giovedì 13 febbraio 2014

13.02.2014 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 7 par. 4

4. La fede della Cananea
Gesù volle fare una visita alle contrade pagane di Tiro e di Sidone, chiamate anche sirofenicia, perché unite alla provincia romana di Siria. Gli Ebrei chiamavano Cananei gli abitanti di questa regione, e per questo la donna che supplicò il Redentore è chiamata Cananea da san Matteo.
Gesù Cristo passò in territorio pagano per far diminuire l'avversione che avevano contro di Lui gli scribi e i farisei, e nello stesso tempo per chiamare anche i pagani alla fede. Non voleva fare un apostolato in quelle regioni, ma desiderava quasi prenderne possesso tacitamente, e perciò non voleva che si sapesse della sua presenza in quei luoghi. Ma non poté rimanervi nascosto, perché ben presto si sparse la notizia del suo arrivo.
Dal contesto si può rilevare che gli apostoli non fossero stati molto contenti d'andare in terra pagana; essi che prima avevano interrogato Gesù sulle sue affermazioni riguardo al mangiare ed al bere, perché erano sembrate loro contrastanti con gli usi legali, non dovettero guardare di buon occhio quell'escursione in terra pagana e presso i pagani, riguardati dagli Ebrei come cani. Questo loro nascosto sentimento traspare dalla stessa durezza delle risposte che il Redentore diede ad una povera donna che lo supplicava di scacciare il demonio da una sua figlia.
La poveretta, saputo della venuta di Gesù, andò appresso a Lui nel luogo dove Egli si trovava, e lo supplicò di aver pietà della figlia. Ma Gesù, rispecchiando nelle sue parole l'occulto sentimento degli apostoli verso i pagani, e perché essi avessero potuto vederne la durezza e rammaricarsene, disse che non era bene prendere il pane dei figli e darlo ai cani.
Assolutamente questa espressione non poteva stare sulle labbra dell'infinita bontà, e Gesù la disse ripetendo con parole sue quello che gli apostoli pensavano internamente, e le disse, come si rileva da san Matteo, per le insistenze che gli fecero gli stessi apostoli. Essi che trovavano mal fatto andare ai pagani, avrebbero voluto poi che Gesù avesse accontentato quella donna per non farla più gridare.
La donna capì bene il senso delle parole del Signore, e lungi dall'adontarsene, sentì tanto forte la bontà di Lui che rispose con maggiore umiltà e fiducia: Anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli. Si umiliò e disse una parola di grande fiducia, e per questa parola ottenne la grazia, e il demonio fuggì dalla figlia*; lo disse esplicitamente Gesù: Per quanto hai detto va il demonio è uscito dalla tua figlia. L'umiltà è come una saetta per satana, lo ferisce in pieno, ed è un elemento a lui così contrario che ne rifugge come il pesce rifugge dall'aria libera.
Le grandi invasioni diaboliche avvengono quando l'orgoglio apre loro la via, e le grandi sconfitte che egli subisce avvengono per la santa umiltà che lo confonde. Se intendessimo questa grande verità e sapessimo umiliarci innanzi a Dio, saremmo invulnerabili da parte di satana.
È detto nel Sacro Testo che Gesù, entrato in una casa del territorio di Tiro e di Sidone, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté stare nascosto. Se Egli non voleva che nessuno lo avesse saputo, avrebbe potuto rendersi invisibile oppure impedire che la gente si accorgesse di Lui; è evidente che Egli non voleva che il popolo fosse andato da Lui per curiosità, e si manifestò alla fede che lo ricercava. Egli vive nella nostra terra nascosto dai veli eucaristici, e nessuno può scorgerlo in quella benedetta dimora; solo la fede lo scopre, e corre a Lui per averne la vita.
Gesù guarisce il sordomuto
Partito di nuovo dai confini di Tiro, Gesù ritornò in Palestina per la via più lunga, traversando il territorio della Decapoli. In questo territorio gli presentarono un uomo sordo e muto, pregandolo di guarirlo. Il Redentore lo trasse in disparte dalla folla perché fosse stato più attento a quello che voleva fargli per eccitargli in cuore la fede.
Il sordomuto, infatti, per la sua stessa infelicità, ha uno sguardo mobilissimo, e scruta quello che lo circonda e quelli che gli vogliono far intendere il loro pensiero. Ha sempre il timore di poter essere ingannato o deriso. Trattolo in disparte, Gesù gli mise le dita nelle orecchie, per fargli sperare la guarigione e per prepararla col suo contatto divino; poi, per la stessa ragione, gli toccò la lingua con la saliva, alzò gli occhi al cielo, e sospirò pregando e dicendo: Effatà, che in lingua aramaica significa: Apriti. Immantinente il sordomuto ascoltò e parlò, tra l'ammirazione degli astanti, invano esortati da Gesù a tacere del fatto.
Gesù Cristo sospirando ed elevando gli occhi al cielo, volle farci intendere a che cosa debbono servirci la lingua e l'udito. Egli sospirò, come dicono i Padri, per l'abuso che se ne fa, e volle dirci che l'udito deve servire ad ascoltare le parole di Dio e la lingua deve servirci a lodarlo e benedirlo in ogni momento della vita.
All'occhio del mondo quel povero infermo sembrava un infelice; ma se egli avesse volto lo sguardo al cielo, avrebbe ascoltato parole arcane di vita, ed avrebbe conversato unicamente col Signore. È questo l'atteggiamento che debbono avere tutti quelli che sono privati dell'uso di qualche senso: il cieco vede in Dio una luce che non può paragonarsi a nessun sole; il sordo ascolta la sua parola; il muto conversa con lui senza distrarsi con le creature terrene. L'infelicità in fondo diventa felicità, perché non siamo per questa terra ma per Dio.
La Chiesa nel santo Battesimo rinnova il gesto di Gesù: tocca gli orecchi del battezzando e l'unge con la saliva, perché quella creatura si apra a Dio, e passi la vita ascoltandolo, lodandolo, e diventando buon odore del Redentore. Come possiamo noi, toccati da Gesù per il sacerdote, aprire gli orecchi a tutte le parole stolte della vanità e della pretesa sapienza umana19? Come possiamo aprire la bocca, consacrata alla lode di Dio, per fare discorsi vuoti, o peggio per profanare il Nome del Signore? Gesù Cristo sanò un muto che non parlava, ma non impedì, a quelli che lodavano Dio per le opere che Egli compiva, di parlarne. Lo proibì loro, è vero, per non suscitare nel popolo false aspirazioni ad una regalità tutta temporale, ma non chiuse le bocche che ne parlavano, perché esse lodavano Dio nelle sue opere.
Diciamo anche noi a queste nostre orecchie che non percepiscono la voce di Dio: apritevi! Siamo sordi spiritualmente, e benché circondati da mille voci di verità e di amore, rimaniamo ottenebrati e freddi. In quanti modi ci parla Dio nell'interno del cuore, e noi seguiamo sempre le voci delle passioni, credendole voci di verità e di felicità! In quanti modi Dio ci richiama al suo Cuore, e noi non distinguiamo quelle voci, rimanendo assonnati e muti nelle nostre miserie! Andiamo a Gesù Sacramentato: Egli ci tocchi col suo Corpo eucaristico, Egli ci dia l'unzione che viene dalla fede, Egli sciolga la nostra lingua alla lode di Dio!
 
Sac. Dolindo Ruotolo

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