sabato 22 aprile 2017

23.04.2017 - Commento al vangelo di S. Giovanni cap. XX par. 4-5

4. Gesù Cristo appare agli apostoli

Dopo che Pietro e Giovanni tornarono dal sepolcro, e dopo il messaggio delle pie donne e della Maddalena, cominciò a nascere negli apostoli un po' di fede. Non era la fede profonda e completa di chi crede a Dio che rivela, riguardando come somma ragione la sua autorità, ma era come l'alba di questa fede, era come il rinascere di una speranza che sembrava già morta, era come il primo rinverdirsi d'un ramo spezzato dalla tempesta. Questo po' di fede, più naturale che soprannaturale in quel momento, fu la disposizione che rese loro possibile la grazia della rivelazione del Signore.

Essi erano in buona fede, in fondo, poiché non avevano capito i tratti della Scrittura che parlavano della risurrezione né ricordavano ciò che in proposito aveva loro detto Gesù; non rifiutavano di credere alla Parola di Dio positivamente, ma s'erano come smarriti nel labirinto delle loro idee e delle loro aspirazioni.

Il timore poi dei Giudei aveva fatto nascere in loro inconsciamente quasi il desiderio di sottrarsi, se fosse stato possibile, all'incanto ed al fascino di ciò che in tre anni avevano visto ed ascoltato.

La paura è sempre una pessima consigliera, e quando diventa panico cerca ogni scappatoia per sottrarsi al pericolo; se non in tutti gli apostoli e discepoli, almeno in alcuni subentrò un desiderio occulto di non pensare più al passato, di abbracciare un tenore comune di vita, e ritornare alle loro occupazioni; ne abbiamo un esempio nell'episodio dei discepoli di Emmaus, del quale parla san Luca (23,13-35). Il timore s'accrebbe negli apostoli per le stesse notizie che riguardavano la risurrezione. Certamente il Corpo di Gesù non c'era più nel sepolcro, e questo fece loro temere che le autorità li accusassero di averlo essi sottratto, iniziando contro di loro una persecuzione; perciò stavano guardinghi e tenevano ben chiuse le porte dove erano congregati. Ora mentre erano insieme, nella sera della stessa domenica della risurrezione, Gesù Cristo, senza bisogno di farsi aprire, entrò improvvisamente in mezzo a loro, e fermatosi disse: La pace sia con voi.

Nella sua misericordia e nel suo amore veniva per troncare la loro diffidenza, e per mostrare la realtà della sua risurrezione. Perciò, passato il primo momento di sbigottimento che si generò in essi a quella vista, li invitò ad avvicinarsi a Lui, e mostrò loro le mani piagate ed il costato aperto, affinché avessero avuto un argomento sensibile della realtà del suo Corpo, ed avessero constatato che quello era proprio il Corpo crocifisso tre giorni prima sul Calvario.

domenica 16 aprile 2017

16.04.2017 - Commento al vangelo di S. Giovanni cap. XX par. 2

Il primo giorno dopo il sabato, cioè la Domenica, Maria Maddalena si recò al sepolcro all'alba mentre era ancora buio. Era partita dalla sua casa o dal luogo dov'erano chiusi gli apostoli, ch'era quasi notte ancora e non era sola ma accompagnata dalle pie donne (Mt 28,1; Me 16,1-2; Le 24,1) con le quali giunse al sepolcro allo spuntare del sole (Me 16,2). San Giovanni nomina solo Maria Maddalena, sia perché completa le narrazioni dei Sinottici, e sia perché essa, più ardente di tutte, pigliò l'iniziativa e raccolse le altre donne. Essa poi fu quella che corse per prima ad avvisare Pietro e Giovanni dello stato in cui aveva trovato la tomba.

Mentre le donne camminavano avvenne la risurrezione, ed esse avvertirono il terremoto che la seguì allorché l'angelo discendendo dal cielo, rovesciò la pietra. Maria Maddalena, nel vedere di lontano il sepolcro aperto, ben lungi com'era dal credere alla risurrezione, suppose che avessero rubato il Corpo di Gesù, e corse per avvertirne gli apostoli più rappresentativi, Pietro e Giovanni; le altre pie donne giunsero fino alla tomba ed ebbero la visione degli angeli; Maria Maddalena poi tornò di nuovo sola al sepolcro per tentare di rintracciare essa il sacro Corpo. Non sapeva credere che fosse risorto, e non sapeva rassegnarsi che l'avessero rubato; voleva ad ogni costo rendergli gli ultimi attestati di venerazione ed era desolata di non poterlo fare. Ella era stata più vicina al Signore nella Passione, ed aveva constatato l'odio dei sacerdoti, degli scribi e dei farisei, ed appena vide la pietra del sepolcro ribaltata pensò che avessero voluto fare al suo Signore l'ultimo oltraggio, e corse per vedere che cosa si fosse potuto fare per impedirlo o ripararlo.

sabato 8 aprile 2017

09.04.2017 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. XXVI par. 2-10

2. L'annunzio della prossima morte del Redentore, dato da Lui stesso, dal sinedrio e dall'atto di pietà della Maddalena

Si avvicinava la Pasqua solenne, nella quale dovevano compirsi i simboli, le figure e le profezie del passato, la Pasqua nella quale doveva essere immolato il vero Agnello, e proclamarsi la nuova alleanza tra Dio e l'uomo. Gesù stesso volle darne avviso ai suoi apostoli perché si fossero predisposti al momento solenne, che doveva essere per loro di suprema prova; il suo avviso era profetico, perché riguardava un futuro che umanamente non poteva sapersi, ed Egli nel darlo mostrava non solo di conoscerlo ma di dominarlo.

La Passione e la Morte non lo colpirono all'improvviso, ma Egli che tutto prevedeva, liberamente l'accoglieva per compiere la volontà del Padre e i disegni ammirabili della sua misericordia.

La Pasqua era la principale solennità degli Ebrei, la quale ricordava la liberazione dall'Egitto, figura a sua volta della liberazione dal peccato. Le si dava principio la sera del 14 di Nisan, cioè verso i primi giorni di aprile, con la cena dell'agnello, e durava otto giorni. Quando il 14 cadeva di venerdì, la sera della cena veniva a coincidere col principio del sabato, ed allora si anticipava l'immolazione e la cottura dell'agnello al giorno 13, non potendosi fare questo in giorno di sabato.

Gesù Cristo annunziò la sua imminente morte due giorni prima della grande solennità, e quasi contemporaneamente al suo annunzio si adunò il sinedrio per decidere come catturarlo con inganno ed ucciderlo. Per mantenere il segreto fu scelto come luogo dell'adunanza non la solita sala dei consigli, ma l'atrio della casa di Caifa, principe dei sacerdoti. Data poi l'affluenza dei pellegrini, si stabilì di catturarlo dopo i giorni di festa, per evitare una possibile sollevazione popolare.

Due annunzi della Passione del Signore, uno dato da Lui stesso che volontariamente si offriva come vittima, un altro dato dal sinedrio che malignamente ne tramava la morte; uno dato dall'amore l'altro dall'odio implacabile.

L'evangelista aggiunge a questi annunzi quello dato misticamente da una donna in casa di Simone il lebbroso, quasi inconsciamente. Questa donna, identificata generalmente per Maria Maddalena, entrò nella stanza dove si tratteneva Gesù, e gli versò sul capo un prezioso unguento di nardo, in segno di rispetto e di amore. Era costume di ungere con unguenti il capo e la barba degli ospiti, per testimoniare loro rispetto e deferenza, ma l'atto della Maddalena trascendeva quello di una semplice considerazione, era fatto per una particolare mozione di grazia che la spinse, per delicatezza, ad anticipare al Corpo del Redentore quegli uffici di rispetto e di venerazione che non potè rendergli dopo la morte. Lo disse Gesù Cristo medesimo, difendendola contro le mormorazioni degli apostoli, i quali videro in quella effusione un vano sciupio di denaro; Egli anzi affermò categoricamente che quell'atto sarebbe stato ricordato in tutti i secoli, nella predicazione del Vangelo.

Gesù Cristo annunziò la sua Passione e Morte per stabilire implicitamente questa verità fondamentale nel grande dramma che stava per svolgersi, e proclamare che nessuno avrebbe potuto togliergli la vita, senza che Egli l'avesse voluto. Il sinedrio manifestò tutta la propria malignità nel congiurare, e la Maddalena l'amore immenso che le ardeva nel cuore. Erano i tre capisaldi della Passione: l'amore che si dona, la perversità che lo immola, l'amore che risponde all'amore.

Quale potenza avrebbe potuto sopraffare l'Onnipotente?

Potrebbe mai un fiotto di acqua spegnere il sole? Se per ipotesi potesse raggiungerlo, sarebbe all'istante svaporizzato dall'immensa fiamma. L'atomo non potrebbe neppure lontanamente pensare di poter abbattere la salda roccia, né l'insettuccio di conquidere il gigante.

Ci volle tutta l'onnipotenza dell'amore per permettere all'odio insano di andargli contro e sopraffarlo; si direbbe anzi che l'amore abbia volto contro di sé quella malignità, che in caso opposto sarebbe stata meno di un fiotto d'acqua contro il sole, di un atomo contro la roccia, o di insettuccio contro un gigante. Che meraviglia è l'amore di Gesù che s'immola!

Nella vita cristiana anche noi, immagine di Gesù Cristo, ci sentiamo annunziare le angustie che ci purificano; il futuro ci serba sempre sorprese d'immolazioni penose, necessarie al conseguimento dell'eterna gloria. Dio ci prova per amore; la malignità umana ci perseguita per odio, e la carità dei buoni tempera le nostre pene con le sue delicatezze, che sono come unguento preziosissimo sulle nostre piaghe.

E necessario accogliere le prove di Dio col fìat della rassegnazione amorosa a Lui che è Padre e non può volere che il nostro bene; è indispensabile accogliere perdonando le pene che ci vengono dall'umana malizia, e ricevere con molta riconoscenza il sollievo che ci dona la carità.

La vita è un cammino di dolorosa passione, ma è breve; dopo un po' di combattimento si raggiunge la meta, e la meta è l'eterna felicità. Consideriamo con gioia questa brevità: di qui a poco meneremo albana, per così dire, come vecchi indumenti sdruciti, quello che ci tormentargli occhi, il cuore, il fegato, lo stomaco, le membra che ci danno pena non ci serviranno più; ce ne libereremo come si libera li bruco e la crisalide della sua forma per mettere le ali; voleremo per la croce alla luce!

sabato 1 aprile 2017

02.04.2017 - Commento al vangelo di S. Giovanni cap. XI par. 2

2. Il mirabile racconto della risurrezione di Lazzaro nelle sue circostanze storiche e psicologiche

Pochi racconti nella medesima Sacra Scrittura hanno la vivezza storica e psicologica del miracolo che meditiamo. San Giovanni ne fu certamente testimone oculare, e la commozione grandissima che provò innanzi ad un prodigio così grande, glielo impresse indimenticabilmente nell'anima.

Non si può leggere questo racconto senza sentirsi presenti al fatto e senza piangere. La tenerezza di Gesù commuove, il dolore delle sorelle del defunto fa fremere, l'atteggiamento della folla dei visitatori ci fa vivere nella casa di Marta e di Maria, desolata dalla morte e movimentata dalle premure della carità. Tutto nel racconto è naturale e spontaneo come avvenne, e tutto è vivo come se il fatto si rinnovasse innanzi a chi lo legge.

Lazzaro, abbreviativo di Eleazaro, abitava con due sue sorelle, nel villaggio e castello di Betania, distante circa tre chilometri da Gerusalemme. Era un benestante, come appare dal contesto, ed era, con le sue sorelle, devotissimo a Gesù, che lo amava con particolare predilezione. Forse questa sua devozione dovette avere origine o per lo meno intensificarsi per la conversione di sua sorella Maria. Il Sacro Testo ricorda infatti non senza ragione la circostanza più bella di questa conversione, e cioè l'unzione che la povera peccatrice fece ai piedi di Gesù, quando in casa di Simone andò a domandargli perdono e misericordia.

Per una famiglia onorata e benestante Maria Maddalena era stata una vergogna grandissima, e la sua conversione aveva stabilito col Redentore dei rapporti di grande, amorosa gratitudine da parte di tutti, ed in particolare forse di Lazzaro, che, come uomo e come capo di casa, aveva dovuto essere il più sdegnato dall'indegna condotta della sorella. In Betania, da non confondersi con la Betania della Perea, la famiglia di Lazzaro per la sua signorilità era tenuta in deferente considerazione, come appare dal concorso di gente che affluì nell'occasione del lutto sofferto; il modo stesso come mandarono a pregare Gesù quando il fratello si ammalò, e il modo come si lamentarono della mancata visita confermano questa signorilità, che nel pregare si contentò di un accenno, e nel lamentarsi usò un'espressione piena di rispettosa deferenza. Da queste circostanze poi si deduce anche la fede che tutta la famiglia aveva in Gesù Cristo, vero Figlio di Dio. Nella preghiera, infatti, che gli fecero non gli dissero di andare subito dall'infermo, non lo premurarono a guarirlo in distanza, non lo pressarono con espressioni accorate, ma gli esposero solo il caso doloroso, e fecero appello al suo Cuore: Ecco, colui che ami è infermo.