mercoledì 29 gennaio 2014

31.01.2014 - Vangelo Mc 4, 26-34

 
Dal Vangelo secondo Marco
26Diceva: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
30Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
33Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Parola del Signore

30.01.2014 . Vangelo Mc 4, 21-25

Dal Vangelo secondo Marco
21Diceva loro: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? 22Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. 23Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
24Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. 25Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha».
 
Parola del Signore

martedì 28 gennaio 2014

30-31.01.-01.02.2014 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 4 par. 3

3. La divina Parola avanza nella Chiesa e nel mondo
Gesù Cristo, dopo aver parlato velatamente dell'arma spirituale della conquista del suo Regno spirituale, cioè della divina Parola, ed aver accennato al modo col quale essa avrebbe prodotto il suo frutto nei cuori, si rivolge ai suoi apostoli che dovevano accogliere la sua predicazione e farla conoscere al mondo. Essi erano le lampade del mondo e non potevano rimanere nascosti, ma dovevano splendere sul candelabro per fare luce ai popoli. La lucerna non è nascosta sotto il moggio, cioè non viene coperta dalla misura di capacità di otto litri circa, con la quale si misurava il grano, quasi come cappello per tutelarla dal vento, né viene posta sotto il letto quando deve fare luce a tutta la stanza.
Gli apostoli sono fiaccole che debbono splendere nelle tempeste dei secoli con piena fiducia, senza temere di essere spenti dagli uragani, perché accesi dalla grazia sono lampade non destinate ad illuminare sotto il letto, ossia le poche amicizie familiari sono luci non ristrette nell'intimità delle case, ma destinate ad illuminare la società, ad essere guide della vita pubblica in mezzo alle oscurità di tutte le aberrazioni umane. Gli apostoli hanno un tesoro di verità che non tutti capiscono, che sono nascoste alle anime indegne o superficiali, e sono espresse, come faceva Egli allora, con parabole; ma poi verrà il tempo nel quale essi dovranno spiegare tutto, essere gli interpreti autentici della divina Parola. Essi illuminano gli altri annunziandola, la illuminano commentandola; soltanto a loro è affidato questo ministero di illuminazione spirituale, e non a qualunque anima, e tanto meno in modo cervellotico o arbitrario.
Unendo queste parole di Gesù a quelle che disse proclamando esplicitamente gli apostoli luce del mondo e sale della terra, è chiaro che Egli voleva proclamare la missione della Chiesa di annunziare la divina Parola, ed il suo magistero infallibile nell'interpretarla. Perciò rivolgendosi agli eretici, e soprattutto ai futuri protestanti che avrebbero preteso di annunziare essi la parola e d'interpretarla a modo loro, disse in tono profetico e severo: Chi ha orecchie da intendere intenda cioè: non vi fate illusione che sia come voi pensate, né crediate di potere stravolgere la mia parola.



29.01.2014 - Vangelo Mc 4, 1-20

Dal Vangelo secondo Marco
1Cominciò di nuovo a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a terra lungo la riva. 2Insegnava loro molte cose con parabole e diceva loro nel suo insegnamento: 3«Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un’altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede frutto. 8Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno». 9E diceva: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
10Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. 11Ed egli diceva loro: «A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, 12affinché
guardino, sì, ma non vedano,
ascoltino, sì, ma non comprendano,
perché non si convertano e venga loro perdonato».
13E disse loro: «Non capite questa parabola, e come potrete comprendere tutte le parabole? 14Il seminatore semina la Parola. 15Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l’ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. 16Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l’accolgono con gioia, 17ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. 18Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, 19ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. 20Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l’accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno».


Parola del Signore

domenica 26 gennaio 2014

29.01.2014 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 4 par. 2


2. La divina semente sparsa nelle anime nel corso dei secoli
La congiura degli scribi e dei farisei con gli erodiani, rivelava la via che essi volevano seguire per disfarsi di Gesù. Essi erano nemici degli erodiani, ma cercavano in quel momento di sfruttare la loro prepotenza politica, e far passare Gesù come uno che voleva competere con Erode nel diritto di regnare.
Le sue parole riguardanti il regno di Dio, essi le prospettavano agli erodiani come un tentativo di sedizione, e nel medesimo tempo le presentavano al popolo anelante al regno politico del Messia, come una delusione, poiché erano parole di pace e non di guerra, esortazioni ad aspirare ai beni eterni e non ai beni temporali. Gli scribi e i farisei dopo la congiura con gli erodiani, seguirono Gesù con maggiore spirito di ostilità, interpretando così sempre più in mala parte ogni sua espressione;
non cercavano la verità ma il cavillo; peccavano contro lo Spirito Santo, rigettando la verità apertamente conosciuta, ed erano quindi tanto lontani dal desiderare di convertirsi.
Gesù perciò, per evitare in essi l'abuso della divina misericordia, e per non farli cadere in un abisso di maggiore iniquità, espresse con parabole le verità riguardanti il regno di Dio, e con parabole così semplici, che non potevano dare il pretesto ad una mossa politica ostile, e nello stesso tempo non esponevano alla derisione le grandi verità che erano come il programma della redenzione.
Per quei cuori ostinati era misericordia il far sì che vedendo non vedessero, ed ascoltando non ascoltassero, perché erano induriti, maligni, e volevano vedere solo per condannare, ed ascoltare per accusare. Essi erano giunti a tal segno d'indurimento che praticamente erano quasi incapaci di conversione; le parole del Sacro Testo, che alludono ad un passo d'Isaia (6,9-10) riferito da san Matteo (13,14) indicano precisamente questa pratica impossibilità alla conversione da parte di quei poveri calunniatori e persecutori.
Gesù Cristo non voleva dire: Parlo in parabole perché non vedano, non ascoltino, non sì convertano e non siano rimessi i loro peccati, ma: parlo in parabole a questi che non vogliono convertirsi e non vogliono il perdono dei loro peccati, affinché non intendano e non prendano occasione di abusare maggiormente della divina grazia. Anche nel Genesi è detto che Dio caccia Adamo dal Paradiso terrestre nel quale lo aveva posto, affinché non avvenga che stenda la sua mano, e colga anche dall'albero della vita, ne mangi e viva in eterno (Gen 3,22). Dio non volle dire che Adamo poteva vivere eternamente nel corpo a sua volontà, mangiando del frutto, ma, scacciandolo dal santo luogo, volle esprimere che gli era praticamente impossibile vivere in eterno nella carne sulla terra, dato il peccato che l'aveva resa mortale.
Fondamento della fedeltà o dell'infedeltà al Signore nel regno della redenzione è il corrispondere o meno alla sua grazia ed agli inviti del suo amore che ci chiamano alla verità ed al bene. Gesù Cristo diffondeva la sua grazia e la sua divina parola per chiamare tutti a Dio, come un seminatore sparge la sua semente nella terra; la spargeva su di ogni cuore, affinché nessuno avesse potuto tacciarlo di parzialità.
Il seminatore fa cadere la semente anche sulla strada che conduce al campo, tra le pietre della maceria e tra le spine della siepe quando ha tale sovrabbondanza di semi da spargerli dovunque mentre cammina.
Egli, Redentore di tutti gli uomini, è venuto con una grande abbondanza di doni celesti e non c'è creatura, anche indurita, superficiale e soffocata dalle passioni, che non raccolga i suoi benefici di salvezza. Ciò che Egli dà è uguale per tutti, e se non produce frutto o ne produce poco, ciò avviene per le disposizioni dell'anima che riceve i suoi doni.
Gesù Cristo riguarda quattro stati delle anime, figurati nella strada, nelle pietre, nelle spine e nella terra buona. In questa terra buona riguarda tre gradazioni di fecondità: il trenta, il sessanta, il cento per uno, che in san Matteo (13,23) sono invertite: il cento, il sessanta, il trenta per uno.
Egli, da Dio qual è, aveva presente tutta la storia dei secoli; vedeva le regioni sulle quali sarebbe passato inutilmente l'annunzio del Vangelo, rimanendo esse pagane; vedeva le generazioni indurite e superficiali, nelle quali la divina Parola si sarebbe disseccata, e quelle nelle quali le passioni avrebbero impedito il buon frutto; vedeva poi le nazioni nelle quali la sua Chiesa si sarebbe sviluppata, e la diversa loro fecondità spirituale.
Gli scribi e i farisei lo spiavano per cogliere dalla sua bocca qualche parola che potesse comprometterlo come sedizioso e come aspirante al regno di Erode o di Roma, e Gesù, senza che essi lo avessero compreso, parlava di un regno ben più grande, esteso nei secoli e nel mondo tutto, la cui conquista doveva essere fatta in perfetta pace, senza armi materiali e proprio come un seminatore che conquista il campo fecondandolo.
Egli cercava le anime, e le cercava come terreno fecondo, per seminare la Parola di Dio, e farle come germinare nella fede; non le forzava a seguirlo, ma passava e gettava la sua semente; esse potevano accoglierla facendola fruttificare o farla perire per le insidie di satana e per quelle della loro natura. L'anima aperta al mondo è come una pubblica strada, dove la Parola di Dio è sottratta immediatamente da satana con le suggestioni mondane; l'anima incostante, volta più al mondo che a Dio, prova un certo entusiasmo nell'ascoltare la Parola divina, perché quasi ci si diverte; non intende che la via del cielo è via di prova, si scandalizza della divina provvidenza vedendo le angustie per le quali passa la Chiesa, e con facilità ritorna alla sua sterile vita spirituale. L'anima che cede facilmente alle passioni è come terreno infestato da vegetazioni di spine; niente di spirituale può in essa prosperare, perché in lei il male ha sempre il sopravvento sul bene, ed è tutta materializzata dalle sue miserie e dalle sue preoccupazioni.
Gesù Cristo determina quali sono le miserie che impediscono la prosperità dello spirito: le sollecitudini del mondo, i disinganni delle ricchezze, e le cupidigie per altre cose cioè la vita mondana, la preoccupazione di arricchire subendo angustie e disinganni che porta con sé il denaro, e l'aspirazione disordinata alle soddisfazioni dei sensi.
Il Redentore, poi, parlando di quelli nei quali la Parola divina fruttifica, indica in qual modo essa diventa feconda, dicendo che questo avviene in quelli che l'ascoltano e l'abbracciano, cioè che la mettono in pratica con una vita santa.
Questo solo è necessario, e per conseguenza è sommamente errato il pensare, come fanno i protestanti, che si possa ascoltare il Vangelo e non praticarlo. Possedere la Sacra Scrittura e non vivere nello spirito della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana è come avere una semente senza terreno fecondo; la semente è praticamente inutile, ovvero germina superficialmente e senza frutto, fra le pietre della propria miseria, e le spine delle passioni che la deformano e la soffocano.
Se la Parola di Dio fosse stata ascoltata ed abbracciata dagli uomini nel corso dei secoli, le nazioni sarebbero tutte una fioritura di vita cristiana; dolorosamente la pretesa civiltà, aprendo l'anima al frastuono della vita materiale, ha fatto rubare da satana la divina Parola, l'ha resa superficiale nell'apprezzamento dei veri beni, e l'ha tutta irretita nelle sollecitudini e nelle cupidigie della vita. Il mondo è una strada fragorosa, dove passano le generazioni e le attività umane, in preda alle insidie diaboliche; è una maceria di pietre semisconnesse dove nulla di bene ha fondamento saldo o radice ferma; è una siepe di spine dove nulla prospera, e dove l'esuberanza della germinazione è solo esuberanza di fastidi e di punture. È deserta la mente e impietrito il cuore e tutta piena di spine la volontà; nell'assenza del divino amore, della grazia che arricchisce l'anima, e delle aspirazioni agli eterni beni, l'anima diventa sempre più sterile e desolata.
L'anima consacrata a Dio che dolorosamente si apre alle illusioni della vita, diventa una strada aperta a tutti, dove satana ha facilità di rubarle i germi della vita che vi sparse la divina bontà. Passa ogni giorno il seminatore divino, ed ogni giorno vi sparge la buona semente, ma essa è perduta. L'anima tiepida, che si contenta di una pietà e di una virtù superficiale, non sa resistere alle prove ed a poco a poco si riduce nello squallore; l'anima che fa crescere le sue passioni senza sradicarle a tempo si riduce tutta un groviglio di spine, è soffocata, non sa più amare Dio; è terra che non produce frutti e si rende solo capace di angustie mortali che le tolgono la pace.
Apriamo il cuore semplicemente al Signore, custodiamolo immune da tutte le illusioni della vita materiale, e persuadiamoci che Dio solo è la nostra unica felicità.
Sac. Dolindo Ruotolo

28.01.2014 - Vangelo Mc 3, 31-35

Dal Vangelo secondo Marco 
31Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. 32Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». 33Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». 34Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! 35Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».

Parola del Signore

28.01.2014 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 3 par. 4

4. Gli scribi stimano Gesù pazzo e indemoniato. Il peccato contro lo Spirito Santo
L'innumerevole turba che si accalcava intorno a Gesù suscitava ogni giorno di più l'animosità degli scribi e dei farisei, i quali tentarono tutti i mezzi per impedirlo.
Con ogni probabilità furono essi che ricorsero ai parenti del Redentore, perché l'avessero preso e rinchiuso in casa come un pazzo, dicendo loro che Egli comprometteva la loro dignità e la loro reputazione.
Sappiamo che quasi tutti i suoi parenti lo stimavano un esaltato e non credevano in Lui; essi quindi non ebbero difficoltà a secondare l'iniziativa dei suoi nemici. Vennero anche degli scribi e farisei, mandati dall'autorità di Gerusalemme, per indagare sulla sua attività; essi, avendo visto molti miracoli, ed avendo assistito alla liberazione di parecchi indemoniati, con grande sfrontatezza andarono spargendo la voce nel popolo che quei miracoli erano operati in virtù di Beelzebul, principe dei demoni, dal quale, dicevano, Egli era posseduto.
Era una menzogna che poteva disorientare il popolo, poiché distruggeva in esso tutto il frutto che poteva ricavare dai fatti straordinari cui assisteva; era anche un'infamia balorda, essendo assurdo che satana avesse potuto scacciare se stesso e rovinare il suo regno.
Gesù Cristo ebbe una grande carità verso questi suoi oppositori ostinatigli chiamò a sé e, senza bollarli come avrebbero meritato, dimostrò loro prima l'insussistenza di ciò che affermavano, e poi l'empietà nella quale cadevano chiamando posseduto da satana Lui, che era posseduto dallo Spirito Santo. Volle prima persuaderli con un ragionamento e con una parabola, affinché, constatata l'illogicità della loro affermazione, l'avessero ritratta; quando poi li vide ostinati, parlò loro del pericolo che correvano di perdersi eternamente peccando contro lo Spirito Santo.
Essi, infatti, bestemmiavano, chiamando spirito immondo lo Spirito Santo che, possedeva Gesù; chiamandolo poi indemoniato, negavano nella maniera più contraria alla verità la sua divinità.
I segni della sua Persona divina diventavano per quegli empi segni di satana, e le luci che fluivano dal cielo diventavano fasci di tenebre erompenti dall'abisso; essi con questo si mettevano nell'impossibilità di avere luce e di salvarsi.
La terribile parola che Gesù disse sull'irremissibilità del peccato contro lo Spirito Santo riguarda, quindi, il fatto più che la possibilità assoluta; ogni peccato può essere rimesso, ma il peccato che riguarda come errore la verità e come insidia diabolica la grazia, rifugge di fatto dalla remissione e la rende impossibile praticamente.
Un infermo che rifiuta la medicina perché non la vuole, può sempre ricredersi e riprenderla; un altro, che preferisce un rimedio cervellotico, può sempre sperimentarlo inutile e rifare appello alla vera medicina; ma chi stima veleno il farmaco che deve guarirlo e, pur conoscendolo come unico rimedio, dice invece che porta la morte, non potrà mai guarire.
Gli scribi e i farisei, rifuggendo dal Redentore come da un pazzo e da uno posseduto dallo spirito immondo, si mettevano volontariamente nell'impossibilità di avere il perdono e la vita eterna, frutti mirabili della redenzione e del Redentore.

27.01.2014 - Vangelo Mc 3, 22-30

Dal Vangelo secondo Marco
22Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni». 23Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? 24Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; 25se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. 26Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. 27Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. 28In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; 29ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». 30Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro».
Parola del Signore

27.01.2014 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 3 par. 4


4. Gli scribi stimano Gesù pazzo e indemoniato. Il peccato contro lo Spirito Santo
L'innumerevole turba che si accalcava intorno a Gesù suscitava ogni giorno di più l'animosità degli scribi e dei farisei, i quali tentarono tutti i mezzi per impedirlo.
Con ogni probabilità furono essi che ricorsero ai parenti del Redentore, perché l'avessero preso e rinchiuso in casa come un pazzo, dicendo loro che Egli comprometteva la loro dignità e la loro reputazione.
Sappiamo che quasi tutti i suoi parenti lo stimavano un esaltato e non credevano in Lui; essi quindi non ebbero difficoltà a secondare l'iniziativa dei suoi nemici. Vennero anche degli scribi e farisei, mandati dall'autorità di Gerusalemme, per indagare sulla sua attività; essi, avendo visto molti miracoli, ed avendo assistito alla liberazione di parecchi indemoniati, con grande sfrontatezza andarono spargendo la voce nel popolo che quei miracoli erano operati in virtù di Beelzebul, principe dei demoni, dal quale, dicevano, Egli era posseduto.
Era una menzogna che poteva disorientare il popolo, poiché distruggeva in esso tutto il frutto che poteva ricavare dai fatti straordinari cui assisteva; era anche un'infamia balorda, essendo assurdo che satana avesse potuto scacciare se stesso e rovinare il suo regno.
Gesù Cristo ebbe una grande carità verso questi suoi oppositori ostinatigli chiamò a sé e, senza bollarli come avrebbero meritato, dimostrò loro prima l'insussistenza di ciò che affermavano, e poi l'empietà nella quale cadevano chiamando posseduto da satana Lui, che era posseduto dallo Spirito Santo. Volle prima persuaderli con un ragionamento e con una parabola, affinché, constatata l'illogicità della loro affermazione, l'avessero ritratta; quando poi li vide ostinati, parlò loro del pericolo che correvano di perdersi eternamente peccando contro lo Spirito Santo.
Essi, infatti, bestemmiavano, chiamando spirito immondo lo Spirito Santo che, possedeva Gesù; chiamandolo poi indemoniato, negavano nella maniera più contraria alla verità la sua divinità.
I segni della sua Persona divina diventavano per quegli empi segni di satana, e le luci che fluivano dal cielo diventavano fasci di tenebre erompenti dall'abisso; essi con questo si mettevano nell'impossibilità di avere luce e di salvarsi.
La terribile parola che Gesù disse sull'irremissibilità del peccato contro lo Spirito Santo riguarda, quindi, il fatto più che la possibilità assoluta; ogni peccato può essere rimesso, ma il peccato che riguarda come errore la verità e come insidia diabolica la grazia, rifugge di fatto dalla remissione e la rende impossibile praticamente.
Un infermo che rifiuta la medicina perché non la vuole, può sempre ricredersi e riprenderla; un altro, che preferisce un rimedio cervellotico, può sempre sperimentarlo inutile e rifare appello alla vera medicina; ma chi stima veleno il farmaco che deve guarirlo e, pur conoscendolo come unico rimedio, dice invece che porta la morte, non potrà mai guarire.
Gli scribi e i farisei, rifuggendo dal Redentore come da un pazzo e da uno posseduto dallo spirito immondo, si mettevano volontariamente nell'impossibilità di avere il perdono e la vita eterna, frutti mirabili della redenzione e del Redentore.


26.01.2014 - Vangelo Mt 4, 12-23

Dal Vangelo secondo Matteo
12Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
15Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!
16Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta.
17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
18Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
23Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.


Parola del Signore
 
 

26.01.2014 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 4 par. 8-9


8. La prima predicazione di Gesù e l'elezione dei primi apostoli
Dopo aver subito la prova nel deserto, Gesù Cristo cominciò la sua vita di apostolato. Giovanni era stato messo in prigione da Erode Antipa, a causa di Erodiade, come è detto al capitolo 14, e per questo vi era nella Giudea un grande fermento, data la stima che il popolo aveva del Battista. Il Testo dice che Gesù aveva udito che Giovanni era stato messo in carcere, proprio per indicare il fermento popolare che spargeva la notizia in ogni parte. Non volendo per delicatezza di carità verso san Giovanni prendere il suo posto in luoghi che risuonavano tuttora della predicazione di lui, si ritirò nella Galilea, e licenziatosi da Maria Santissima che abitava tuttora in Nazaret, andò ad abitare a Cafarnao, città a quei tempi abbastanza importante per il commercio, situata sulla riva occidentale del lago di Genesaret. L'apostolato che vi esercitò dovette essere così grande da far ricordare la profezia d'Isaia (9,1-2) nella quale era annunziata la voce del Messia risonante ai confini della terra di Zàbulon e di Néftali, sulla strada del mare di Genesaret, ad oriente del Giordano, cioè nella Perea, e fino alla parte della Galilea confinante con la Siria e con la Fenicia, chiamata Galilea delle genti perché abitata da molti pagani.
Quei popoli giacevano nelle tenebre dell'errore e del peccato, e la voce di Gesù era per loro una grande luce, perché annunziava il regno di Dio ed il vicino compimento della redenzione, esortandoli a far penitenza dei loro peccati.
Gesù Cristo era ancora solo, ma l'affluenza medesima del popolo che a Lui accorreva, attratto dalla sua parola e dai suoi prodigi, esigeva che Egli fosse aiutato nel suo ministero, e perciò cominciò a chiamare i primi apostoli.
Non si rivolse ai grandi della terra, non scelse uomini di scienza e di prestigio, ma poveri ed ignoranti pescatori, semplici e schietti, come sono quelli che esercitano questo mestiere. Li chiamò non solo con la voce ma con la grazia interiore, ed essi, benché intenti al loro mestiere, lasciarono tutto e lo seguirono. Gesù Cristo scelse il momento opportuno per chiamarli, utilizzando le loro interne disposizioni naturali. Erano due coppie di fratelli: Simone, chiamato poi Pietro, ed Andrea suo fratello, Giacomo e Giovanni figli di Zebedeo; tutti e quattro avevano seguito il Battista (Gv l,35ss) ed erano stati presenti al battesimo del Redentore, imparando dal loro Maestro a riconoscerlo per Messia. Imprigionato Giovanni, erano ritornati al loro mestiere, certamente scoraggiati, e l'invito di Gesù li trovò perciò più disposti a seguirlo.
Il Sacro Testo sintetizza l'apostolato di Gesù Cristo dicendo che Egli andava per tutta la Galilea, insegnando nelle sinagoghe, che erano edifici rettangolari dove il popolo si riuniva per pregare e per leggere i Libri Santi; andava predicando la nuova Legge e sanava le malattie di quanti venivano a Lui presentati; scacciava satana dagli ossessi; curava i lunatici, ossia gli epilettici, chiamati così per l'influenza che, secondo la comune credenza, esercitavano sui loro eccessi le fasi lunari, e risanava i paralitici. La fama di questi prodigi si sparse fin nella Siria, e gran turba di popolo cominciò a seguirlo dalla Galilea, dalle dieci città poste al di là del Giordano, chiamate perciò Decapoli, da Gerusalemme, dalla Giudea, e dalla Perea, all'Oriente del Giordano.
Giovanni fu messo in prigione, e sembrò una sventura, poiché si soffocava una voce potente di rinnovazione in mezzo al popolo. Eppure proprio allora Gesù intensificò il suo a-postolato di verità e di carità. Il sacrificio non è mai infecondo nelle vie di Dio, e dall'immolazione nasce sempre un maggior bene in mezzo alle anime.
Dalla regione più nobile Gesù si ritirò in quella più umile della Galilea, per ricercare le anime semplici, giacché è più facile che le parole veramente grandi siano ricevute dagli umili: i cosiddetti grandi del mondo in realtà sono materiati di miserie, e sono sordi alle voci della verità.
 



venerdì 24 gennaio 2014

25.01.2014 - Vangelo Mc 16, 15-18

Dal Vangelo secondo Marco
15E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

 
Parola del Signore

25.01.2014 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 16 par. 3

3. Le pie donne al sepolcro
Gli apostoli stavano rinchiusi per timore di essere catturati, e non ebbero neppure il coraggio d’andare al sepolcro; forse furono informati che vi era la guardia. Le pie donne, invece, ignare di questo e spinte dall’amore, comperati la sera del sabato gli aromi funebri, appena terminata al vespro la festa, si avviarono di prima mattina nel giorno seguente, primo della loro settimana, per imbalsamare il Corpo del Redentore. Fecero un cammino piuttosto lungo e giunsero al sepolcro mentre spuntava il sole.
L’amore le spingeva, ma si ricordarono che la pietra posta sulla tomba era grande assai, e si domandavano fra loro come avrebbero fatto a trovare qualcuno che l’avesse tolta in quell’ora. Alzati però gli occhi si accorsero che era stata già tolta, ed entrarono trepidanti nella caverna. Trasalirono di stupore vedendovi non il Corpo del Redentore, ma un angelo sotto sembianze di giovane, vestito di bianco perché tutto luminoso, il quale disse loro: Non abbiate timore; voi cercate Gesù Nazareno crocifisso; Egli è risuscitato, non è qui. E, mostrato loro il luogo dov’era stato deposto, le esortò a dame notizia ai suoi discepoli ed in particolare a Pietro, dando ad essi convegno nella Galilea. La Galilea era un luogo più pacifico, dove la riunione dei molti discepoli, che Egli aveva, poteva destare minori rappresaglie. Gesù Cristo in realtà si mostrò subito ai suoi apostoli ripetutamente, come si mostrò certamente e prima che a tutti, a Maria Santissima per consolarla, ma la riunione di tutti i suoi apostoli e discepoli la volle nella Galilea.
La missione degli apostoli
San Marco ricapitola in pochi versetti gli avvenimenti che si verificarono dopo la risurrezione, perché erano molto noti in mezzo ai fedeli, ai quali prima di tutto si annunziavano, predicando il Vangelo, in conferma della fede. Egli accenna all’apparizione fatta a Maria Maddalena, a quella che ebbero i discepoli di Emmaus, ed a quella che ebbero gli apostoli, e conclude ricordando la missione che Gesù diede loro e la sua ascensione al cielo; ma in questi pochi accenni quante mirabili scene sono sintetizzate, quante delicatezze del Cuore adorabile di Gesù e, bisogna pur dirlo, quante ingratitudini da parte dei suoi discepoli! La morte dolorosa di Gesù li aveva disorientati, ed essi avevano perduto talmente la fede nel suo trionfo da credere impossibile la risurrezione. Credettero visionarie le pie donne tornate dal sepolcro, e stentarono a credere persino quando Gesù medesimo apparve ad essi. Anzi le stesse testimonianze della risurrezione disorientarono talmente due di loro, che pensarono di ritornarsene al loro villaggio di Emmaus, non avendo più speranza alcuna nelle promesse del Maestro divino.
È doloroso il pensare tutto questo, ed è più doloroso il constatare che il cuore umano è sempre duro di fronte alle amorose espansioni del Signore. Si crede facilmente ai disseminatori di errori e di stoltezze, e si è titubanti sempre innanzi allo splendore dell’eterna Verità.
Eppure la fede è confermata da tali innumerevoli argomenti di luce, che bisogna essere ciechi per non vederne l’importanza e la realtà. Non crediamo a favole più o meno dotte, crediamo alla verità, e camminiamo nella nostra povera valle alla luce degli eterni splendori. La nostra fede ci fa cacciare veramente i demoni che infestano la vita presente, ci fa parlare il linguaggio del cielo, ci fa vincere i vizi, che come serpenti ci insidiano, ci libera dal veleno del male e ci rende forti e sani nelle vie del nostro pellegrinaggio. Credendo, noi abbiamo come meta gloriosa il cielo, dove Gesù Cristo è asceso per prepararci la dimora dell’eterna felicità. Non siamo dunque duri di cuore, e ripetiamo spesso il nostro atto di fede al Signore, per essergli fedeli e vincere il mondo.


giovedì 23 gennaio 2014

24.01.2014 - Vangelo Mc 3, 13-19

Dal Vangelo secondo Marco
13Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. 14Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare 15con il potere di scacciare i demòni. 16Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, 17poi Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè «figli del tuono»; 18e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo 19e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.

Parola del Signore

23.01.2014 - Vangelo Mc 3,7-12

Dal Vangelo secondo Marco
Gesù, intanto, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea 8e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidone, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui. 9Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. 10Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo. 11Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». 12Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.
 
Parola del Signore

23/24.01.2014 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 3 par. 3


3. Il concorso delle turbe e l’elezione dei dodici apostoli
Mentre gli scribi e i farisei congiuravano con gli erodiani, nella speranza che Erode stesso pensasse ad impedire a Gesù ogni attività e ad ucciderlo, il Salvatore proseguiva nel suo cammino che nessuna forza umana poteva impedire.
Egli andò verso il mare, cioè verso il lago di Genesaret, perché una grande moltitudine lo seguiva, e volle trovare un luogo in pianura capace di accoglierla.
Da tutte le parti accorrevano a Lui: dalla Galilea, dalla Giudea, dalla regione al di là del Giordano e dalle stesse vicinanze di Tiro e di Sidone, ed Egli, sulle rive del lago le accoglieva con infinito amore, vedendo in quelle moltitudini le primizie del suo regno di anime. La ressa anzi fu tanta che Gesù fù costretto a scendere in barca per ammaestrare quelle turbe, dopo avere guarito gl’infermi ed aver liberato gli ossessi che gli furono presentati.
Quello spettacolo di fede era l’immagine e la figura di quello che sarebbe avvenuto nei secoli: a Lui sarebbero corse le genti nelle varie epoche della vita della Chiesa, ed Egli le avrebbe istruite dalla barca di san Pietro, dalla Chiesa, nella quale veramente vive. In tutti i secoli vi sarebbero state le opposizioni dei cattivi, come quelle che incessantemente gli facevano gli scribi e i farisei, ma in tutti i secoli tempestosi i popoli avrebbero sentito il bisogno di correre all’unica e vera Chiesa da Lui formata, come al solo porto di salvezza.
Come gl’infermi irrompevano verso Gesù per toccarlo, cosi le anime sarebbero corse a Lui per avere con Lui un contatto di vita nella Santissima Eucaristia; come gli stessi spiriti immondi gli si prostrarono davanti proclamandolo Figlio di Dio, così gli stessi perversi avrebbero dovuto riconoscerlo per vero Dio ed unico Redentore dell’umanità; come Egli imponeva silenzio alla testimonianza degl’indemoniati, perché essa non poteva generare, tutto al più, che una fede naturale in Lui, così nel suo trionfo. Egli non vorrà la testimonianza dei miscredenti, ma quella che viene dalla luce divina della fede.
Non si tratta solo di conoscere se Egli sia il Cristo, il Figlio di Dio, ma si tratta di vivere di Lui, di partecipare alle ricchezze che ci ha donate e di conquistare la vita eterna con una vita veramente cristiana.
Chi dice di credere, e poi vive lontano da Dio, dai Sacramenti, dalla virtù, da tutto ciò che il Signore ci ha comandato, rende a Gesù una testimonianza che non è dissimile da quella degli spiriti immondi, testimonianza di parole che non compungono il cuore non lo trasformano, non lo danno a Dio.
Può dirsi, gemendo, che la stessa testimonianza gli rendono quei poveri ministri infedeli che predicano la Parola di Dio ma non la fanno partire dal cuore, vivificato dalla Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana. Essi sono nature morte, frutti separati dall’albero, fiori appassiti sul tavolo tarlato, granate abbandonate che non spazzano, botti vuote che non hanno una goccia sola di vino corroborante le forze. Gesù Cristo non può ricevere che la testimonianza dell’amore, non vuole che la testimonianza dell’amore! Un cuore immondo fa meglio a tacere, anzi fa meglio a uscire dal suo stato di corruzione e a convertirsi sinceramente, per diventare voce di glorificazione pratica per il Redentore.


mercoledì 22 gennaio 2014

22.01.2014 - Vangelo Mc 3, 1-6

Dal Vangelo secondo Marco
1Entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, 2e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. 3Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». 4Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. 5E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita. 6E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.

Parola del Signore

22.01.2014 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 3 par. 2

2. La mano inaridita
In un sabato Gesù entrò nella sinagoga per insegnare. Gli scribi e i farisei, che conoscevano la sua abitudine di andare a celebrare il giorno festivo nel luogo santo, vi si fecero trovare, e probabilmente furono essi stessi a portare là un uomo che aveva la mano inaridita, per tentare Gesù a guarirlo, e poi accusarlo come violatore del sabato. Da san Luca (6,6) sappiamo che a quell’infelice s’era inaridita la mano destra.
Il Redentore, conoscendo già le cattive intenzioni dei suoi oppositori, chiamò in mezzo all’assemblea quel povero uomo, affinché tutti avessero potuto constatarne l’infelicità, e domandò se in giorno di sabato era lecito fare del bene o del male, salvare o togliere la vita. Pose quest’alternativa perché gl’ipocriti che lo tentavano; mentre erano pronti a condannarlo per un’opera buona fatta in giorno di sabato, non facevano poi scrupolo ad offendere Dio in quel medesimo giorno, e a tramare insidie contro la sua vita.
All’interrogazione di Gesù Cristo essi tacquero; non potevano rispondere che giustificando l’opera buona, e questo a-vrebbe mandato a monte tutto il loro piano delittuoso. Il Redentore aveva voluto scuotere la loro coscienza, ed essi, pur riconoscendo di aver torto, tacevano per non compromettersi e non essere costretti a confessare di avere torto. Era un opporsi deliberatamente alla verità, era un volere ostinatamente rimanere nel falso cammino.
Gesù volse intorno lo sguardo e li fissò con indignazione riprovando la loro doppiezza, li scrutò nel fondo del cuore e si contristò per il loro accecamento; s’indignò per il peccato in se stesso, e s’addolorò profondamente per lo stato di quegli infelici che avrebbe voluto salvare dalla rovina.
Che cosa terribile dovette essere l’indignazione del Redentore che ponderava l’orrore della colpa, e che cosa ineffabile il suo attristarsi per quei poveretti che miseramente si perdevano! Egli mostrò sul suo volto divino il carattere del giudizio che avrebbe fatto a tutti gli uomini nel giorno finale, travolgendo il peccato con l’ira della sua giustizia e commiserando i peccatori, ostinati nel loro peccato, che avranno scelto la via dell’eterna rovina, nonostante la vita e la morte sua offerta per la loro salvezza.
Per non dare appiglio ai farisei di mormorare di Lui, e di credersi giustificati nella persecuzione che volevano fargli, Gesù Cristo non sanò l’infelice con nessun gesto esterno, ma gli ordinò di distendere la mano; da sé quell’uomo non avrebbe potuto farlo, perché l’aveva tutta disseccata, ma la parola di Gesù era onnipotente e, nel comandargli di distenderla, gliela rifece e gli rese possibile obbedire. Nessuno avrebbe potuto pensare che fosse violazione del sabato distendere una mano, e tanto meno che lo fosse la manifestazione della potenza divina che la risanava.
La delicatezza della misericordia di Gesù, non poteva essere maggiore; eppure gli scribi e i farisei, usciti di là, tennero consiglio con gli erodiani, cioè con gli affiliati al partito di Erode, per trovare il modo di farlo perire. La mano destra dell’infelice s’era distesa ed il loro cuore s’era miseramente impietrito; essi non s’accorsero che s’erano invertite le parti, e che, mentre il debilitato riacquistava il movimento della mano, essi perdevano quello dell’anima, facendosi ingannare da satana.

martedì 21 gennaio 2014

21.01.2014 - Vangelo Mc 2, 23-28

Dal Vangelo secondo Marco
23Avvenne che di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. 24I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». 25Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? 26Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!». 27E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! 28Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».    
 
Parola del Signore

lunedì 20 gennaio 2014

20.01.2014 - Vangelo Mc 2,18-22

Dal Vangelo secondo Marco
18I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da lui e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». 19Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. 20Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. 21Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore.
22E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».


Parola del Signore

20/21.01.2014 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 2 par. 4

4. La vocazione di san Matteo
Cafarnao, città di frontiera e di traffico, aveva molti impiegati, riscuotitori d’imposte, che venivano chiamati pubblicani. La loro funzione era odiosa presso il popolo, e tanto più abominevole in quanto essi rappresentavano nella patria il potere degli oppressori. Gl’imperatori romani appaltavano le imposte ad alcuni ricchi cittadini, i quali avevano in ogni provincia dei riscuotitori, e questi, a loro volta, degl’impiegati subalterni. Era tutta una rete di oppressione e, per i soprusi e le ingiustizie alle quali si davano i riscuotitori, la loro professione era riguardata con odiosità grande, ed essi erano fuggiti come appestati.
Gesù Cristo volle scegliere da questa classe odiata uno dei suoi apostoli, per mostrare che la sua misericordia voleva abbracciare tutti e chiamarli al regno di Dio. Andando verso il mare, vide al banco della gabella un pubblicano, chiamato Levi o Matteo, figlio di Alfeo, e gli disse: Seguimi. Egli immediatamente lasciò tutto a qualche subalterno di ufficio, e andò appresso a Gesù.
Dal banchetto che fece al Maestro divino per festeggiare la sua vocazione si può rilevare che anche Matteo si trovasse in uno di quegli stati di crisi interiori e di scontento per la sua professione, che facilitano la risposta alla divina chiamata; egli poi invitò a pranzo molti dei suoi colleghi, per stabilire tra essi e il Redentore un primo contatto, e zelarne la conversione.
E chiaro che già da tempo Matteo aveva dovuto sentire attrazione verso Gesù, e che più volte aveva dovuto ascoltarne la predicazione; la parola d’invito che ricevette, accompagnata da una spinta intema della grazia, completò il lavorio interiore del suo spirito ed egli prontamente si decise a seguire la nuova via che gli veniva additata. Ai pescatori di uomini, che dovevano un giorno raccogliere nella santa rete dell’amore le anime, Gesù aggregò un gabelliere, acciocché avesse, per così dire, fatto pagare dalle anime al Signore il tributo dell’amore, e ne avesse fatto riconoscere il dominio a tutte le genti. Lo staccò dal banco delle povere ricchezze terrene, per renderlo amministratore delle ricchezze eterne e, da ministro del dominio di oppressione, lo rese ministro del dominio dell’amore soavissimo di Dio.
Gli scribi e farisei, che riguardavano con estremo disprezzo i pubblicani e i peccatori, furono grandemente scandalizzati nel vedere Gesù a tavola con essi, nel banchetto che gli aveva offerto Matteo. Non osarono però fargli direttamente delle rimostranze, ma si rivolsero ai suoi discepoli, sia per non entrare nella sala del banchetto, sia per non farsi troppo notare dagli altri pubblicani, che, come pubblici ufficiali, avrebbero potuto far loro del male, o angariarli nelle tasse.
Gesù sentì le loro rimostranze e, levando la sua voce misericordiosa, disse che egli era come il medico che andava cercando gl’infermi per risanarli, e che non era venuto a chiamare i giusti ma i peccatori. Ammetteva che tra i convitati vi fossero dei peccatori, ma non ammetteva che fossero abbandonati a loro stessi e perissero miseramente; Egli, Redentore di tutti, non poteva farli perdere. Con queste parole di misericordia, Gesù tracciava il programma futuro della Chiesa, la quale è Madre di tutti e specialmente dei traviati e dei peccatori. Egli per il primo rompeva le barriere che i farisei avevano preteso di porre intorno ai traviati, ed apriva le braccia della sua misericordia per riceverli tutti.
Un banchetto non sarebbe sembrato l’ambiente più adatto a promuovere la conversione, ma Gesù lo mutava in banchetto di vita con la sua parola e benediceva il cibo perché avesse sostenuto le forze che dovevano servire Dio, scacciando così satana dai luoghi dove più era solito fare messe di anime. Non gli ripugnava di mutare un banchetto materiale in un convito spirituale, perché un giorno avrebbe raccolto gli uomini nel Banchetto eucaristico come unica famiglia innanzi allo sguardo del Padre.





domenica 19 gennaio 2014

19.01.2014 - Vangelo Gv 1,29-34


Dal Vangelo secondo Giovanni
29Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
 
Parola del Signore

19.01.2014 - Commento al vangelo di S. Giovanni cap. 1 par. 7

7. La testimonianza di san Giovanni Battista
San Giovanni, dopo aver detto che il Verbo si è fatto carne, conferma la sua testimonianza con quella del Battista, prima di spiegare quale pienezza ha il Verbo Incarnato, e quale grazia e verità ci comunica. Il versetto 15 è come un inciso, una parentesi, una conferma dell’Incarnazione del Verbo, per la testimonianza di san Giovanni Battista, come i versetti 16, 17 e 18 sono la spiegazione della pienezza di grazia e di verità che il Verbo Incarnato ebbe e ci comunicò. San Giovanni Battista rese questa testimonianza solennemente, gridando alle turbe nell’additare Gesù Cristo: Questi è Colui del quale io dissi: Quegli che verrà dopo di me a predicare, è più di me per dignità e per dottrina, perché era prima di me, essendo vero Dio.
Nella generazione secondo la carne san Giovanni era prima di Gesù, perchè concepito e nato sei mesi prima di Lui; con quelle solenni parole non poteva dunque alludere che alla preesistenza del Verbo nell’eternità, ossia alla sua divinità. Per quelli che ancora riguardavano il Battista come un prodigio di santità la testimonianza era di grandissimo valore. Gesù Cristo era stato come presentato al mondo da un grande profeta, e presentato come Dio; non era dunque un ignoto, come dicevano i farisei: Nescimus unde sit: non sappiamo da dove venga, ma era glorificato dalla testimonianza di uno, certamente mandato da Dio. Se era Dio, evidentemente noi abbiamo ricevuto e riceviamo dalla sua pienezza di grazia, grazia su grazia, e dalla sua pienezza di verità la grazia e la verità, cioè l’annunzio pieno della verità e la grazia per accoglierla e metterla in pratica.
A Mosè fu data la Legge, ed egli è il fondamento dell’Antico Testamento; ma la Legge era piena di ombre e di figure, e non aveva valore che per il suo riferimento al Redentore che doveva venire, né giustificava che in vista di Lui. Era grazia divina e diffondeva grazia, ma non ne era pienezza, né poteva dirsi completa luce di verità, dato che annunziava la Luce vera che doveva un giorno illuminare ogni uomo.
Nessuno, infatti, soggiunge san Giovanni, ha mai veduto Dio nella sua essenza, e nessuno ha potuto rivelarcene il mistero profondo; solo il Figlio Unigenito che è nel seno del Padre, cioè a Lui consustanziale, ed infinita conoscenza di Lui, ha potuto rivelarcelo, annunziandoci la Santissima Trinità, e svelandoci il mistero della sua eterna generazione dal Padre e dell’eterna spirazione dello Spirito Santo.
Con queste parole l’evangelista indica la fonte dalla quale egli ha attinto la verità che forma lo scopo del suo Vangelo: la divinità di Gesù Cristo. Egli non fa supposizioni, non esprime un’opinione, non propugna fantasie, attinge la sua dottrina dalla stessa rivelazione fattane da Gesù Cristo, Verbo di Dio fatto uomo, e confermata dai suoi miracoli e dalla sua vita.
I nemici di Gesù Cristo avrebbero potuto opporre a Lui il Battista, che con la sua austerità rispondeva di più alle idee che essi avevano del futuro Messia, ma san Giovanni, prevenendo l’obiezione, la sfata con la stessa testimonianza del Battista. I Giudei, infatti, cioè i capi del sinedrio di Gerusalemme, avendo saputo della predicazione di san Giovanni Battista e dell’entusiasmo che aveva suscitato nel popolo, sospettarono che potesse essere egli il Messia e vollero accertarsene con un’inchiesta. Siccome poi l’evangelista scriveva quando il popolo giudaico si era già posto in opposizione col cristianesimo, e designava per Giudei gli Ebrei traviati e i nemici di Gesù Cristo, si può supporre che l’ambasceria mandata al Battista, più che un’inchiesta per riconoscere il Messia, sia stata un’inquisizione per togliere di mezzo il Precursore ed impedirgli ogni forma di apostolato.