giovedì 3 luglio 2014

29.06.2014 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 16 par. 4-5

 4. La confessione della divinità di Gesù Cristo
Tra le incertezze che agitavano l'anima degli apostoli a causa della propaganda degli scribi e farisei Gesù volle diffondere un raggio di luce viva, inducendo i suoi cari a risvegliare in loro quella fede che era quasi attutita. Egli andò nei pressi di Cesarea di Filippo, città posta ai piedi dell'Ermon, ed in un momento di maggior pace e solitudine domandò loro che cosa dicessero di Lui gli uomini. Essi gli risposero, accennandogli le varie opinioni che si avevano di Lui. Questa esposizione doveva far loro riflettere che le varie opinioni non erano la verità, giacché questa non poteva essere che una sola.
Subito dopo, illuminandosi di luce divina e fissando con uno sguardo arcano i suoi cari, domandò: E voi chi dite che io sia? All'opinione degli uomini bisognava opporre la parola della verità, ed Egli volle che la pronunziasse decisamente Pietro che doveva essere il maestro della verità, lui e i suoi successori, fino alla consumazione dei secoli.
Una luce interiore gliela rivelò ed egli, acceso d'un tratto d'amore, senza esitare, gridò con sicurezza assoluta: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.
Fu un momento solenne, una definizione dommatica che si scolpì nel fondamento stesso della Chiesa, una luce di verità che s'accese per illuminare i secoli. Fu come il crisma che consacrò la voce del principe degli apostoli, la luce di una beatitudine nuova, quella della verità che non conosce ombre, che è assoluta ed immutabile, e perciò Gesù, rivolto a Pietro, lo chiamò beato per quella rivelazione che gli era venuta dall'alto e che non gli era stata suggerita dalla carne e dal sangue, cioè dalla debolezza dell'umana natura e dell'umana ragione. Lo chiamò beato anche per quello che voleva annunziargli, e si potrebbe dire che Gesù stesso con questa parola abbia assegnato al primo Papa e ai suoi successori il titolo della loro dignità: la beatitudine, la santità. Il Papa è chiamato santità perché è il vicario del Santo dei Santi, è custode della verità e del bene, i due capisaldi della santità; è Colui che ha come programma del suo regno la santità.

5. Il fondamento saldo della Chiesa: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa
Gesù, all'elogio fatto a san Pietro, fece seguire la promessa di un regno di nuovo genere dicendogli: Ed io dico a te che tu sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell 'inferno non prevarranno contro di lei.
Nell'aramaico, la lingua usata da Gesù Cristo, non c'è differenza di genere tra il nome proprio Pietro e il nome comune pietra, ma l'uno e l'altro si esprimono con la parola kefas che significa rupe, macigno, perciò è chiarissimo dal contesto medesimo che Gesù volle esplicitamente riferirsi a san Pietro come a fondamento della sua Chiesa. Egli non additò se stesso, come dicono i protestanti, perché questo gesto non risulta in nessun modo dal testo e dal contesto, ma parlò a san Pietro proprio come al futuro fondamento saldissimo della Chiesa. Le sue parole nella lingua nella quale furono pronunziate equivalgono a questo: Tu sei Pietro e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa; non parlò, dunque, di altri che di Pietro e, promettendogli di farlo capo e fondamento del suo regno, gli promise la forza di soprannaturale difesa, la giurisdizione giudiziaria e il potere della sanzione.
Pietro, dunque, doveva essere il capo della Chiesa non per onore, ma il capo difeso da invisibili eserciti, il capo che
comanda e sanziona, ed alla cui voce risponde il cielo, cioè la potenza di Dio.
6. Il Papa, capo della Chiesa di Cristo
Gesù Cristo non poteva in una maniera più completa e sintetica annunziare e promettere la suprema autorità del Papa nella Chiesa.
Le porte dell'inferno cioè le potenze infernali, non potranno prevalere contro la Chiesa, che è il nuovo popolo di Dio, proprio perché Essa avrà un unico capo e sarà sorretta dalla compagine dell'unità. Dire che le porte dell'inferno non prevarranno è lo stesso che annunziare la guerra che le infernali potenze faranno alla Chiesa, e la vittoria sua in ogni tempo fino alla consumazione dei secoli, poiché essa non potrà mai morire.
Come è ammirabile la luminosa laconicità delle parole di Gesù Cristo e come sintetizzano la natura e la storia della sua Chiesa e della potestà del Papa! D'allora ad oggi nessuno potrà negare che esse si siano avverate, e che tra il fluttuare delle umane vicende siano rimasti sempre incrollabili la Chiesa e il suo Capo! Dopo la risurrezione Gesù donò a san Pietro ciò che gli aveva promesso (Gv 10 e 11), e i poteri che gli diede, riguardando un'istituzione immortale, dovevano di necessità trasmettersi ai successori.
San Pietro, nominato sempre il primo in tutti i Vangeli, esercitò difatti la sua supremazia, come si vede chiaro negli Atti degli Apostoli. Egli dunque è il capo incontrastato della vera Chiesa. Del resto sarebbe assurdo il pensare che Gesù Cristo avesse potuto istituire un organismo, che è una vera società visibile, senza un capo visibile; se l'avesse fatto, avrebbe creato un regno diviso, destinato a perire come si dividono e periscono le sette che si distaccano dal* vicario di Gesù Cristo.
Oggi che l'onda limacciosa dell'ateismo e quindi della violenza tenta cancellare dalla faccia della terra ogni culto e ogni idea di Dio, i poveri protestanti invece di farsi seminatori di scandali e di discordie, devono sinceramente convertirsi al Signore e riunirsi alla sua Chiesa.
Se non lo fanno diventano, come già è avvenuto dove ferve la persecuzione contro la Chiesa, i cooperatori degli empi scelleratissimi e i manutengoli dei loro tenebrosi disegni.
Niente può sostituirsi alla Chiesa e nessuno può soppiantare il suo Capo augusto; solo la Chiesa vive delle ammirabili ricchezze di Gesù Cristo, e solo il Papa le trasmette in Lei quasi cuore e cervello di quell'organismo meraviglioso.
Chi s'apparta dalla sua autorità perisce come un organismo che ha i centri vitali paralizzati. La Chiesa e il Papa sono mirabili frutti della redenzione dai quali sbocciano tutti gli altri; chi li disprezza raccoglie la zizzania credendola grano, anzi raccoglie la rovina temporale ed eterna.
Sac. Don Dolindo Ruotolo

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