venerdì 18 luglio 2014

18.07.2014 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 12 par. 2

2. La falsa giustizia ostacolo nella via della santità: gli apostoli che colgono le spighe e la risposta di Gesù ai farisei scandalizzati
Gesù Cristo aveva rimproverato alle città ingrate la loro ostinazione nel male, ed aveva protestato che la verità e il regno di Dio erano patrimonio dei piccoli; con questo aveva tracciato la via per non essere ingrati alla grande misericordia della redenzione. Corrispondere alla grazia facendosi piccoli innanzi a Dio con atti di sincera umiltà e di tranquilla mansuetudine era un cammino diametralmente opposto a quello degli scribi e farisei, i quali ponevano come base della loro giustizia l'orgogliosa stima di se stessi e il disprezzo degli altri.
L'evangelista raggruppa in questo capitolo dei fatti che mostrano questo falso spirito farisaico e, riportando le parole divine di Gesù, traccia con le stesse espressioni dell'eterna sapienza la via che ci conduce alla verità ed al bene.
Gesù passava di sabato per i campi ripieni di messe matura, e i discepoli, avendo fame, cominciarono a cogliere delle spighe ed a mangiarle. Questo era espressamente permesso dalla Legge (Dt 23,25) e non costituiva perciò un fùrto. I farisei, però, gretti e chiusi nei loro pensieri, riguardavano il cogliere le spighe un lavoro, quasi fosse una mietitura, e siccome la Legge vietava la mietitura di sabato (Es 20,10), se ne scandalizzarono e ne mossero lamento a Gesù.
All'apparenza sembrava che essi zelassero la piena osservanza della Legge, ma, in realtà, coglievano l'occasione per manifestare il loro astio e, perciò, il Redentore rispose con un atto di delicata carità, difendendo e scusando i suoi discepoli con un argomento che sembrerebbe sproporzionato alla questione, se non fosse dettato dalla carità, e se non rivelasse il mistero della presenza di Lui, tempio vivo di Dio in mezzo all'umanità.
Davide, fuggito a Nobe ed avendo fame, ebbe dal sacerdote Achimelec i pani santi della proposizione perché non ve ne erano altri. Questo atto sarebbe stato una profanazione se non ci fosse stata l'impellente necessità39, e nessuno oserebbe tacciare di male quello che fece Achimelec. Questi si lasciò convincere a dare i pani santi, perché credette vera la scusa di Davide, che affermava di essere andato là per compiere una missione segreta del re (1Re 21,2). Ecco gli apostoli sono raccolti intorno a Lui per compiere una grande e vera missione; fuggono dall'ira di satana, e vanno al suo Cuore divino, tempio vivo di Dio, ora sono spregiati e perseguitati ma saranno come i re delle anime che saranno loro affidate, essi dunque sono più di Davide in realtà e ciononostante non giungono nella necessità a sorpassare una legge severa ma si cibano per sostenersi, come era loro permesso. Gesù con quella sua risposta manifestava dunque un mistero, o meglio parlava guardando la realtà di ciò che avveniva, e che superava di gran lunga il penoso cammino che percosse Davide per conseguire il suo regno; il vero Davide era qui, e cominciava la sua carriera di pene per conseguire il suo regno; i suoi discepoli erano i compagni del suo cammino; avevano tutto abbandonato e potevano cibarsi delle spighe assai più di quello che non poterono Davide e i suoi cibarsi dei pani sacri riservati ai soli sacerdoti.
Questo significato misterioso delle parole di Gesù risulta dal contesto, anzi acquista maggiore importanza se si considera l'altro argomento che il Redentore porta in difesa dei suoi discepoli; i sacerdoti nel tempio compiono, in giorno di sabato, molte azioni che sarebbero in sé un lavoro: uccidono le vittime, le scorticano, le pongono sul fuoco, e nessuno osa dire che violano il sabato.
Con un atteggiamento solenne Gesù soggiunse: Io poi vi dico che vi è qui uno più grande del tempio. Egli è il tempio vivo di Dio, gli apostoli ne sono come i sacerdoti; la loro vita è tutta dedicata a Lui ed essi, raccattando in elemosina le spighe dei campi, perché hanno tutto lasciato per amore, rinnovano la loro spontanea immolazione. Quel gesto che era permesso dalla legge proprio per i poveri, diventava in loro una testimonianza della loro povertà e quindi era come il rinnovarsi del loro sacrificio fatto al Signore per seguirlo; poteva perciò considerarsi come un atto sacerdotale, e non doveva considerarsi come un lavoro, ancorché fosse stato così disposto dalla Legge.
Parlando di sacerdoti e di tempio, mentre gli apostoli coglievano le spighe di grano, Gesù aveva presente il suo sacrificio eucaristico e, guardando lontano, considerava gli apostoli come veri mietitori della spiga del cielo; quell'atto diventava un simbolo ed una figura4 , e come tale non poteva essere un reato, ma l'annunzio di una grande misericordia; per questo Egli soggiunse misteriosamente: Se voi comprendeste quel che vuol dire questa parola: Io voglio la misericordia e non il sacrificio, non avreste mai condannato individui senza colpa. Ai farisei volle dire che Egli non voleva tante restrizioni, ed amava la bontà e la carità verso tutti, ma guardando più lontano, Egli alludeva a quella misericordia infinita che doveva supplire col sacrificio del suo Corpo e del suo Sangue, sotto i veli eucaristici, i sacrifici cruenti, e riguardava perciò gli apostoli come gli anticipatori di questo annunzio in quel gesto che misticamente aveva altro significato.
Del resto, soggiunse Gesù, il Figlio dell'uomo è padrone anche del sabato, e con queste parole confermò che Egli stesso aveva mosso internamente gli apostoli o li aveva autorizzati esplicitamente a cogliere le spighe. Anche se fosse stato un lavoro, Egli l'aveva loro permesso come padrone del sabato, essendo Dio, a cui apparteneva il sabato. Come padrone del sabato, un giorno lo farà abolire per sostituirvi la domenica e, poiché la nuova Legge cominciava con Lui, era anche padrone di dispensare allora stesso dalla legge del sabato.
Sac. Dolindo Ruotolo

Nessun commento:

Posta un commento