sabato 25 giugno 2016

26.06.2016 - Commento al vangelo di S. Luca cap. 9 par. 9

9. Gesù viaggia verso Gerusalemme

Avvicinandosi il tempo dell'assunzione di Gesù al cielo dopo la Passione e morte, Egli si mostrò risoluto di andare a Gerusalemme. Sapeva bene che in quella città sarebbe stato condannato a morte, e poiché l'amor suo lo spronava a dare la vita per la salvezza di tutti, vi andava risoluto, cioè pronto ad accettare gli aspri tormenti che lo aspettavano. Siamo agli ultimi sette mesi della sua vita, ed Egli, dopo aver evangelizzato la Galilea, iniziava il viaggio verso Gerusalemme, per predicare la buona novella nella Perea e nella Giudea, e compiere la sua missione sul Calvario.

I Samaritani rifiutano di ospitare Gesù
Avendo con sé non solo gli apostoli ma numerosi discepoli, Egli spedì avanti alcuni incaricati per preparare a tutti l'alloggio ed il vitto e per disporre il popolo a riceverlo con frutto.

La via più breve per andare a Gerusalemme era quella che attraversava la Samaria, regione sommamente ostile ai Giudei, specialmente quando si recavano al tempio per adorarvi il Signore. I Samaritani, infatti, avevano anch'essi edificato un tempio sul Garizim, rivale di quello di Gerusalemme e pretendevano che là vi si dovesse adorare Dio invece che nella santa città. Quando sapevano che un Galileo od un Giudeo si recava al tempio, gli mostravano tale ostilità da costringerlo o a desistere od a cambiare strada, facendo un cammino più lungo attraverso la Perea.

È questa la ragione per la quale, quando i messi di Gesù entrarono in una città della Samaria per preparargli l'alloggio, i Samaritani non vollero riceverli e li scacciarono.

Giacomo e Giovanni ne furono indignati, ed avrebbero voluto invocare il fuoco dal cielo su quell'ingrata città. Essi sul Tabor avevano visto Gesù nella gloria, e con Gesù anche Mosè ed Elia; il ricordo della Maestà del Maestro provocava sdegno contro quelli che lo rigettavano, ed il ricordo di Elia che, aveva chiamato il fuoco dal cielo contro i suoi nemici, faceva loro venire il desiderio d'imitare il suo gesto e di punire i Samaritani.

Ma Gesù li redarguì severamente, dicendo: Non sapete di quale, spirito siete. Il Figlio dell 'uomo non è venuto a perdere le anime ma a salvarle. Essi credevano di parlare per zelo, ed invece quei pensieri di severa giustizia venivano loro da satana e dalla natura; essi non sapevano discemere lo spirito che in quel momento li animava. Il rifiuto che ebbero fu sgarbato, li disgustò, li offese, ed il loro desiderio di giustizia era un sottile e subcosciente desiderio di vendetta. Volevano mostrare ai Samaritani non solo la superiorità del divino Maestro, ma anche la loro autorità; immaginavano che un segno spettacoloso avesse dovuto umiliarli, e far loro capire la loro inferiorità; c'era in quel desiderio di vendetta anche l'ostilità che sentivano in particolare contro i Samaritani, stimandoli scomunicati e maledetti.

Ma Gesù non era andato nella Samaria per perderla; vi si era recato per salvarvi le anime, a Lui carissime, e non voleva diffondervi che misericordia e, perdono; compatì quei poveretti che lo rigettarono e se ne andò in un altro villaggio.

sabato 18 giugno 2016

19.06.2016 - Commento al vangelo di S. Luca cap. 9 par. 4

4. Tu sei il Cristo di Dio: le voci della stoltezza su Dio e la sua provvidenza, e la nostra voce di amore

Dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci san Matteo e san Marco dicono che Gesù si appartò su di un monte per pregare, ingiungendo ai suoi di andare in barca all'altra riva. Nel mezzo del lago gli apostoli furono sorpresi dalla tempesta, e Gesù li raggiunse camminando sulle acque. San Matteo narra in particolare l'episodio di san Pietro che al comando del Maestro camminò egli pure sulle acque (Mt 14,22ss; Me 6,46ss). Approdarono poi a Genesaret, dove Gesù operò molti miracoli, e di là si trasferì nei pressi di Tiro e di Sidone, dove avvenne l'episodio della Cananea (Mt 15,22ss; Me 7,25ss).

Ritornato in Galilea, Gesù vi guarì molti infermi, ed in particolare un sordo muto (Me 7,32ss). La folla nuovamente lo circondò, e Gesù l'alimentò con una seconda moltiplicazione, facendo bastare sovrabbondantemente a circa quattromila persone sette pani e pochi pesciolini (Mt 15,32-39; Me 8,1- 10). Dopo questa moltiplicazione avvenne una disputa coi farisei e i sadducei (Mt 16,1-4; Me 8,11-13). Tornato a Betsaisa Gesù vi guarì un cieco sputandogli sugli occhi (Me 8,22-26), ed andato coi suoi nei pressi di Cesarea di Filippo, domandò loro che cosa dicessero di Lui gli uomini.

San Luca non ricorda tutti questi avvenimenti e dalla prima moltiplicazione dei pani passa subito a parlare della domanda fatta da Gesù ai suoi apostoli sulle voci che correvano di Lui. A molti sembra inesplicabile questa lacuna di san Luca, e suppongono che sia andato perduto qualche foglio del suo manoscritto; ma è evidente che l'evangelista, avendo raccolto da altri le notizie dei fatti che narra, non ebbe particolari informazioni su quegli avvenimenti, o le ebbe frammentarie e pensò di non inserirle nel suo libro. Del resto gli evangelisti non raccontano tutto quello che avvenne nella vita di Gesù, e non è da meravigliarsi della lacuna di san Luca. Si potrebbe anche supporre che Gesù non abbia domandato una sola volta agli apostoli che cosa si dicesse di Lui, e che dopo la prima moltiplicazione, appartatosi con loro in preghiera sul monte sul quale s'era recato proprio per questo, abbia fatto quella domanda per risuscitare in loro la fede su quello che Egli era veramente.

A noi questo sembra più probabile anche dal punto di vista psicologico: Gesù, infatti, aveva raccolto gli apostoli dopo la missione da essi compiuta, per farli rifocillare e riposare, e principalmente per dare ad essi, nel raccoglimento della preghiera, un maggiore sentimento di umiltà, ed evitare che avessero potuto gloriarsi di quello che avevano operato. Raccoltasi sul monte la turba, Egli non poté badare ai suoi apostoli; ma, licenziatala dopo il grande miracolo, li riunì in preghiera e domandò loro che cosa dicevano le turbe di Lui.

E evidente dal contesto e anche dagli altri Vangeli, che gli apostoli avevano capito poco o niente del miracolo della moltiplicazione dei pani, e Gesù con quella domanda volle richiamare la loro attenzione su quello che Egli era. Essi, infatti, non avevano ancora in Lui un pieno abbandono ed una piena fede, si preoccupavano eccessivamente delle cose temporali, pensavano al loro esaltamento, e gareggiavano fra loro chi fosse il più grande, perché non riflettevano che Egli era il Figlio di Dio.

sabato 11 giugno 2016

12.06.2016 - Commento al vangelo di S. Luca cap. 7 par. 5

5. Il tenero spettacolo della peccatrice penitente ai piedi di Gesù

Uno dei farisei, Simone, volle mostrare a Gesù di essere cordiale e generoso, e lo pregò che andasse a mangiare con lui. Sperava forse di ragionare con Lui e confutargli tante sue idee; aveva forse un segreto desiderio di scrutarlo. Stimandolo un illuso il non avergli fatte le cortesie rituali dovute agli ospiti ce lo fa supporre; se l'avesse invitato per aver l'onore di ospitarlo, lo avrebbe trattato con cordialità e con onore. È probabile pure che avesse avuto qualche beneficio da Gesù, e che per una convenienza umana l'avesse invitato per disobbligarsi; questo può rilevarsi dalla parabola dei due creditori che il Redentore gli raccontò.

Gesù accettò l'invito non tanto per il fariseo, quanto perché la sua misericordia aspettava una povera peccatrice e voleva darle modo di rintracciarlo comodamente.

Gli orientali solevano lasciare aperte a tutti le porte d'un banchetto, perché si potesse curiosare sui convitati; Simone, quindi, seguì questo uso, anche perché molti ricercavano Gesù.

Una donna, identificata in Maria Maddalena dai migliori interpreti, peccatrice nella città, cioè pubblica peccatrice, appena seppe che Gesù era a tavola, presa da un grande pentimento delle sue colpe e da un grande e soprannaturale amore, entrò nella sala e si gettò ai piedi di Gesù.

Gli antichi mangiavano su divani, coricati sul lato sinistro, e coi piedi che sporgevano indietro, di modo che fu facile alla donna il genuflettersi e l'abbracciare i piedi di Gesù. Essi erano nudi, giacché a tavola si lasciavano i sandali per non imbrattare i divani.

Era una povera peccatrice, traviata più dall'ardente suo cuore che da una profonda degenerazione; aveva ascoltato Gesù, aveva assistito forse al miracolo del giovane risuscitato, e aveva sentito nel cuore un profondo rammarico delle sue colpe. Il volto di Gesù l'aveva conquisa con un amore purissimo che tutta la trasfigurava, ed aveva sperimentato e controllato in questo nuovo amore tutta l'abiezione della sua vita.

Era stata essa in Naim un'insidiatrice del giovane morto prematuramente? Aveva sentito in quella morte il primo rimorso cocente del proprio peccato, vedendo piangere la desolata madre? Aveva visto nel miracolo di quella risurrezione la possibilità per lei di risorgere dalle sue colpe? Si può anche supporre, giacché pare certo che essa era pubblica peccatrice proprio in Naim.

Entrò nella casa del fariseo senza curarsi di nessuno, tutta presa da rimorsi e da angustie, portando con sé un vasetto di prezioso unguento; genufletté, si abbracciò ai piedi Gesù, ed a quel divino contatto sentì tanto dolcissimo pentimento a tanto purissimo amore, che cominciò a piangere, a piangere e, come facevano le donne supplicanti sulle soglie del tempio, che le bagnavano di lacrime e le asciugavano coi capelli, essa discioltasi la chioma, sentendo in quel Corpo divino un mistero più arcano di un tempio, cominciò ad asciugare i piedi divini coi suoi capelli e ad ungerli con l'unguento.