10. Gli indemoniati di Gades. Le nostre ossessioni e la psicologia di questi stati dell'anima
Con ogni probabilità la tempesta del lago fu suscitata da satana, il quale temeva o sapeva che Gesù, passando all'altra riva, lo avrebbe cacciato da Gades dove s'era annidato possedendo due poveri infelici, ridotti quasi a belve, nel sepolcreto della città.
Le sepolture presso gli Ebrei erano spesso delle ampie caverne, e il demonio, che ama l'immondezza e la morte, s'era rifugiato nelle sepolture di Gades, dalle quali usciva con tanta furia che nessuno più si arrischiava a passare di là. Gesù si avanzò proprio presso i sepolcri, e da essi sbucarono immediatamente, gridando, i due indemoniati. Erano terribili nell'aspetto, ma innanzi al Redentore tremavano; non osavano avanzarsi e gridarono: Che abbiamo noi in comune con te, o Gesù, Figlio di Dio? Sei venuto qui avanti tempo per tormentarci? Essi, infatti, dovevano sentirsi tormentati dalla maestà divina del Redentore, e per questo lo chiamarono Figlio di Dio; dovevano sentirsi ricacciati nell'abisso come da un turbine di potenza arcana, e non volevano abbandonare la preda senza far sentire la loro nefasta azione almeno per l'ultima volta.
Impotenti innanzi all'infinita potenza, domandarono perciò il permesso di poter invadere una mandria di porci che pascolavano lì presso, su di una spianata che terminava a picco sul lago. Gesù lo permise loro, e subito, la mandria degli animali fu agitata da tale impeto, che precipitò tutta nel lago e perì.
Non c'era dubbio dinanzi a questa rovina, che si trattava proprio di satana, poiché se il possesso diabolico fosse stato un fatto nervoso, come pretendono gli ineffabili razionalisti, senza ragione non avrebbe potuto d'un tratto comunicarsi ad un intero gregge.
I due uomini, liberati da satana, rimasero calmi ai piedi di Gesù; i mandriani fuggirono terrorizzati in città e raccontarono tutto.
I Gadareni sarebbero dovuti andare incontro a Gesù pieni di riconoscenza, per averli liberati dal pericolo dei due indemoniati; invece furono presi da tale spavento, e lo credettero così pericoloso, sol per aver perduto quei maiali, che lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio.
E penosissimo! Essi avevano ospitato satana per tanto tempo benché fosse loro di immenso terrore, e ricacciarono Gesù che li aveva liberati! L'interesse materiale li aveva accecati, ed erano caduti nella più nera ingratitudine!
11. I volontari di satanaCon ogni probabilità la tempesta del lago fu suscitata da satana, il quale temeva o sapeva che Gesù, passando all'altra riva, lo avrebbe cacciato da Gades dove s'era annidato possedendo due poveri infelici, ridotti quasi a belve, nel sepolcreto della città.
Le sepolture presso gli Ebrei erano spesso delle ampie caverne, e il demonio, che ama l'immondezza e la morte, s'era rifugiato nelle sepolture di Gades, dalle quali usciva con tanta furia che nessuno più si arrischiava a passare di là. Gesù si avanzò proprio presso i sepolcri, e da essi sbucarono immediatamente, gridando, i due indemoniati. Erano terribili nell'aspetto, ma innanzi al Redentore tremavano; non osavano avanzarsi e gridarono: Che abbiamo noi in comune con te, o Gesù, Figlio di Dio? Sei venuto qui avanti tempo per tormentarci? Essi, infatti, dovevano sentirsi tormentati dalla maestà divina del Redentore, e per questo lo chiamarono Figlio di Dio; dovevano sentirsi ricacciati nell'abisso come da un turbine di potenza arcana, e non volevano abbandonare la preda senza far sentire la loro nefasta azione almeno per l'ultima volta.
Impotenti innanzi all'infinita potenza, domandarono perciò il permesso di poter invadere una mandria di porci che pascolavano lì presso, su di una spianata che terminava a picco sul lago. Gesù lo permise loro, e subito, la mandria degli animali fu agitata da tale impeto, che precipitò tutta nel lago e perì.
Non c'era dubbio dinanzi a questa rovina, che si trattava proprio di satana, poiché se il possesso diabolico fosse stato un fatto nervoso, come pretendono gli ineffabili razionalisti, senza ragione non avrebbe potuto d'un tratto comunicarsi ad un intero gregge.
I due uomini, liberati da satana, rimasero calmi ai piedi di Gesù; i mandriani fuggirono terrorizzati in città e raccontarono tutto.
I Gadareni sarebbero dovuti andare incontro a Gesù pieni di riconoscenza, per averli liberati dal pericolo dei due indemoniati; invece furono presi da tale spavento, e lo credettero così pericoloso, sol per aver perduto quei maiali, che lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio.
E penosissimo! Essi avevano ospitato satana per tanto tempo benché fosse loro di immenso terrore, e ricacciarono Gesù che li aveva liberati! L'interesse materiale li aveva accecati, ed erano caduti nella più nera ingratitudine!
Satana non cessa d'insidiare gli uomini: anche dopo essere stato sconfitto da Gesù si rifugia nelle sepolture, cioè in quelle anime e in quegli ambienti dov'è morta ogni grazia; là diventa furioso ed assale con impeto la Chiesa, sperando sempre di vincerla.
Lo abbiamo visto nelle persecuzioni scatenatesi in Russia, in Messico e in Spagna; quello che è avvenuto non è spiegabile solo col motivo di una grande degenerazione umana; è talmente orribile e degradante che fa pensare all'intervento del demonio. Lenin, Stalin, Calles, Azana, Caballero e simili canaglie sono stati dei veri e propri indemoniati, i quali hanno fatto a gara, si direbbe, per superare il loro tristissimo padrone. Indemoniati volontari, s'intende, che si sono dati a satana coi loro misfatti, e se ne sono resi schiavi perché privi anche di un segno della redenzione, o perché apostati.
Noi non ci accorgiamo di essere spesso insidiati da satana fino a venir posseduti da lui, e non ci accorgiamo di darci a lui coi nostri peccati e specialmente con certi peccati. Non parliamo qui delle abominevoli pratiche della magia e dello spiritismo, nelle quali più direttamente tante anime si danno a satana, ma parliamo di quei peccati di malizia raffinata, che non vengono da fragilità ma da calcolo e da perversità. Certe impurità, certe infedeltà, certe ingiustizie, certi orrori di orgoglio o di insane passioni aprono le porte a satana, e gli danno un vero e proprio possesso delle povere creature che cadono in simili eccessi. Una volta possedute poi da satana, non hanno più limiti nell'empietà e nella degradazione, perché il maligno si diverte nel renderle sempre più obbrobriose. È una cosa della quale non possiamo disinteressarci.
12. Le ossessioni momentanee o durature...
Satana può turbare i centri nervosi del nostro organismo, e per questi turbamenti può gettarci o negli eccessi dell'impurità o in quelli dell'ira, o in quelli dell'intemperanza. A volte ci capita di avere delle velate e momentanee ossessioni di satana e non ci facciamo caso né vi poniamo rimedio, stimandole effetti del carattere o del temperamento.
L'impazienza ci conduce all'insofferenza, al nervosismo, ai gridi, alle escandescenze, al furore, alla violenza e persino al delitto. Gli ultimi stadi dell'ira, specialmente quando sono furiosi, implacabili e violenti, sono vere ossessioni alle quali abbiamo dato corso noi.
Possiamo non dare soverchia importanza ad un'immodestia, ad una curiosità, ad una mollezza, ad un'immagine oscena, ad uno spettacolo immorale; ma dopo aver dato libertà al senso, spesso credendo con lo sfogo brutale di placarlo, ci troviamo come avviluppati in un'atmosfera d'impurità, che diventa febbre, passione, ossessione.
Si arde, si ha sete, si è come folli, concentrati in un'idea fissa che diventa fantasma, eccita, deprime, sembra sazietà ed è incentivo, sembra vita ed è soffocazione; è un insieme strano che sconvolge, che toglie il respiro all'anima e lo dà tutto al senso, toglie al cuore l'amore e lo riversa tutto nell'avidità dell'emozione di un godimento brutale, che strappa allo spirito la fecondità e lo rende arido come palude disseccata; si sente in questi momenti nel volto stesso la bruttura, nel corpo la turpitudine, nell'ambiente il rimprovero, nella coscienza il rimorso, eppure si è come schiavo in catene.
Basterebbe, in quei momenti, una rinunzia anche minima, per veder riaccesa la piccola scintilla di una luce superiore, per veder rinascere almeno il rammarico di esser caduti in uno stato di obbrobrio, e risentire il grido penitente alla misericordia di Dio, a questa dolcissima oasi di pace; ma quando la volontà crede di districarsi dai lacci, o almeno di cominciare ad allargare le maglie, subito, alla più piccola attrattiva del male, si sente di nuovo soffocata.
Vi sono stati di vera ossessione diabolica, che, non troncati a tempo con l'umile riconoscimento della propria miseria, con un atto di penitenza che ridoni il dominio sulla natura, anche in una parte minima, con la fiduciosa preghiera e il ricorso alla divina misericordia nel Sacramento della Confessione; crescono fino al parossismo; diventano delirio, e poi si mutano in uno stato di cauterizzazione tale che mostra l'obbrobrio come vita e la degradazione come galanteria.
13. Quando il sesso diventa mania
Dobbiamo insistere su questa penosa psicologia, perché l'ossessione diabolica dalla quale dipendono le altre è proprio l'impurità. L'esperienza delle tempeste di tante anime tratte dal naufragio per divina bontà, rende doveroso premunire quelle che con troppa facilità vanno nei luoghi di divertimento, dove satana s'annida come in una sepoltura. È troppo generale l'ossessione dell'impurità; è troppo facilmente creduta un'esigenza della natura per poter dissimulare una piaga così purulenta. È forse l'ostacolo più grave e più generalizzato che si frappone alla salvezza delle anime.
Satana sa bene celarsi nella carne, e comincia ad insinuarne il dominio con la scusa della bellezza e dell'estetica, o con quella della conoscenza. Si crede di ammirare con purezza una linea artistica, che diletti lo spirito, e si crede di dover conoscere certe cose; proprio come nell'Eden Eva vide prima la bellezza del frutto e poi con Adamo s'accese del desiderio della conoscenza del bene e del male. La tentazione della conoscenza trascina l'infanzia all'immodestia, e corrode l'innocenza; trascina gli adulti a non voler sembrare ignari della vita e corrode l'integrità. Satana ha la persistenza di un assediante in questi campi; non ha fretta, ma gli preme di assodare bene la conquista di ogni trincea del male.
L'illusione dell'estetica e della bellezza spinge la donna a mostrarsi, ed ecco ripetuto il gioco dell'Eden: la donna che trascina l'uomo. Il suo corpo, che dovrebbe essere tempio di Dio, diventa insidia che concentra prima l'attenzione, poi il desiderio, poi la curiosità, poi il senso, poi la passione. Satana gioca, e come! La moda, la civetteria, la leggerezza, tutto gli serve per rendere quel corpo come esca dell'attenzione altrui.
Avvengono delle illusioni; sembra che la distanza lo renda più bello, che lo ingrandisca, che lo renda grazioso, e l'attenzione intensa comincia a stancarlo; eccita il sistema nervoso, ed apre la via a satana. Se non si chiude l'occhio volgendolo a Dio e alle pure bellezze del creato, si stabilisce già la febbre della curiosità, che più soddisfatta diventa più impellente.
La donna dal canto suo, che pur sembra così gelosa del pudore, quando sta sola è quella che meno bada al pudore con la scusa dell'estetica. Satana ha inventato mille ritrovati, mille cosmetici e mille esigenze per concentrarla idolatricamente in se stessa. La toletta di una donna mondana è, sotto questo aspetto, un orrore di rinnovate e raffinate visioni obbrobriose che sommergono l'anima nella carne. Essa, poi, sbrigliata nei sensi, delira, e tanto più in quanto che vuole apparire l'emblema della correttezza. Non è pura che per orgoglio e, dove l'orgoglio abbatte le barriere della purezza, si mostra in tutto l'orrore della sua seduzione, credendolo quasi un dovere. In lei la tensione verso l'abisso appare affetto, sentimento, delicatezza, e si precipita nel male quasi come se s'immolasse all'amore.
Presa poi nei vortici della passione, è terribile, implacabile, eccessiva, dominatrice, e non s'accorge che satana la possiede in pieno e ne fa un suo strumento di morte per le anime!
O purità, o purità, fiore profumato di cielo!
O purità, o purità, fiore profumato di cielo: gelsomino di notte, che si dischiude quando nessuno lo vede, mimosa pudica che si chiude al contatto esterno, rosa che s'apre solo nelle valli di Gerico; o felicità vera dell'uomo nel mortale cammino, che apri l'orizzonte dell'ineffabile luce di Dio! O purità, o purità, oasi nel deserto; altezza tutta avvolta di sole, candore delle cime inviolate dei monti delle supreme aspirazioni umane!
O purità, o purità, pace profonda che fa riposare l'anima in Dio e gliela fa scorgere anche nelle tenebre del mortale cammino, come unico amore! 0 purità, o purità, senso di libertà dello spirito dal peso della carne; volo che lo sospinge nelle silenti magnificenze dei cieli; semplicità di vita raccolta e lontana dalle emozioni sconvolgenti dei sensi! O tesoro immenso, di facile conquista, purché non s'apra un solo spiraglio a satana, purché non si dia una sola concessione alle sue suggestioni e non si turbi l'anima con un solo granello della polvere impura, poiché essa è delicata come l'occhio, e uno solo di quei granelli fastidiosi le impedisce di vedere!
Oh, con quante preghiere bisogna implorare la grazia della purità, e come bisogna avere familiarità con la liturgia della Chiesa che è campo di purità, dove tutto spira libertà ed elevazione del cuore!
Non sappiamo più dilungarci nella psicologia dell'impurità; abbiamo bisogno di respirare, di risalire a galla, di uscire dallo scafandro, di strapparci la maschera contro questa pestifera iprite; con tutte le cautele non si riesce a respirare, occorre fuggire, fuggire, fuggire sui monti di Dio e bere alle aure soavissime della purezza della Vergine Santissima, degli angeli, dei santi!
A volte per voler sgrassare ci s'ingrassa; per voler togliere la pece ci s'imbituma in questa torbida mota e più ci si agita per fuggire questa melma più ci si affonda!
Occorrono le ali spiegate dell'amore, e come passeri bisogna sfuggire dai lacci del bieco uccellatore diabolico che tende insidie anche nei campi del bene, quando ci si salterella a fior di terra! Dio solo! Dio solo! La carne non è vita, la creatura non è amore, il senso non è diletto! Anche quando si è legati dai doveri coniugali non è il senso la meta ma la vita, la vita che si dischiude a Dio, quasi desiderio di restaurare nel fiore puro che nasce, la propria purezza offuscata.
Non facciamo la psicologia delle altre ossessioni diaboliche che a noi appaiono solo agitazioni di passioni, perché ci dilungheremmo troppo; ci basti notare che quando la passione diventa furiosa, proprio come quella che agitava gl'indemoniati di Gades, e aspira come quegli spiriti infernali ad entrare nei porci, cioè ad abbrutirsi al livello degli animali, allora è passione che ha aperto la via a satana, ed è pericolosa benché latente ossessione diabolica. Contro satana non si può combattere con semplice velleità di vittoria, occorre una difesa strenua, una vigilanza continua, e un ricorso costante alle armi più potenti che ci dona la fede.
Solo così si scaccia satana e si riacquista la nobiltà che Dio ci ha data, chiamandoci alle altezze della vita spirituale e soprannaturale.
Noi abbiamo, negli episodi di questo capitolo, la sintesi delle fasi che attraversa l'anima prima di essere sopraffatta da satana, e del modo come deve ricorrere a Gesù Cristo per essere liberata. Essa prima è lebbrosa cadendo nei peccati veniali avvertiti, poi è paralitica nella sua volontà e s'avvicina alla morte perché non sa più vincersi e reagire al male, poi è presa dalla febbre delle passioni e delle tempeste interiori, ed infine cade nella morte spirituale ed è preda di satana. Per risorgere da questi stati deve ricorrere a Gesù perché la tocchi con la sua vita e la salvi, abbandonandosi alla sua volontà e confidando nella sua potenza. Deve ricorrere a Gesù con fede umile e viva, desiderando ascoltare la sua parola vivificante.
Il sentimento della propria indegnità e la voce di Gesù Cristo, risonante in noi con le sante meditazioni, scuotono l'inerzia dell'anima, paralizzata dalle voci della natura.
Dobbiamo far entrare Gesù nella nostra casa e vivere in familiarità con lui, perché cessi la febbre delle passioni. Cessata questa febbre, dobbiamo servire Lui nelle opere di amore e di zelo, come la suocera di san Pietro serviva in casa, per volgere al bene la febbre delle nostre attività. Dobbiamo chiamare Lui nelle tempeste della vita, nelle insidie di satana, nei turbamenti dei sensi, perché Egli si levi, regni in noi ed imponga la calma. Dobbiamo, infine, uscire dalla sepoltura delle nostre gravi colpe e presentarci a Gesù nel Sacramento della Penitenza, perché Egli cacci satana, dissolva gl'immondi greggi che pascolano in noi a danno della divina gloria e della nostra salvezza eterna, e ci doni la vita dell'anima, l'amore a Dio solo e la pace.
Sac. Dolindo Ruotolo
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