giovedì 7 agosto 2014

07.08.2014 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 16 par. 5-7

5. Il fondamento saldo della Chiesa: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa
Gesù, all'elogio fatto a san Pietro, fece seguire la promessa di un regno di nuovo genere dicendogli: Ed io dico a te che tu sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell 'inferno non prevarranno contro di lei.
Nell'aramaico, la lingua usata da Gesù Cristo, non c'è differenza di genere tra il nome proprio Pietro e il nome comune pietra, ma l'uno e l'altro si esprimono con la parola kefas che significa rupe, macigno, perciò è chiarissimo dal contesto medesimo che Gesù volle esplicitamente riferirsi a san Pietro come a fondamento della sua Chiesa. Egli non additò se stesso, come dicono i protestanti, perché questo gesto non risulta in nessun modo dal testo e dal contesto, ma parlò a san Pietro proprio come al futuro fondamento saldissimo della Chiesa. Le sue parole nella lingua nella quale furono pronunziate equivalgono a questo: Tu sei Pietro e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa; non parlò, dunque, di altri che di Pietro e, promettendogli di farlo capo e fondamento del suo regno, gli promise la forza di soprannaturale difesa, la giurisdizione giudiziaria e il potere della sanzione.
Pietro, dunque, doveva essere il capo della Chiesa non per onore, ma il capo difeso da invisibili eserciti, il capo che
comanda e sanziona, ed alla cui voce risponde il cielo, cioè la potenza di Dio.
6. Il Papa, capo della Chiesa di Cristo
Gesù Cristo non poteva in una maniera più completa e sintetica annunziare e promettere la suprema autorità del Papa nella Chiesa.
Le porte dell'inferno cioè le potenze infernali, non potranno prevalere contro la Chiesa, che è il nuovo popolo di Dio, proprio perché Essa avrà un unico capo e sarà sorretta dalla compagine dell'unità. Dire che le porte dell'inferno non prevarranno è lo stesso che annunziare la guerra che le infernali potenze faranno alla Chiesa, e la vittoria sua in ogni tempo fino alla consumazione dei secoli, poiché essa non potrà mai morire.
Come è ammirabile la luminosa laconicità delle parole di Gesù Cristo e come sintetizzano la natura e la storia della sua Chiesa e della potestà del Papa! D'allora ad oggi nessuno potrà negare che esse si siano avverate, e che tra il fluttuare delle umane vicende siano rimasti sempre incrollabili la Chiesa e il suo Capo! Dopo la risurrezione Gesù donò a san Pietro ciò che gli aveva promesso (Gv 10 e 11), e i poteri che gli diede, riguardando un'istituzione immortale, dovevano di necessità trasmettersi ai successori.
San Pietro, nominato sempre il primo in tutti i Vangeli, esercitò difatti la sua supremazia, come si vede chiaro negli Atti degli Apostoli. Egli dunque è il capo incontrastato della vera Chiesa. Del resto sarebbe assurdo il pensare che Gesù Cristo avesse potuto istituire un organismo, che è una vera società visibile, senza un capo visibile; se l'avesse fatto, avrebbe creato un regno diviso, destinato a perire come si dividono e periscono le sette che si distaccano dal* vicario di Gesù Cristo.
Oggi che l'onda limacciosa dell'ateismo e quindi della violenza tenta cancellare dalla faccia della terra ogni culto e ogni idea di Dio, i poveri protestanti invece di farsi seminatori di scandali e di discordie, devono sinceramente convertirsi al Signore e riunirsi alla sua Chiesa.
Se non lo fanno diventano, come già è avvenuto dove ferve la persecuzione contro la Chiesa, i cooperatori degli empi scelleratissimi e i manutengoli dei loro tenebrosi disegni.
Niente può sostituirsi alla Chiesa e nessuno può soppiantare il suo Capo augusto; solo la Chiesa vive delle ammirabili ricchezze di Gesù Cristo, e solo il Papa le trasmette in Lei quasi cuore e cervello di quell'organismo meraviglioso.
Chi s'apparta dalla sua autorità perisce come un organismo che ha i centri vitali paralizzati. La Chiesa e il Papa sono mirabili frutti della redenzione dai quali sbocciano tutti gli altri; chi li disprezza raccoglie la zizzania credendola grano, anzi raccoglie la rovina temporale ed eterna.
7. Gesù Cristo rimprovera san Pietro tentato da satana
Dopo la confessione solenne che san Pietro fece della divinità di Gesù Cristo sarebbe sembrato logico che quella grande verità fosse stata divulgata in mezzo al popolo; invece il Redentore comandò ai suoi discepoli di non dire a nessuno che Egli era il Cristo. Il dirlo avrebbe attratto su di essi l'ira degli scribi e dei farisei, la quale, cogliendoli ancora impreparati, li avrebbe travolti. D'altra parte essi in quel momento avrebbero travisato la verità, aspettando, come tutti gli Ebrei, il regno trionfante del Messia ed avrebbero potuto provocare un movimento politico nel popolo per far proclamare re temporale il Redentore. Gesù Cristo volle prepararli a concezioni diametralmente opposte a quelle che essi avevano su di Lui, e cominciò a parlare loro della sua Passione e della sua futura
risurrezione. Gli apostoli non badarono tanto all'annunzio della risurrezione, e si sgomentarono della profezia delle lotte e delle pene.
San Pietro, proprio come capo allora allora proclamato, credette di intervenire con autorità e, preso in disparte Gesù, cominciò a rimproverarlo del discorso fatto, e ad annunziargli con una presuntuosa sicurezza che ciò che Egli aveva detto non doveva avverarsi di Lui e non si sarebbe avverato.
Era lo stesso che volere sconvolgere i piani della provvidenza, era lo stesso che voler impedire la redenzione: quelle parole erano una tentazione. Satana indusse Pietro a pronunziarle quasi per vendicarsi della confessione solenne che aveva fatta della divinità del Redentore, e per questo Gesù lo chiamò satana e lo scacciò lontano da sé.
Il suo amore fu immenso nell'annunziare la sua Passione, poiché gli tardava il momento di dare la vita per noi, e le parole inconsiderate di san Pietro gli ferirono il Cuore acceso d'infinita carità.
Sac. Dolindo Ruotolo

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