sabato 25 luglio 2015

26.07.2015 - Commento al vangelo di S. Giovanni cap. 6 par. 3

3. Un momento grandioso del miracolo della moltiplicazione dei pani

Gesù Cristo insieme coi suoi discepoli andò alla riva opposta del mare dì Galilea, cioè del lago di Genesaret, chiamato pure di Tiberiade da una città famosa per il commercio fatta

edificare da Erode Antipa sulla riva occidentale del lago, e chiamata da lui Tiberiade in onore dell'imperatore romano Tiberio. L'evangelista omette di raccontare una quantità di fatti ricordati dai Sinottici, per unire il grandioso discorso di Gesù vero Dio che dona la vita, ai miracoli e al discorso che dovevano mostrare come voleva dare la vita.

Dal discorso sulla sua divinità a questo passò circa un anno, ma, nel disegno dell'amore di Gesù, un anno non era sufficiente a disgiungere le due grandi manifestazioni di luce, ed Egli, del resto, non mancava di ricordare e ripetere in ogni occasione quello che aveva detto, per radicare nel cuore dei suoi ascoltanti le verità fondamentali che dovevano dare od accrescere la loro fede. San Giovanni avvicina i due discorsi precisamente per il nesso divinamente logico che hanno.

Il Redentore dunque si ritirò all'altra riva del lago, come dice san Marco (6,31), per far riposare un poco i suoi discepoli, ma vistosi seguito da una gran turba per i miracoli che aveva fatti, s'appartò sul monte che sorgeva in quei pressi. L'affollamento era grande, giacché s'avvicinava la Pasqua, ed i pellegrini erano in movimento per andare a Gerusalemme; qualcuno notò che Gesù s'era appartato, dette la notizia agli altri, e ben presto la moltitudine lo raggiunse sulla spianata del monte. Con ogni probabilità Gesù Cristo ripetè al popolo le grandi parole che si riferivano alla sua divinità, ed il popolo pendeva dalle sue labbra senza curarsi della necessità che aveva di procurarsi del cibo e rifocillarsi.

Declinava il giorno, e gli apostoli, come nota san Matteo (14,14), furono essi per primi solleciti di dire al Signore ch'era necessario licenziare le turbe prima che annottasse, affinché avessero potuto comprare qualche cosa da mangiare. Al loro richiamo, Gesù levò gli occhi e, vedendo quella grande moltitudine, disse a Filippo: Dove compreremo i pani per dar da mangiare a questa gente? Egli sapeva bene quel che voleva fare, ma parlò così a Filippo per provarne la fede e, per far meglio rimarcare al popolo circostante il miracolo che voleva compiere. Filippo rispose che anche a spendere tutto il peculio che avevano valutato, duecento denari, cioè circa 156 lire non bastava a dare a ciascuno un piccolo pezzo di pane. Egli voleva così persuadere Gesù ch'era urgente rimandare la turba.

Andrea però, cui balenò la possibilità di un miracolo da parte di Gesù, soggiunse: C'è qui un ragazzo che ha due pani di orzo e due pesci, ma cos 'è mai questo per tanta gente? Evidentemente gli apostoli stessi non avevano alcuna provvista, avendola forse consumata sulla barca traghettando il lago. Gesù rispose al barlume di fede che aveva Andrea, ed ordinò che avessero fatto sedere a gruppi la gente sull'erba che era molto folta in quel luogo. Gesù Cristo volle così evitare la confusione nella distribuzione del cibo, ed avendo intenzione di dame in abbondanza, volle che la gente fosse stata comodamente riposata, ed avesse mangiato senza preoccuparsi della stanchezza, che doveva essere grande. Sedendosi a gmppi di cinquanta e di cento, come dice san Marco (6,40), fu possibile fame il computo: erano complessivamente cinquemila uomini, senza contare le donne e i ragazzi, come nota san Matteo (14,21).

I pani di farina d'orzo erano il cibo dei poveri, e i due pesci erano fritti, come indica l'espressione del testo greco. Gesù li prese nelle mani e tutti gli occhi si fermarono su di Lui. Pregò, ringraziò Dio, e cominciò a fare la distribuzione per mezzo degli apostoli.

sabato 11 luglio 2015

12.07.2015 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 6 par. 4

4. Gli apostoli tornano dalla loro missione

Gli apostoli, ritornati dalla loro missione, riferirono a Gesù quello che avevano fatto e insegnato. Lo zelo per la salvezza delle anime li aveva vivificati, ed il bene operato nel nome del Maestro aveva destato la loro fede. Non si lavora per le anime con vero spirito d'amore e di zelo, senza sentirsene migliorati spiritualmente. Annunziare la Parola di Dio con vera fede significa meditarla più profondamente; e vederla germinare nel cuore altrui significa sperimentarne l'efficacia e sentirsi più vicini al Signore. Si sente dal contesto medesimo che gli apostoli, ritornando dalla missione, avevano più fiducia in Gesù Cristo, e che Gesù li guardava con infinita tenerezza; è proprio quello che avviene ogni volta che l'anima zela la gloria di Dio e la salvezza del prossimo.

sabato 4 luglio 2015

05.07.2015 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 6 par. 2

2. Il disprezzo degli abitanti di Nazaret per Gesù

Partito da Cafarnao, Gesù andò a Nazaret, riguardata da tutti come la sua patria. Era stato tanti anni nascosto in quella città, vi aveva esercitato il mestiere di falegname insieme con san Giuseppe, suo padre putativo e, ritornandovi ora, accompagnato dai discepoli come maestro di sapienza, suscitò l'animosità dei cittadini.

Avrebbero dovuto gloriarsi di Lui, ma per le continue opposizioni degli scribi e farisei non credettero che la sua notorietà fosse giunta a tal grado da lusingarli nell'orgoglio di essere concittadini di un illustre personaggio. Essi anzi concepirono disprezzo per la sapienza altissima che manifestava, sembrando loro una presunzione, e stimandola una contraddizione con i suoi umili natali. Molti conoscevano sua madre, Maria, la sua parentela, i suoi fratelli-cugini e le sue sorelle-cugine, tutta gente che appariva di nessun conto, e sembrava loro diminuirsi rendendogli omaggio. Non parlarono di san Giuseppe il quale era già morto, ma di Gesù falegname, perché, evidentemente era subentrato a san Giuseppe nel mestiere, e si scandalizzarono sembrando loro che la sua predicazione fosse un discredito per il sacro ministero.