5. L'incontro con sant'Elisabetta. La fede che dona un linguaggio di vita: Magnificat anima mea Dominum!
Maria si pose in viaggio per le vie deserte dei monti e camminava frettolosamente. Cercava la solitudine, perché aveva un gran bisogno di amare in silenzio, e correva perché era quasi come spirito e non avvertiva il peso del corpo.
Chi ha provato un momento d'intimo amore con Dio sa quanta vita esso trasfonde in tutto il corpo, rendendolo più sottomesso all'anima, più docile strumento dello spirito; questa vita dovette essere immensa in Maria, tutta avvolta dalla fiamma dell'eterno Amore. Non poggiava quasi sul suolo e, come colomba librata al volo, divorava la via. Correva senza affannare, spinta come da un vento, giacché la creazione le faceva quasi riverenza, e l'aria stessa s'apriva innanzi a Lei, per non opporre resistenza ai suoi passi. Correva esultando nel suo spirito, con passo sicuro e senza timore, giacché la gioia pura dell'anima dà anche al corpo un novello vigore ed una maggiore decisione nei suoi movimenti. I suoi sentimenti si arguiscono da quelli espressi a sant'Elisabetta, espressione magnifica dell'anima sua benedetta: glorificava Dio, esultava in Lui Salvatore, vivente nel suo seno, si umiliava e considerava la sua grande missione nei secoli, attribuiva al Signore tutta la propria grandezza, e considerava le conseguenze della misericordia fatta da Dio alla terra, la dispersione dei superbi, l'umiliazione dei grandi e l'elevazione degli umili. Era piena di Dio, conversava con Lui, lo amava d'intenso amore, piena di riconoscenza per il compimento delle promesse fatte da Lui ad Abramo ed alla sua discendenza; cantava nell'esultanza del suo spirito, ed esplose nella pienezza del suo amore innanzi alla santa cugina.
Il saluto di Maria
Giunse presto in casa di Zaccaria e salutò Elisabetta, dice il Sacro Testo. Non salutò il consorte di lei o per delicatezza, sapendolo muto e non volendolo mortificare parlando, o perché sapeva che era momentaneamente assente. Salutò con le parole allora più in uso. La pace sia con te, o con altra simile espressione, ed al suono della sua voce il bambino di Elisabetta trasalì di gioia nel seno di lei, ed essa fu ripiena di Spirito Santo.
La voce benedetta di Maria era come la voce stessa del Verbo Incarnato in Lei, giacché Egli ne possedeva e ne elevava tutta la vita; era voce santa e santificante che operò quello che diceva come augurio di pace, ed operandolo nello stesso tempo santificò il Battista nel seno materno, e ne santificò la madre riempiendola di Spirito Santo.
Elisabetta vide Maria nello splendore della sua sovrumana bellezza e ne rimase profondamente colpita. Il cammino fatto sollecitamente le aveva anche fisicamente ravvivato il colore del volto: l'espansione con la quale le si rivolse aveva fatto come affiorare tutta l'anima sua nelle linee del corpo purissimo era come un'opera d'arte mirabile, un misto di semplicità e di maestà grande, un insieme di umiltà e di gloria, un'armonia di gioia profonda e di compostezza imperturbabile; era bellissima come non lo fu mai nessuna creatura, e rapiva perché spirava santità e pace da ogni movimento e da ogni parola.
Era ancora fanciulla, aveva poco più di quindici anni, e benché fosse già sviluppata, portava nella sua persona la casta ed affascinante ingenuità propria dell'adolescenza. Era come un fiore aperto alla vita e, perché aperto per virtù dello Spirito Santo, conservava intatto quel candido fulgore di integrità che è proprio delle vergini. Sembrava un angelo del Paradiso, più di un angelo, fulgente nei raggi della divinità che in Lei riposava, e diffondeva intorno una soavissima unzione di grazia che saziava lo spirito e lo inebriava di amore verso di dìo. La sua voce non era voce di umana creatura: aveva qualche cosa di misterioso, penetrava il cuore come grazia, e lo pacificava con una grande soavità; era come una melodia sommamente espressiva tratta da uno strumento dolcissimo.
Il saluto di sant'Elisabetta
Sant'Elisabetta, perciò, al vederla così grande e così bella, esclamò per ispirazione interna dello Spirito Santo: Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno. L'abbracciò, la strinse al cuore quasi con effusione materna, giacché essa era già avanzata di età; ma nello stringerla sentì in lei qualche cosa di divino, capì per grazia il mistero della sua Maternità divina, sentì che abbracciava la Regina del cielo e soggiunse: E da dove a me questa grazia che la Madre del mio Signore, cioè del mio Dio fatto uomo per la salvezza di tutti, venga a me?
Con queste ispirate parole fu come scolpita per i secoli la testimonianza della divina Maternità di Maria e della sua ineffabile grandezza. Essa non è indifferente ai salvati dal Redentore, lo porta loro, lo dona, effonde la sua grazia e la sua misericordia, dona la sua gioia, santifica in suo nome, ed è inseparabile da Lui nell'opera della salvezza.
Se fosse stata solo un canale per il quale passò il Redentore, come dicono stoltamente i poveri protestanti, Elisabetta, ripiena dello Spirito Santo, si sarebbe rivolta non a Lei ma al Figlio divino che le stava nel seno; essa invece la esaltò benedetta fra le donne, e chiamò frutto suo il Redentore, frutto della sua pianta purissima, che, evidentemente, Essa sola poteva dare. La pianta non è un semplice canale del frutto, lo genera, lo nutre; lo matura e lo dona; bisogna andare alla pianta per averlo, e senza la pianta è impossibile coglierlo.
Elisabetta vide in Maria tutto quello splendore di vita, e lo paragonò inconsciamente all'umiliante abbattimento nel quale il suo sposo, muto e sordo era venuto a lei dopo la visione dell'angelo, capì che la fede nella parola dell'angelo aveva in lei realizzato il grande mistero, come l'incredulità del marito aveva cagionato a lui la mutezza e la sordità. Psicologicamente quell'infermità del marito le era stata cagione di non pochi fastidi nel governo della casa, e quindi esclamò: Te beata che hai creduto poiché si adempiranno le cose dette a te dal Signore.
Il cantico sublime di Maria
Maria a quelle parole di lode sentì l'anima sua tutta tratta in Dio; l'umiltà le dava il senso della sua nullità innanzi a Lui; la riconoscenza le faceva attribuire tutto alla sua infinita misericordia; la luce divina che la illuminava le faceva guardare i suoi disegni su di lei ed i trionfi delle sue misericordie nei secoli, fino alla fine del mondo; perciò levando al cielo gli occhi esclamò: L 'anima mia magnifica il Signore.
Mai uscì da labbro umano un cantico più sublime di gioia, mai un cuore si aprì a Dio con tanto riconoscente amore, mai l'umiltà più profonda fu armonizzata così mirabilmente con la verità, in modo da formare una melodia di annientamento e di grandezza, di piccolezza e d'immensità, di bontà e di forza che affascina l'anima e la unisce alla gioia ed ai sentimenti di Maria.
Le reminiscenze scritturali del cantico di Anna, dei salmi e dei profeti che si trovano nel sublimissimo cantico, non mostrano solo la familiarità di Maria con le Sacre Scritture, ma sono come la luce delle profezie e delle figure passate che s'incontrano con la realtà e col compimento delle promesse di Dio e, lungi dall'offuscare l'originalità del canto, lo rendono nella sua concisa semplicità più splendente e più bello. Esso è come il fiore di tutto l'antico patto ed è la gemma feconda del nuovo; è il compimento delle antiche speranze e la speranza nelle nuove misericordie; è la sintesi delle compiute aspirazioni del passato, è un rapido sguardo alla storia del futuro, fino al compimento dei secoli, è il programma della vita di un'anima redenta e la sintesi delle sue elevazioni di amore; è, infine, lo sprazzo fulgente della vita del Verbo Incarnato e della medesima Madre che lo portava nel seno. In tutta la storia del regno di Dio è una voce sempre viva, in tutto lo sviluppo della Chiesa è un programma sempre attuale, in tutte le ascensioni dei santi, è una voce sempre armoniosa, che può raccogliere in un suono di amore le mirabili armonie della grazia in loro; è un cantico fecondo e verginale, come il cuore dal quale sgorgò ricco di significati e semplice nella sua espressione, che la Chiesa canta e ricanta ogni giorno, senza che esso esaurisca la sua gioiosa e fresca scaturigine, è il canto dei pellegrini che vanno verso la Patria eterna, degli apostoli che percorrono la terra diffondendo il lieto messaggio, dei martiri che attestano la verità col loro sangue, dei confessori che la propagano, delle vergini che la vivono, dei contemplativi che la gustano, degli angeli che la esaltano, delle creature tutte nelle quali ha echi di amore, ed è nota squillante del cantico eterno nell'eterna gloria.
Se si recita è una preghiera soave, se si canta è un inno trionfante che lancia lo spirito esultante in Dio, se si medita è come orto fiorito, ricco di profumi celesti. Ha un sapore sempre nuovo, un fascino sempre vivo, una delicatezza sempre verginale, che i secoli non hanno potuto mai invecchiare, perché è un cantico di vita. Che gioia, o Vergine Santa, ricevere la grazia, ricevere Gesù e poter cantare con te: Magnificat anima mea Dominami Che pace il trovarsi sul Calvario della prova e poter ripetere con te anche lacrimando, nella piena rassegnazione del cuore: Magnificat anima mea Dominum! Che dolcezza interiore elevarsi a Dio sprezzando le gioie del mondo, e ripetere nel volo dell'anima al Bene eterno: Magnificat anima mea Dominum! Che poesia d'amore recitare con la Chiesa le grandi preghiere liturgiche, sentirsi sazi di elevazioni interiori, e volgere tutta l'anima a Dio in questo canto deH'anima tua, o Maria: Magnificat anima mea Dominum! Che conforto nelle aridità dello spirito, quando la povera nostra fontana s'è come essiccata e non dà una goccia, ravvivare la scaturigine del cuore con questo tuo canto, e dare la vita alla povera terra inaridita: Magnificat anima mea Dominum!
Anche a costo di dilungarci noi non possiamo passare oltre senza dare almeno uno sguardo fugace a questi aspetti luminosi del cantico di Maria, ed a dilettarci nella molteplice rifrazione di questa gemma preziosissima del Nuovo Patto.
Non possiamo non commentare il profondo significato di questo canto di amore, che c'è stato donato per cantare a Dio la riconoscenza del nostro amore, perché uniti alla voce verginale della Mamma nostra, possiamo essere meno ingrati all'Amore che per noi discese dal cielo, e per amore ci redense col suo preziosissimo Sangue.
San Zaccaria non credette all'angelo e rimase muto e sordo fino al compimento della promessa; Maria credette e parlò, anzi cantò con una melodia che abbracciò tutti i secoli. Noi, figli suoi, cantando con Lei viviamo della sua grande fede, partecipiamo alla beatitudine del suo cuore: Beata quce credidisti, e ci rendiamo meno inetti al compimento dei disegni di Dio in noi.
6. Riflessi d'amore d'un canto di riconoscenza. Il fiore dell'Antico Patto
Dalla caduta dell'uomo, per il percorso di quattromila anni l'umanità aveva sospirato al Redentore, e vi aveva sospirato il popolo eletto, posto da Dio nell'umana famiglia come il cervello ed il cuore degli uomini. Le nazioni potranno gloriarsi quanto vogliono dei loro grandi fdosofi, poeti, letterati, artisti, e delle loro ascensioni di civiltà, ma è innegabile che nessuno ha avuto il pensiero vero ed il vero amore all'infuori d'Israele. Dio gli donò la verità, esso ebbe in Lui il pensatore, gli donò la Legge, ed ebbe in Lui il legislatore, gli donò i canti dell'anima facendoli fluire dall'eterno Amore, ed ebbe per Lui la vera poesia trascendente ogni umana forma. Il popolo ebreo non rimase teocratico per debolezza o per infanzia di civiltà, rimase tale perché aveva toccato la cima della vera civiltà. Ripudiare i suoi ammirabili frutti, che sono divini, è più insensato e sacrilego di chi lacerasse i capolavori dell'umana civiltà, e demolisse i monumenti della più squisita arte.
Il popolo ebreo
Il popolo ebreo ha traviato senza dubbio e, ripudiando il Cristo, ha sognato un regno terreno, alla conquista del quale s'è dato con tutte le arti della più bassa politica pur di riuscire; ma noi non lo riguardiamo nella sua decadenza, sebbene nella costituzione ammirabile che gli dette il Signore, ed alla quale ritornerà unendosi in un solo ovile alla Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana. La sua stessa aberrazione e decadenza è un segno della divina civiltà del passato, poiché è l'avveramento di profezie autentiche dei suoi ispirati profeti, e la sua sopravvivenza integra, come popolo, in mezzo a tante vicende di secoli, mostra che il seme che originò tale frutto vigoroso è seme benedetto da Dio. Invece di perseguitarlo crudelmente, le nazioni dovevano e debbono richiamarlo con la carità, e per la Chiesa debbono ridonargli le Scritture alle quali ha sostituito il Talmud. In realtà esso è decaduto precisamente quando ha voluto formarsi una civiltà umana, rinnegando la sua costituzione divina, ed è corso appresso alle fantasmagorie d'un dominio universale politico, quando in realtà gli bastava vivere del Cristo nella Chiesa, per ritrovarsi trionfalmente a capo dei popoli, come si trova un patriarca a capo dei suoi nipoti, arricchiti da lui.
Maria annunzia il Salvatore
Il sospiro del popolo ebreo, da esso stesso diffuso tra le genti del mondo, doveva culminare nel Cristo, come la pianta nel fiore, e per questo il Redentore aspettato fu paragonato dal profeta precisamente ad un fiore della radice di lesse. Ora ecco Maria, pianta verginale di questo fiore, che lo ha nel seno come bocciolo, e che raccogliendo i sospiri dei secoli ne annunzia il compimento esclamando: L 'anima mia magnifica il Signore, ed il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore. E la risposta a tutte le voci profetiche, è il compimento di tutti i tipi e di tutte le figure, è l'annunzio del Salvatore dato dalla sua stessa Madre, è un annunzio di verità che è confermato dallo splendore verginale di questa Madre. Basta guardarla nell'illuminazione che riceve dal Verbo che le è nel seno, per dire con assoluta certezza: Egli è venuto, e per ripetere con Lei: Magnificat anima mea Dominum, et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo.
Doveva nascere da una Vergine, ed ecco, Essa è vergine intemerata; doveva discendere come “rugiada sul vello”, ed ecco Egli è venuto nella più completa oscurità nel suo purissimo seno; doveva essere avvolto dalla donna, mulier circumdabit virum, la donna circonderà l'uomo, ed Essa gli ha dato il corpo mortale e l'avvolge con la propria vita, doveva venire come suprema degnazione divina nell'umana bassezza, ed Essa è la più umile delle creature, è una bassezza tutta ingemmata di grazie: Ha rivolto lo sguardo alla bassezza della sua serva; ha fatto in me cose grandi [...] e diffonde la sua misericordia da generazione in generazione su quelli che lo temono.
Compiendo le sue promesse Dio ha manifestato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi per antonomasia, i demoni nei loro disegni di perdizione; ha dissipato la superbia delle genti nella tirannide delle loro effimere civiltà, ha distrutto i troni dell'umana malvagità, uno dopo l'altro, ed ha instaurato il regno dell'amore fra gli umili e gli affamati di beni eterni. Ecco dissipata la civiltà pagana, fondata sull'orgogliosa tirannide, ed ecco il regno degli umili, ricolmi della pace della divina grazia e della divina misericordia.
Niente più ha valore fuori del Cristo e della sua Chiesa, sono vinte le tenebre, sono sparite le ombre, sono compiuti i vaticini dei secoli, è spuntato il fiore di lesse: Magnificat anima mea Dominum.
7. La gemma feconda del Nuovo Patto
Che cosa è la vita che ci porta il Redentore? Lo dice Lui stesso in sintesi divina: Io glorifico il Padre. Questa glorificazione che egli dà eternamente come Verbo di Dio, gliela dà come Redentore, gliela dà fra gli uomini che unisce a sé come suo mistico corpo. Magnificat, ecco la splendente luce del Verbo; Magnificat, ecco le illuminanti adorazioni del Redentore; Magnificat, ecco le osannanti voci della Chiesa cattolica in tutta la sua vita glorificatrice di Dio. Esulta il Verbo nell'eterno Amore amando il Padre, esulta l'Uomo-Dio nella filiazione umiliata per amore, esulta la Chiesa nelle ricchezze esuberanti della sua vita adorante.
Il compimento delle divine promesse che si sviluppano nell'immensa opera redentrice è, dunque, gloria di Dio, esultanza di amore, degnazione di misericordia, elevazione dell'uomo, distruzione della colpa, sazietà dei piccoli, sbaraglio dell'orgoglio, vita che s'effonde di età in età sino al termine dei secoli, pienezza di gloria e di immortale felicità nei cieli. Maria non poteva cantarlo in parole più belle.
8. Sintesi e programma della Chiesa
Maria concependo il Verbo Incarnato iniziò la vita della Chiesa nella maniera più grande, per l'intima unione che stava tra Lei ed il Redentore. La pietra angolare del novello edificio era in suo pieno possesso, e l'anima sua s'elevava su di essa come fastigio d'un tempio vivente. La Chiesa, peregrina nei secoli, è tribolata, continua in sé la Passione del Redentore, la diffonde nei cuori e l'applica con un amore immenso, ma nella sua tribolante fatica è tutta un cantico di vita.
Perseguitata, non piega; abbattuta, non cade; disprezzata, non si oscura; privata di tutto e insanguinata non si impoverisce, ma il sangue dei suoi martiri si muta per Lei in una cascata di gemme. Niente può deturparla, poiché è come il suono argentino d'un organo che squilla anche fra la polvere delle sue canne vetuste, ed è sempre fresco fra le annose murate che lo custodiscono. Magnificat anima mea Dominum, ecco il suono melodico di tutta la sua vita, sino al termine dei secoli; esultanza di amore nel suo Redentore, ecco il riflesso di tutte le sue lacrime; lo sguardo di Dio su di Lei, ecco la sicurezza di tutta la sua vita; la sua grandezza spirituale, frutto della potenza di Dio, e la santità, frutto dello Spirito Santo, ecco la sua ricchezza; la vittoria costante su tutti i superbi che la perseguitano, i quali cadono un dopo l'altro dalle altezze nel fango; ecco il suo trionfo che nessuno le ha potuto mai contendere; la realtà dei suoi beni che saziano lo spirito, ecco la sua piena felicità, che eleva l'umana piccolezza fino alle altezze eterne. La sua storia gloriosa è tutta nel cantico di Maria, e la Chiesa lo ripete ogni giorno al Vespro, quando il giorno declina, perché la sua luce non declina mai ed il suo sole è sempre perenne in Lei. Nel martirio è applauso a Dio, infinita verità: Magnificat anima mea Dominum; nella santità è esultanza in Dio Salvatore; nelle umiliazioni s'accresce ed è beata col suo Re appassionato; nell'esaltamento mostra la potenza di Dio che vince, e manifesta la sua santità che perdona.
La Chiesa vuole salvare, deve salvare
Nelle sue attività non cerca un dominio terreno, ma percorre le nazioni per diffondere la misericordia di Dio e salvare le anime. Il mondo non capisce e non capirà mai l'ansietà della Chiesa nel salvare, e per questo scambia per politica il suo apostolato. Essa vuol salvare, deve salvare, perché ne ha la missione dal Redentore; non vuol dominare ma salvare, e se urta con le potenze umane lo è quando esse diventano perdizione delle anime. È allora che insorge, combatte, agonizza, è intransigente, rimane come roccia incrollabile e vince, vince sempre. Il mondo non l'ha ancora imparato, non lo imparerà mai, perché si lusinga di vincerla; ma rimane sopraffatto, è disperso nei superbi suoi pensieri, vede infranti i suoi troni, si vede ridotto nella fame e nello squallore, e ritorna elemosinando dalla Chiesa un briciolo di vita. È la storia dei secoli, ed è l'annunzio di quelli che seguiranno sino alla fine del mondo.
La Chiesa si eleva nel mondo magnificando il Signore, ed addita così alle povere genti la fonte imperitura d'ogni bene che sazia, d'ogni tesoro che è veramente ricchezza. Fa pena il vedere gli affamati del mondo che si credono sazi, ed i miserabili ricchi della terra che hanno le mani vuote quando le credono ricolme.
Il cuore piange non sulla povertà dei miseri, ma sulla povertà dei ricchi; non per il bisogno degli affamati, ma per la fame dei sazi di inezie!
Un esempio storico
Eccone un esempio storico che citiamo perché così adatto a farci apprezzare questa verità. Quando Jonker trovò nell'arena il famoso diamante che prese il suo nome, credette davvero di aver trovato un tesoro. Lo ripose in una calza che attorcigliò al collo della moglie, e rimase tutta la notte a vigilare con le pistole cariche in mano. Vendette il diamante per 350 mila dollari, circa 7 milioni. Quando si trattò di tagliarlo, poiché il diamante ha venature come il legno, si scelse il migliore dei tagliatori, il Kaplan, perché un errore nella venatura l'avrebbe rovinato. Il Kaplan studiò la pietra per un anno prima di darle il colpo di maglio che doveva spaccarla. Un altro tagliatore, Asscher, quando tagliò il famoso diamante Cullinan, temette di avere un colpo apoplettico per l'emozione, e richiese l'assistenza di un medico e di due infermiere. Dato il colpo con pieno successo, si lasciò cadere su di una sedia, dovette essere curato dal medico per la tensione subita, e stette tre mesi in una clinica per esaurimento nervoso.
E spaventoso, ed è più spaventoso il pensare che per il possesso di queste vilissime pietre spesso s'è sparso il sangue e si sono commessi delitti atrocissimi.
Chi è più famelico e più miserabile di colui che s'attacca a simili inezie? Magnificat anima mea Dominum, grida la Chiesa col suo magistero di amore, exultavit spirìtus meus in Deo salutari meo, esclama additando la via della vera sazietà del cuore, e si leva nella vita come faro che non si spegne mai. Se il mondo la perseguita, accresce il suo grido di lode; se la fa sanguinare, aumenta l'esultanza del suo spirito; se la umilia moltiplica le luci della sua gloria; se le strappa i figli dal seno facendone dei martiri, la rende beata nei suoi gloriosi santi; se diffonde il male per inquinarla, rende più sollecita la sua misericordiosa premura verso le anime; se irrompe per stritolarla, s'infrange esso sulla tetragona roccia, e sperimenta la potenza di Dio; se la rende schiava dell'idolatria statolatrica, si vede scoronato dalle catastrofi sociali; se la deruba dei suoi averi per soffocarla, la vede ricca nella sua povertà, e non riesce a far tacere il suo canto d'amore, applauso perenne a Dio Uno e Trino: Magnificat anima mea Dominum.
9. Il cantico dell'anima che ama
Maria cantò nella pienezza del suo amore, e col suo canto tracciò le vie dell'amore per le anime che vivono di Dio e lo ricercano sopra tutte le cose. La vita vera dello spirito, infatti, sta nel cercare la gloria di Dio, poiché la creatura è diffusione della divina bontà, è l'opera delle mani del Signore, e non può vivere senza glorificarlo in tutte le cose e sopra tutte le cose.
La parola di san Paolo: Fate tutto per la gloria di Dio (ICor 10,31), trova la sua espressione più viva nella nostra vita quando benediciamo il Signore magnificandone la potenza, la sapienza e l'amore: Magnificat anima mea Dominum.
La contemplazione, per la quale l'anima s'eleva nelle divine magnificenze, è esultanza dello spirito nella luce divina, è gioia nel gustare i frutti della redenzione, è slancio di amore a Dio per la sua infinita bellezza e bontà. L'anima cresce nelle vie dell'amore quando si umilia e riconosce la propria bassezza; è allora che Dio si abbassa fino a lei, e si compiace di lei, operando meraviglie di grazia. Guardare Dio ed essere guardati da Lui, ecco la sintesi delle elevazioni più grandi dell'amore: Respexit. Lo guarda la fede, lo guardano la speranza e la carità, ed Egli si volge a noi illuminandoci, elevandoci ed abbracciandoci; lo guarda il cuore tribolato, esule e gemente in questa valle di pianto, ed Egli effonde la sua misericordia. L'amore può crescere solo nel campo delle divine misericordie, poiché tutta la vita spirituale e mistica è una misericordia di Dio. La misericordia ci perdona, ci compatisce, ci arricchisce, ci eleva, ci trasforma. Se pensassimo che tutta la vita spirituale è un'effusione di misericordia, vi aspireremmo non desiderando le altezze della gloria, ma umiliandoci all'ultimo luogo. La vita dell'amore è un banchetto al quale Dio c'invita, e chi si mette all'ultimo posto è colui che ascende più in alto. Se, invece d'invocare amore, invocassimo misericordia, pianteremmo l'amore nelle profondità del cuore e lo vedremmo sbocciare lussureggiante dalle stesse miserie nostre, come pianta fecondata dal concime che nutre ed arricchisce il terreno.
Il complesso lavoro della grazia in un cuore che vuole amare si riduce in questa sola parola: Misericordia ejus. La corrispondenza nostra a questo lavoro si riduce a questa sola espressione: Riconoscimento della propria bassezza e timore riverenziale di Dio. La vittoria della grazia in noi sta nella dispersione dei pensieri della nostra superbia, nello svalutamento delle nostre povere forze, e nell'apprezzamento del dono dell'umiltà. La potenza dei nostri slanci è proporzionata al convincimento profondo della nostra insipienza e della nostra povertà. Chi si crede già su di una sede di santità ne cade: Depose i potenti dal trono, ehi è contento della sua virtù e non ha fame e sete della giustizia rimane a mani vuote: Ha ricolmato di beni i famelici; ha rimandato i ricchi senza nulla.
O amore, o amore, come cresci tu nel terreno dell'umiltà e nei raggi della misericordia di Dio! Chi si lamenta di non possederti, deve pensare che ha in sé tanta dose di superbia da inaridirne le radici, e tanti effluvi di vanità da oscurare i raggi della misericordia. Se l'anima non canta il Magnificat dell'umiltà, non canta quello dell'amore. I grandi e sommi contemplativi sono stati grandi umili, poiché con gli umili Dio ragiona e conversa.
10. Il Magnificat dell'umiltà
Elévati perciò, anima mia, abbassandoti, e scendi nelle profondità del tuo nulla perché la misericordia divina ti ricolmi di beni. L'umiltà che non s'abbandona alla misericordia non è umiltà, è dispetto della propria miseria; l'umiliazione che non volge lo sguardo a Dio confidando non è riconoscimento vero della propria impotenza ma è agitazione dello spirito nel fastidio di una bruttura che lo diminuisce innanzi all'occhio dell'orgoglio. Non è il desiderio di Dio, ma l'aspirazione di una spirituale vanità. Chi cade nelle onde e s'agita affonda; chi s'abbandona gridando ed invocando aiuto galleggia ed è tratto alla riva. O mio Signore, io non mi stupisco di essere peccatore, poiché di questo solo è capace l'anima mia. Non mi meraviglio d'essere impotente ad ogni bene, poiché senza di Te sono nulla. Godo di essere un nulla, perché rifulga di più la luce della tua grandezza: Magnificat anima mea Dominum! Il peccato mi addolora, e Tu sai quanto ho pianto per averti offeso, ma Tu mi hai redento col tuo Sangue, ed il mio spirito esulta in Te mìo Salvatore. Vorrei farti ora l'esposizione di tutte le mie bassezze, e contemplarle per cantarti in tutti i toni: Io sono nulla e peccato, e Tu sei tutto ed infinita santità. Tutto quello di cui si dilettò l'anima mia fuori della tua Legge è per me un obbrobrio, ma il pentimento ha mutato la soddisfazione in amoroso rammarico, ha attratto il tuo sguardo, e mi ha colmato di pace.
Oh, la grande beatitudine di riconoscermi peccatore e di piangere per averti offeso! E perché sono così beato? Perché Tu mi guardi con misericordia. Spuntano dall'anima mia tanti piccoli fiori sulla mota delle mie lordure, perché il Sole eterno l'ha illuminata, e nel lezzo delle mie iniquità s'apre un germoglio olezzante, perché Tu mi usi misericordia: Magnificat anima mea Dominum! Oh come rifulge la potenza della tua grazia nella mia nullità, e come s'allieta l'anima mia peccatrice nei fulgori della santità del tuo Nome. Hai fatto in me cose grandi purificandomi, fortificandomi, nutrendomi, perdonandomi, ed hai santificato la mia vita nel tuo Nome, o Santissima Trinità: Fecit mihi magna qui potens est et sanctum nomen ejus. Mi hai dato un desiderio ardente di riparare ed hai acceso in me le fiamme dello zelo; così la tua misericordia passa da Te nel mio cuore e dal mio cuore pentito a quelli che ti temono. Son peccatore e mi hai vinto con la potenza della tua grazia, disperdendo i disegni vani del mio orgoglio; sono stato ribelle al tuo amore inalberandomi, e Tu mi hai umiliato, ma umiliandomi mi hai esaltato con la tua grazia.
Ho fame di Te, mio Dio, saziami; ho vergogna di tutte le miserie che considerai come ricchezze della vita, svuotami. Accoglimi nelle braccia del tuo amore misericordioso, ricordandoti della tua bontà, e fammi riposare nel tuo amore secondo le tue promesse, ora e nei secoli eterni.
Così sia.
11. Un quadro fulgente della vita del Redentore e di quella di Maria
La Vergine Santissima ripiena di Spirito Santo e Madre del Verbo , espresse, per così dire, con le luci dell'amore la bellezza arcana del Figlio divino che portava nel seno. Egli era il Verbo di Dio, la lode sostanziale del Padre, la voce che ne magnificava le perfezioni: Magnificat anima mea Dominum. Rivestito di umana carne era il Salvatore, l'esultanza del mondo; umiliato fino al seno materno era come il seme che doveva donarci il fiore ed il frutto dell'eterna beatitudine. Aveva assunto l'umana carne per salvarci, e Dio doveva guardarne la volontaria bassezza per innalzarci e per diffondere la sua misericordia su tutte le generazioni. Quell'annientamento portava il segreto della grandezza, e quella veste di peccato della quale era ammantato doveva disperdere l'umano orgoglio ed edificare in noi la santità. Egli doveva essere il vincitore di satana, e deporlo dalla effimera sede; doveva sfatarne le pestifere illusioni, ed essere Egli, pane di vita, la sazietà dei suoi fedeli.
Nessuno poté tratteggiare più luminosamente il Verbo Incarnato: Lode di Dio, esultanza di redenzione, umiliato e perciò compiacenza del Padre, ammantato di grandezza nella sua umiliazione e di santità nella sua immolazione, misericordia che abbraccia quelli che temono Dio, potenza che disperde la superbia di satana, vittoria che ne annienta il trono, luce che dirada le tenebre; pane di vita per gli affamati di Dio, compimento delle divine promesse.
Non è questa una pia applicazione spirituale al cantico di Maria; è una verità, poiché Maria parlando rispecchiò il Figlio che in lei viveva da re, come i figli rispecchiano nelle parole e nei gesti il carattere dei genitori; anzi di più, perché la vita del Verbo Incarnato, come si disse, elevava, vivificava e santificava tutta la sua vita.
Maria nel suo cantico espresse anche, diremmo, la fisionomia del proprio spirito; ma prima di tutto manifestò i caratteri del suo Figlio, che era in Lei, in quei momenti beati, la sua vita preponderante. Essa, infatti, era lode di Dio per Lui, ed il suo spirito esultava nelle magnificenze della grazia, perché Egli l'aveva anticipatamente redenta. Essa era compiacenza di Dio per Lui che la sublimò fino alla dignità di Madre di Dio, e le grandi cose in Lei operate dalla potenza e dalla santità di Dio furono operate per il Redentore. Egli disperse il superbo, satana, e la conservò Immacolata; Egli non permise che l'avesse dominata un istante solo, e la esaltò da umile ancella di Dio a Regina dei cieli; Egli la riempì di grazie saziandola di santità e rendendola più grande di tutte le creature e benedetta fra le donne.
Furono dunque questi i caratteri della Madre di Dio: Lode di gloria, esultanza di amore, annichilimento di umiltà e grandezza immensa di grazie, miracolo di magnificenza e sintesi gloriosa delle opere più grandi di Dio, canale di misericordia, vincitrice di satana cui schiacciò il capo, e vincitrice dell'umano orgoglio, perché mostrò in sé le vette cui fa giungere l'umiltà, donatrice celeste del Pane della vita, e fiore profumato di tutte le promesse fatte da Dio ad Abramo ed alla sua discendenza. L'eresia ha tentato di sfigurare Maria Santissima dandole altri lineamenti, e pretendendo toglierle la corona che Dio le pose sul capo, ma non c'è riuscita, perché rimane perenne il suo cantico nella storia, e nessuno è capace di alterarne le armonie che erompono dalla sua grande anima.
12. Una voce perenne nel regno di Dio
Il regno di Dio comprende due momenti: il suo sviluppo sulla terra ed il suo coronamento nel cielo. Ogni regno ha la sua marcia trionfale, come ha la sua bandiera; la bandiera si spiega al vento come simbolo della nazione, la marcia leva le sue note come peana di vittoria e di vita. Osiamo dire che nel regno di Dio la croce ne è il vessillo ed il Magnificat il canto trionfale.
Esso, infatti, è stato cantato nell'ingresso del re immortale sulla terra, salutando la sua prima vittoria nella santificazione del Precursore. Portato da Maria Egli si avanzò, e col suono della voce di Lei avvolse, per così dire, il bambino di Elisabetta, lo liberò dal peccato originale e lo fece esultare nel seno materno. La grazia magnificava Dio in un'anima, e l'anima esultava nel suo Redentore.
Da allora tutte le anime divennero glorificazione di Dio per il Verbo Incarnato, che le chiamò a sé per Maria. Non c'è espansione di grazia senza la mediazione di Maria, e non c'è esultanza di vita soprannaturale senza la voce del suo materno amore che ci porta Gesù e ci conduce a Gesù.
Sulla terra il regno di Dio è dentro i cuori principalmente, come disse Gesù, perché è amore che glorifica il Signore, è esultanza nella sua misericordia che eleva l'umana bassezza alla vita soprannaturale, è manifestazione di potenza e di santità perché è vittoria sulle umane debolezze, ed è santificazione di tutte le umane potenze, è adorazione di Dio nella filiale umiliazione dello spirito, ed è sazietà di amore nel cercarlo come ultimo fine.
Nei cieli il regno di Dio è contemplazione della sua gloria che fa erompere dall'anima inni di lode perenne, è esultanza nell'eterna felicità posseduta per i meriti del Redentore, è intima familiarità di amore con Dio ed inno di beatitudine perenne nelle eterne nozze con Lui, è la rivelazione piena della sua grandezza e della sua santità che diventa ricchezza e bellezza delle anime elette, è il regno dell'umiltà glorificata, e rappresenta la perenne vittoria sull'orgoglio annientato dall'eterna giustizia, è il compimento pieno di tutte le aspirazioni dello spirito e la sazietà trascendente di ogni bene. Maria cantando intonava il novello canto dei pellegrini del regno, e portava sulla terra l'eco del canto dei cieli: Magnificat anima mea Dominum!
13. Riflessi di luce smagliante nelle tenebre dell'esilio
La Chiesa militante è, come il suo Redentore, perennemente immolata. Non può mutare fisionomia e se la mutasse non sarebbe più il Corpo mistico del Redentore, come non lo sono gli eretici. Sognare per lei un trionfo politico e umano significherebbe sognare una sua diminuzione, e cadere nell'errore d'Israele che aspettava un Messia politico.
La Chiesa è regno di verità e di amore, e non potrebbe diventare regno di menzogna e di egoismo, come lo è ogni politica del mondo. Essa trionfa nella luce della Santissima Trinità, non in quella della nostra valle: sussiste, redime, ama. La sua gloria sta nel non venire mai meno, nell'elevare le anime, e nell'amare Dio solo sopra tutte le cose. Soffre nelle sue membra, senza dubbio, e la sua vita è Passione, ma la sua sofferenza è piena di pace, ed essa avanza nel mondo come corrente limpida e calda in mezzo alla fanghiglia agghiacciata. Essa ha le gioie della maternità nei dolori del parto, le esultanze del trionfo nelle angosce del combattimento, gli esaltamenti della vera gloria nelle umiliazioni delle persecuzioni, la grandezza trascendente nella semplicità della sua vita, lo splendore della santità nei disprezzi dell'empietà, l'irresistibile espansione dell'apostolato negl'impacci e negli ostacoli che le frappone il mondo, il dominio dello spirito nelle ribellioni che si accentuano contro di Lei per l'orgoglio umano, la ricchezza della provvidenza in mezzo alle spoliazioni dei ladri del mondo, e la sua vita immolata è tutta splendente di luci.
Maria, gemma sua preziosissima, le rifletté tutte nel suo cantico sublime. Guardiamolo in una sintesi fugace: si convertono le genti, e come onde di armonie si leva sulla loro primitiva desolazione il canto della vita novella che glorifica Dio: Magnificat anima mea Dominum! La conversione diventa santificazione per la grazia, ed elevazione per i doni dello Spirito Santo, e rifulgono nella Chiesa le meraviglie dei miracoli, delle profezie, dell'eroismo, esultanza gioiosa della sua vita: Exultavit spiritus meus in Deo salutari meo. I santi della Chiesa sono tale gloria e tale meraviglia che l'anima rimane estatica a contemplarne la gloria. Essi sono la bassezza umana elevata agli splendori del divino, sono l'espressione gloriosa di una beatitudine piena, e l'ammirazione anche dei perfidi che non possono svalutarne la grandezza: Respexit humilitatem ancillce suce, ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationes. I santi non sono gli oziosi della vita, compiono cose grandi in nome di Dio, e rappresentano essi soli la vera e completa civiltà dello spirito. Essi sono gli eroi del sangue nei martiri, i luminari della verità nei dottori e negli apostoli, i custodi della vera scienza ed i propagatori della giustizia nei confessori, la delicatezza del candore nelle vergini pure, la glorificazione della vita anche terrena nei coniugati, i grandi e veri demografici del mondo, che non accrescono i popoli per massacrarli poi nelle guerre, ma accrescono la famiglia dei beati del Paradiso: Fecit mihi magna qui potens est, et sanctum nomen ejus.
La Chiesa è combattuta, ma non conosce altra controffensiva che la misericordia, e la diffonde a piene mani glorificando Dio che la elargisce ed esultando nel Redentore che ce la merita. La sua iniziazione è un perdono completo, una lavanda che rende l'anima più bianca della neve. Le sue armi sono doni di amore che vengono dall'eterno Amore. I suoi tribunali sono oasi tranquille di riconciliazione e di pace. La sua mensa è cibo di esultanza che impingua lo spirito di felicità, le sue nozze sono santificate dall'amore del Redentore suo, la sua potestà è paternità, anzi è maternità di bontà immensa, e la morte stessa è tutta illuminata dalla misericordia e dalla pace: Misericordia ejus a progenie in progenies timentibus eum.
Essa ha una potenza, ma non deriva dalla violenza, bensì dalla sua saldezza, perché è roccia ed è fondata sulla roccia. La vigila il Signore, la sostiene la sua onnipotenza, e chi urta contro di Lei si sfascia.
Che cosa grande vedere le potenze infernali avanzare superbe come onde, accavallarsi come turbini e ridursi in mille frantumi mentre la rocca di Dio rimane incrollabile!
Che cosa pietosa vedere le coalizioni degli empi, riuniti come un sol fascio, un sol blocco, un solo consiglio, un solo esercito, inaugurare nuove fedi, nuove religioni, nuove barbarie orpellate da civiltà, e perire sotto il maglio della potenza di Dio: Fecitpotentiam in brachio suo, dispersit superbos mente cordis sui. Ecco, i potenti che fanno tremare la terra non sono per la Chiesa che uno spauracchio; Essa sa dove andranno, sa dove cadranno: Deposuitpotentes de sede et exaltavit humiles. Li attende l'abisso, li ha già ingoiati tutti, ed ingoierà anche i presenti e quelli che verranno sino al termine dei secoli. Passa sul mondo l'onda della fame, e tutte le pretese ricchezze del mondo non servono, non nutrono. Esso ha fame di sapienza e non la trova, perché le sue ricchezze di pensiero sono sciocchezze da fanciulli. Ha fame di verità ed i suoi forzieri sono pieni di errori, nessuno dei quali risponde alla realtà della vita. Trangugia gli errori e s'accresce la sua fame, perché lo lasciano vuoto nei cimenti della realtà.
Ha fame di giustizia e si sazia di angarie e di delitti, ha fame di amore e si sazia di odio, ha fame di pace e si sazia di guerre, rimanendo sempre vuoto, spaventosamente vuoto. Solo la Chiesa si sazia dei veri beni, e cammina nell'esilio col cuore e con la mente ricolmi di pace e di amore: Esurientes implevit bonis, et divites dimisit inanes.
È vero, anche le anime che vivono nella Chiesa sono soggette alle prove, e persino le più sante cadono nelle aridità angoscianti e si credono a volte perdute; ma esse sanno che la prova è mezzo per un guadagno più bello, ed unendosi alla divina volontà cantano con l'eroismo della piena fiducia nelle promesse di Dio: Magnificat anima mea Dominum. Esse conoscono già le vie dell'immolazione agonizzante, le ha tracciate loro il Redentore nell'orto del Getsemani, e con Lui sanno ritrovare le vie della pace in quest'unico slancio: Non sia fatta la mia volontà ma la tua, magnificat anima mea Dominum!
O Maria, o Maria, il tuo canto è inesauribile, perché è canto di un cuore ricco del Verbo di Dio! L'anima rimane stupefatta innanzi a tanta fecondità di pensiero, e non sa ripeterti altro che le parole dell'angelo e di sant'Elisabetta: Salve, o piena di grazie, il Signore è con te, tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno.
Maria si pose in viaggio per le vie deserte dei monti e camminava frettolosamente. Cercava la solitudine, perché aveva un gran bisogno di amare in silenzio, e correva perché era quasi come spirito e non avvertiva il peso del corpo.
Chi ha provato un momento d'intimo amore con Dio sa quanta vita esso trasfonde in tutto il corpo, rendendolo più sottomesso all'anima, più docile strumento dello spirito; questa vita dovette essere immensa in Maria, tutta avvolta dalla fiamma dell'eterno Amore. Non poggiava quasi sul suolo e, come colomba librata al volo, divorava la via. Correva senza affannare, spinta come da un vento, giacché la creazione le faceva quasi riverenza, e l'aria stessa s'apriva innanzi a Lei, per non opporre resistenza ai suoi passi. Correva esultando nel suo spirito, con passo sicuro e senza timore, giacché la gioia pura dell'anima dà anche al corpo un novello vigore ed una maggiore decisione nei suoi movimenti. I suoi sentimenti si arguiscono da quelli espressi a sant'Elisabetta, espressione magnifica dell'anima sua benedetta: glorificava Dio, esultava in Lui Salvatore, vivente nel suo seno, si umiliava e considerava la sua grande missione nei secoli, attribuiva al Signore tutta la propria grandezza, e considerava le conseguenze della misericordia fatta da Dio alla terra, la dispersione dei superbi, l'umiliazione dei grandi e l'elevazione degli umili. Era piena di Dio, conversava con Lui, lo amava d'intenso amore, piena di riconoscenza per il compimento delle promesse fatte da Lui ad Abramo ed alla sua discendenza; cantava nell'esultanza del suo spirito, ed esplose nella pienezza del suo amore innanzi alla santa cugina.
Il saluto di Maria
Giunse presto in casa di Zaccaria e salutò Elisabetta, dice il Sacro Testo. Non salutò il consorte di lei o per delicatezza, sapendolo muto e non volendolo mortificare parlando, o perché sapeva che era momentaneamente assente. Salutò con le parole allora più in uso. La pace sia con te, o con altra simile espressione, ed al suono della sua voce il bambino di Elisabetta trasalì di gioia nel seno di lei, ed essa fu ripiena di Spirito Santo.
La voce benedetta di Maria era come la voce stessa del Verbo Incarnato in Lei, giacché Egli ne possedeva e ne elevava tutta la vita; era voce santa e santificante che operò quello che diceva come augurio di pace, ed operandolo nello stesso tempo santificò il Battista nel seno materno, e ne santificò la madre riempiendola di Spirito Santo.
Elisabetta vide Maria nello splendore della sua sovrumana bellezza e ne rimase profondamente colpita. Il cammino fatto sollecitamente le aveva anche fisicamente ravvivato il colore del volto: l'espansione con la quale le si rivolse aveva fatto come affiorare tutta l'anima sua nelle linee del corpo purissimo era come un'opera d'arte mirabile, un misto di semplicità e di maestà grande, un insieme di umiltà e di gloria, un'armonia di gioia profonda e di compostezza imperturbabile; era bellissima come non lo fu mai nessuna creatura, e rapiva perché spirava santità e pace da ogni movimento e da ogni parola.
Era ancora fanciulla, aveva poco più di quindici anni, e benché fosse già sviluppata, portava nella sua persona la casta ed affascinante ingenuità propria dell'adolescenza. Era come un fiore aperto alla vita e, perché aperto per virtù dello Spirito Santo, conservava intatto quel candido fulgore di integrità che è proprio delle vergini. Sembrava un angelo del Paradiso, più di un angelo, fulgente nei raggi della divinità che in Lei riposava, e diffondeva intorno una soavissima unzione di grazia che saziava lo spirito e lo inebriava di amore verso di dìo. La sua voce non era voce di umana creatura: aveva qualche cosa di misterioso, penetrava il cuore come grazia, e lo pacificava con una grande soavità; era come una melodia sommamente espressiva tratta da uno strumento dolcissimo.
Il saluto di sant'Elisabetta
Sant'Elisabetta, perciò, al vederla così grande e così bella, esclamò per ispirazione interna dello Spirito Santo: Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno. L'abbracciò, la strinse al cuore quasi con effusione materna, giacché essa era già avanzata di età; ma nello stringerla sentì in lei qualche cosa di divino, capì per grazia il mistero della sua Maternità divina, sentì che abbracciava la Regina del cielo e soggiunse: E da dove a me questa grazia che la Madre del mio Signore, cioè del mio Dio fatto uomo per la salvezza di tutti, venga a me?
Con queste ispirate parole fu come scolpita per i secoli la testimonianza della divina Maternità di Maria e della sua ineffabile grandezza. Essa non è indifferente ai salvati dal Redentore, lo porta loro, lo dona, effonde la sua grazia e la sua misericordia, dona la sua gioia, santifica in suo nome, ed è inseparabile da Lui nell'opera della salvezza.
Se fosse stata solo un canale per il quale passò il Redentore, come dicono stoltamente i poveri protestanti, Elisabetta, ripiena dello Spirito Santo, si sarebbe rivolta non a Lei ma al Figlio divino che le stava nel seno; essa invece la esaltò benedetta fra le donne, e chiamò frutto suo il Redentore, frutto della sua pianta purissima, che, evidentemente, Essa sola poteva dare. La pianta non è un semplice canale del frutto, lo genera, lo nutre; lo matura e lo dona; bisogna andare alla pianta per averlo, e senza la pianta è impossibile coglierlo.
Elisabetta vide in Maria tutto quello splendore di vita, e lo paragonò inconsciamente all'umiliante abbattimento nel quale il suo sposo, muto e sordo era venuto a lei dopo la visione dell'angelo, capì che la fede nella parola dell'angelo aveva in lei realizzato il grande mistero, come l'incredulità del marito aveva cagionato a lui la mutezza e la sordità. Psicologicamente quell'infermità del marito le era stata cagione di non pochi fastidi nel governo della casa, e quindi esclamò: Te beata che hai creduto poiché si adempiranno le cose dette a te dal Signore.
Il cantico sublime di Maria
Maria a quelle parole di lode sentì l'anima sua tutta tratta in Dio; l'umiltà le dava il senso della sua nullità innanzi a Lui; la riconoscenza le faceva attribuire tutto alla sua infinita misericordia; la luce divina che la illuminava le faceva guardare i suoi disegni su di lei ed i trionfi delle sue misericordie nei secoli, fino alla fine del mondo; perciò levando al cielo gli occhi esclamò: L 'anima mia magnifica il Signore.
Mai uscì da labbro umano un cantico più sublime di gioia, mai un cuore si aprì a Dio con tanto riconoscente amore, mai l'umiltà più profonda fu armonizzata così mirabilmente con la verità, in modo da formare una melodia di annientamento e di grandezza, di piccolezza e d'immensità, di bontà e di forza che affascina l'anima e la unisce alla gioia ed ai sentimenti di Maria.
Le reminiscenze scritturali del cantico di Anna, dei salmi e dei profeti che si trovano nel sublimissimo cantico, non mostrano solo la familiarità di Maria con le Sacre Scritture, ma sono come la luce delle profezie e delle figure passate che s'incontrano con la realtà e col compimento delle promesse di Dio e, lungi dall'offuscare l'originalità del canto, lo rendono nella sua concisa semplicità più splendente e più bello. Esso è come il fiore di tutto l'antico patto ed è la gemma feconda del nuovo; è il compimento delle antiche speranze e la speranza nelle nuove misericordie; è la sintesi delle compiute aspirazioni del passato, è un rapido sguardo alla storia del futuro, fino al compimento dei secoli, è il programma della vita di un'anima redenta e la sintesi delle sue elevazioni di amore; è, infine, lo sprazzo fulgente della vita del Verbo Incarnato e della medesima Madre che lo portava nel seno. In tutta la storia del regno di Dio è una voce sempre viva, in tutto lo sviluppo della Chiesa è un programma sempre attuale, in tutte le ascensioni dei santi, è una voce sempre armoniosa, che può raccogliere in un suono di amore le mirabili armonie della grazia in loro; è un cantico fecondo e verginale, come il cuore dal quale sgorgò ricco di significati e semplice nella sua espressione, che la Chiesa canta e ricanta ogni giorno, senza che esso esaurisca la sua gioiosa e fresca scaturigine, è il canto dei pellegrini che vanno verso la Patria eterna, degli apostoli che percorrono la terra diffondendo il lieto messaggio, dei martiri che attestano la verità col loro sangue, dei confessori che la propagano, delle vergini che la vivono, dei contemplativi che la gustano, degli angeli che la esaltano, delle creature tutte nelle quali ha echi di amore, ed è nota squillante del cantico eterno nell'eterna gloria.
Se si recita è una preghiera soave, se si canta è un inno trionfante che lancia lo spirito esultante in Dio, se si medita è come orto fiorito, ricco di profumi celesti. Ha un sapore sempre nuovo, un fascino sempre vivo, una delicatezza sempre verginale, che i secoli non hanno potuto mai invecchiare, perché è un cantico di vita. Che gioia, o Vergine Santa, ricevere la grazia, ricevere Gesù e poter cantare con te: Magnificat anima mea Dominami Che pace il trovarsi sul Calvario della prova e poter ripetere con te anche lacrimando, nella piena rassegnazione del cuore: Magnificat anima mea Dominum! Che dolcezza interiore elevarsi a Dio sprezzando le gioie del mondo, e ripetere nel volo dell'anima al Bene eterno: Magnificat anima mea Dominum! Che poesia d'amore recitare con la Chiesa le grandi preghiere liturgiche, sentirsi sazi di elevazioni interiori, e volgere tutta l'anima a Dio in questo canto deH'anima tua, o Maria: Magnificat anima mea Dominum! Che conforto nelle aridità dello spirito, quando la povera nostra fontana s'è come essiccata e non dà una goccia, ravvivare la scaturigine del cuore con questo tuo canto, e dare la vita alla povera terra inaridita: Magnificat anima mea Dominum!
Anche a costo di dilungarci noi non possiamo passare oltre senza dare almeno uno sguardo fugace a questi aspetti luminosi del cantico di Maria, ed a dilettarci nella molteplice rifrazione di questa gemma preziosissima del Nuovo Patto.
Non possiamo non commentare il profondo significato di questo canto di amore, che c'è stato donato per cantare a Dio la riconoscenza del nostro amore, perché uniti alla voce verginale della Mamma nostra, possiamo essere meno ingrati all'Amore che per noi discese dal cielo, e per amore ci redense col suo preziosissimo Sangue.
San Zaccaria non credette all'angelo e rimase muto e sordo fino al compimento della promessa; Maria credette e parlò, anzi cantò con una melodia che abbracciò tutti i secoli. Noi, figli suoi, cantando con Lei viviamo della sua grande fede, partecipiamo alla beatitudine del suo cuore: Beata quce credidisti, e ci rendiamo meno inetti al compimento dei disegni di Dio in noi.
6. Riflessi d'amore d'un canto di riconoscenza. Il fiore dell'Antico Patto
Dalla caduta dell'uomo, per il percorso di quattromila anni l'umanità aveva sospirato al Redentore, e vi aveva sospirato il popolo eletto, posto da Dio nell'umana famiglia come il cervello ed il cuore degli uomini. Le nazioni potranno gloriarsi quanto vogliono dei loro grandi fdosofi, poeti, letterati, artisti, e delle loro ascensioni di civiltà, ma è innegabile che nessuno ha avuto il pensiero vero ed il vero amore all'infuori d'Israele. Dio gli donò la verità, esso ebbe in Lui il pensatore, gli donò la Legge, ed ebbe in Lui il legislatore, gli donò i canti dell'anima facendoli fluire dall'eterno Amore, ed ebbe per Lui la vera poesia trascendente ogni umana forma. Il popolo ebreo non rimase teocratico per debolezza o per infanzia di civiltà, rimase tale perché aveva toccato la cima della vera civiltà. Ripudiare i suoi ammirabili frutti, che sono divini, è più insensato e sacrilego di chi lacerasse i capolavori dell'umana civiltà, e demolisse i monumenti della più squisita arte.
Il popolo ebreo
Il popolo ebreo ha traviato senza dubbio e, ripudiando il Cristo, ha sognato un regno terreno, alla conquista del quale s'è dato con tutte le arti della più bassa politica pur di riuscire; ma noi non lo riguardiamo nella sua decadenza, sebbene nella costituzione ammirabile che gli dette il Signore, ed alla quale ritornerà unendosi in un solo ovile alla Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana. La sua stessa aberrazione e decadenza è un segno della divina civiltà del passato, poiché è l'avveramento di profezie autentiche dei suoi ispirati profeti, e la sua sopravvivenza integra, come popolo, in mezzo a tante vicende di secoli, mostra che il seme che originò tale frutto vigoroso è seme benedetto da Dio. Invece di perseguitarlo crudelmente, le nazioni dovevano e debbono richiamarlo con la carità, e per la Chiesa debbono ridonargli le Scritture alle quali ha sostituito il Talmud. In realtà esso è decaduto precisamente quando ha voluto formarsi una civiltà umana, rinnegando la sua costituzione divina, ed è corso appresso alle fantasmagorie d'un dominio universale politico, quando in realtà gli bastava vivere del Cristo nella Chiesa, per ritrovarsi trionfalmente a capo dei popoli, come si trova un patriarca a capo dei suoi nipoti, arricchiti da lui.
Maria annunzia il Salvatore
Il sospiro del popolo ebreo, da esso stesso diffuso tra le genti del mondo, doveva culminare nel Cristo, come la pianta nel fiore, e per questo il Redentore aspettato fu paragonato dal profeta precisamente ad un fiore della radice di lesse. Ora ecco Maria, pianta verginale di questo fiore, che lo ha nel seno come bocciolo, e che raccogliendo i sospiri dei secoli ne annunzia il compimento esclamando: L 'anima mia magnifica il Signore, ed il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore. E la risposta a tutte le voci profetiche, è il compimento di tutti i tipi e di tutte le figure, è l'annunzio del Salvatore dato dalla sua stessa Madre, è un annunzio di verità che è confermato dallo splendore verginale di questa Madre. Basta guardarla nell'illuminazione che riceve dal Verbo che le è nel seno, per dire con assoluta certezza: Egli è venuto, e per ripetere con Lei: Magnificat anima mea Dominum, et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo.
Doveva nascere da una Vergine, ed ecco, Essa è vergine intemerata; doveva discendere come “rugiada sul vello”, ed ecco Egli è venuto nella più completa oscurità nel suo purissimo seno; doveva essere avvolto dalla donna, mulier circumdabit virum, la donna circonderà l'uomo, ed Essa gli ha dato il corpo mortale e l'avvolge con la propria vita, doveva venire come suprema degnazione divina nell'umana bassezza, ed Essa è la più umile delle creature, è una bassezza tutta ingemmata di grazie: Ha rivolto lo sguardo alla bassezza della sua serva; ha fatto in me cose grandi [...] e diffonde la sua misericordia da generazione in generazione su quelli che lo temono.
Compiendo le sue promesse Dio ha manifestato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi per antonomasia, i demoni nei loro disegni di perdizione; ha dissipato la superbia delle genti nella tirannide delle loro effimere civiltà, ha distrutto i troni dell'umana malvagità, uno dopo l'altro, ed ha instaurato il regno dell'amore fra gli umili e gli affamati di beni eterni. Ecco dissipata la civiltà pagana, fondata sull'orgogliosa tirannide, ed ecco il regno degli umili, ricolmi della pace della divina grazia e della divina misericordia.
Niente più ha valore fuori del Cristo e della sua Chiesa, sono vinte le tenebre, sono sparite le ombre, sono compiuti i vaticini dei secoli, è spuntato il fiore di lesse: Magnificat anima mea Dominum.
7. La gemma feconda del Nuovo Patto
Che cosa è la vita che ci porta il Redentore? Lo dice Lui stesso in sintesi divina: Io glorifico il Padre. Questa glorificazione che egli dà eternamente come Verbo di Dio, gliela dà come Redentore, gliela dà fra gli uomini che unisce a sé come suo mistico corpo. Magnificat, ecco la splendente luce del Verbo; Magnificat, ecco le illuminanti adorazioni del Redentore; Magnificat, ecco le osannanti voci della Chiesa cattolica in tutta la sua vita glorificatrice di Dio. Esulta il Verbo nell'eterno Amore amando il Padre, esulta l'Uomo-Dio nella filiazione umiliata per amore, esulta la Chiesa nelle ricchezze esuberanti della sua vita adorante.
Il compimento delle divine promesse che si sviluppano nell'immensa opera redentrice è, dunque, gloria di Dio, esultanza di amore, degnazione di misericordia, elevazione dell'uomo, distruzione della colpa, sazietà dei piccoli, sbaraglio dell'orgoglio, vita che s'effonde di età in età sino al termine dei secoli, pienezza di gloria e di immortale felicità nei cieli. Maria non poteva cantarlo in parole più belle.
8. Sintesi e programma della Chiesa
Maria concependo il Verbo Incarnato iniziò la vita della Chiesa nella maniera più grande, per l'intima unione che stava tra Lei ed il Redentore. La pietra angolare del novello edificio era in suo pieno possesso, e l'anima sua s'elevava su di essa come fastigio d'un tempio vivente. La Chiesa, peregrina nei secoli, è tribolata, continua in sé la Passione del Redentore, la diffonde nei cuori e l'applica con un amore immenso, ma nella sua tribolante fatica è tutta un cantico di vita.
Perseguitata, non piega; abbattuta, non cade; disprezzata, non si oscura; privata di tutto e insanguinata non si impoverisce, ma il sangue dei suoi martiri si muta per Lei in una cascata di gemme. Niente può deturparla, poiché è come il suono argentino d'un organo che squilla anche fra la polvere delle sue canne vetuste, ed è sempre fresco fra le annose murate che lo custodiscono. Magnificat anima mea Dominum, ecco il suono melodico di tutta la sua vita, sino al termine dei secoli; esultanza di amore nel suo Redentore, ecco il riflesso di tutte le sue lacrime; lo sguardo di Dio su di Lei, ecco la sicurezza di tutta la sua vita; la sua grandezza spirituale, frutto della potenza di Dio, e la santità, frutto dello Spirito Santo, ecco la sua ricchezza; la vittoria costante su tutti i superbi che la perseguitano, i quali cadono un dopo l'altro dalle altezze nel fango; ecco il suo trionfo che nessuno le ha potuto mai contendere; la realtà dei suoi beni che saziano lo spirito, ecco la sua piena felicità, che eleva l'umana piccolezza fino alle altezze eterne. La sua storia gloriosa è tutta nel cantico di Maria, e la Chiesa lo ripete ogni giorno al Vespro, quando il giorno declina, perché la sua luce non declina mai ed il suo sole è sempre perenne in Lei. Nel martirio è applauso a Dio, infinita verità: Magnificat anima mea Dominum; nella santità è esultanza in Dio Salvatore; nelle umiliazioni s'accresce ed è beata col suo Re appassionato; nell'esaltamento mostra la potenza di Dio che vince, e manifesta la sua santità che perdona.
La Chiesa vuole salvare, deve salvare
Nelle sue attività non cerca un dominio terreno, ma percorre le nazioni per diffondere la misericordia di Dio e salvare le anime. Il mondo non capisce e non capirà mai l'ansietà della Chiesa nel salvare, e per questo scambia per politica il suo apostolato. Essa vuol salvare, deve salvare, perché ne ha la missione dal Redentore; non vuol dominare ma salvare, e se urta con le potenze umane lo è quando esse diventano perdizione delle anime. È allora che insorge, combatte, agonizza, è intransigente, rimane come roccia incrollabile e vince, vince sempre. Il mondo non l'ha ancora imparato, non lo imparerà mai, perché si lusinga di vincerla; ma rimane sopraffatto, è disperso nei superbi suoi pensieri, vede infranti i suoi troni, si vede ridotto nella fame e nello squallore, e ritorna elemosinando dalla Chiesa un briciolo di vita. È la storia dei secoli, ed è l'annunzio di quelli che seguiranno sino alla fine del mondo.
La Chiesa si eleva nel mondo magnificando il Signore, ed addita così alle povere genti la fonte imperitura d'ogni bene che sazia, d'ogni tesoro che è veramente ricchezza. Fa pena il vedere gli affamati del mondo che si credono sazi, ed i miserabili ricchi della terra che hanno le mani vuote quando le credono ricolme.
Il cuore piange non sulla povertà dei miseri, ma sulla povertà dei ricchi; non per il bisogno degli affamati, ma per la fame dei sazi di inezie!
Un esempio storico
Eccone un esempio storico che citiamo perché così adatto a farci apprezzare questa verità. Quando Jonker trovò nell'arena il famoso diamante che prese il suo nome, credette davvero di aver trovato un tesoro. Lo ripose in una calza che attorcigliò al collo della moglie, e rimase tutta la notte a vigilare con le pistole cariche in mano. Vendette il diamante per 350 mila dollari, circa 7 milioni. Quando si trattò di tagliarlo, poiché il diamante ha venature come il legno, si scelse il migliore dei tagliatori, il Kaplan, perché un errore nella venatura l'avrebbe rovinato. Il Kaplan studiò la pietra per un anno prima di darle il colpo di maglio che doveva spaccarla. Un altro tagliatore, Asscher, quando tagliò il famoso diamante Cullinan, temette di avere un colpo apoplettico per l'emozione, e richiese l'assistenza di un medico e di due infermiere. Dato il colpo con pieno successo, si lasciò cadere su di una sedia, dovette essere curato dal medico per la tensione subita, e stette tre mesi in una clinica per esaurimento nervoso.
E spaventoso, ed è più spaventoso il pensare che per il possesso di queste vilissime pietre spesso s'è sparso il sangue e si sono commessi delitti atrocissimi.
Chi è più famelico e più miserabile di colui che s'attacca a simili inezie? Magnificat anima mea Dominum, grida la Chiesa col suo magistero di amore, exultavit spirìtus meus in Deo salutari meo, esclama additando la via della vera sazietà del cuore, e si leva nella vita come faro che non si spegne mai. Se il mondo la perseguita, accresce il suo grido di lode; se la fa sanguinare, aumenta l'esultanza del suo spirito; se la umilia moltiplica le luci della sua gloria; se le strappa i figli dal seno facendone dei martiri, la rende beata nei suoi gloriosi santi; se diffonde il male per inquinarla, rende più sollecita la sua misericordiosa premura verso le anime; se irrompe per stritolarla, s'infrange esso sulla tetragona roccia, e sperimenta la potenza di Dio; se la rende schiava dell'idolatria statolatrica, si vede scoronato dalle catastrofi sociali; se la deruba dei suoi averi per soffocarla, la vede ricca nella sua povertà, e non riesce a far tacere il suo canto d'amore, applauso perenne a Dio Uno e Trino: Magnificat anima mea Dominum.
9. Il cantico dell'anima che ama
Maria cantò nella pienezza del suo amore, e col suo canto tracciò le vie dell'amore per le anime che vivono di Dio e lo ricercano sopra tutte le cose. La vita vera dello spirito, infatti, sta nel cercare la gloria di Dio, poiché la creatura è diffusione della divina bontà, è l'opera delle mani del Signore, e non può vivere senza glorificarlo in tutte le cose e sopra tutte le cose.
La parola di san Paolo: Fate tutto per la gloria di Dio (ICor 10,31), trova la sua espressione più viva nella nostra vita quando benediciamo il Signore magnificandone la potenza, la sapienza e l'amore: Magnificat anima mea Dominum.
La contemplazione, per la quale l'anima s'eleva nelle divine magnificenze, è esultanza dello spirito nella luce divina, è gioia nel gustare i frutti della redenzione, è slancio di amore a Dio per la sua infinita bellezza e bontà. L'anima cresce nelle vie dell'amore quando si umilia e riconosce la propria bassezza; è allora che Dio si abbassa fino a lei, e si compiace di lei, operando meraviglie di grazia. Guardare Dio ed essere guardati da Lui, ecco la sintesi delle elevazioni più grandi dell'amore: Respexit. Lo guarda la fede, lo guardano la speranza e la carità, ed Egli si volge a noi illuminandoci, elevandoci ed abbracciandoci; lo guarda il cuore tribolato, esule e gemente in questa valle di pianto, ed Egli effonde la sua misericordia. L'amore può crescere solo nel campo delle divine misericordie, poiché tutta la vita spirituale e mistica è una misericordia di Dio. La misericordia ci perdona, ci compatisce, ci arricchisce, ci eleva, ci trasforma. Se pensassimo che tutta la vita spirituale è un'effusione di misericordia, vi aspireremmo non desiderando le altezze della gloria, ma umiliandoci all'ultimo luogo. La vita dell'amore è un banchetto al quale Dio c'invita, e chi si mette all'ultimo posto è colui che ascende più in alto. Se, invece d'invocare amore, invocassimo misericordia, pianteremmo l'amore nelle profondità del cuore e lo vedremmo sbocciare lussureggiante dalle stesse miserie nostre, come pianta fecondata dal concime che nutre ed arricchisce il terreno.
Il complesso lavoro della grazia in un cuore che vuole amare si riduce in questa sola parola: Misericordia ejus. La corrispondenza nostra a questo lavoro si riduce a questa sola espressione: Riconoscimento della propria bassezza e timore riverenziale di Dio. La vittoria della grazia in noi sta nella dispersione dei pensieri della nostra superbia, nello svalutamento delle nostre povere forze, e nell'apprezzamento del dono dell'umiltà. La potenza dei nostri slanci è proporzionata al convincimento profondo della nostra insipienza e della nostra povertà. Chi si crede già su di una sede di santità ne cade: Depose i potenti dal trono, ehi è contento della sua virtù e non ha fame e sete della giustizia rimane a mani vuote: Ha ricolmato di beni i famelici; ha rimandato i ricchi senza nulla.
O amore, o amore, come cresci tu nel terreno dell'umiltà e nei raggi della misericordia di Dio! Chi si lamenta di non possederti, deve pensare che ha in sé tanta dose di superbia da inaridirne le radici, e tanti effluvi di vanità da oscurare i raggi della misericordia. Se l'anima non canta il Magnificat dell'umiltà, non canta quello dell'amore. I grandi e sommi contemplativi sono stati grandi umili, poiché con gli umili Dio ragiona e conversa.
10. Il Magnificat dell'umiltà
Elévati perciò, anima mia, abbassandoti, e scendi nelle profondità del tuo nulla perché la misericordia divina ti ricolmi di beni. L'umiltà che non s'abbandona alla misericordia non è umiltà, è dispetto della propria miseria; l'umiliazione che non volge lo sguardo a Dio confidando non è riconoscimento vero della propria impotenza ma è agitazione dello spirito nel fastidio di una bruttura che lo diminuisce innanzi all'occhio dell'orgoglio. Non è il desiderio di Dio, ma l'aspirazione di una spirituale vanità. Chi cade nelle onde e s'agita affonda; chi s'abbandona gridando ed invocando aiuto galleggia ed è tratto alla riva. O mio Signore, io non mi stupisco di essere peccatore, poiché di questo solo è capace l'anima mia. Non mi meraviglio d'essere impotente ad ogni bene, poiché senza di Te sono nulla. Godo di essere un nulla, perché rifulga di più la luce della tua grandezza: Magnificat anima mea Dominum! Il peccato mi addolora, e Tu sai quanto ho pianto per averti offeso, ma Tu mi hai redento col tuo Sangue, ed il mio spirito esulta in Te mìo Salvatore. Vorrei farti ora l'esposizione di tutte le mie bassezze, e contemplarle per cantarti in tutti i toni: Io sono nulla e peccato, e Tu sei tutto ed infinita santità. Tutto quello di cui si dilettò l'anima mia fuori della tua Legge è per me un obbrobrio, ma il pentimento ha mutato la soddisfazione in amoroso rammarico, ha attratto il tuo sguardo, e mi ha colmato di pace.
Oh, la grande beatitudine di riconoscermi peccatore e di piangere per averti offeso! E perché sono così beato? Perché Tu mi guardi con misericordia. Spuntano dall'anima mia tanti piccoli fiori sulla mota delle mie lordure, perché il Sole eterno l'ha illuminata, e nel lezzo delle mie iniquità s'apre un germoglio olezzante, perché Tu mi usi misericordia: Magnificat anima mea Dominum! Oh come rifulge la potenza della tua grazia nella mia nullità, e come s'allieta l'anima mia peccatrice nei fulgori della santità del tuo Nome. Hai fatto in me cose grandi purificandomi, fortificandomi, nutrendomi, perdonandomi, ed hai santificato la mia vita nel tuo Nome, o Santissima Trinità: Fecit mihi magna qui potens est et sanctum nomen ejus. Mi hai dato un desiderio ardente di riparare ed hai acceso in me le fiamme dello zelo; così la tua misericordia passa da Te nel mio cuore e dal mio cuore pentito a quelli che ti temono. Son peccatore e mi hai vinto con la potenza della tua grazia, disperdendo i disegni vani del mio orgoglio; sono stato ribelle al tuo amore inalberandomi, e Tu mi hai umiliato, ma umiliandomi mi hai esaltato con la tua grazia.
Ho fame di Te, mio Dio, saziami; ho vergogna di tutte le miserie che considerai come ricchezze della vita, svuotami. Accoglimi nelle braccia del tuo amore misericordioso, ricordandoti della tua bontà, e fammi riposare nel tuo amore secondo le tue promesse, ora e nei secoli eterni.
Così sia.
11. Un quadro fulgente della vita del Redentore e di quella di Maria
La Vergine Santissima ripiena di Spirito Santo e Madre del Verbo , espresse, per così dire, con le luci dell'amore la bellezza arcana del Figlio divino che portava nel seno. Egli era il Verbo di Dio, la lode sostanziale del Padre, la voce che ne magnificava le perfezioni: Magnificat anima mea Dominum. Rivestito di umana carne era il Salvatore, l'esultanza del mondo; umiliato fino al seno materno era come il seme che doveva donarci il fiore ed il frutto dell'eterna beatitudine. Aveva assunto l'umana carne per salvarci, e Dio doveva guardarne la volontaria bassezza per innalzarci e per diffondere la sua misericordia su tutte le generazioni. Quell'annientamento portava il segreto della grandezza, e quella veste di peccato della quale era ammantato doveva disperdere l'umano orgoglio ed edificare in noi la santità. Egli doveva essere il vincitore di satana, e deporlo dalla effimera sede; doveva sfatarne le pestifere illusioni, ed essere Egli, pane di vita, la sazietà dei suoi fedeli.
Nessuno poté tratteggiare più luminosamente il Verbo Incarnato: Lode di Dio, esultanza di redenzione, umiliato e perciò compiacenza del Padre, ammantato di grandezza nella sua umiliazione e di santità nella sua immolazione, misericordia che abbraccia quelli che temono Dio, potenza che disperde la superbia di satana, vittoria che ne annienta il trono, luce che dirada le tenebre; pane di vita per gli affamati di Dio, compimento delle divine promesse.
Non è questa una pia applicazione spirituale al cantico di Maria; è una verità, poiché Maria parlando rispecchiò il Figlio che in lei viveva da re, come i figli rispecchiano nelle parole e nei gesti il carattere dei genitori; anzi di più, perché la vita del Verbo Incarnato, come si disse, elevava, vivificava e santificava tutta la sua vita.
Maria nel suo cantico espresse anche, diremmo, la fisionomia del proprio spirito; ma prima di tutto manifestò i caratteri del suo Figlio, che era in Lei, in quei momenti beati, la sua vita preponderante. Essa, infatti, era lode di Dio per Lui, ed il suo spirito esultava nelle magnificenze della grazia, perché Egli l'aveva anticipatamente redenta. Essa era compiacenza di Dio per Lui che la sublimò fino alla dignità di Madre di Dio, e le grandi cose in Lei operate dalla potenza e dalla santità di Dio furono operate per il Redentore. Egli disperse il superbo, satana, e la conservò Immacolata; Egli non permise che l'avesse dominata un istante solo, e la esaltò da umile ancella di Dio a Regina dei cieli; Egli la riempì di grazie saziandola di santità e rendendola più grande di tutte le creature e benedetta fra le donne.
Furono dunque questi i caratteri della Madre di Dio: Lode di gloria, esultanza di amore, annichilimento di umiltà e grandezza immensa di grazie, miracolo di magnificenza e sintesi gloriosa delle opere più grandi di Dio, canale di misericordia, vincitrice di satana cui schiacciò il capo, e vincitrice dell'umano orgoglio, perché mostrò in sé le vette cui fa giungere l'umiltà, donatrice celeste del Pane della vita, e fiore profumato di tutte le promesse fatte da Dio ad Abramo ed alla sua discendenza. L'eresia ha tentato di sfigurare Maria Santissima dandole altri lineamenti, e pretendendo toglierle la corona che Dio le pose sul capo, ma non c'è riuscita, perché rimane perenne il suo cantico nella storia, e nessuno è capace di alterarne le armonie che erompono dalla sua grande anima.
12. Una voce perenne nel regno di Dio
Il regno di Dio comprende due momenti: il suo sviluppo sulla terra ed il suo coronamento nel cielo. Ogni regno ha la sua marcia trionfale, come ha la sua bandiera; la bandiera si spiega al vento come simbolo della nazione, la marcia leva le sue note come peana di vittoria e di vita. Osiamo dire che nel regno di Dio la croce ne è il vessillo ed il Magnificat il canto trionfale.
Esso, infatti, è stato cantato nell'ingresso del re immortale sulla terra, salutando la sua prima vittoria nella santificazione del Precursore. Portato da Maria Egli si avanzò, e col suono della voce di Lei avvolse, per così dire, il bambino di Elisabetta, lo liberò dal peccato originale e lo fece esultare nel seno materno. La grazia magnificava Dio in un'anima, e l'anima esultava nel suo Redentore.
Da allora tutte le anime divennero glorificazione di Dio per il Verbo Incarnato, che le chiamò a sé per Maria. Non c'è espansione di grazia senza la mediazione di Maria, e non c'è esultanza di vita soprannaturale senza la voce del suo materno amore che ci porta Gesù e ci conduce a Gesù.
Sulla terra il regno di Dio è dentro i cuori principalmente, come disse Gesù, perché è amore che glorifica il Signore, è esultanza nella sua misericordia che eleva l'umana bassezza alla vita soprannaturale, è manifestazione di potenza e di santità perché è vittoria sulle umane debolezze, ed è santificazione di tutte le umane potenze, è adorazione di Dio nella filiale umiliazione dello spirito, ed è sazietà di amore nel cercarlo come ultimo fine.
Nei cieli il regno di Dio è contemplazione della sua gloria che fa erompere dall'anima inni di lode perenne, è esultanza nell'eterna felicità posseduta per i meriti del Redentore, è intima familiarità di amore con Dio ed inno di beatitudine perenne nelle eterne nozze con Lui, è la rivelazione piena della sua grandezza e della sua santità che diventa ricchezza e bellezza delle anime elette, è il regno dell'umiltà glorificata, e rappresenta la perenne vittoria sull'orgoglio annientato dall'eterna giustizia, è il compimento pieno di tutte le aspirazioni dello spirito e la sazietà trascendente di ogni bene. Maria cantando intonava il novello canto dei pellegrini del regno, e portava sulla terra l'eco del canto dei cieli: Magnificat anima mea Dominum!
13. Riflessi di luce smagliante nelle tenebre dell'esilio
La Chiesa militante è, come il suo Redentore, perennemente immolata. Non può mutare fisionomia e se la mutasse non sarebbe più il Corpo mistico del Redentore, come non lo sono gli eretici. Sognare per lei un trionfo politico e umano significherebbe sognare una sua diminuzione, e cadere nell'errore d'Israele che aspettava un Messia politico.
La Chiesa è regno di verità e di amore, e non potrebbe diventare regno di menzogna e di egoismo, come lo è ogni politica del mondo. Essa trionfa nella luce della Santissima Trinità, non in quella della nostra valle: sussiste, redime, ama. La sua gloria sta nel non venire mai meno, nell'elevare le anime, e nell'amare Dio solo sopra tutte le cose. Soffre nelle sue membra, senza dubbio, e la sua vita è Passione, ma la sua sofferenza è piena di pace, ed essa avanza nel mondo come corrente limpida e calda in mezzo alla fanghiglia agghiacciata. Essa ha le gioie della maternità nei dolori del parto, le esultanze del trionfo nelle angosce del combattimento, gli esaltamenti della vera gloria nelle umiliazioni delle persecuzioni, la grandezza trascendente nella semplicità della sua vita, lo splendore della santità nei disprezzi dell'empietà, l'irresistibile espansione dell'apostolato negl'impacci e negli ostacoli che le frappone il mondo, il dominio dello spirito nelle ribellioni che si accentuano contro di Lei per l'orgoglio umano, la ricchezza della provvidenza in mezzo alle spoliazioni dei ladri del mondo, e la sua vita immolata è tutta splendente di luci.
Maria, gemma sua preziosissima, le rifletté tutte nel suo cantico sublime. Guardiamolo in una sintesi fugace: si convertono le genti, e come onde di armonie si leva sulla loro primitiva desolazione il canto della vita novella che glorifica Dio: Magnificat anima mea Dominum! La conversione diventa santificazione per la grazia, ed elevazione per i doni dello Spirito Santo, e rifulgono nella Chiesa le meraviglie dei miracoli, delle profezie, dell'eroismo, esultanza gioiosa della sua vita: Exultavit spiritus meus in Deo salutari meo. I santi della Chiesa sono tale gloria e tale meraviglia che l'anima rimane estatica a contemplarne la gloria. Essi sono la bassezza umana elevata agli splendori del divino, sono l'espressione gloriosa di una beatitudine piena, e l'ammirazione anche dei perfidi che non possono svalutarne la grandezza: Respexit humilitatem ancillce suce, ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationes. I santi non sono gli oziosi della vita, compiono cose grandi in nome di Dio, e rappresentano essi soli la vera e completa civiltà dello spirito. Essi sono gli eroi del sangue nei martiri, i luminari della verità nei dottori e negli apostoli, i custodi della vera scienza ed i propagatori della giustizia nei confessori, la delicatezza del candore nelle vergini pure, la glorificazione della vita anche terrena nei coniugati, i grandi e veri demografici del mondo, che non accrescono i popoli per massacrarli poi nelle guerre, ma accrescono la famiglia dei beati del Paradiso: Fecit mihi magna qui potens est, et sanctum nomen ejus.
La Chiesa è combattuta, ma non conosce altra controffensiva che la misericordia, e la diffonde a piene mani glorificando Dio che la elargisce ed esultando nel Redentore che ce la merita. La sua iniziazione è un perdono completo, una lavanda che rende l'anima più bianca della neve. Le sue armi sono doni di amore che vengono dall'eterno Amore. I suoi tribunali sono oasi tranquille di riconciliazione e di pace. La sua mensa è cibo di esultanza che impingua lo spirito di felicità, le sue nozze sono santificate dall'amore del Redentore suo, la sua potestà è paternità, anzi è maternità di bontà immensa, e la morte stessa è tutta illuminata dalla misericordia e dalla pace: Misericordia ejus a progenie in progenies timentibus eum.
Essa ha una potenza, ma non deriva dalla violenza, bensì dalla sua saldezza, perché è roccia ed è fondata sulla roccia. La vigila il Signore, la sostiene la sua onnipotenza, e chi urta contro di Lei si sfascia.
Che cosa grande vedere le potenze infernali avanzare superbe come onde, accavallarsi come turbini e ridursi in mille frantumi mentre la rocca di Dio rimane incrollabile!
Che cosa pietosa vedere le coalizioni degli empi, riuniti come un sol fascio, un sol blocco, un solo consiglio, un solo esercito, inaugurare nuove fedi, nuove religioni, nuove barbarie orpellate da civiltà, e perire sotto il maglio della potenza di Dio: Fecitpotentiam in brachio suo, dispersit superbos mente cordis sui. Ecco, i potenti che fanno tremare la terra non sono per la Chiesa che uno spauracchio; Essa sa dove andranno, sa dove cadranno: Deposuitpotentes de sede et exaltavit humiles. Li attende l'abisso, li ha già ingoiati tutti, ed ingoierà anche i presenti e quelli che verranno sino al termine dei secoli. Passa sul mondo l'onda della fame, e tutte le pretese ricchezze del mondo non servono, non nutrono. Esso ha fame di sapienza e non la trova, perché le sue ricchezze di pensiero sono sciocchezze da fanciulli. Ha fame di verità ed i suoi forzieri sono pieni di errori, nessuno dei quali risponde alla realtà della vita. Trangugia gli errori e s'accresce la sua fame, perché lo lasciano vuoto nei cimenti della realtà.
Ha fame di giustizia e si sazia di angarie e di delitti, ha fame di amore e si sazia di odio, ha fame di pace e si sazia di guerre, rimanendo sempre vuoto, spaventosamente vuoto. Solo la Chiesa si sazia dei veri beni, e cammina nell'esilio col cuore e con la mente ricolmi di pace e di amore: Esurientes implevit bonis, et divites dimisit inanes.
È vero, anche le anime che vivono nella Chiesa sono soggette alle prove, e persino le più sante cadono nelle aridità angoscianti e si credono a volte perdute; ma esse sanno che la prova è mezzo per un guadagno più bello, ed unendosi alla divina volontà cantano con l'eroismo della piena fiducia nelle promesse di Dio: Magnificat anima mea Dominum. Esse conoscono già le vie dell'immolazione agonizzante, le ha tracciate loro il Redentore nell'orto del Getsemani, e con Lui sanno ritrovare le vie della pace in quest'unico slancio: Non sia fatta la mia volontà ma la tua, magnificat anima mea Dominum!
O Maria, o Maria, il tuo canto è inesauribile, perché è canto di un cuore ricco del Verbo di Dio! L'anima rimane stupefatta innanzi a tanta fecondità di pensiero, e non sa ripeterti altro che le parole dell'angelo e di sant'Elisabetta: Salve, o piena di grazie, il Signore è con te, tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno.
Sac. Dolindo Ruotolo
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