venerdì 8 agosto 2014

08.08.2014 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 16 par. 8-9

8. La via della croce
Non c'era da illudersi con aspirazioni terrene, non c'era d'aspettare un trionfo politico; Egli doveva e voleva immolarsi, e chi avrebbe voluto seguirlo doveva andargli appresso caricato di croce, dopo aver rinnegato se stesso, la propria volontà e le proprie aspirazioni. Non c'era altra via di salvezza e chi avesse voluto salvare la propria vita, cioè conservare le sue false gioie e le sue illusioni, avrebbe perduto la vera, la nuova vita che Egli veniva a dare alle anime. Egli non veniva a restaurare un regno terreno né valori materiali, ma veniva a restaurare il regno dello spirito e i valori soprannaturali. Che cosa, infatti, avrebbe portato di bene all'anima una restaurazione temporale? Anche se avesse portato la prosperità che cosa sarebbe stata questa piccola prosperità di fronte ai supremi ed eterni interessi dell'anima?
La vita passa e viene il giorno nel quale si deve rendere conto di tutto al Giudice eterno; allora nulla varranno onori, ricchezze e piaceri, poiché nulla può darsi in cambio dell'anima.
Nel giorno del giudizio Gesù Cristo verrà nella gloria del Padre suo, cioè nel fulgore della sua divinità, e renderà a ciascuno quello che avrà meritato; il merito non potrà computarsi con la misura che ha il mondo; tutto quello che fa grandi sulla terra sarà nullità in quel giorno, e perciò torna conto di rinnegare se stessi, prendere la croce e camminare in compagnia del Re divino verso l'eterna vita.
Queste parole avrebbero potuto scoraggiare gli apostoli, e forse già si affacciava nel loro cuore una nascosta delusione. Avevano sospirato al regno glorioso del Messia, e sentivano parlare di abnegazione di croce, avevano sperato una immediata proclamazione del Re, trionfatore dei nemici d'Israele, e sentivano parlare di dover perdere tutto per poter guadagnare un regno invisibile; il loro cuore stava per naufragare nel dubbio e perciò Gesù li confortò annunziando vicino il suo regno, e dicendo che alcuni di quelli che erano presenti avrebbero visto la sua venuta prima di morire.
Venuta di Dio nelle Scritture significa giudizio di Dio e manifestazione della sua potenza (Is 3,14; 30,27; 66,15-18; Ab 3,3ss); Gesù, avendo parlato della croce e avendo accennato al giudizio, suprema manifestazione della sua potenza, predice una prima manifestazione di questo giudizio nel castigo che avrebbe avuto Gerusalemme ingrata, castigo che sarebbe stato relativamente a breve scadenza e che alcuni di quelli che lo ascoltavano avrebbero visto. Allora il suo regno si sarebbe dilatato in tutto il mondo e la Chiesa si sarebbe affermata maggiormente. Con questa speranza gli apostoli sentirono che si preparava qualche cosa di grande in un prossimo futuro, e sentirono il coraggio di seguire ancora Gesù Cristo.
9. Per la nostra vita spirituale
Ecco tracciato in questo capitolo un prospetto della vita cristiana nella sua medesima essenza: si cammina nel mondo come in un campo di prova e bisogna guardarsi dal lievito dei cattivi cioè dal male che ci insidia e tenta di corromperci. La vita ha anche le sue necessità e bisogna in esse confidare in Dio, affinché la sollecitudine delle cose temporali non ci distragga dai beni eterni. Nel nostro cammino la luce che ci illumina è Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, come ci è mostrato dalla Chiesa, ed il Papa che ne è vicario, e che è maestro infallibile di verità e di bene.
Satana tenta di illuderci con prospettive di materiale benessere, ma la via del cielo non è questa: è necessario rinnegarsi, prendere la croce e seguire Gesù; rinnegarsi credendo, sperando ed osservando la divina legge, prendere la croce accettando le pene espiatrici e purificatrici della vita, e seguire il Redentore integralmente, senza cedere in nulla alla bassa nostra natura, pensando che nostro supremo guadagno è la vita eterna, è la salvezza dell'anima, che nulla può sostituire, perché, se si perdesse, la sua rovina sarebbe irreparabile.
Si deve notare che Gesù Cristo non ha detto: Rinneghi le cose terrene, ma rinneghi se stesso, perché la vita cristiana sta principalmente nell'anima e non è una posa come quella dei filosofi, o una ipocrisia come quella dei farisei. Rinnegarsi abbracciando la via della virtù, prendere la propria croce abbracciando con pazienza le prove della vita, seguire Gesù, cioè tendere a Lui, e per Lui, con Lui ed in Lui all'eterna gloria.
Sac. Dolindo Ruotolo

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