lunedì 4 agosto 2014

04.08.2014 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 14 par. 4-7

4. La tempesta del lago e la presenza di Cristo Gesù
Al miracolo grandioso della moltiplicazione dei pani, come si rileva da san Giovanni (6,15), il popolo fu preso da tale entusiasmo, che pensò di proclamare Re Gesù Cristo. L'idea di un Messia politicamente potente, radicata nella mente di tutti, e il pensiero di un Re che avrebbe potuto provvedere alle necessità temporali della vita senza sforzo, eccitarono il popolo a voler senza indugio inaugurare un regno di benessere materiale.
Il popolo in quel momento faceva capo agli apostoli, che allora non erano immuni dal comune pregiudizio di un Messia glorioso, e perciò Gesù ordinò loro di passare all'altra riva del lago, mentre Egli licenziava le turbe. L'amor suo non poteva non rispondere agli atti di fiducia e di riconoscenza delle turbe, e chi sa quante parole dolcissime dovette dire, e quante benedizioni dovette dare a ciascuno di quelli che gli tendevano le mani. Egli doveva anche sentire compassione per quella gente che si entusiasmava tanto per un beneficio temporale. Mai come in quel momento avevano avuto una manifestazione di fede più clamorosa, e mai questa fede era stata più meschina, tutta ristretta nelle cose fugaci della terra!
Licenziato il popolo, Gesù salì sopra di un monte per pregare, mentre annottava; era la seconda sera. Gli apostoli erano lontani nel lago e, poiché il vento era contrario, la loro barca, sbattuta dai flutti, non riusciva a prendere terra. Era la quarta vigilia della notte, cioè erano le tre del mattino.
Gli apostoli erano stati quasi tutta la notte alle prese con la tempesta, e forse avevano rivolto il pensiero a Gesù, per implorarne il soccorso. Gesù ascoltò il loro gemito e venne in loro soccorso camminando sulle acque. Discendeva dal monte dove aveva pregato tutta la notte e, in quella sublimissima orazione il suo corpo attratto dall'estasi dell'anima, s'era fatto leggerissimo, molto più di quello che non avvenga nei santi rapiti in alto. Scese dal monte dunque come in volo, e camminò sulle acque non già rendendole solide con un miracolo, ma sorvolandovi sopra per l'altissima estasi della sua orazione. La sua andatura veloce, quasi come nube che passa, giustificò l'impressione degli apostoli che lo credettero un fantasma. Essi gridarono per lo spavento, ma Gesù li rassicurò dicendo: «Abbiate fiducia, sono io, non temete». Era distante dalla barca, com'è chiaro dal contesto, e forse il medesimo vento contrario sospingeva lontano il suo corpo fatto leggero.
5. Lo slancio di san Pietro
Nell'impeto dell'amore san Pietro gridò: Signore, se sei tu, comandami di venire a Te sulle acque. Non voleva far saggio di un'acrobazia marina in quel momento di angosciosa tempesta; gridò per assicurarsi della verità, sentì che egli doveva confermare nella verità i suoi compagni. Gesù gli disse: Vieni. Pietro a quella parola di comando che ordinava il mare ai suoi passi e ne formava per lui una via, si gettò dalla barca senza pensare più a quel che faceva. L'impeto dell'amore lo aveva tratto in estasi, e il suo corpo s'era fatto leggero come quello di Gesù. Dio non fa opere superflue, e negli stessi miracoli usa un'economia mirabile utilizzando le cause seconde da Lui create. Non c'era bisogno di solidificare le acque, quando Gesù, attraendo l'anima di Pietro nel suo amore, poteva con un'estasi renderlo leggero. Il contesto medesimo ce lo fa arguire.
Nelle estasi, infatti, si sa che il corpo levato da terra è così leggera che un soffio può farlo dondolare nello spazio. San Pietro, fatto leggero dall'amore, si slanciò, ma vedendosi investito dal vento e come travolto proprio per la sua leggerezza, temette, si concentrò in sé, uscì dall'estasi di amore, ridiventò pesante, cominciò a sommergersi. Vedendosi nel pericolo, gridò a Gesù: Salvami! E Gesù, stesa la mano, lo prese, lo rimproverò dolcemente della poca sua fede, e con lui salì nella barca. Subito il vento si quietò e gli apostoli stupefatti adorarono Gesù confessandolo per vero Figlio di Dio. Approdarono così facilmente sul far del mattino alla terra di Genesar o Genesaret, dove concorse gran turba di ammalati che al solo toccare il lembo della sua veste, furono sanati.

6. Nel mirabile cammino della Chiesa e dell'anima
La Chiesa ha un cammino di angustie e di tempeste, e può dirsi che naviga di notte dopo che Gesù ascese al cielo dal monte degli Ulivi, per pregare per Lei. Ha il vento contrario, poiché tutte le forze umane e diaboliche le sono coalizzate contro, e sembra ad ogni momento che possa essere sommersa dalla tempesta. Ma quando la notte è profonda, quando ogni speranza di approdo alle rive della pace, all'orto del Principe, Genesaret, alla casa del suo Re trionfante sembra preclusa, Gesù viene a Lei camminando sulle acque, cioè nella medesima tempesta e in un apparato di tempesta da Lui dominata. Viene in una manifestazione straordinaria di amore, ed è scambiato per un fantasma, perché gli stessi elementi della Chiesa temono della sua manifestazione di amore. Questo avviene nella quarta vigilia, quando sta per terminare la notte del tempo, negli ultimi giorni della chiesa, quando la tempesta s'inasprisce contro la sua barca.
7. E Pietro riconosce il Signore
È Pietro che riconosce il Signore, è il Papa che in un atto di umile fiducia intende che non è un fantasma, cioè un frutto di pericolose fantasie l'opera dell'amore, e per primo si slancia verso Gesù, domandandogli il segno della verità nel poter Egli stesso superare la tempesta. Il Papa, benché con quell'esitanza che gli darà quasi l'impressione di inabissarsi in un gorgo d'illusioni, farà conoscere la grande manifestazione dell'amore di Gesù, ed allora la Chiesa approderà nel lido della pace, e i popoli infermi al contatto della sua vita, di Lei che è come l'inconsutile veste del Redentore, saranno risanati. Prima la moltiplicazione del Pane eucaristico, fatta dall'amore di Gesù, poi la tempesta spaventosa, poi il riconoscimento di Gesù da parte di san Pietro, e subito la tranquillità, il sereno, la guarigione delle infermità del mondo al contatto della Chiesa.
Gesù Cristo moltiplicò i pani dandoli agli apostoli perché li avessero distribuiti al popolo; era logico che avesse fatto così, data la grande calca di gente. Nella Chiesa Egli opera alla stessa maniera moltiplicando il Pane eucaristico: lo dà col suo amore, e ne affida ai sacerdoti la distribuzione. Dopo la moltiplicazione del pane materiale il popolo pensò di proclamare Re Gesù Cristo, ed Egli si appartò sul monte, solo; ma dopo la moltiplicazione del Pane eucaristico non si apparta, anzi si mostra e trionfa, perché allora è acclamato Re di tutte le genti. Nella tempesta la Chiesa griderà a Lui ed Egli, sedatane la furia, approderà a Genesar, all'orto del Prìncipe, cioè alle nazioni prima apostate da Lui, e le risanerà al contatto della sua vita eucaristica, attraverso le sante specie, che quasi vesti lo avvolgono e lo nascondono.
Giovanni fu decapitato da Erode, sobillato da Erodiade; Erode ed Erodiade, rappresentanze della carne che insorge contro lo spirito e perde la testa.
L'anima è decapitata, per così dire, dalla irruenza dei sensi e, per il diletto di un momento, perde la felicità della vera vita. Per vivere deve seguire Gesù nelle altezze e cibarsi del Pane di vita, per vincere nelle tempeste deve gridare a Gesù, e non crederlo un fantasma, ma correre a Lui anche tra i flutti delle più oscure tribolazioni.
Gesù è vita, fuori di Lui non si può avere che tempesta, spavento e orrore.
Andiamo dunque a Lui Sacramentato, noi che abbiamo la sorte di averlo vivo e vero fra noi, e gridiamogli con la voce di san Pietro e degli apostoli: Salvaci tu, o Signore!
8. Per il mondo, oggi, Gesù è un fantasma!
E triste il constatare che il mondo, agitato dalle tempeste formidabili dell'ora presente, stimi Gesù un fantasma, e lo rinneghi quando dovrebbe tendere a Lui le mani. Le aberrazioni del razionalismo, del razzismo e dell'apostasia atea tentano mostrare il Cristo come un fantasma, contro il quale alzano le grida i popoli oppressi dalle tenebre, quasi che Egli fosse un pericolo per la prosperità degli Stati. Eppure non c'è pane senza di Lui che lo dona con la sua provvidenza, non c'è pace senza di Lui che la ridona col comando della sua Legge, non c'è sanità senza di Lui che la ridona alle anime col contatto del suo Corpo e del suo Sangue, e col contatto con la sua Chiesa.
Nel vociare dell'apostasia che stima Gesù un fantasma, Pietro, il Papa, si slancia verso di Lui con la fede di chi crede alla sua parola, e in questo slancio di fiducia lo attira nuovamente nelle nazioni, lo introduce nella pericolante barca, e riconduce il mondo alla pace.
Questa è la nostra speranza, questa è la nostra sicura aspettativa!
Sac. Dolindo Ruotolo

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