mercoledì 9 luglio 2014

09.07.2014 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 10 par. 2-3

2. La missione degli apostoli nella terra d'Israele. Un quadro sintetico della vita della Chiesa. La grandezza degli apostoli
Tra i discepoli che lo seguirono più fedelmente, Gesù ne elesse dodici, come risulta da san Marco (3,14) e da san Luca (6,13), e chiamò i discepoli col nome di apostoli, cioè inviati e ambasciatori, perché avessero fondato la Chiesa di Gesù in tutto il mondo.
Ne elesse dodici, come dodici erano stati i figli di Giacobbe, dai quali era stato formato il popolo eletto, affinché essi fossero stati i patriarchi del nuovo popolo di elezione.
Li elesse e li mandò ad evangelizzare prima di tutto il popolo d'Israele, quasi per addestrarli in una missione più facile, prima di mandarli poi fra i pagani. Non volle il Maestro divino che si fossero trovati di fronte a gente mancante di fede, com'erano i pagani, od a gente disordinata nella vera fede com'erano i samaritani, perché non avessero avuto cimenti troppo ardui. Come principianti li inviò alle pecorelle perdute della casa di Israele.
Non li mandò senza dar loro quasi le credenziali della missione ricevuta, e perciò con la sua onnipotente podestà, conferendo loro quasi i primi ordini, comunicò loro il potere di scacciare gli spiriti immondi dagli ossessi, di guarire gli infermi e persino di risuscitare i morti. In tal modo essi avrebbero dato argomento pratico della verità della loro missione.
Non è detto in qual modo Gesù comunicò loro questa potenza; ma anche senza un gesto esterno, bastò che lo dicesse per dare all'anima loro la facoltà di attrarre da Dio le grazie necessarie per produrre effetti meravigliosi.
Essi dovevano annunziare la prossima realizzazione del regno di Dio; erano quasi precursori dell'apostolato che avrebbero compiuto dopo la redenzione, e la potenza di fare miracoli figurava la potenza straordinaria che avrebbero avuto di compiere le opere della grazia. Essi dovevano essere medici delle anime, risurrezione dei morti alla grazia, purificatori della lebbra dello spirito e fieri avversari di satana, che avrebbero dovuto principalmente cacciare dalle anime. Un giorno, assodate la fede e la Chiesa, non si sarebbero avuti più strepitosi miracoli corporali nell'evangelizzazione delle anime, ma sarebbero sempre avvenuti quelli figurati da essi. In realtà è più grandiosa la risurrezione di un'anima o la sua guarigione spirituale, che tutti i miracoli possibili.
San Matteo ci dà il catalogo dei nomi di quelli che furono eletti all'apostolato e questo catalogo ci è dato anche da san Marco (4,16), da san Luca (6,14) e dagli Atti (1,13). In tutti, al primo posto c'è san Pietro, che san Matteo chiama esplicitamente il primo, proprio per indicare che era il capo di tutti, giacché il primo nella vocazione fu sant'Andrea, e il primo nella predilezione fu san Giovanni.
All'ultimo posto c'è sempre Giuda Iscariota, che tradì Gesù; solo nell'elenco degli Atti non è nominato, perché già aveva tradito il Signore ed era morto disperato. Gli altri nomi sono divisi in tre gruppi di quattro ciascuno, che hanno sempre gli stessi nomi benché non sempre nel medesimo ordine.
Dodici apostoli, dodici fondamenti della novella spirituale Gerusalemme che doveva essere eretta dalla potenza del Redentore; dodici stendardi della gloriosa armata che doveva percorrere il mondo e i secoli, dodici aspetti delle virtù di questa falange gloriosa.
Simone che significa colui che ascolta, obbedisce, pone ed è posto, è chiamato da Gesù anche Pietro, perché pietra angolare della sua Chiesa. Egli e i suoi successori parlano in nome di Gesù, dicono quello che ascoltano dalla sua bocca per interna ispirazione; obbediscono alla sua volontà perché in qualunque evento la compiono, anche se la loro vita individuale, per ipotesi, lasciasse a desiderare. Sono posti dal Signore e pongono a loro volta a capo delle anime i pastori che le governano. Carattere primo della Chiesa, quindi, è l'ordine e la gerarchia, è l'avere il capo posto da Gesù, capo indefettibile ed infallibile.
Andrea, virile, strenuo eroe, ed egli lo fu nella vita santa e nel desiderio della croce abbracciata come un talamo nuziale per l'anima sua; lo fu e significa il carattere virile, strenuo, eroico della Chiesa che si abbraccia alla croce e combatte il male senza cedere mai alle sue lusinghe ed alle sue prepotenze fino alla gloria del martirio.
Giacomo, il soppiantatore, detto il maggiore, per distinguerlo da Giacomo di Alfeo; soppiantatore di satana, è simbolo vivente della virtù della Chiesa che soppianta il regno di satana, e quasi gli tiene il calcagno impedendogli di soppiantare il regno di Dio nelle anime.
Giovanni, grazia, dono, misericordia del Signore, prediletto da Gesù, è figura delle predilezioni di amore che egli ha per le anime vergini, monumento vivo delle grazie, dei doni e delle misericordie che sono il tesoro vivo della Chiesa.
Filippo, bellicoso, amante dei cavalli, quasi figura di quello spirito ardito col quale la Chiesa conquista le anime, e corre attraverso il mondo e le generazioni, forte della missione avuta dal Signore.
Bartolomeo, figlio di Tolomeo, il solco mio fatto con l'aratro, cumulo di acque, che sospende le acque, vessillo della potenza con la quale la Chiesa coltiva il campo del Signore, fecondandolo con le acque della grazia e della misericordia.
Tommaso, gemello detto anche dal greco: Didimo, figura della somiglianza che le anime hanno col Redentore, per la Chiesa, gemelle quasi del Figlio di Dio perché figlie di adozione.
Matteo, dono del Signore, rappresentanza del dono della misericordia che rinnova le anime e le muta in nuove creature.
Giacomo di Alfeo, soppiantatore, figlio del dotto, figura della sublime attività con la quale la Chiesa, figlia dell'eterna sapienza, soppianta gli errori e li confonde.
Taddeo che loda, chiamato prima Giuda, e soprannominato Taddeo per distinguerlo dal traditore, figura della lode che la Chiesa eleva al Signore per amore, nello spirito e nella verità, a differenza dei traditori della verità e del bene, figurati da Giuda Iscariota. Giuda Taddeo, si direbbe quasi lode che loda il Signore, lode di amore, e Giuda Iscariota, lode del Signore, mercenaria, fatta per sterminare, omicida, che riceve la sua mercede, significati dell'apposizione Iscariota che, oltre a determinare il traditore, figurano i traditori del Corpo mistico del Redentore, che lodano Dio come Giuda baciò il Maestro, per mercede pattuita, per uccidere le anime con quell'ipocrita pietà che copre gli errori e le degradanti passioni, come fanno i protestanti. Simone infine, che ascolta, obbedisce, pone ed è posto, figura dell’altro fondamento della vita della Chiesa, che sta nell’ascoltare la voce della verità, nell’obbedire all’autorità, nel porre la vita per amore di Dio, e nell’accettare quelle missioni di zelo che ci dona l’autorità. Simone, il capo che è pietra angolare, e Simone i sudditi che ascoltano l’autorità e le obbediscono. Pietro l’ascolta da Dio, e il popolo cristiano l’ascolta da Pietro.
3. L'elenco degli apostoli termina sempre con Giuda Iscariota
Tutto è santo nella Chiesa, come furono santi gli apostoli, ma come tra essi non mancò il traditore, così nella Chiesa militante non mancano i Giuda, gli eretici e gli scismatici, veri traditori della redenzione perché veri traditori della verità, del bene e delle anime.
L'elenco degli apostoli termina sempre con Giuda Iscariota, il traditore, quasi ultima tappa del cammino apostolico della Chiesa, che, cominciato dal Redentore e continuato attraverso i sommi pontefici, trova all'ultima tappa, alla fine dei secoli il Giuda Iscariota per antonomasia, l'anticristo che tenta darle la morte. Essa cominciò il suo cammino ascoltando la viva voce del Signore, Simone; combatté con animo strenuo, virile ed eroico le battaglie della fede, Andrea; soppiantò il regno di satana col trionfo che riportò sul paganesimo, Giacomo; fu piena di grazie, di doni celesti e di misericordie nella sua fioritura di santi, Giovanni; fu bellicosa nella sua lotta contro l'islamismo, Filippo; fu quasi figlia di acque sospese e minaccianti la sua vita nell'inondazione degli errori dell'apostasia irrompente come tempesta sul suo capo, Bartolomeo. Si direbbe che, come san Bartolomeo fu scorticato vivo, essa fu quasi priva del suo aspetto di gloria, e spogliata dei suoi beni, diventata così gemella del Signore, spogliata sulla croce, quando il razionalismo, volendo toccare tutto con mano, a somiglianza di san Tommaso, tentò di travolgere ogni verità rivelata.
In queste angustie intellettive, fredda lotta dell'errore contro la verità, essa riceve il dono del Signore, Matteo, nella luce smagliante dei suoi dottori, e soppianta con la potenza della verità le aberrazioni dell'eresia, Giacomo di Alfeo. Rinasce nelle anime la lode di Dio, Taddeo; con la preghiera liturgica, rinasce l'obbedienza alla Chiesa col grande trionfo della sua autorità e della sua dottrina, Simone, ed infine viene l'uomo omicida, che taglia e stermina, che riceve la sua mercede perché tradisce la verità per interesse, l'Iscariota, l'anticristo, il traditore delle anime che appare quasi come dio, come lode di gloria, ed è il traditore scellerato che provoca la catastrofe finale, come Giuda Iscariota provocò quella del Calvario.
Certo non fu a caso che Gesù scelse i suoi dodici apostoli con quei nomi, che anzi Egli stesso mostrò di tenerne conto aggiungendo a Simone il soprannome di Pietro, ed a Giacomo e Giovanni il soprannome di Boanerges, figli del tuono, per la vivacità del loro carattere. Se negli antichi patriarchi Dio tracciò le linee fondamentali della storia del mondo, nei nuovi patriarchi poté tracciare quella della storia della Chiesa.
Dodici apostoli, dodici fondamenti preziosi della celeste Gerusalemme, compreso san Mattia che sostituì Giuda Iscariota, visti da san Giovanni nell'Apocalisse (21,19), come dodici pietre preziose che, secondo Cornelio A Lapide, li caratterizzano: il diaspro, figura di san Pietro per la fermezza della fede; lo zaffiro figura di sant'Andrea, per la celeste vita ed i costumi santi; il calcedonio, figura di san Giacomo il maggiore per lo zelo ardente; lo smeraldo, figura di san Giovanni verdeggiante nella sua verginale giovinezza; il sardonico, figura di san Filippo per il candore dell'animo; il sardio rosseggiante, come san Bartolomeo nel suo martirio; il crisolito color del mare, figura di san Matteo penitente; il berillo luminoso, figura di san Tommaso, illuminato dal Signore nella sua trepidante incertezza dopo la risurrezione; il topazio, figura di san Giacomo il minore, raggiante di aurea santità; il crisopraso, figura di san Giuda Taddeo; il giacinto, figura di san Simone per i soavissimi costumi ed infine l'ametista, figura dell'umile san Mattia.
I dodici apostoli, le dodici porte per entrare nella celeste Gerusalemme, le dodici fonti di Elim, che fecondano la terra, le dodici pietre del razionale del pontefice, le dodici meraviglie sacerdotali, le dodici pietre dell'altare della nuova alleanza, i dodici pani della proposizione, posti per gloria di Dio ed alimento delle anime, i dodici esploratori delle divine grandezze nella terra promessa dei cieli, le dodici pietre del passaggio del Giordano, ricordo vivo delle divine misericordie, le dodici stelle della corona della Chiesa, sposa dell'Agnello.
Certo i dodici apostoli - s'intende con Giuda già sostituito - rappresentano un dono meraviglioso fatto da Dio alla terra, e rappresentano non semplicemente Vescovi della Chiesa nascente, ma uomini arricchiti di doni e di prerogative specialissime, che non passarono e né poterono passare ai loro successori. Il Signore, nel compiere le grandi opere che guidano l'umanità in una nuova via, si effonde sempre con doni specialissimi sui primi che elegge, doni che non passano agli altri, ma sono una prerogativa speciale, incomunicabile.
Così fece con Abramo, Isacco e Giacobbe, così con Mosè ed Aronne; così con gli apostoli suoi. È deplorevole che i fedeli oggi dimentichino quasi la devozione agli apostoli, e li dimentichino molto più ora che la tristezza dei tempi e le angosce della Chiesa reclamano un loro aiuto particolare. Il mondo moderno deve essere affidato alla protezione di quelli che l'hanno evangelizzato per primi, perché essi hanno grazie singolari da poter diffondere contro la miscredenza e l'apostasia. Sarebbe onore delle nazioni ridomandare alla Chiesa come feste di precetto le feste degli apostoli, per onorare i veri eroi della trasformazione della società pagana, i grandi trionfatori nel nome di Gesù Cristo della battaglia contro satana e contro la barbarie umana.
Sac. Dolindo Ruotolo

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