sabato 15 febbraio 2014

15.02.2014 - Commento al vangelo di S. Marco cap. 8 par. 2

2. La bontà di Gesù Cristo nel provvedere il suo popolo e la provvidenza divina nelle nazioni
Una grande moltitudine s'era radunata intorno a Gesù, e pendeva dalle sue labbra, dimenticando persino di provvedere al proprio sostentamento.
Da tre giorni lo seguiva, ed aveva esaurito ogni provvista che forse ancora aveva nei primi due giorni, di modo che a ritornare alle proprie case, tutti sarebbero venuti meno per la strada. Di che cosa doveva parlare Gesù per attrarre così il popolo? Certo non gli prometteva beni temporali, ma lo elevava ai beni eterni, e la sua parola era così piena di vita da elevare quelle anime fuori della povera cerchia umana, e da saziarle di felicità spirituale. Nessuno poteva parlare meglio di Lui degli eterni gaudi, poiché Egli era Dio, ed era immerso nella beatifica visione; ogni parola sua quindi era dardo di pace, di amore e di vita che saziava l'anima.
Il luogo dove la gente s'era radunata era diventato come un lembo di cielo, e si può dire che le esigenze della vita naturale s'erano ridotte al minimo.
Quando parla Gesù, quando parlano i demagoghi...
Era perfettamente l'opposto di quanto avviene oggi. Quando i mestatori dei popoli, immersi nel peccato e schiavi della materia, parlano alle moltitudini dei pretesi paradisi terrestri coi quali le turlupinano miseramente. A questi annunzi di felicità tutte materiali, che sono invece somma infelicità, si uniscono i desideri materiali, si accendono le passioni, crescono le esigenze, e la folla che prima godeva del poco onestamente, dopo non si sazia del molto, ed aspira a sempre maggiori rapine ed a sempre maggiori conquiste. Chi ha avuto la sventura di assistere ad un comizio di scamiciati sa quanto è vero questo che diciamo.
Gesù Cristo chiama ancora oggi il popolo intorno a sé per fargli sentire fortemente l'aspirazione ai beni eterni; lo chiama intorno al suo altare, dove gli dona la sazietà spirituale. Più si vive intorno a Lui e meno si sente il bisogno di ciò che è materiale; più si ama il suo Cuore divino, e più il nostro cuore si sazia d'amore!
Chi segue Gesù con fedeltà e disinteresse non manca mai del necessario alla vita corporale, perché Egli se ne preoccupa con cuore più che paterno, se ne preoccupa più di quello che non facciamo noi stessi.
Il popolo che lo circondava era digiuno, ed avrebbe dovuto esso stesso pensare alle sue necessità; invece fu Gesù che ci pensò e vi provvide. Quelle sue amorose parole: Mi fa compassione questo popolo, perché sono già tre giorni che sta con me, rivelano questo amore paterno infinitamente buono.
Essere stati tre giorni con Gesù costituì un titolo per ottenere la sua misericordia temporale, e l'essere con Lui tutta la vita costituisce, evidentemente, un titolo alla sua provvidenza.
Non siamo anche noi in viaggio sulla terra? E non sa Gesù che senza il suo aiuto verremmo meno? Non si raggiunge, dunque, il benessere temporale apostatando dal Signore, ma seguendolo; è questa una verità fondamentale in questi tempi nei quali i tiranni dei popoli, atteggiati a loro salvatori, pongono come condizione del preteso benessere materiale la ribellione a Dio ed alla Chiesa.
Gesù Cristo si rivolse agli apostoli manifestando la sua sollecitudine per la gente, ed essi gli fecero noto che era impossibile in una moltitudine provvedere a tante persone. È la confessione che continuamente devono fare l'umanità e quelli che la guidano: nella solitudine della vita presente il compito di provvedere al sostentamento di tutti appartiene principalmente al Signore, poiché di fronte alle complesse necessità della vita, solo il Signore può intervenire con la sua invisibile ed infallibile provvidenza; tutto sta, da parte nostra, a stargli vicino e a confidare in Lui. Come si può pretendere di avere la divina provvidenza quando si profana la festa, si trascurano i doveri religiosi, o peggio, si apostata da Dio?
Gli apostoli non avevano che sette pani e pochi pesciolini, di fronte ad una moltitudine di quattromila persone; è questo, in certo modo, il rapporto tra quello che può dare l'uomo con le risorse naturali e quello cui deve sopperire Dio con la sua provvidenza.
E una verità che bisogna ponderare: date le particolari condizioni dei campi, le vicende atmosferiche e la relativa sterilità delle terre di fronte a quello che potrebbero produrre, dato che l'uomo stesso aliena gran parte del suo lavoro nelle officine, nell'industria e spesso nel fabbricare micidiali mezzi di distruzione, occorre una patema e particolare cura di Dio perché il raccolto dei campi provveda abbondantemente e sazi le moltitudini.
La Chiesa per questo benedice i campi, e quasi prende nelle sue mani benedette il poco che l'uomo vi semina, perché diventi il molto che possa bastare a tutti. La terra, benedetta dalla Chiesa, è come la mano che accoglie ciò che l'uomo vi depone, e per potenza di Dio, lo moltiplica.
Rendendo a Dio le grazie con una grande gratitudine alla sua bontà, e dedicandosi principalmente alla preghiera, la terra diventa tramite della divina provvidenza e ci dona il suo pane; questo pane passa poi nelle mani dei capi di Stato, figurati dagli apostoli, e distribuito equamente, basta e supera il bisogno di tutti. Sono le grandi linee fondamentali dell'economia della divina provvidenza nel mondo: l'uomo segue Dio, lo ascolta, vive della sua parola, cerca il regno eterno; poi dà al Signore quel poco che ha, seminando i campi o lavorando, ed attende che la divina bontà glielo moltiplichi e glielo benedica. Siede per terra, senza cercare le inutili comodità, ed attende con fiducia la generosità divina; è come figlio che aspetta dal padre suo il cibo quotidiano.
Quale pena fanno oggi tanti popoli traditi dai loro sobillatori, privi del necessario, gettati nell'inedia e nella sporcizia fisica e morale! Nessuna nazione farà almeno la prova di ritornare a Dio, per sperimentarne la provvidenza? I popoli credono facilmente ai loro traditori e non crederanno, diremmo quasi, almeno per prova, al Signore ed alla Chiesa? L'esperienza dei secoli, e le recenti sanguinose esperienze non li hanno ancora convinti che lontani da Dio e dalla Chiesa c'è solo la fame e l'abbrutimento? Non si risolvono i problemi sociali con le utopie, ma convertendosi sinceramente a Dio. Questo è il fondamento vero di tutta l'economia sociale.

 
Sac. Dolindo Ruotolo

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