lunedì 7 luglio 2014

07.07.2014 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 9 par. 7-10

7. La risurrezione della figlia di Giairo
Mentre Gesù parlava, gli si avvicinò tutto mesto e commosso un principe della sinagoga, che da san Marco sappiamo che si chiamava Giairo, il quale lo supplicò per una sua figlia allora defunta. Dal Vangelo di san Marco e di san Luca sappiamo che Giairo supplicò Gesù, quando la figlia era in fin di vita e, mentre gli parlava, fu avvertito che era morta.
Egli nell'orgasmo del dolore paterno aveva detto a Gesù: Mia figlia or ora è morta, come dice san Matteo, o per dire che era spacciata senza speranza, o perché san Matteo riporta la supplica che gli rifece quando seppe che era morta.
8. La guarigione dell'emorroissa
Gesù non esitò e seguì il povero padre desolato. Mentre si avviava, una donna, che pativa un flusso emorragico da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle per toccargli almeno il lembo o la frangia della veste, sicura di guarire a quel semplice contatto. Essa, come nota san Marco, aveva molto sofferto a causa dei medici, ed aveva speso tutto il suo senza guarire, e senza vantaggio alcuno; perciò ricorse al Redentore con fede ferma.
E mirabile che mentre il ricorso ai medici le era costato pene grandi e dispendio totale, senza ricavarne nulla, mentre cioè aveva fatto ricorso al massimo degli sforzi rivolgendosi ai medici, aveva poi avuto fede e sicurezza di riuscire nel suo intento per un semplice contatto con la frangia delle vesti di Gesù.
E sempre così: le speranze umane costano sacrifici immani e falliscono, la fiducia riposta nel Redentore esige un semplice atto di fede e raggiunge lo scopo. Oh, se invece di riporre la fiducia negli uomini la riponessimo in Dio, quanto più facile sarebbero le vie del nostro mortale cammino! Gesù, dopo avere indagato chi l'avesse toccato, rivolto alla donna, la confortò e la rimandò in pace.
9. A casa di Giairo: la fanciulla dorme, non è morta!
L'indugio causato dall'emorroissa dovette essere penoso al povero Giairo, il quale sperava che Gesù potesse giungere in tempo per salvargli la figlia moribonda; egli fu addirittura costernato quando seppe ch'era già morta, ma Gesù lo esortò a credere e si avviò a casa sua per consolarlo. Forse, prevedendo la morte imminente della fanciulla, aveva permesso l'indugio causato dall'emorroissa, per fare accertare la morte dell'inferma, e per far rifulgere meglio la sua risurrezione.
Il cammino doveva essere parecchio, perché la famiglia della defunta ebbe il tempo di chiamare i suonatori funebri di rito e le donne piangenti, alle quali si unì grande folla, per curiosità e per compassione, come avviene in simile circostanze. Gesù trovò la casa piena di gente che tumultava per la ressa e, volendo stabilire un po' di calma, gridò: Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme. Tutti però si fecero beffe di Lui, sapendo che la giovinetta era morta realmente, e non intendendo che Egli riguardasse la morte come un sonno, dovendo l'uomo risorgere nella medesima sua carne.
Fu necessario forzare la moltitudine ad uscire dalla stanza, nella quale entrò solo Gesù, tre suoi apostoli: Pietro, Giacomo e Giovanni, e i genitori della morta. Con grande bontà e con divina maestà Egli prese la mano della fanciulla e le comandò di risorgere. Immediatamente essa ebbe come un fremito di vita, l'anima ritornò nel suo corpo ed essa aprì gli occhi volgendosi attorno come stordita. Con delicatezza patema Gesù aveva fatto sgombrare la stanza per non spaventarla, e con amorevolezza patema volle che le si desse da mangiare, com'è detto in san Marco e san Luca, sia per sostenere la debolezza sia forse per farle supporre che quel vociare fosse per l'animazione di un pranzo.
10. Nel contatto con la Chiesa, la salvezza
Due miracoli, due contatti con Gesù: uno con la sua veste, per la quale la potenza divina raggiunse l'emorroissa, ed uno con la sua mano, per la quale la sua potenza risuscitò la morta. Nella veste di Gesù è figurata la Chiesa, veste inconsutile che ammanta il suo Corpo mistico; nella sua mano vivificante è figurata la potenza, che ci fa risorgere dal peccato nella penitenza ed il contatto eucaristico col suo Corpo divino. La Chiesa fa passare a noi la virtù dei meriti del Redentore ed arresta il flusso delle nostre miserie; Gesù Cristo ci ridona la vita e ci nutre col suo cibo. La Chiesa ha un segreto di ineffabile fecondità nella sua vita, e si guadagna più in un contatto spirituale con le sue ricchezze liturgiche che con tutti gli sforzi delle nostre energie e con tutti i ritrovati della nostra particolare pietà. L'emorroissa, infatti, non ricavò nulla né dal denaro speso, né dai rimedi dei medici; occorse e bastò un contatto di fede con la veste di Gesù.
È deplorevole che le anime intendano così poco la grande fecondità dei più piccoli mezzi di santificazione che ci vengono dalla Chiesa, e l'immensa, l'incommensurabile vita che ci viene dal contatto con Gesù misericordioso nella Penitenza e con Gesù vita nell'Eucaristia. I suonatori funebri e la turba tumultuante intorno alla morta non ridonavano la vita, ma rendevano più straziante il dolore della perdita della fanciulla; così sono i tanti blaterati atti di dolore interno dei poveri protestanti, che presumono avere la remissione senza il contatto sacramentale con Gesù: nenie di morti che non risorgono. Così sono le preghiere e gli ostentati falsi fervori di pietà di questi poveretti che non si nutrono di Gesù: tumulto di voci che non danno la vita! Se sapessero veramente attingere da Gesù, caccerebbero via tutti i ritrovati delle proprie iniziative, e ricorrerebbero davvero al Redentore vivente! Quando non si ha contatto con la veste di Gesù, con la Chiesa, l'anima si dissangua, e quando non si è presi da Lui l'anima rimane nella morte. La fanciulla risorse, camminò e mangiò, come si rileva da san Marco: tre momenti della sua risurrezione. L'anima, rimessa in grazia dalla misericordia di Dio, non può fermarsi in se stessa, deve camminare e mangiare.
Mangiare: non si vive che cibandosi, poiché senza il cibo di vita non c'è in noi né santità né forza. Bisogna cercare i più frequenti contatti possibili con la Chiesa e con l'Eucaristia; lo ripetiamo, non ci stanchiamo di ripeterlo, perché in questo sta la salvezza delle anime e del mondo. Vorremmo gridarlo con la forza del nostro sangue e della nostra vita, perché troppo si è sperperato in private iniziative e in specifici che non ci hanno affatto vivificati. La Chiesa, la Chiesa, la Chiesa, i Sacramenti, l'Eucaristia: questo dà la vita! Occorre il tuo contatto, o Gesù, la tua vita, il tuo Corpo e il tuo Sangue per essere veramente tue creature!
Sac. Dolindo Ruotolo

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