giovedì 15 maggio 2014

15.05.2014 - Commento al vangelo di S. Giovanni cap. 13, par. 4

4.  Giuda, presente all'istituzione eucaristica, non tradì per destino ma per sua libera volontà
Chiamando beati gli apostoli se avessero seguito il suo esempio nella missione che loro assegnava, Gesù si commosse profondamente. Egli vedeva che uno di essi non solo non lo seguiva in quel ragionamento, ma si urtava internamente e contrastava con Lui, pur non manifestandosi apertamente. Perciò soggiunse: Io non parlo di tutti voi.
Poi si fermò un momento, e pensò che Egli stesso aveva eletto l'apostolo traditore, Egli stesso aveva chiamato nella santa compagnia colui che doveva essere un demonio, e se ne accorò, perché questo poteva essere di tenebre per tutti gli altri. Perciò, a diradare questa caligine di oscurità, disse: Conosco quelli che ho eletti, cioè sapevo bene nell'eleggere Giuda che sarebbe stato traditore, ma l'ho eletto lo stesso per utilizzare la sua perversità nel compimento del disegno di Dio. Nel Salmo 40,10, sotto la figura di Achitòfel traditore di Davide, era predetto il traditore del Messia, che mangiando il pane con Lui, cioè vivendo in sua compagnia, e determinatamente mangiando con Lui nella cena stessa dell'amore, avrebbe levato il calcagno contro di Lui, mostrandosi suo nemico e cercandolo a morte. Ora questa profezia annunziava il futuro, non lo determinava, quasi rendendo necessaria o fatale la colpa di Giuda, ed annunziava anche uno dei tratti del disegno divino nella Passione del Redentore, conseguenti la perversità del traditore.
Gesù non scelse Giuda perché fosse un traditore, ma perché fosse apostolo, e certamente scegliendolo volle migliorarlo; sapeva per divina prescienza che sarebbe stato traditore, e che questo sarebbe stato utilizzato da Dio per il compimento del suo disegno, e lo elesse col Cuore angosciato, in perfetta obbedienza al Padre.
Nella Passione, sintesi di tutti i dolori e raccolta di tutte le umane iniquità che sarebbero state addossate al Redentore, non poteva mancare la rappresentanza del traditore.
Come un pittore che raccoglie un bastoncino di carbonella...
Dio non annunziò il traditore per predeterminare uno ad esserlo, ma per dire quello che sarebbe avvenuto in una libera volontà umana, ingrata alla sua grazia, e che Egli avrebbe utilizzato, come un pittore che raccoglie un bastoncino di carbonella da un camino, residuo sporco della combustione delle legna, per tracciare nel suo quadro la linea oscura che gli serve nell'armonia delle ombre del suo disegno.
Era predetto un traditore, non quel traditore; ci voleva la rappresentanza del tradimento, e Dio la voleva ma non voleva che un uomo, e tanto meno che quell'uomo fosse stato traditore.
Gesù Cristo nell'eleggere Giuda non solo non gli tolse la libertà del bene perché fosse il traditore predetto, ma lo colmò di grazie e di misericordie specialissime perché non lo fosse. Egli però conosceva che lo sarebbe stato, e lo elesse perché si fosse compiuto il disegno divino preannunziato dalla profezia.
Se non l'avesse eletto, Giuda sarebbe stato certamente peggiore di quello che fu, e forse sarebbe stato tra i più feroci carnefici del Redentore. E assurdo pensare che la compagnia del Signore l'avesse peggiorato, poiché le grazie, anche mal ricevute, e gli esempi santi attenuano sempre l'empietà dei perversi. Può dirsi anche che Gesù per estrema carità verso gli uomini preferì che il traditore fosse uno dei suoi cari, e raccolse Egli quest'ignominiosa creatura, per non lasciarne ad altri l'obbrobrio. Non volle lasciare a nessuna categoria umana il tristissimo ricordo di aver avuto un traditore come Giuda, il più ripugnante dei suoi persecutori.
I sacerdoti, gli scribi, i farisei agirono da perversi, ma tentavano illudersi che lo facessero per amore della Legge e del popolo; i crocifissori stessi apparivano come esecutori di ordini legali; solo Giuda tradì per suo tornaconto e per vile moneta Colui che lo aveva amato e beneficato e che lo aveva accolto fra le persone a Lui più care. Ad ogni modo quello che è certissimo è che Giuda non tradì per destino ma per sua libera volontà, istigato da satana, e che la profezia che lo annunziò predisse ma non predeterminò il fatto. Gesù poi, prevedendo che Giuda, proprio Giuda l'avrebbe tradito, lo elesse, utilizzando quella perfida volontà per il compimento del disegno divino, e per mostrare col fatto che tutto ciò che era stato predetto del Messia si avverava in Lui.
Egli inoltre preannunziò agli apostoli il tradimento prima che si avverasse, quasi fosse stato una fatalità, per coprire col manto della bontà sua il povero Giuda, e non renderlo estremamente odioso ai compagni. Preferì che avessero pensato che così doveva avvenire perché così era stato predetto, anziché pensassero adirati che il perfido Giuda l'avesse tradito per pura sua malignità, e per ostacolare il compimento del piano di Dio, compromettendo per sempre l'avvento del suo regno. La sua infinita carità giunse a questo eccesso di delicatezza verso quel malvagio e scellerato suo apostolo!
E Gesù guardava con immenso dolore ai discendenti di Giuda: ai sacerdoti che avrebbero tradito la loro sacra missione
Dopo avere accennato alla profezia del tradimento, citando a senso le parole del Salmo 40, Gesù soggiunse alcune parole che nel contesto sono oscure e misteriose: In verità, in verità vi dico: Chi riceve colui che io manderò riceve me stesso, e chi riceve me riceve colui che mi ha mandato. I Padri si sforzano in vario modo di trovare il nesso di queste parole con quelle precedenti, ed alcuni le riferiscono alla lavanda dei piedi, spiegandole così: Chi lava i piedi a quelli che io mando non si avvilisce, ma presta omaggio a Colui che ha mandato me. Non sembra però dal contesto che possano riferirsi alla lavanda dei piedi, ma piuttosto alla profezia del tradimento:
Gesù tentò insinuare nell'animo degli apostoli la carità verso il medesimo Giuda, come si è detto e, per meglio tutelarlo contro l'ira dei compagni volle far riflettere che, quantunque traditore, era sempre uno di quelli che aveva mandato, e che aveva rivestiti del carattere sacerdotale.
Non dovevano dunque irrompere contro di lui quando si sarebbe avverato ciò che loro prediceva, riguardandolo sempre come uno dei suoi. È questa la spiegazione che più dipende dal contesto. Gesù, poi, parlando del tradimento, guardava tutti i ministri infedeli della sua Chiesa che, mangiando alla sua mensa eucaristica, avrebbero levato il calcagno contro di Lui tradendo le anime, discreditando la loro missione ed insozzando la loro dignità, e raccomandò a tutti i suoi fedeli di non irrompere contro di loro per la loro condotta privata, riguardandoli sempre come suoi ministri, e come inviati da Dio. Egli voleva dire: non sarà uno solo quegli che mangiando il pane con me leverà il calcagno contro di me, e ve lo dico prima, perché quando ciò si avvererà, vi ricordiate che sono io, che io solo sono che guido e salvo le anime. Voi allora perciò considerate che chi riceve colui che io manderò, perché rivestito del mio carattere, riceve me stesso, e chi riceve me, riceve Colui che mi ha mandato.
In verità, in verità vi dico che uno di voi mi tradirà
Dopo queste considerazioni generali sul tradimento che Egli doveva soffrire, Gesù volse il Cuore determinatamente a Giuda, come suo discepolo, amato da Lui di amore misericordioso, e si commosse profondamente perché ne fu sommamente addolorato. Giuda, pur avendo già pattuito il tradimento, se ne stava impassibile, e non mostrava di preoccuparsi di ciò che Gesù aveva detto sul traditore. Credeva così di dissimulare il suo delitto, e ne soffocava il rimorso per non smascherarsi con un turbamento esterno; per questo Gesù, cercando di scuoterlo, protestò solennemente e con accento accoratissimo, dicendo: In verità, in verità vi dico che uno di voi mi tradirà.
Gli apostoli, ancora tardi nel capire, non avevano riflettuto che Gesù parlando del traditore alludesse ad uno di loro; perciò la sua esplicita dichiarazione fu per essi come un colpo di folgore, ed esterrefatti si guardavano l'un l'altro, interrogando poi Gesù ciascuno, per suo conto, per conoscere chi fosse (Mt 26,22; Me 14,19). Giuda stesso, come nota san Matteo, per non svelarsi interrogò Gesù se fosse proprio lui a tradirlo (Mt 26,25), e Gesù glielo fece intendere senza fame accorgere agli altri. Pietro, nel suo immenso amore per Gesù, era il più costernato di tutti, non perché temesse di essere lui, credendosi anzi troppo sicuro della sua fedeltà, ma perché voleva prendere misure contro il traditore; fece perciò cenno a Giovanni, a domandargli chi fosse.
I convitati stavano a mensa distesi sui divani che fiancheggiavano la tavola, ed appoggiandosi con la sinistra sui cuscini, mangiavano con la destra. Giovanni stava adagiato sui cuscini a destra di Gesù, ed aveva poggiato il capo con facilità sul petto di Lui durante l'istituzione eucaristica, che precedette la dichiarazione che Gesù fece del traditore. Al cenno di Pietro quindi gli fu facile domandare sommessamente al Signore chi l'avrebbe tradito. Gesù a lui non lo nascose, perché sapeva che aveva maggiore carità di tutti, e gli disse che era colui al quale avrebbe dato del pane intinto. Chi presiedeva un banchetto, soleva dare agli ospiti un pezzo di pane intinto, o un pezzo di carne, per testimoniare loro il suo amore; Gesù scelse questo segno per indicare a Giovanni il traditore, sia perché era il più adatto a non fame accorgere agli altri, e sia per dare a Giuda un'ultima testimonianza di amore per conquiderlo.
Giuda, sconvolto com'era della stessa istituzione eucaristica, che a lui dovette sembrare una stoltezza, in peccato mortale sia per lo stato della sua coscienza sia per l'indegna partecipazione al divino mistero di amore, pieno di avversione e di odio, ricevette quel segno di amore con un atto di disprezzo, e credendo forse che fosse un pezzo ancora di quel pane che Gesù aveva detto suo Corpo, rinnovò il suo disprezzo per l'Eucaristia.
Il suo odio per Gesù si accese più forte e, nel terribile turbamento nervoso che ne seguì, satana lo avvinghiò più fortemente e lo possedette. Non fu un ossesso, e rimase nel pieno possesso della ragione e della volontà, ma si dette interamente al diavolo, e ne fu dominato. Si alzò di scatto per andare via e consumare il suo tradimento. Era torvo, accigliato, contraffatto, e quel suo gesto improvviso non sarebbe potuto passare inosservato agli altri apostoli; Gesù con immensa carità prevenne la riflessione degli altri sul gesto di Giuda, e quasi che egli si muovesse ed uscisse per compiere un affare od una commissione, gli disse: Ciò che fai fallo presto.
Dicendo questo non usò di una finzione, perché in realtà Giuda usciva per compiere il suo tradimento, e Gesù, dato che vi si era già deciso, aveva quasi fretta, nel suo amore infinito, d'immolarsi, come appare chiaro dalle parole enfatiche che disse all'uscita di Giuda. Egli inoltre volle mostrare al traditore che senza il suo permesso non avrebbe potuto consumare il delitto, e dicendogli: Ciò che fai fallo presto, gli disse indirettamente che era Lui stesso che gli permetteva di agire in quel modo.
Da forte divino poi qual era, mentre Giuda nel suo odio credeva di sopraffarlo, Egli mostrava di non temere il pericolo, anzi di desiderarlo, per i fini del suo amore. Forse, stando a ciò che dice Origene, Gesù si rivolse anche a satana che era entrato in Giuda, e poiché era proprio satana che spingeva l'apostolo ingrato al tradimento, per provocare la catastrofe, Gesù, quasi forte che non teme l'avversario perché sa di vincerlo, e lo provoca per mostrargli la propria potenza, disse a satana che avesse pur dato corso alle sue macchinazioni, poiché Egli lo permetteva, e gli avrebbe subito mostrato la sua potenza. Ad ogni modo gli apostoli non capirono perché Gesù avesse parlato così a Giuda, e poiché questi aveva in custodia la borsa del denaro, credettero o che dovesse comprare qualche cosa per la festa, o che dovesse dare qualche elemosina ai poveri. Giuda uscì subito dopo aver preso li boccone, e Pietro non ebbe neppure il tempo di capire da Giovanni ciò che gli aveva detto Gesù. Forse Gesù stesso lo impedì per infinita carità, e se disse a Giuda di uscir presto, lo fece anche per metterlo al sicuro dalla reazione degli apostoli, che si sarebbero facilmente accorti del suo sconvolgimento, ed avrebbero fatto irruzione contro di lui.
La successione degli avvenimenti in breve sintesi e in relazione agli altri Vangeli
Sintetizziamo questi eventi per maggiore chiarezza, anche in armonia con quello che dicono gli altri Vangeli, come essi si successero. Gesù Cristo si raccolse con gli apostoli per la cena pasquale, e celebrò prima di tutto questa, ultimo simbolo della sua imminente immolazione cruenta, e figura splendida della mensa di amore che voleva istituire. Verso la fine della cena legale, Gesù lavò i piedi dei suoi discepoli (Gv 13,1-20) e cominciò ad accennare velatamente al traditore (Mt 26,21- 25; Mc 14,18-21; Lc 22,17-18; Gv 13,21-23). Dopo la lavanda dei piedi dette il precetto dell'amore, ed istituì l'Eucaristia, sacramento di amore, e il Sacerdozio, ministero di amore. Giuda fu presente, tanto alla cena legale e alla lavanda, quanto all'istituzione eucaristica. Dopo l'istituzione eucaristica, Giuda che ricevette sacrilegamente il Corpo e il Sangue del Signore, più si sconvolse, più si agitò, e nel suo interno decise di andare quella notte stessa a far catturare Gesù, secondo il patto già stipulato coi sacerdoti e col sinedrio. A lui l'Eucaristia, sembrò un eccesso di aberrazione e di innovazione fantastica, e poiché ricevendola si sentì profondamente turbato, si confermò nel malvagio proposito di far cessare, secondo lui, quelle turlupinature, e quegli scempi della Legge. Era mosso da satana e dall'odio, ma in quel momento satana stesso gli faceva intendere che fosse mosso da sdegno e da zelo. Gesù perciò, per scuoterlo e mostrargli che Egli conosceva tutto denunziò apertamente, che uno lo avrebbe tradito, lo disse a Giuda che gli aveva domandato se era lui, e lo indicò a san Giovanni, perché con l'ascendente della sua carità e con la forza della sua preghiera, avesse potuto giovargli. Giuda credeva di far cessare una turlupinatura ed un inganno, che secondo lui durava già da molto tempo, e Gesù mostrò invece che non aveva timore d'immolarsi, anzi lo bramava, e per questo permetteva che egli avesse consumato il suo tradimento.
Dopo di questo, Giuda uscì definitivamente dal cenacolo.
Riordinando gli avvenimenti così, come del resto è logico, rimane assodato senza alcun dubbio, che Giuda partecipò all'Eucaristia, e che ebbe anche il Sacerdozio benché, dolorosamente, sia stato sacrilego e profanatore.
L'unica difficoltà che si può opporre alla presenza di Giuda nell'istituzione dell'Eucaristia è il fatto che san Matteo premette ad essa la denunzia del traditore (26,22-25). Ma san Matteo suole raggruppare in uno i fatti e le circostanze dei fatti di una stessa natura e, parlando del primo accenno di Gesù ad un traditore, parla subito dopo della denunzia esplicita del traditore, che avvenne dopo l'istituzione eucaristica. E penosissimo certamente pensare che il banchetto dell'amore e della vita sia stato profanato dal traditore; il cuore desidererebbe quasi contorcere il cammino storico dei fatti per non ammetterlo, tanto ripugna; ma è un fatto innegabile che dolorosamente inaugurò la passione eucaristica di Gesù sugli altari, e la serie sterminata delle ingratitudini che avrebbe avuto dagli uomini. In quel sacro luogo dove era sintetizzata la storia del passato e quella futura, non mancò neppure la triste rappresentanza dei sacrileghi e dei sacerdoti indegni!
Don Dolindo Ruotolo

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