domenica 2 febbraio 2014

02.02.2014 - Commento al vangelo di S. Luca cap. 2 par. 4-5

4. La circoncisione
L'ottavo giorno dopo la nascita di un bambino si compiva il rito della circoncisione, segno dell'alleanza contratta da Dio col popolo ebreo. Essa consisteva in un taglio doloroso in una parte delicata del corpo, che doveva essere poi come un mezzo, benedetto nel dolore, per la propagazione del popolo eletto. Simbolo e figura della immolazione del Redentore, dal cui Sangue preziosissimo doveva nascere la progenie dei veri figli di Dio, rimetteva il peccato originale e congiungeva a Dio le anime. La donna non riceveva nessun segno speciale dell'alleanza con Dio; perché essa era come parte integrante dell'uomo, e partecipava così all'unione col Signore. Come Maria fu immacolata intuita meritorum Ghristi, in vista, in previsione dei meriti di Cristo', così la donna che ne era come la figura, partecipava alla giustizia dell'uomo, segnata dalla circoncisione. Il dolore doveva redimerci, e logicamente l'alleanza che figurava la redenzione era un segno di dolore; il
21 Si riferisce ai “balilla e avanguardisti”, associazioni premilitari obbligatorie durante il fascismo per fanciulli e giovani, che venivano così avviati all'uso delle armi alle parate militari. La frase corrente era: “libro e moschetto: fascista perfetto”. Così Don Dolindo disapprovava il militarismo ed era atto coraggioso a quel tempo scriverlo apertamente.
Sangue doveva purificarci, e giustamente nel sangue si rinnovava la speranza della salvezza e l'annunzio del suo compimento.
L'uomo si era inorgoglito ed aveva trovato la morte; era giusto, che la riproduzione del genere umano, che doveva riparare la morte e continuare in altri la spenta vita, fosse segnata da un suggello di umiliazione, fino a che l'umiliazione del Redentore e la sua piagata nudità non avesse reso la riproduzione un Sacramento nel suo Sangue.
Sulla croce Egli fu tutto circonciso, e nell'ultima effusione del suo Sangue dal Cuore generò la Chiesa e la sposò. Era logico anche questo, poiché nel cuore e per il cuore si uniscono le anime che si sposano, prima che si uniscano nel corpo; Egli consacrò il cuore umano nella ferita del suo Cuore e consacrò la carne nelle piaghe del suo infinito amore.
La donna ebbe la sua consacrazione espiatrice nella sua stessa funzione materna, compiuta nel dolore e, raccogliendo esso dalla vita, raccoglieva la propria immolazione purificatrice. Generare, quindi, era per lei come un confessarsi macchiata nell'origine, ed il Signore la sottoponeva alla purificazione nel tempio per ammantarla di misericordia, fino a che, rigenerata dal Sangue di Gesù Cristo, non avesse più rappresentato nell'umana generazione la prevaricatrice, ma la Chiesa, feconda di grazie e madre dei figli di Dio. Tutto è mirabile nelle disposizioni di Dio, anche quando l'uomo col suo debole intendimento non lo vede e non lo sa comprendere.
La circoncisione, come s'è accennato, si faceva all'ottavo giorno dalla nascita, alla presenza di almeno dieci testimoni, quasi fossero rappresentanza del popolo per questo numero rilevante. Si faceva o nella casa del neonato o nella sinagoga, e la praticava il padre stesso del bambino od un sacerdote. Praticando il taglio il ministro diceva: Sia benedetto il Signore nostro Dio, che ci ha santificati coi suoi precetti, e ci ha dato la circoncisione. Il padre del bambino, che doveva essere presente, rispondeva: Che ci ha dato d'introdurre il nostro bambino nell'alleanza del nostro padre Abramo. Tutti soggiungevano: Viva colui che hai scelto per figlio. Indi s'imponeva il nome al neonato in memoria del nome novello che Dio impose ad Abramo nell'istituire la circoncisione.
Gesù Cristo, innocenza per essenza, non aveva certo bisogno di farsi circoncidere, ma Egli lo volle per rendersi simile ai suoi fratelli (Eb 2,17), per redimere coloro che erano sotto la Legge (Gal 4,5) per umiliarsi profondamente ricevendo il segno del peccato e per spargere le prime gocce del suo preziosissimo Sangue.
Non possiamo dire con precisione dove sia stato circonciso; probabilmente nella stessa grotta dov'era nato, poiché, continuando l'affluenza di popolo per il censimento, non fu facile a san Giuseppe trovare una casa. Non possiamo neppure dire chi gli abbia fatto il taglio doloroso; forse glielo fece san Giuseppe medesimo, per consacrare meglio la sua paternità legale. Certo egli fu presente, com'era prescritto, e ricevette il Bambino come se fosse stato suo, imponendogli il nome di Gesù.
L'inferno non aveva ancora capito quello che la bontà di Dio compiva sulla terra, giacché, come dice sant'Ignazio martire, il Signore non permise che l'avesse conosciuto. Satana non aveva mai potuto avvicinarsi a Maria, dalla quale si sentiva schiacciato e fulminato; quella immacolata purezza lo sconvolgeva, e quell'umiltà profondissima lo irritava.
Quando l'angelo annunziò il grande mistero, egli fu ricacciato nellTnfemo dalle schiere celesti, e non s'accorse della mirabile operazione dello Spirito Santo. Ma, quando per la prima volta fu pronunziato il nome di Gesù sulla terra, tremò la sua dimora infernale e, secondo la parola di san Paolo, una gran forza di dominio costrinse i demoni stessi ad adorarlo. Passò su di essi come un nembo di splendore folgorante che li umiliò e, come ad una forte scarica elettrica nell'atmosfera le lampadine accese si affievoliscono all'istante o si spengono, così al pronunziarsi del nome divino s'abbassò d'un tratto l'alterigia infernale, e quegli spiriti, che si credevano dominatori, si sentirono umiliati.
Forse allora satana adirato stabilì di fare guerra al Redentore, dovunque si fosse manifestato, e più tardi, individuatolo per la visita dei Magi, aizzò Erode contro di Lui e tentò di farlo perire nella strage degl'innocenti. Satana ricordò la sconfitta avuta nel cielo e presentì quella che avrebbe avuta sulla terra; era caduto per non adorare il Verbo Incarnato, mostratogli negli eterni splendori, ed il nome di Gesù rinnovava in lui lo stupido orgoglio col quale rifiutò la gloria per bastare a se stesso; il suo tristissimo spirito si sconvolse e la sua infelicità divenne più spaventosa.

La presentazione al tempio
Maria Santissima, essendo purissima Vergine e Madre di Dio, non era soggetta alla legge della purificazione, né a quella della presentazione e del riscatto del suo Figlio divino. La donna, infatti, che partoriva un maschio era considerata immonda per 40 giorni per tutto quello che di macchiato e di sensuale accompagna la generazione, ed il figlio primogenito era considerato per legge appartenente a Dio e non poteva essere della madre senza che essa l'avesse riscattato. Ora, Maria aveva generato per opera dello Spirito Santo, senza che il parto stesso avesse minimamente violato la sua verginità immacolata; Gesù, poi, come vero Figlio di Dio, non aveva bisogno né di essergli consacrato, né tanto meno di essere riscattato. E-gli però e la sua Santissima Madre si sottoposero alle usanze legali per umiliarsi e per darci l'esempio di ogni virtù, e quindi vollero comparire innanzi al mondo come creature qualunque.
D'altra parte era logico che fosse così, dato che non era ancora giunto il momento di far conoscere il grande mistero che s'era compiuto; ora se Maria non fosse andata al tempio e non avesse offerto Gesù, sarebbe apparsa agl'ignoranti come una violatrice della Legge, il che Dio non volle permettere. Essa in realtà, più che purificarsi, andava a purificare, profumando di purezza immacolata la terra ed il tempio delle figure e delle promesse; più che offrire a Dio il Figlio divino che già gli apparteneva, E offriva alla terra come Redentore e Re d'A-more; si umiliava legalmente, ma era Regina nel compiere la Legge ed i Profeti.
Perciò la Chiesa nella festa della Purificazione canta mirabilmente: «Adorna il tuo talamo o Sion, e ricevi il Cristo Re; accogli Maria che è la porta del cielo, poiché Essa porta il Re della gloria, nuovo lume. Si arrestò la Vergine presentando con le sue mani il Figlio generato innanzi l'aurora, e Simeone ricevendolo nelle sue braccia annunziò ai popoli ch'Egli era il Signore della vita e della morte ed era il Salvatore del mondo». Questo è il vero significato e la vera luce del mistero della purificazione di Maria e della presentazione di Gesù.
La sacra Famiglia, dunque, giunse al tempio, attraversò l'atrio dei pagani e l'atrio delle donne, e salì i quindici scalini che portavano all'ingresso posto tra l'atrio delle donne e quello degli Israeliti. Il sacerdote di turno al tempio asperse Maria col sangue di una vittima, e fece su di Lei alcune preghiere. Maria era curvata, tutta soffusa di ineffabile purezza, tutta santa, fiore purissimo, aspersa di sangue come di rugiada di umiltà. Subito dopo fece l'offerta prescritta, che consisteva, per i meno poveri, in un agnello di un anno, dato in olocausto, e di un colombo o di una tortora, e per i poveri in due colombi o due tortorelle.
Maria scelse l'offerta dei poveri, perché era povera; ma in realtà Essa non poteva offrire l'agnello, avendo nelle braccia il vero Agnello di Dio, non poteva dare un simbolo quando ne presentava il compimento. Era andata al tempio sotto le apparenze dell'umiliazione legale, ma in realtà Essa compiva in quel momento le figure e le profezie del passato, e donava al Trono di Dio la vera Vittima per i peccati degli uomini.
Per il riscatto del primogenito si versava un obolo di cinque sicli, pari a circa 18 lire22; cinque monete ridonavano il figlio alla madre ed al padre, i quali venivano così a riconoscere il diritto di Dio sulle sue creature. Maria presentò il Figlio divino al Padre, ed offrì i cinque sicli per riaverlo; era l'ultima figura che splendeva nel tempio, poiché quei cinque sicli adombravano le cinque piaghe con le quali il Redentore avrebbe Egli riscattato l'uomo per darlo a Dio. Gesù Cristo, coperto della veste dei nostri peccati, rappresentava in quel momento l'uomo e, riscattato coi cinque sicli, esprimeva in sé il riscatto che avrebbe avuto l'uomo; Egli era il Redentore che doveva riscattarlo, ma, offrendosi a Dio con la veste dei nostri peccati, rappresentava innanzi a Lui l'uomo peccatore, e lo segnava simbolicamente nel prezzo del riscatto che Egli stesso gli avrebbe dato con le sue piaghe e la sua morte.


Il santo vecchio Simeone
Il grande mistero che si compiva sarebbe sfuggito a tutti, se un santo vecchio, chiamato Simeone, non l'avesse svelato per ispirazione divina. Egli era decrepito, giusto e timorato di Dio, cioè, secondo il testo greco, santo e contenzioso osservatore di tutto ciò che riguardava la religione. Aveva passato la vita aspettando la consolazione d'Israele, ossia il Redentore, ed aveva pregato intensamente perché il tempo della sua venuta fosse abbreviato. Ora, nelle sue preghiere aveva avuto dallo Spirito Santo, per interna ispirazione, la rassicurazione che non sarebbe morto senza vedere il Messia. Essendo egli molto vecchio, la rassicurazione equivaleva ad un annunzio dell'imminente compimento delle promesse divine.
Nel giorno nel quale Gesù fu presentato al tempio Simeone sentì una di quelle ispirazioni interne alle quali è difficile resistere: avvertì una profonda gioia nell'anima, un senso di raccoglimento e nel medesimo tempo un'espansione di cuore che gli faceva volgere il pensiero a Dio, pregando con facilità, con impeto di amore e con la sicurezza di essere esaudito. Sono infatti questi i sentimenti che comprendono un'anima circonfusa da una luce speciale dello Spirito Santo. Era attratto verso il tempio e si sentiva un vigore particolare in tutta la persona, che lo spingeva come se fosse stato sorretto. Uscì in fretta, andò alla casa di Dio e vi trovò Maria, Giuseppe ed il Bambino divino.
Fu una visione per Lui: l'umiltà ed il candore della Madre Immacolata erano come aureola di luce intorno al Bambino che aveva tra le braccia; il raccoglimento e la semplicità di san Giuseppe erano come profumo di fiori che lo adomavano; egli capì subito il mistero dell'Infante divino, e domandò in grazia di prenderlo fra le braccia. Lo prese e si sentì tutto vivificare dalla grazia, il cuore gli ardeva nel petto e lo Spirito Santo gli effondeva nella mente una grande luce di verità. Volse gli occhi al cielo, e sostenendo il Bambino esclamò: Ora lascia che se ne vada in pace il tuo servo, o Signore, secondo la tua parola, perché gli occhi miei hanno veduto la tua salute, da Te preparata al cospetto di tutti i popoli, luce per illuminare le nazioni, e gloria del popolo tuo Israele. Parlò tutto d'un fiato, senza interrompersi e senza posare, come san Zaccaria nel suo cantico; le idee erano in lui non una riflessione ma una gran luce, e fluivano da lui come un fascio di splendori che niente poteva arrestare.
Oramai la terra non aveva per l'anima sua nessun'attrattiva, ed egli considerava la morte come una liberazione dall'esilio; gli occhi suoi avevano veduto la salute del Signore, cioè il Salvatore, e l'aveva anche veduto l'anima sua perché egli aveva creduto. Egli infatti lo confessò per quello che veramente era: compimento delle divine promesse, luce di verità per le nazioni, e gloria ineffabile del suo popolo Israele.
L'accento ispirato col quale Simeone parlava era così solenne, che Maria e Giuseppe rimasero meravigliati delle cose che si dicevano di Gesù. Non si meravigliarono che Simeone le avesse dette, come spiegano alcuni interpreti, ma si stupirono di ciò che egli diceva del Bambino, come dice esplicitamente il Sacro Testo. Essi avevano una fede immensamente più grande di quella di Simeone, e conoscevano più profondamente quello che egli diceva; ma è proprio della fede il godere della luce che conferma la verità, e l'ammirarne di più l'armonia nei riflessi che essa spande d'intorno. Maria e Giuseppe vivevano più ardentemente di quello che credevano, poiché la conferma che ne dava Simeone era per la loro mente una luce viva e per il cuore una fiamma di amore.
Si meravigliavano perché ammiravano, non perché dubitassero, e la fede loro s'espandeva come luce anche nella ragione e come amore nel cuore. Si meravigliavano perché si umiliavano internamente, pensando di non apprezzare convenientemente il dono ricevuto da Dio. Si meravigliavano nell'impeto della loro gioia interiore, perché la gioia profonda è sempre unita allo stupore per ciò che la diffonde nell'anima. Maria e Giuseppe non avevano parlato a nessuno del grande mistero dell'Incamazione, eppure Simeone ne era a conoscenza per lume dello Spirito Santo; era, dunque, meravigliosa questa espansione della verità che preludeva alla sua diffùsione per tutta la terra, per lo Spirito Santo.
Simeone era vecchio, e come tale sentiva un senso di paternità per quelli che erano giovani, ed un'espansione di bontà verso di loro. Vedendo Maria e Giuseppe in un grande raccoglimento di amore, ne fu maggiormente intenerito, e li benedisse con l'effusione affettuosa di un vecchio pieno di bontà. Preso poi da una novella ispirazione, si rivolse a Maria e le disse in tono solenne, parlando di Gesù: Ecco che questi è posto per rovina e per risurrezione di molti in Israele, e per segno dì contraddizione e la tua stessa anima sarà trapassata da una spada, e così verranno svelati i pensieri di molti cuori.
In poche parole aveva tracciato il cammino doloroso del Redentore e quello di sua Madre: in Israele molti gli avrebbero creduto e si sarebbero salvati, ma molti l'avrebbero rinnegato e si sarebbero perduti; Egli sarebbe stato segno di contraddizione delle autorità costituite e per le anime prive di rettitudine; l'anima, poi, di Maria sarebbe stata trapassata da una spada di amarissimo dolore nelle contraddizioni del Figlio e nella sua dolorosa morte.
Le contraddizioni opposte al Redentore sarebbero derivate da male animo, e perciò avrebbero svelato la malignità di quelli che le avrebbero opposte.
Così avvenne a Gesù e così avviene in ogni tempo alla sua Chiesa, Corpo mistico nel quale continua l'opera sua salvatrice e la sua Passione: quelli che non seguono la verità si perdono, e traggono motivo di dannazione da quello stesso che dovrebbe salvarli.
La Chiesa è segno di perenne contraddizione da parte degli empi di tutti i secoli, e l'anima sua è trapassata dalla spada del dolore morale in mezzo alle persecuzioni violente e sanguinose. È così che si manifestano i pensieri di molti, e si rivelano le loro intenzioni.
Ci sono, infatti, nella storia, e noi oggi ne abbiamo nel mondo una falange, molti che si presentano come salvatori e sembrano persino benefici ai popoli, senza svelare, al principio specialmente, la loro malizia. Ora il loro atteggiamento verso la Chiesa cattolica li smaschera per quello che sono: se la perseguitano o se anche semplicemente le cagionano ostacoli, mostrano di essere empi, nemici della verità e nemici del vero bene dei popoli. Chi è onesto e buono sta in armonia con la Chiesa, perché sa di non poterne raccogliere rimproveri e riprovazioni, anzi di averne aiuti spirituali; chi è disonesto e cattivo l'avversa perché sa di trovare in lei un ostacolo incrollabile alla propria malvagità.
Con questa misura si può valutare precisamente il vero stato di certi governi e di certe nazioni; le ipocrisie non ingannano, e gli inganni non abbindolano quando si ha presente l'atteggiamento di un regime verso la Chiesa. Chi vede un governo persecutore deve diffidarne; anzi deve riguardarlo come una calamità esiziale per la nazione, giacché, con tutte le spampanate ed i paroioni altisonanti, presto o tardi la conduce a sicura rovina.

Esulta Anna, una santa donna del tempio



Mentre Simeone si estasiava di gioia, tenendo nelle braccia Gesù Bambino, sopraggiunse una santa donna chiamata Anna, vecchia di 84 anni, che stava nel tempio giorno e notte, che abitava, cioè, in qualche stanza annessa al tempio, prestava i suoi servigi, e si tratteneva in continue preghiere e digiuni, implorando il compimento delle divine promesse. Questa donna, rimasta vedova dopo sette anni di matrimonio s'era conservata vedova fino a 84 anni e, come può rilevarsi dal contesto, s'era data ad un santo apostolato fra le anime che frequentavano il tempio, mantenendo acceso in loro il desiderio della venuta del Messia. È detto, infatti, nel Sacro Testo, che essa, dopo averlo visto Bambino, parlava di Lui a tutti quelli che aspettavano la redenzione d Israele', dunque, aveva relazioni di apostolato con le anime più rette, e parlava loro dei disegni di Dio. Era chiamata la profetessa proprio per questo, e raccoglieva le confidenze di quelli che più erano oppressi dalle pene della vita, incoraggiandoli con la speranza dell'imminente redenzione.
Come Simeone, anche Anna si sentì tratta al tempio da un'interiore ispirazione e, poiché aveva familiarità con le misteriose operazioni di Dio, sentì subito nel cuore un impeto di gioia che la fece erompere in benedizioni e lodi al Signore che aveva mandato il Redentore.
Era misterioso e commovente che due vecchi avanzatissimi negli anni rendessero testimonianza al nato Messia; essi rappresentavano l'antico patto che confermava la verità di ciò che s'era compiuto. In quel momento la corte del Re divino era formata dall'Antico Testamento e dall'Antica Legge, figurati nei due vecchi, era glorificato da Simeone, che s'interpreta chi esaudisce e chi obbedisce, e da Anna che significa, grazia, misericordia che dona, figlia di Fanuel, visione di Dio, della tribù di Aser, la beatitudine e la felicità. Nei nomi stessi dei due vecchi splendeva un riflesso del mistero che si era compiuto; Dio aveva esaudito i sospiri dell'umanità, s'era fatto obbediente, ed aveva effuso la misericordia e la grazia.
Il piccolo Infante era una visione divina, poiché era Dio, e l'opera che veniva a compiere era diretta all'eterna beatitudine e felicità di quelli che vi avrebbero creduto e si sarebbero salvati. Con quel modo delicato col quale Dio dispone tutto con sapienza, si può dire che, nella soave scena della presentazione al tempio, fosse quasi scolpita l'epigrafe vivente di quello che avveniva: Il Verbo di Dio è disceso dal cielo fatto obbediente alle sue creature. Dio ha esaudito il sospiro dei popoli, ed ha effuso la misericordia e la grazia. Vedete nel piccolo Infante il Signore medesimo, che viene a ridonare agli uomini la pace e la beatitudine eterna. - Ecco il Salvatore, Gesù — ecco la Signora del mondo, Maria — che avvicina le anime alla vita, — ecco il popolo novello che s'accresce, Giuseppe, e come vigoroso rampollo germina e si dilata. - Si compiono le antiche promesse, - i Profeti e la Legge - lodate il Signore!
Questa non è una fantasia più o meno ingegnosa, poiché Dio, attraverso gli eventi della nostra piccola terra, scrive sempre le pagine scultoree delle sue meraviglie e della sua gloria, e le piccole creature che passano, attraverso i secoli fugaci che s'incalzano, sono come granelli d'arena nei quali rifulgono, in un modo o in un altro, come riflessi di sole, i disegni di Dio.
Nel cielo saremo stupiti di vedere un'armonia stupenda in tutto il groviglio delle umane vicende, ed una mirabile affermazione della gloria di Dio anche in quello che ci sembra rovinoso. Curviamo la fronte, adoriamo, preghiamo, ed invece di turbarci negli eventi del mondo attendiamo fiduciosi la rivelazione della gloria di Dio.
La Chiesa recita i tre cantici della discesa del Verbo sulla terra, Benedictus, Magnificat e Nunc dimittis, all'alba, al Vespro e sul cadere della notte: benedice Dio che ci visita, lo esalta nella sua gloria e riposa nelle sue braccia. E la sintesi della sua vita e della nostra giornata terrena. La Chiesa, compimento delle antiche promesse, benedice Dio e ne annunzia il regno tra i popoli; Essa, ricca del suo Redentore, esalta in Lui e per Lui il Signore; Magnificat anima mea Dominum; Essa, pellegrina, attende la Patria e vi sospira: Nunc dimittis... se-cundum verbum tuum in pace. Anche noi ci alziamo benedicendo il Signore, operiamo glorificandolo nel compimento della sua volontà, ed al cadere del giorno riposiamo nella speranza dei beni eterni.
È questa la sintesi d'una giornata veramente cristiana. Rechiamoci anche noi, ogni giorno al tempio di Dio, offriamo Gesù al Padre per le mani della Chiesa, presentiamolo come nostro dono, facciamoci circoncidere nel cuore dal suo amore, facciamoci purificare dalla sua misericordia, e viviamo nell'aspettazione del regno di Dio. Non concepiamo la vita come una corsa di folli, o come una bolgia di crudele disperazione: la vita è preparazione alla vita eterna, è compimento della divina, amorosissima volontà di Dio in noi, ed è riposo nel suo amore nell'attesa della risurrezione. E un Benedictus, un Magnificat ed un Nunc dimittis1, quando invece si deforma nel peccato e nella trasgressione della divina Legge è una maledizione, una disperazione ed una morte eterna. Oh, Dio ci liberi dallo spirito del mondo, e ci faccia raccogliere, a-mando, i tesori che la sua misericordia ci ha donati nella redenzione!


5. L'infanzia. Lo smarrimento di Gesù e la sua vita nascosta
Maria e Giuseppe, dopo aver compiuto tutto ciò che ordinava la Legge, se ne ritornarono nella Galilea, andando a dimorare col Figlio divino nell'umile borgata di Nazaret. Siccome san Giuseppe, quando ritornò dalla fuga in Egitto, voleva fissare il suo domicilio a Betlem (Mt 2,22) si può supporre che, dopo la purificazione, la sacra Famiglia sia andata a Nazaret per un certo tempo, per ritornare poi a Betlem, dove più tardi avvenne l'adorazione dei Magi, e poi la fuga in Egitto ed il definitivo stabilirsi a Nazaret.
In questa dimenticata borgata Maria allevò il suo Bambino, e san Giuseppe cercò di sopperire alle necessità della casa col suo lavoro. L'idea che ebbe più tardi di stabilirsi a Betlem ci fa intendere che a Nazaret il lavoro doveva esservi scarso, e che la vita della sacra Famiglia conoscesse le angustie della povertà; ma in quella povertà splendeva Gesù, tesoro divino, ed era la felicità della casa. Il Sacro Testo dice che egli cresceva e s 'irrobustiva, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era in Lui. Da queste brevi parole, che san Luca attinse dalla bocca di Maria, si può arguire quale fosse la sua vita col Figlio divino. Ogni madre è attratta teneramente a considerare il
San Luca, dicendo più volte che Maria Santissima conservava nel suo Cuore Immacolato quello che si svolgeva intorno a Gesù, fa capire di avere attinto le sue notizie dalla medesima Vergine, che ne serbava accurata ed affettuosa memoria; egli dovette informarsi da Lei soprattutto della vita nascosta di Gesù, e delle sue relazioni filiali con Lei, e perciò smise di parlare dell'adorazione dei Magi e della fuga in Egitto. crescere e l'irrobustirsi fisico del figlio, ed è incantata dalle prime manifestazioni della sua intelligenza e del suo cuore.
Chi alleva un figlio sa quanta gioia si prova nel vederlo sano, forte, intelligente e buono, ossia nel constatarne lo sviluppo fisico e morale. Questa soddisfazione di amore in Maria era immensa, poiché Essa sentiva dalla vita del Redentore una continua comunione di grazie, ed era come immersa nei raggi della sua divinità. Cresceva Gesù e cresceva l'amore di Maria; si irrobustiva il piccolo corpo ed aumentava la sua tenerezza materna; Egli non balbettava ma le parlava da Dio al cuore, e le rivelava i tesori della sua carità.
Maria, quindi, era in continua contemplazione. Nessuna maternità fu più gioiosa della sua. Cresceva e s'irrobustiva Gesù, e quindi cominciava a camminare ed a prestare piccoli servigi in casa e nella bottega di san Giuseppe.
Quale tenerezza e quale esempio l'intimità della casa di Nazaret! Vi regnava sovrana la pace, il raccoglimento, la più intima e pura gioia, e la luce divina la mutava in un tempio. Che cosa era Gesù al petto materno! Con quale umilissimo amore Essa gli continuava a dare nel latte la sua vita, con quale tenerezza si sentiva succhiare la vita! Una delle più tenere funzioni materne è l'allattamento; aprirsi quasi il cuore, donare se stessa, sentirsi leggermente mordere, notare la soddisfazione del piccolo infante, i suoi occhi, la sua stessa avidità commuove le sue viscere. Si sente alleggerita dal suo piccolo, perché si vuota di quella pienezza che il suo amore vuol donare, e quando lo vede staccato dal suo petto, nel sonno, rimane a guardarlo e lo bacia soavemente, lo sfiora con un soffio di amore.
La Chiesa sintetizza questa funzione materna di Maria con una frase ammirabile: Sola virgo lactabat, ubere de coelo pieno-, aveva il petto verginale pieno di cielo perché fecondo per opera dello Spirito Santo. Essa dunque non gli donava solo il latte verginale, ma effondeva in Lui la sua vita di amore, e lo avvolgeva nei profumi della sua purezza e della sua umiltà. Quel petto immacolato era veramente un campo di gigli dove il Diletto suo discendeva per pascolarsi di amore, ed Essa gli donava tutto il suo Cuore Immacolato, attingendo a sua volta da Lui quella grazia della quale era ripieno.
Sapeva benissimo, poi, di avere al petto il Figlio di Dio, e la sua umiltà a quel contatto doveva essere immensa, ineffabile. Lo toccava come un'Ostia consacrata, lo avvolgeva con le sue braccia più dell'angelo dell'Arca, era tutta splendente di amore, era la Madre di Dio, l'unica Madre nella quale questo nome era veramente divino!
Cresceva Gesù e s 'irrobustiva, dando i primi passi, e poi prestando i primi servigi, come s'è detto. Il piccolino dolcissimo camminava per le umili stanze come una visione celeste; perfettissimo di forme, tutto riccioli d'oro, rifulgente nella sua divinità, amabile, soave, e i suoi occhi brillavano di un'intelligenza che costringeva all'adorazione. Era soffuso da una leggera mestizia, perché era, Vittima d'amore, e Maria nel guardarlo penetrava i misteri di quel Cuore infinito e li conservava nel suo Cuore gemendo in un profondo dolore. La profezia di Simeone le era sempre presente, ed il passare degli anni l'avvicinava sempre più al Calvario. Essa lo sapeva, ma si univa tutta alla divina volontà e pregava per gli uomini.
Cresceva Gesù [...] pieno di sapienza, e la grazia di Dio era in Lui. Egli, infatti, possedeva, come uomo, in modo mille volte più perfetto degli angeli e dei santi, la scienza beata e la scienza infusa, ed aveva anche la scienza sperimentale od acquisita proporzionata alla sua età ed alla perfezione ammirabile delle sue facoltà naturali. La sua anima umana era rivestita della pienezza della grazia santificante, e possedeva in sommo grado i doni dello Spirito Santo, le grazie gratis datce e tutte le virtù infuse od acquisite. Era perfettissimo anche nella piccola età, e spirava tale soave maestà da conquidere. Ogni atto suo era divino, e dai piccoli servizi che prestava spirava qualche cosa di solenne, perché Egli faceva tutto adorando, riparando, ringraziando e pregando il Padre per gli uomini che era venuto a redimere. La piccola casa di Nazaret, quindi, risuonava di arcane lodi più che un tempio, ed a quelle lodi divine rispondevano i Cuori di Maria e di Giuseppe, due cuori che palpitavano all'unisono col Verbo Incarnato.
Gesù, smarrito e ritrovato nel tempioOgni anno Maria si recava con san Giuseppe a Gerusalemme per la solennità della Pasqua, benché, essendo donna, non vi fosse obbligata; gli uomini dovevano andarci tre volte l'anno, nella Pasqua, nella Pentecoste e nella festa dei Tabernacoli; le donne ne erano dispensate, e solo le più pie vi si recavano nella Pasqua; i fanciulli, poi, contraevano questi obblighi legali all'età di dodici anni. Maria andando a Gerusalemme portava con sé anche Gesù, ma quando Egli giunse all'età legale, dovette farlo viaggiare nella comitiva degli uomini, com'era di uso, e fu così che al ritorno non si accorse che Egli era rimasto in Gerusalemme. Credettero, tanto Essa che san Giuseppe, che fosse in mezzo agli altri, e camminarono una giornata. Alla prima sosta, però, constatarono che mancava e lo cercarono inutilmente tra i parenti ed i conoscenti. Col cuore estremamente angosciato, allora, ritornarono in Gerusalemme, e per ritornarvi impiegarono un altro giorno; non sapendo come rintracciarlo, stettero un giorno intero a fame ricerche, e nessuno seppe dare loro indicazioni perché non lo conoscevano. Finalmente il terzo giorno andarono al tempio, forse per supplicare Dio a farlo loro ritrovare, ed attraversando le sale annesse all'edificio sacro, dove i rabbini si radunavano per insegnare la Legge, riconobbero la voce dell'amatissimo Figlio, che in mezzo ai dottori stava seduto come un discepolo, ascoltandoli e proponendo loro varie questioni.
È impossibile formarsi un'idea del dolore di Maria e di Giuseppe nello smarrimento di Gesù; bisognerebbe poter misurare l'amore che gli portavano. Erano angosciati, agonizzavano, temevano di avere essi provocato quell'allontanamento per la loro indegnità, trepidavano per la sua incolumità, gemevano nella maniera più straziante.
Gesù era tutta la loro vita, e l'anima loro era straziata senza di Lui. Che cosa furono quei giorni di ricerche! Non perdettero la pace, perché erano santissimi; ma perdettero, potrebbe dirsi, il cuore, perché se lo sentivano straziato. Gesù Cristo conosceva il loro strazio, ma permise quella terribile prova per santificarli di più e per esempio di tutti. Il suo Cuore divino ne soffriva più di loro, ma, nel momento nel quale Egli iniziava la sua vita legale, per compiere l'opera sua, era necessaria una grande immolazione di amore che rendesse l'uomo degno d'accogliere il suo amore.
La spaventosa indifferenza delle creature per ciò che appartiene a Dio, e l'agitazione del mondo nelle miserie delle sue stupide attività, tutte orientate alla materia, esigevano quell'agonia di due anime tese solo a Dio e viventi solo per Dio. La terribile resistenza che fanno tanti cuori alle chiamate di Dio, preferendo i loro disegni alla sua volontà, esigeva il sacrificio che Gesù faceva del suo amore a Maria ed a Giuseppe, come riparazione e come preparazione ad accogliere il disegno della divina volontà. Egli doveva affermare il diritto di Dio sulla gioventù, speranza della vita delle nazioni, doveva distruggere d'un colpo le pretese delle tirannidi sui cuori che appartengono solo a Dio, doveva dare una luce che non doveva spegnersi più, sull'educazione dei figli e sulla loro vocazione, ed ebbe bisogno di un grande dolore per affondare nel duro cuore dell'umanità questa semente di vita. Se avesse prevenuto Maria e Giuseppe delle sue intenzioni, non avrebbe conseguito l'altissimo scopo che voleva conseguire; fece, dunque, forza al suo cuore, s'appartò, ritornò al tempio, e schiuse la sua mente agli insegnamenti della Legge, per insegnare ai giovani ad aprire la loro vita a Dio, e a seguire, senza riguardi umani, le ispirazioni particolari della divina volontà su di loro.
A dodici anni Gesù era ben sviluppato, a giudicare dalla statura che raggiunse nell'età matura. Era di forme perfettissime, bellissimo, splendente, affascinante. La sua chioma intensa, a modo dei Nazirei, gli scendeva sulle spalle, ed incorniciava il volto come in un'aureola di gloria. I suoi bellissimi occhi rivelavano il mistero divino che in Lui si nascondeva, avevano una espressione arcana ed una luce ineffabile; penetravano, per così dire, i cuori. Entrò nella sala dov'erano i dottori e sedette ascoltandoli. Il suo Cuore si saziava della divina Parola, ed ardeva per la gloria del Padre. Attrasse subito l'attenzione di tutti, poiché, interrogato, diede risposte profondissime e fece domande che stupirono tutta l'assemblea. Di che cosa parlò? Il Sacro Testo non ce lo dice, ma si può supporre che parlasse della pienezza dei tempi e del Messia, e parlasse del Padre suo celeste, come potrebbe rilevarsi dalla risposta che diede a Maria. Parlò di Dio, e per la prima volta sulla terra echeggiò una parola divinamente luminosa fra tante tenebre che gravavano sugli uomini.
Maria e Giuseppe entrarono nel sacro recinto, e furono stupiti che Gesù si fosse manifestato così al pubblico. Il suo amore al nascondimento era così profondo che non lo credevano possibile. Forse si stupirono che fra tanto loro dolore Egli si fosse mostrato insensibile, sapendo quanto era affettuoso ed amabile. Maria non potè frenare il suo amore materno; corse là dove stava il Figlio, lo interruppe nel suo discorso ed esclamò: Figlio, perché ci hai fatto Tu questo? Ecco che tuo padre ed io, addolorati, andavamo in cerca di Te.
Tutto il suo dolore era espresso in queste poche parole: lo chiamò figlio, e con questo disse che lo cercava da madre, e da Madre divina; gli domandò perché aveva fatto quella cosa, e con questo manifestò tutte le trepidazioni angosciose del suo cuore e di quello di san Giuseppe; espresse la pena immensa con la quale l'aveva rintracciato, e con questo espresse l'amore che aveva reso un'agonia il suo materno affanno e quello di san Giuseppe.
Gesù Cristo non rispose duramente, come potrebbe apparire dal Testo; noi, abituati ad adirarci quando siamo contraddetti e leggendo l'episodio con passionalità, possiamo facilmente essere indotti a dare un senso di durezza alla risposta di Gesù; Egli invece rispose con immensa dolcezza, e con infinita compassione al loro dolore: Perché mi cercavate? Non sapevate che io debbo attendere a ciò che riguarda il Padre mio? Se avessero riflettuto all'amore che loro portava ed alla missione che aveva, non avrebbero dubitato del suo affetto, ed avrebbero capito che s'era trattenuto al tempio. Egli voleva dire: come potevo io trascurarvi, e come potevo non tener conto del vostro dolore? Ma lo sapete che io sono Figlio di Dio, e potevate supporre che io fossi attratto dalla Casa del Padre mio e dagl'interessi della sua gloria.
Il Sacro Testo soggiunge che essi non compresero quello che loro aveva detto, non perché non fossero in grado di capire le sue parole, ma perché l'emozione e l'amore li concentravano in Lui solo. Era così bello nel sacro recinto, così fulgente di amore nelle sue parole, così profondo nelle sue risposte, che essi rimasero come incantati, e non rifletterono alle sue parole. Tardava loro solo il momento di averlo di nuovo, e per questo il Testo soggiunse: E se ne andò con loro, e fece ritorno a Nazaret, ed era loro sottomesso. Non fecero attenzione alle sue parole, dunque, perché lo invitarono a non lasciarli più soli; ed Egli, infatti, immediatamente obbedì.
Se avesse risposto per rimproverarli non li avrebbe seguiti, ed avrebbe continuato a parlare, invece tacque all'istante; la voce materna era per Lui un comando e doveva esserlo sempre; per questo Maria, passando dall'impeto del suo amore ad un sentimento di profondissima umiltà, meditava nel suo Cuore quello che s'era svolto, ed il mistero dell'amore che Egli le portava. Egli le obbediva, Egli il Figlio vero del Padre! La sua Maestà divina si piegava innanzi alla sua Parola! Tutt'altro che mostrare noncuranza o trattarla male, come dicono i protestanti, Egli lasciava di occuparsi del Padre suo divino per occuparsi della Madre, e mostrava che l'amava d'uno stesso amore, e che per Lui il consentire a ciò che Essa voleva era lo stesso che glorificare Dio suo Padre.
Ritiratosi a Nazaret, Gesù vi rimase nascosto fino a che non cominciò la sua vita pubblica. Che cosa faceva nel suo arcano nascondimento? Evidentemente s'occupava delle cose del Padre suo, cioè della sua gloria, e se ne occupava umiliandosi, obbedendo e lavorando. Il Sacro Testo dice che Egli cresceva in sapienza, in statura ed in grazia presso Dio e gli uomini, e da queste poche parole si può intuire qualche cosa del mistero di quella vita divina: cresceva in sapienza non perché studiasse, ma perché manifestava sempre più gli arcani della sua scienza beata ed infusa, e meditava con la scienza acquisita, cioè con la energia della sua anima umana, le divine meraviglie, parlandone con la Madre, con san Giuseppe e con altre persone familiari. Era logico che facesse così, perché Egli voleva innalzare e nobilitare in sé l'umana natura, e non c'è cosa più nobile quanto il meditare le meraviglie celesti.
Cresceva in statura perché l'età s'avanzava, ed Egli essendo veramente anche uomo, lo mostrava in tutta la sua vita. Aveva però nella sua statura, cioè nel suo aspetto fisico attrattive mirabili che colpivano quanti lo vedevano, e quindi cresceva in queste attrattive come cresce il sole a misura che sale sull'orizzonte. Cresceva in grazia non secondo l'abito che era in Lui perfetto ed immutabile, ma secondo gli effetti, compiendo sempre più opere mirabili che ne manifestavano la pienezza. Presso Dio la sua vita era un'offerta sempre più grande, presso gli uomini era una manifestazione sempre più bella; a Dio donava gli atti della vita che progrediva e, seguendo lo sviluppo naturale, cresceva in questi doni di amore; agli uomini dava lo spettacolo di una grandezza sempre più attraente per la sua bontà e soavità.
Sac Dolindo Ruotolo

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