giovedì 26 febbraio 2015

26.02.2015 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 7 par. 4-5

4. Pregare ed abbandonare nelle mani di Dio con la preghiera la cura di mutare le anime

Gesù Cristo, dicendo di non dare le cose sante ai cani, e le perle ai porci, non vuole affermare che gli uomini ridotti così debbono lasciarsi in abbandono, egli anzi ci esorta a pregare, a chiedere insistentemente e con ardore la conversione di queste anime, e in generale a domandare il bene per noi e per tutti quelli che ci possono sembrare difettosi. La sua bellissima esortazione alla preghiera è legata a quello che dice prima, e quantunque possa applicarsi a qualunque preghiera, riguarda principalmente quelle che si fanno per il proprio miglioramento e per quello degli altri.

giovedì 19 febbraio 2015

22.02.2015 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 1 par. 3

3. La voce del Padre nel Giordano e la voce di satana nel deserto

San Marco sintetizza in brevi parole due grandi avvenimenti della vita di Gesù Cristo; il suo battesimo nel Giordano e la sua tentazione nel deserto. Avendo parlato della voce che gridava nel deserto per preparare la via del Signore, è attratto dal ricordo della voce del Padre che risuonò sul Giordano, ed accenna appena alla voce di satana che tentò troncare la missione del Redentore. Una voce la preparava, una voce la proclamava, una voce tentava arrestarla. Le circostanze di questi fatti sono quasi accidentali, e l'evangelista vi si trattiene poco.

Giovanni aveva detto che il Redentore avrebbe battezzato nello Spirito Santo, e Gesù Cristo volle consolarlo, iniziando quel battesimo proprio per le mani di lui. Andò a ricevere il battesimo della penitenza per accogliere su di sé i nostri peccati, ed andò a santificare le acque con la sua presenza e con quella del Padre e dello Spirito Santo, perché si fossero mutate in lavacro di rigenerazione e di grazia. Scese nelle acque come novello Mosè, ed aprì il mare della divina misericordia con la sua potenza d'amore, attraendo sulla terra lo sguardo del Padre; i cieli si aprirono e discese visibilmente lo Spirito Santo, come discese al principio del mondo sulle acque per fecondarle nella vita; si compiva solennemente quello che era stato un lontano e misterioso annunzio nella creazione, poiché il Verbo fatto uomo discendeva nell'acqua per rigenerare tutto in Lui, lo Spirito Santo discendeva sul Verbo fatto vittima, per fecondare l'opera sua, ed il Padre faceva sentire la sua voce, compiacendosi del Figlio divino che lo amava, ed amandolo nella fiamma dell'infinito Amore.

Fu un momento solenne nel quale la gloria della Santissima Trinità illuminò nuovamente la terra; il Redentore si umiliò discendendo nell'acqua, ed in quell'atto di umiliazione riconobbe la gloria di Dio, esaltandolo sopra tutte le cose; alla voce del suo amore si aprirono i cieli, cioè sparirono quasi nell'immensa luce che si diffondeva, e dalle profondità luminosissime venne come una candida fiamma che sembrava una colomba: era l'infinito Amore che rispondeva all'Amore del Verbo Incarnato; era la compiacenza del Padre che spirava col Verbo l'infinito Amore; era la testimonianza del cielo che si univa a quella della terra, e confermava la voce di Giovanni.

Si deve notare che l'evangelista descrive la scena in poche parole, perché essa fu quasi come un lampo di luce sfolgorante; in un attimo avvolse tutta la terra, poiché per tutta la terra si diffuse la voce placida e potente della divina Bontà, che abbracciò le sue creature, rappresentate dal Redentore, oggetto della sua infinita compiacenza.

Nel mondo, però, satana non era stato ancora sconfitto, e nella gloriosa manifestazione del Giordano aveva dovuto sogghignare beffardamente, perché aveva ancora la preda fra gli artigli, e si riprometteva nel suo orgoglio di non farsela sfuggire. Ecco perché subito lo Spirito Santo, che aveva santificato tutta l'umanità del Redentore con nuovi doni, lo spinse nel deserto perché avesse dato a satana la prima sconfitta digiunando e ricacciandolo nell'abisso.

San Marco non racconta minutamente la tentazione di satana, non aveva bisogno di farlo; gli importava opporre al primo Adamo il secondo, al peccatore il Riparatore, al ricercatore del godimento il Penitente divino, che, spinto dall'amore per il Padre, va nel deserto invece che nell'Eden; digiuna invece di appetire il frutto proibito; ricaccia satana che lo tenta invece di farsi lusingare dalla sua voce infernale; rimane con le fiere invece di cercare il seducente sorriso di Eva, come fece Adamo compiacendola, e fu servito dagli angeli, perché proprio in questo elevò l'umana natura, rendendola compagna degli angeli di Dio.

Ecco tracciato il nostro cammino di resistenza allo spirito infernale. Dobbiamo umiliarci riconoscendoci peccatori, sottomettendoci agli altri, e cercando unicamente la gloria di Dio. Dobbiamo offrire al Signore un cuore puro, perché la grazia dello Spirito Santo lo inondi e lo renda compiacenza di Dio.

Quello che impedisce l'effondersi della grazia in noi è proprio l'impurità, figlia di orgoglio e orgoglio maledetto della carne. Non è necessario il cadere nel baratro per essere chiusi alla grazia, bastano anche quelle miserie volontarie che distraggono l'anima vanamente nelle creature. La curiosità morbosa, che ci ferma esternamente nell'ammirazione della forma estetica, e che internamente ci attrae al senso con vane compiacenze e con desideri di male spesso inconsci, è una barriera che si frappone tra noi e la grazia, e può da sola renderci infecondi spiritualmente, e sospingerci verso gli abissi del male.

Ritiriamoci nel deserto con la modestia degli sguardi, e formiamo in noi la solitudine, impedendo che il mondo ci si avvicini attraverso quegli spettri che si formano in noi per gli sguardi dissipati. Non crediamo che sia poi un male, magari, il non vedere un oggetto che ci può sembrare di arte; non ci facciamo illudere dalla necessità di osservare o dal bisogno di ammirare ciò che è bello; tutte queste scuse non impediscono di respirare l'aria mefitica della carne, e ci attraggono pesantemente nelle sfere dei sensi.

Quando l'aeroplano gira su se stesso, s'avvita come si dice in termine tecnico, e quando s'avvita fa precipitare nel vortice della morte; similmente, quando ci rivolgiamo su di noi o sulle creature, la carne ci avvita, e precipitiamo facilmente nella mota, dove la divina Colomba non può fermarsi.

Andiamo nella solitudine appartandoci da tutto ciò che è vano e curioso, da tutto ciò che ci distrae nell'ansietà di voler vedere, osservare, ammirare; lo diciamo proprio per la salvezza e la santificazione delle anime, e per renderle oggetto di compiacenza innanzi a Dio; amiamo la solitudine interiore, facciamolo almeno per prova; rifuggiamo dagli sguardi che fanno giungere a noi le voci di satana, alimentiamo l'anima nelle placide visioni del cielo, e sentiremo nel cuore e nei sensi una libertà dolcissima che ci farà volare fino a Dio, e ci farà conversare con gli angeli.

Sac. Dolindo Ruotolo

 

sabato 14 febbraio 2015

15.02.2015 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 1 par. 6

6. Il lebbroso guarito e la Confessione sacramentale

Dopo la giornata laboriosa passata nella casa di san Pietro, Gesù Cristo, riposatosi un poco, di buon mattino si ritirò in un luogo solitario per pregare. Non fece sapere dove andava, per essere lasciato tranquillo. Com'è solenne quest'orazione di Gesù al Padre! Egli aveva visto tanti languori e tante infermità nel popolo che gli si era affollato d'intorno, ed il suo Cuore era rimasto profondamente addolorato. L'amore verso i sofferenti gli aveva troncato il riposo, e poiché Egli era il mediatore tra l'uomo e Dio, era andato a pregare per gli uomini.

domenica 8 febbraio 2015

08.02.2015 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 1 par. 5

5. La dottrina di Gesù. L'indemoniato. La suocera di san Pietro. La casa di san Pietro e la Chiesa cattolica
Dopo la chiamata dei primi quattro apostoli, Gesù andò in loro compagnia a Cafarnao ed, essendo giorno di sabato, entrò nella sinagoga e cominciò ad insegnare. Tutti rimanevano stupiti della sua dottrina, dice il Sacro Testo, perché Egli insegnava come uno che ne aveva l'autorità, a differenza degli scribi che si rimettevano a ciò che insegnava la Sacra Scrittura, appoggiandosi alla sua autorità. Gesù Cristo annunziava un novello patto fra Dio e l'uomo, e spingeva le anime alla ricerca della verità eterna, parlando come uno che agiva per una precisa missione divina, mentre gli scribi si limitavano a citare Mosè, e si trattenevano a parlare minutamente solo di usi e di prescrizioni esterne, che attanagliavano lo spirito, anziché spingerlo al Signore.
Gesù Cristo parlava con autorità, e la sua parola si appoggiava a Lui stesso, Verbo eterno di Dio ed eterna verità, suscitando nelle anime una grande pace ed un immenso desiderio di Dio, ciò che non producevano gl'insegnamenti degli scribi. Lo stupore che provavano quelli che lo ascoltavano non era poi una sterile ammirazione, ma proveniva da una grande vita interiore che sbocciava sotto il calore della sua grazia e nei raggi della sua bontà.
La parola di Gesù era luce a sé stessa, perché veniva dalla sfolgorante fonte della sua infinita sapienza.
Satana tentò di oscurare questa luce, e finse di volerla glorificare, sostituendo la propria testimonianza tenebrosa a quella della Verità per essenza. C'era nella sinagoga un uomo posseduto dal demonio, il quale, ascoltando Gesù che predicava, gridò: Che abbiamo noi a fare con Te, Gesù Nazareno? Sei tu venuto a perderci? Io so chi sei tu, il Santo di Dio.
Satana voleva sostituire alla fede che la divina Parola suscitava nei cuori, la fede nella propria parola; voleva che avessero riconosciuto Gesù per Messia non per la testimonianza della divina verità, ma per la propria tenebrosa testimonianza, perciò non ebbe ritegno di dichiararsi estraneo al Signore, di mostrarsi terrorizzato di Lui, e di proclamarlo il Santo di Dio, cioè il Messia. Se il popolo l'avesse ascoltato, avrebbe creduto non per la divina autorità che si svelava, ma perché l'aveva detto satana. Per questo Gesù gl'impose di tacere e gli comandò di lasciare l'infelice che tormentava.
A primo aspetto sembra strano che il Signore abbia imposto silenzio a satana che lo proclamava Santo di Dio; ma la fede, come tale, non può appoggiarsi che all'autorità di Dio che rivela, perché è assenso della ragione e dedizione della volontà a Lui per amore; qualunque altra testimonianza della verità non fa sorgere in noi la fede, ma tutto al più uno sterile consenso a quello che sembra autorevole e sorprendente.
Satana ripete il suo triste gioco nello spiritismo, quando dai tavoli parlanti mostra di avere terrore della divina maestà e conferma la verità della fede; gli spiritisti vanno in giòlito a quelle affermazioni, sembrando loro un argomento irrefutabile della bontà delle loro pratiche superstiziose, e non si accorgono che partono dal tavolino credendo a satana più che a Dio, e che credono con un senso di sterile spavento che spegne in loro ogni scintilla di amore.
Satana si mostrò per quello che era quando abbandonò il poveretto che ossessionava; egli infatti lo straziò ed uscendo da lui urlò forte come belva ferita; non poteva dare che tormenti, essendo spirito infelicissimo, e non poteva che urlare, non portando mai pace. Gesù Cristo, cacciandolo di piena autorità negli abissi, con una sola parola, si manifestò Re potentissimo, tanto che le turbe rimasero stupefatte e piene di gioiosa ammirazione divulgarono in breve il fatto per tutta la Galilea.
In casa di Simon Pietro
Terminata l'istruzione nella sinagoga, Gesù andò in casa di Simone insieme agli altri tre apostoli; Egli aveva già in considerazione Simone, detto poi Pietro, ed andò in casa di lui, quasi fosse la sua propria abitazione. Ora, la suocera di san Pietro era a letto con febbre; doveva essere non una semplice indisposizione momentanea, ma una febbre preoccupante, perché appena Gesù fu in casa gli parlarono dell'inferma, supplicandolo che si fosse degnato di guarirla.
Gesù si avvicinò al letto, la prese per mano e l'alzò, comandandole con questo gesto di guarire. La febbre la lasciò immediatamente, ed essa, interamente risanata, incominciò a servire la comitiva. Era giorno di sabato, e il desinare era stato già preparato il giorno prima; la suocera di san Pietro quindi dovette solo ministrare ciò che era stato approntato. Questa circostanza, benché minima, mostra la verità del racconto e, diremmo, il colore locale della terra dove il fatto avveniva.
La notizia della guarigione della suocera di san Pietro si sparse subito in città, ed una folla immensa si accalcò alla porta della casa per presentare a Gesù gli infermi e gli indemoniati, ed implorarne la guarigione. Egli nel suo immenso amore consolò tutti con parole di vita, curò molti infermi e liberò molti indemoniati, imponendo agli spiriti perversi di tacere. Non curò tutti gl'infermi che gli furono presentati, perché per molti non sarebbe stato opportuno, e parecchi forse mancavano di fede per avere il miracolo.
Il Signore non sempre può esaudirci nelle preghiere che gli rivolgiamo per ottenere grazie temporali, perché a volte esse possono essere di ostacolo a quelle spirituali. Dio non guarda solo il momento presente, ma guarda i nostri tempi futuri e l'eternità, e proporziona le sue misericordie al nostro vero bene.
Che cosa ci gioverebbe riacquistare la salute se dovesse poi servirci a subire nuove pene temporali ed a farci pericolare nell'anima? Anche nei celebri santuari dove si operano guarigioni ammirabili, non tutti vengono esauditi nelle preghiere fatte per il corpo, ma può dirsi che tutti vengono consolati nell'anima, come lo mostra l'esperienza. Sappiamo abbandonarci alla divina volontà, e sappiamo essere sicuri di Dio.
Egli è infinita carità, infinita bontà, infinita potenza, e non può volere che il nostro vero bene; tutto quello che ci può sembrare storto non deve turbarci, ma deve farci adorare profondamente la divina maestà. Mettiamoci al caldo dell'infinita bontà di Dio, e riposiamo tra le sue braccia; amiamolo con maggiore amore nelle tribolazioni, baciamo le sue mani soavissime, testimoniamogli una fedeltà piena, piena, incrollabile e teneramente filiale.
Gesù Cristo guarì gl'infermi nella casa di san Pietro, dove commosse tutta la moltitudine; Egli continua a guarire l'inferma umanità dalla cattedra pontificia, poiché là Egli vive, dimora e manifesta la sua potenza. Nella casa di san Pietro c'era la suocera con la febbre, e Gesù, prima di operare i miracoli in beneficio di tutti, sanò la buona donna; Egli volle mostrare così che nella casa di Pietro può esservi anche la debolezza delle umane infermità e la febbre delle umane miserie ma che Egli cura queste miserie e le permette per mutarle in servizio dei disegni di Dio.
Andiamo alla cattedra di san Pietro con piena fede, e rifugiamoci nelle braccia della Chiesa, mirabile ospizio d'amore, dove ogni giorno avvengono innumerevoli miracoli di misericordia e di grazia. Se intendessimo che cosa è la Chiesa e che cosa è il suo centro vitale, il Papa, non saremmo così stolti da impressionarci delle calunnie che gli empi gettano sulla nostra madre benedetta, e le saremmo fedeli fino al martirio.
Sac. Dolindo Ruotolo