sabato 12 luglio 2014

12.07.2014 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 10 par. 9-10

9. Fortezza nella prova e umiltà nella forza
Gesù Cristo non vuole che si affrontino inutilmente le opposizioni e i pericoli, perché non esorta alla pazienza nelle persecuzioni quasi per ostentare un eroismo umano; vuole la fortezza nella prova e l'umiltà nella stessa fortezza, indulgendo alla umana debolezza che non sempre sente la forza di affrontare i pericoli; perciò esorta i suoi apostoli, e per essi tutti, a fuggire in un'altra città quando sono perseguitati, e di allargare così sotto l'uragano stesso della persecuzione la diffusione della buona novella. Egli parla direttamente ai suoi apostoli, che dopo la sua morte si sarebbero visti costretti a nascondersi, ed accennando alle difficoltà dell'evangelizzazione di Israele, dice loro che non termineranno di annunziare il Vangelo alla loro nazione, prima che venga il Figlio dell'uomo, cioè prima della fine del mondo.
La prospettiva delle persecuzioni doveva essere penosa per la umana debolezza e perciò Gesù Cristo confortò i suoi cari col suo esempio: Egli è stato trattato e sarà trattato come faranno con loro gli uomini; anzi è stato vilipeso fino ad essere chiamato Beelzebùl, demonio. Egli va avanti nella via della croce, e un suo discepolo dev'essere contento di rassomigliargli, perché un discepolo non può essere dappiù del maestro, né un servo più del padrone. Essi debbono annunziare la verità senza timore, pensando che si dovrà conoscere tutto quello che ha fatto il Signore, per la sua gloria, e che nel giorno del giudizio si conoscerà la verità, e si saprà valutare la grandezza vera di chi l'ha accolta e l'ha praticata.
I  persecutori possono uccidere il corpo, ma non possono uccidere l'anima, e quindi anziché aver timore di loro e tacere la verità, bisogna temere Dio che può perdere l'anima e il corpo nell'inferno. Queste parole di Gesù hanno suscitato l'eroismo dei martiri cristiani, i quali dinanzi ai tormenti più terribili, non hanno esitato un momento, ed hanno conservato tutta la sublime e placida fierezza del loro carattere cristiano. Basti citare l'esempio recentissimo del celebre giureconsulto spagnolo Victor Pradéno, che catturato dai bolscevichi, e posto dinanzi al plotone di esecuzione, col Crocifisso in mano gridò ai suoi carnefici: Io muoio ma Cristo non muore; muoio pregandolo affinché Egli renda buoni i vostri figli, o Spagnoli. In questa croce è la via, la verità e la vita. Parole sublimi di un martire glorioso che non temeva quelli che uccidono il corpo.
II  celebre generale Moscardo, difensore dell'Alcazar, protagonista di quella storica epopea di eroismo mai visto nella storia, chiamato al telefono dal figlio, catturato dai comunisti, pochi momenti prima della fucilazione, gli gridò da forte, l'ultimo saluto: Viva Cristo Re, viva la Spagna!
Era il grido di un padre che innanzi al massacro del proprio figlio, non temeva quelli che uccidono il corpo. Le parole di Gesù Cristo hanno suscitato e suscitano sempre il più puro e il più forte degli eroismi, un eroismo senza ostentazione e senza alterigia, senza odio e senza violenza, grande nell'immolazione, nell'amore, nella bontà, nella placida e modesta bontà. Il mondo non ha conosciuto e non conoscerà nulla di più bello e di più luminoso.
10. Tutto il Signore dispone per il nostro bene
Ma non basta non temere i malvagi, Gesù vuole nei suoi un pieno abbandono alla divina volontà, sapendo che tutto è disposto dal Signore per il nostro maggior bene e che nulla accade senza la sua permissione. Due passeri si comprano per un asse, cioè per circa 7 centesimi37, eppure uno di questi animaletti di così poco prezzo non cade sulla terra senza il permesso di Dio. Con quanta maggiore cura il Signore penserà a noi, dei quali conosce anche il numero dei capelli?
Egli permette le persecuzioni per il nostro maggior bene, e noi dobbiamo confessare il suo Nome a fronte alta innanzi a tutti, con le parole e con le opere per non essere sconfessati da lui dinanzi al Padre nel giorno del giudizio.
Sac. Dolindo Ruotolo

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