Dio li associa nel suo divino pensiero.
È dunque una stoltezza la spiegazione troppo semplicista che alcuni, e massime i poveri razionalisti senza ragione, danno di questo Testo della Scrittura, dicendo che vi si anticipa il racconto della creazione dell’uomo e si parla del cibo dell’uomo e degli animali, perché Mosè raccolse qui vari frammenti delle tradizioni che esistevano ai suoi tempi sull'origine di tutte le cose. Non si riflette che la Scrittura è libro divino, e che questo tratto non è disunito
e frammentario, ma è la profonda espressione del pensiero di Dio, ed è la parola che Egli rivolge all'uomo, prevenendo le degradazioni nelle quali sarebbe caduto.
Due elevazioni nobilissime, ripetiamo, Egli dette all'uomo nel dargli la vita: lo creò a sua immagine e somiglianza, e lo elevò al soprannaturale con un precetto facilissimo, la privazione di un frutto, che doveva mutare la funzione animale del nutrirsi in un fatto soprannaturale e quasi in una comunione con Dio per l’obbedienza. Dio associa nella sua parola queste due idee che sembrano lontane e sono tanto vicine, e parla della creazione dell’uomo e del cibo assegnatogli per sostenere la vita.
Anche gli animali hanno come nutrimento le erbe e le piante, ma con una grande differenza dall'uomo; questi non si ciba solo per istinto, ma vede in tutto un dono di Dio, ed ha il privilegio di potergli offrire qualche cosa di quello che mangia, mentre gli animali mangiano avidamente ciò che vogliono. E tanto vero che il Signore intese parlare del cibo comune all'uomo ed agli animali per giustificare il precetto che poi diede all'uomo di non mangiare il frutto proibito, che Egli non parlò degli animali carnivori, i quali non avevano nulla di comune con l’ uomo, certamente vegetariano nei primi tempi della sua esistenza. Quando Dio concesse all’uomo di mangiare le carni (Gen. IX, 3), gli proibì di mangiare il sangue, e con questo rese soprannaturale anche il cibarsi di animali; nei Nuovo Patto, la Chiesa, proibendo di mangiare le carni in certi giorni e comandando il digiuno, ha ridonato all’uomo la nobiltà perduta col primo peccato, poiché un solo atto di penitenza è sufficiente a mutare il cibarsi in un atto eminentemente ragionevole e soprannaturale, in un atto di ossequio al Creatore. Chi non rispetta perciò le astinenze ed i digiuni della Chiesa, mostra di non capire la profonda ragione di quei precetti, e si equipara alle bestie , che mangiano senz’altra legge che il loro istinto ed il loro gusto, incapaci di mangiare amando Dio ed elevandosi a Lui.
18. Ha potenza dei santi desideri. Il modo come possiamo ringraziare Dio per le opere del Creato.
Che cosa è la creazione ? È il desiderio e la volontà di Dio manifestata e compita. Con una sola parola Dio manifesta la sua volontà e crea dal nulla tante creature. Egli che ci ha creati ad immagine sua, ha dato un grande valore ai nostri desideri, perciò Daniele fu lodato dall’Angelo come uomo di desideri santi. Dio accoglie i nostri desideri e li realizza fino al punto che il desiderio del Battesimo giustifica chi non può riceverlo, e sostituisce il Sacramento in quell'estrema necessità.
Desideriamo noi di convertire gli eretici, i peccatori, il mondo? Ebbene questo desiderio glorifica Dio come un’opera compiuta ; Egli stesso Io raccoglie e non lo rende vano. Il desiderio di un’ anima è un atto della vita spirituale, è fiducia in Dio che tutto può, è amore a Lui, è sete della sua gloria. Lo scoraggiamento, la diffidenza, l’ esitazione è la tentazione con la quale satana si sforza di restringerci nella nostra inerte nullità. Bisogna confidare in Dio illimitatamente, poiché tutta la creazione è un invito alla fiducia, e bisogna desiderare la sua gloria e la salvezza delle anime. Noi effondiamo così sulle anime la luce, attingendola da Dio, e facciamo germinare da questo nostro povero cuore tanti fiori di amore e di zelo. La miniera dei santi desideri dell’anima è la Liturgia della Chiesa, ricca di aspirazioni bellissime che fioriscono in Gesù e per Gesù, e diventano nostre. In quanti modi l’anima si espande in Dio, in quanti modi ne desidera la gloria pregando con le ispirate parole liturgiche !
Noi non possiamo restituire nulla a Dio per tutto quello che ci ha dato nella creazione, ma possiamo unirci alla Chiesa militante nelle sue. lodi e possiamo così far risuonare in Cielo la nostra voce di ringraziamento e di amore. Le anime elette si sono consumate tutte in santi desideri, ed hanno dato a Dio la gloria di un apprezzamento magnifico di Lui sopra tutte le cose, ringraziandolo della creazione con l’offerta di questi mistici fiori.
Mentre trasciniamo fra tante miserie spirituali la nostra vita, pensiamo che i Cieli cantano le lodi di Dio con un ordine ammirabile, e che da ogni parte del creato si elevano a Lui inni di gloria. Uniamoci a queste voci formando in noi un'armonia più bella, riconoscendo, apprezzando, amando Dio sopra tutte le cose. Risplenda sul caos della nostra mente la luce di una Fede viva, si formi in noi una divisione che ci separi dal mondo e che ci elevi nel Cielo soprannaturale. Spuntino in noi i fiori delle virtù, come ricca vegetazione dell'anima, lodino Dio tutte le nostre potenze, tutti i movimenti della nostra vita, e l’anima nostra sia tutta del Signore in una vita così santa, da poter ricevere l’approvazione divina: E vide Dio che stava bene. È un dovere ringraziare Dio della creazione, perché noi viviamo in mezzo alle opere sue ; ma poiché le nostre forze sono meschine, uniamoci a Gesù Cristo come membra del suo Corpo mistico, viviamo di Lui nei Sacramenti e specialmente dell’Eucaristia, offriamo al Signore i suoi ringraziamenti e le sue adorazioni, e risponderemo così al fine per il quale siamo stati creati, che è quello di lodare Dio in tutte le cose e di amarlo sopra tutte le cose.
19. L’ombra dell’Uomo novello e del Cibo di vita.
Dio creò l'uomo nella pace di tutta la terra, rassodata sulle sue basi, e ricca di vita; lo creò maschio e femmina, a sua immagine e somiglianza, immagine della sua Potenza, della sua Sapienza e del suo Amore. Gli dette in cibo le erbe ed i frutti della terra e lo benedisse perché sì fosse moltiplicato; gli dette un dominio pieno su tutta la terra perché l'avesse sottomessa, scrutandone le leggi e dominandole gradatamente con la ragione e con l'intelligenza. Quando l’uomo fa una scoperta scientifica e domina le forze create, non Io fa imponendosi alle leggi naturali, come stupidamente si crede, ma riceve dal Signore una grazia speciale per intendere l'armonia delle leggi fisiche, e le domina perché Dio glielo concede. Sintetizzando le idee di questo grande racconto, noi abbiamo l’uomo, immagine di Dio, la donna complemento dell'uomo e luce di bontà di questa immagine, abbiamo una forza ragionevole che domina tutte le cose, un cibo di vita che sostenta questa forza. Sono queste precisamente le idee fondamentali dell'Uomo-Dio che doveva nascere dalla discendenza del primo uomo : Egli nacque nella pace di tutto il mondo, fu l'immagine più grande di Dio, perché la sua natura umana fu terminata dalla Persona Divina del Verbo, associò a sé la donna, Maria SS., regina di grazia e di misericordia ed immagine viva della bontà divina , ed ebbe il dominio non solo sulla terra ma su tutte le creature. Dio parlò del cibo che doveva nutrire l'uomo, ed in realtà l’Uomo-Dio doveva nutrire l'uomo col frumento di vita e col vino degli eletti , col suo Corpo e col suo Sangue, fatto come spiga del campo divino e grappolo della vite celeste. Nell'opera grande che coronò la creazione, Dio tracciò le prime linee fondamentali dell'opera più grande che voleva fare, dell’opera che doveva dare all'uomo l’impronta divina nell’unione col Verbo Umanato.
Il primo uomo non fu solo, fu segnato dalla benedizione della fecondità, e l’Uomo Dio non fu solo perché crebbe nel suo Corpo Mistico, la Chiesa, e si moltiplicò nel cibo di vita, nei Sacramenti, nel Sacerdozio ed in tutte le membra del suo Corpo Mistico dove Egli vive comunicando la vita, dove Egli è come linfa divina che dalla vite si trasfonde nei tralci.
Di fronte a questa nobiltà immensa che Dio ci dà , chi può mai pensare di essere lo stupido rampollo di un gorilla, nato dalla terra, fornito di forza bruta, che si aggirò per le foreste solo per mangiare e per bere, che lottò per assicurarsi il cibo e morì dissolvendosi nella terra ? Chi sarà così ingrato da rifiutare la legge di Dio, segreto mirabile dell'elevazione della ragione, da rifiutare il cibo di vita, segreto stupendo della trasformazione del tralcio nella vite divina?
Io credo, mio Signore, che Tu mi hai creato, che vengo dalle tue mani, che sono illuminato dalle tua luce e riscaldato dal tuo amore. Credo e ti adoro, credo e spero, credo e ti amo; adorandoti, sono innanzi al tuo Trono; sperando, ho Te per ideale della mia vita; amandoti, ho Te come oggetto della mia felicità. Ti ringrazio, o Signore, che mi hai redento, che mi hai dato Te stesso nell’Incarnazione e nell'Eucaristia, che mi hai dato Maria come soave Regina; con queste luci, ogni miseria mia s’illumina per la tua misericordia, ogni mia lacuna si colma per la tua divina carità, ogni mia ombra dispare nel tuo fulgore ed io sono in Te e per Te immagine tua, voce della tua gloria, incendio di amore che ti canta amore nel tempo e nell’eternità.
Tu vedesti che ciò che avevi fatto era buono assai; le singole opere le vedesti buone, tutte, nel loro insieme, le vedesti buone assai, perché con la creazione dell’uomo avevi creato l’anello per il quale tutto doveva risalire a Te come gloria nel Verbo Incarnato. La caduta dell’uomo, il peccato, la perdizione stessa di tanti non avrebbe intaccato la bontà di ciò che avevi creato, perché il Verbo Umanato avrebbe riempito la creazione della tua gloria, ed avrebbe fatto risplendere la tua bontà anche negli abissi della perdizione. Tutto era assai buono, perché da tutto rifulgeva la tua gloria, da tutto sarebbe venuta la tua gloria , in tutto avrebbe trionfato la tua bontà.
1. Il settimo giorno santificato.
Dio creò l’uomo ad immagine e somiglianza sua e gli dette la missione di operare. Il lavoro penoso è conseguenza del peccato, come vedremo; l’attività invece, è dote mirabile che ci rende immagine di Dio, il quale è infinitamente in atto. Il Signore che aveva fatto I' uomo a sua immagine e somiglianza, si mostra quasi Lui stesso a somiglianza dell'uomo ; crea come uno che lavora e poi si riposa, per addestrare l’uomo a lavorare e poi a riposarsi in Lui. Egli pose l'uomo sulla terra per fargli conquistare, meritando, l’eterna felicità; lo creò felice ma non ozioso, e per spingerlo ad operare ed a riposarsi, si mostrò Egli stesso prima nell'attività della
erezione e poi nel riposo del settimo giorno. Era questo il mezzo più bello per persuadere l'umana ragione sia della necessità di operare, sia di quella di riposare; certo per l'uomo non c'è esempio più convincente quanto quello di Dio stesso, come per un bambino ciò che fa la madre è l’esempio più vivo che lo convince ad imitarla.
Il Signore poi sapeva che l’uomo non gli sarebbe stato fedele e che per raggiungerlo avrebbe volontariamente e liberamente scelto un penoso cammino di lavoro anche materiale; Egli perciò, misericordiosamente, si mostra come operaio che lavora e si riposa per indurre la sua creatura a riposarsi ogni sei giorni ed a ricordarsi di essere nobile, elevata e libera, almeno in un giorno della settimana. Non era sconveniente a Dio mostrarsi quasi come un operaio, poiché Egli umanandosi si rese veramente operaio nella bottega di Nazaret. Allora Egli veramente si stancò per nostro amore e sentì il bisogno di riposarsi. Dio riposò il settimo giorno da tutte le opere che aveva fatte, cioè non creò nuovi generi e nuove specie di esseri nel mondo; tutto ciò che si sarebbe sviluppato nell'universo era già stato creato da Lui, e non aveva bisogno di un novello atto creativo, ma solo della forza provvidenziale per svilupparsi. Il Signore avrebbe potuto creare infiniti mondi, ma non creò più nulla, e pose termine alle opere sue per indicare eloquentemente che esse non erano eterne, poiché ciò che ha un termine ha anche un principio.
Al grande fine che Dio voleva raggiungere con la creazione, le opere già fatte erano sufficienti. Esse in realtà sono sterminate e la mente umana non riesce a numerarle e à valutarle. Oggi la scienza astronomica, con i mezzi perfezionati che possiede, scopre nei cieli novelli astri e novelle meraviglie. Lo studio delle leggi naturali reca sempre novelle sorprese, le scoperte si moltiplicano, le applicazioni delle forze naturali non si contano; eppure l’uomo non può ancora valutare tutta l’opera di Dio, tanto essa è vasta e piena di sconfinate ricchezze.
Dio terminò l'opera creativa dell'universo, quale Io vediamo' noi, ed è in questo senso preciso che Egli dice che si riposò; questo non toglie che Egli potrebbe ancora creare altrove altre meraviglie, e non toglie che Egli continui a creare le anime umane a misura che debbono informare i corpi di quelli che sono concepiti e nascono sulla terra.
Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, cioè lo riempì di grazie speciali per l'anima nostra e lo rese sacro al suo dolcissimo amore. Egli dunque non c'impose un peso donandoci la festa, ma ci fece una grazia singolarissima. Nel giorno festivo l’uomo è tutto di Dio, dimentica quasi il suo pellegrinaggio penoso, si eleva in alto, e vive più intensamente la vita soprannaturale.
Se l’uomo non avesse peccato, il giorno festivo sarebbe stato la cessazione dell'attività materiale e la contemplazione delle divine perfezioni ; dopo il peccato esso è la cessazione della pena, dovuta alla colpa, la piena libertà della creatura dalla schiavitù della materia, il tempo della sua conversazione con Dio. L'uomo, sempre ingrato al Signore, non intende il gran dono che ha ricevuto, e profana il giorno consacrato a Dio preferendo la schiavitù alla libertà, lo profana lavorando, peccando, abbrutendosi, e rendendosi servo del peccato. Se Dio santificò il settimo giorno vuol dire che esso è ricco di grazie specialissime; chi lo passa santificandolo nelle pratiche liturgiche della Chiesa Cattolica, riceve abbondanti benedizioni.
Deve notarsi che Dio santificò il settimo giorno, ma non determinò ancora la santificazione specifica del sabato che fu introdotta più tardi nel popolo ebreo e fu sostituita con la domenica dal popolo cristiano. Il settimo giorno doveva essere il giorno della resurrezione del Redentore, e quindi il giorno della nostra piena resurrezione ; il settimo giorno figurava il riposo della Chiesa dopo le sei epoche del suo pellegrinaggio, e figurava il riposo della vita eterna, era dunque sacro al Padre, al Figliuolo ed allo Spirito Santo, era ed è sacro a Dio che crea, a Dio che redime, a Dio che compie la santificazione delle anime nell’eterna gloria. Santificarlo significa ringraziare Dio della Creazione, della Redenzione e della Santificazione, significa porsi al caldo dei raggi mirabili della SS. Trinità. Perciò la Chiesa con profonda sapienza consacra la Domenica a Dio uno e trino, ricordandoci la Creazione e la Redenzione, da cui scaturisce come soffio di amore la Santificazione e la vita eterna.
Riposiamo in Dio nel giorno della festa; istruiamoci nelle eterne verità per riconoscerlo Creatore e padrone di tutte le cose, ascoltiamo la S. Messa e comunichiamoci per cogliere i frutti della Redenzione nell'intima unione con Gesù Cristo, cantiamo le divine lodi per glorificare Dio, Eterno Amore ed infinita carità. Riposiamo pensando che la festa è, per chi la santifica, il pegno dell'eterna gloria, e che un giorno riposeremo in Dio senza lutto e senza pianto, nell’eterna felicità.
Sac. Dolindo Ruotolo
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