martedì 5 agosto 2014

05.08.2014 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 14 par. 2-3

2. Scribi e farisei ipocriti!
Dopo il miracolo della prima moltiplicazione dei pani, dovette spargersi largamente la notizia di quel prodigio, e le voci dovettero giungere sino a Gerusalemme, all'autorità centrale. Così si può spiegare la missione degli scribi e farisei venuti da Gerusalemme. L'autorità suprema aveva dovuto fare un'inchiesta tra alcuni di quelli che avevano partecipato al pane miracoloso e, non potendo negare il fatto, s'era appigliata alle circostanze, secondo essa fuori legge, per svalutarne la portata soprannaturale. Si era preoccupata sopra tutto della omissione della lavanda delle mani prima e dopo il pasto, lavanda creduta così importante da equipararne la mancanza alla fornicazione, se omessa prima del pasto, e all'omicidio se trascurata dopo. Così si spiega la domanda degli scribi e farisei, e la risposta sdegnata di Gesù innanzi a tanta ipocrisia, che da sola era sufficiente ad impedire ogni via di vera virtù e di salvezza.
Si può supporre che gli apostoli non avessero nelle loro abitudini di omettere la lavanda di uso, ma che nella solitudine soltanto non ne avessero potuto tener conto per necessità; essi, infatti, si mostrarono sconcertati dalla risposta di Gesù, come si vedrà. Gli scribi e farisei generalizzarono quella supposta trasgressione, con l'animo di mostrare a Gesù come fossero fuori legge quelli che lo seguivano e domandarono in generale perché non si lavavano le mani quando mangiavano il pane, cioè quando desinavano. Essi stessi capivano che sarebbero apparsi ridicoli a fare quell'appunto per il pane mangiato nella solitudine. Gesù Cristo, di rimando, per far loro riflettere sulle intenzioni subdole che avevano, domandò loro perché trasgredissero impunemente i precetti di Dio.
Gesù che leggeva nei cuori citò un esempio della ipocrita trasgressione della Legge di Dio, che doveva avere riscontro nell'animo dei suoi interlocutori; forse essi stessi erano colpevoli di gravi mancanze contro i loro genitori.
Gli scribi e farisei, per sfuggire al dovere di aiutare e assistere i genitori nella necessità, erano ricorsi al sotterfugio di includere nell'offerta fatta a Dio quello che avrebbero dovuto dare ad essi, esimendosi così da ogni dovere. L'offerta fatta a Dio non poteva essere adibita ad altro uso, ed essi così, con una minima offerta al tempio, presumevano non solo di aver fatto il loro dovere, ma di aver posto a parte dei loro meriti i genitori.
Questa ipocrisia rendeva praticamente nullo il precetto di aiutare i genitori, e spesso avveniva che i figli, proprio quando erano in disaccordo con essi, ricorrevano a questo sotterfugio; perciò Gesù ricorda il precetto di non maledire il padre e la madre.
Con un argomento così forte il Redentore voleva persuadere il popolo della falsità degl'insegnamenti degli scribi e farisei e scuotere la coscienza di quei poveri traviati; perciò citò un passo d'Isaia (29,13) nel quale è stigmatizzata l'ipocrisia di un culto esterno senza dedizione vera a Dio, e di un culto fondato su prescrizioni umane, create dal proprio capriccio. La così detta santità legale, fatta tutta di abluzioni, di vane pratiche esterne e di scrupoli senza fondamento, impediva l'impegno per la vera santificazione dell'anima, perciò Gesù, chiamate a sé le turbe, disse con insistenza che non contaminava l'uomo ciò che entrava per la bocca, ma quello che ne usciva, cioè le parole empie e calunniatrici, e in generale ogni manifestazione esterna della miseria interiore del cuore.
Com'è chiarissimo dal contesto, Gesù non voleva condannare i digiuni e le astinenze prescritte dalla Legge, ma voleva distruggere quelle introdotte dall'arbitrio personale, e imposte come se fossero state esse sole il mezzo sicuro per salvarsi. Specificamente Gesù parlava del lavarsi o meno le mani prima e dopo del pasto come lavanda sacra, e stigmatizzava la presunzione farisaica di credere indispensabile una lavanda che tutto al più poteva essere un atto d'igiene o di pulizia.
Alle parole di Gesù i farisei si adirarono fortemente e dovettero anche fare delle minacce agli apostoli, i quali, intimoriti, ne parlarono al loro Maestro. Questi li rincuorò esortandoli a non temerli e, con evidente rammarico del suo Cuore, fece loro capire che quelli erano incorreggibili ed incapaci d'intendere la verità, perché erano come piante selvatiche ed infruttifere, che non s'erano fatte piantare dal Padre celeste, e perciò capaci solo d'essere un giorno sradicate e gettate al fuoco; erano ciechi che presumevano guidare altri ciechi e cadevano insieme nella fossa.
3. Ipocrisia e santità
Il parlare di Gesù era sembrato ardito agli stessi apostoli, i quali dovettero pensare che egli non avesse tenuto conto dei precetti di Mosè, riguardanti la diversità dei cibi; perciò san Pietro, a nome di tutti, gliene domandò spiegazione. La domanda fu fatta con una certa politica, chiedendo spiegazione non tanto delle parole, che erano chiare, ma indirettamente del come conciliarle con la Legge.
Evidentemente gli apostoli avevano subito per poco l'influenza delle parole dei farisei ed erano scossi, perciò Gesù, addolorato, rispose con vivacità: Siete anche voi privi d'intelligenza? Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa per il ventre e finisce nella fogna? E voleva dire: Io vi parlo di ciò che si mangia comunemente, poiché la questione dei farisei riguardava solo questo, e vi parlo di una pretesa legge, imposta dalla loro ipocrisia.
Essi badano a lavarsi le mani e non badano a purificarsi il cuore e la bocca, pieni di astio, di menzogne, di calunnie e di delitti.
Con le sue parole severe all'indirizzo di una giustizia superficiale ed ipocrita, Gesù apriva la via ad una nuova santità e perfezione, a quella interiore, frutto di amore vero verso Dio. Mettendo come fonte di ogni malvagità il cuore, Egli diceva indirettamente che il cuore doveva essere il centro di ogni perfezione per le ascensioni dell'amore. Il portamento esteriore doveva essere solo come lo splendore esterno della santità interna, frutto di grazia e non già frutto della preoccupazione orgogliosa di voler apparire santi al cospetto degli uomini.
Per questa nuova via sono passati tutti i santi della Chiesa; essi anzi ebbero premura di apparire poveri di ogni virtù e degni di disprezzo, e rifuggirono dalle lodi degli uomini come si rifugge da un'atmosfera appestata. È questo un fondamento importantissimo della vera perfezione, poiché è tanto facile nelle vie del bene che prenda il sopravvento la vanità spirituale, e che l'anima si preoccupi più di quello che è apparenza che di ciò che è sostanza. L'osservanza delle leggi esterne e delle restrizioni che esse ci pongono dev'essere esatta, ma non deve diventare l'unica meta del nostro dovere, poiché è il cuore principalmente che deve vivere di Dio.
Sac. Dolindo Ruotolo

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