venerdì 14 marzo 2014

15.03.2014 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 5 par. 25-26

25. Ultimo mezzo per l'armonia della carità: l'appello alla preghiera ed alla grazia
Dio aveva comandato con espressioni bellissime di amare il prossimo (Lv 19,9-18), ma gli scribi e farisei, abituati come erano alle vendette e al disprezzo per gli altri, ed interpretando a modo loro il precetto del Signore di punire nelle guerre i nemici d'Israele e le città peccatrici, avevano creduto che il precetto di amare il prossimo includesse quello di odiare il nemico. Trattandosi di nemici nazionali in un'epoca nella quale il popolo di Dio doveva essere separato da tutti gli altri popoli per non cadere nell'idolatria, questa interpretazione poteva anche sembrare giusta; ma Gesù Cristo era venuto per unificare gli uomini in una sola famiglia; era venuto a perdonare ed a salvarli; era venuto ad immolarsi subendone le violenze e perciò la sua Legge non poteva avere altro carattere per il suo Corpo mistico che quello della carità, del perdono e della pazienza. D'altra parte, seguendo lo stesso programma divino di sanare i mali nella loro radice, che cosa avrebbero potuto portare l'odio, la maledizione e la vendetta?
E dal cuore che viene il male; ed è il cuore che bisogna sanare per eliminarlo.
L'odio, l'irruenza e le imprecazioni eliminano le correnti di grazia ed accrescono le malignità, ossia la forza di nuocere da parte dei nemici; quindi chi odia maledice ed impreca; affila con le sue mani la spada che lo colpisce. La carità disarma più di qualunque forza, e siccome è inscindibile dall'umiltà, disarma e confonde satana che è il funesto ispiratore del male.
Al mondo può sembrare assurdo l'amare i nemici, può sembrare contro natura, ma Gesù ha determinato la natura di questo amore soggiungendo: Fate del bene e pregate, per imitare Dio che ha cura dei giusti e degli iniqui. Amare i nemici non significa non sentire ripugnanza al male da essi fatto, soprattutto se questo male ha offeso e macchiato l'anima propria; non significa non sentire le reazioni della natura che ripugna e reagisce al male, o quelle dell'orgoglio che s'inalbera, significa fare del bene a quelli che ci odiano implorando su di essi la divina misericordia, perché muti il loro cuore e la loro volontà e li faccia novelle creature.
Anche qui Gesù Cristo chiama le sue creature ad altezze meravigliose di nobiltà e di pace. Un nemico, infatti, è sempre una spina atroce confitta nel cuore, che nell'odio germina in mille altre pungenti spine; l'odio è come la tenia dell'anima, che assorbe e distrugge qualunque sua gioia; riproduce continuamente le offese e, quando si crede che si siano dimenticate, le fa rinascere più violente di prima, accresciute dalla fantasia. Avere un nemico significa avere un'insidia alla propria pace, ed anche un pericolo esterno, perché il nemico è capace di farci moltissimo male; la via più bella è il guardarlo con compatimento, scusando le sue malvagità, e spezzarne l'iniqua volontà con qualche beneficio spirituale o corporale che smonti le sue prevenzioni e lo faccia ricredere.
È più bello paralizzare con la carità le iniziative del nemico, e dove la carità non ha influenze, paralizzarle con la preghiera. A fare questo ci è di grandissimo aiuto l'amore di Dio, e ci è pure di spinta la considerazione dei beni eterni che il nemico ci dà occasione di conquistare con le sue stesse malvagità. Con quanto amore i martiri riguardarono i loro carnefici, considerando il Paradiso del quale, senza pensarlo, aprivano loro le porte! Con quanta compassione consideravano la miseria di quei perfidi, implorando misericordia e perdono sul loro capo; quanta soddisfazione e quanta gioia provavano nell'abbracciarli, sentendosi l'anima tutta compresa dalla pietà e misericordia di Dio!
Se fosse contro l'umana natura il perdonare e l'amare i nemici, la Chiesa non sarebbe piena di santi che l'hanno onorata con questa virtù. Non è un'eccezione nella Chiesa, ma la norma, giacché tutti passano per le prove dei cattivi, ed è impossibile volare al Cielo senza prima aver perdonato. Gesù Cristo dice che Dio stesso, pur potendo punire quelli che l'offendono, usa misericordia e fa sorgere il sole per i buoni e per i cattivi, come fa piovere per i giusti e per gli ingiusti; con delicatezza grande ci ricorda che anche noi siamo peccatori, e che se Dio ci dona il sole e la pioggia, anche noi dobbiamo donare l'amore e il beneficio ai nostri nemici. Con queste parole
Gesù Cristo eleva la misericordia e l'amore per i nemici fino all'altezza della magnificenza di Dio, e ci esorta ad avere la stessa sua perfezione. È proprio di Dio, infatti, come dice la Chiesa, l'avere sempre misericordia e perdonare, e chi usa misericordia e perdono s'adorna dei riflessi di quella bontà infinita che tutto abbraccia, e per tutti si muta in pioggia di benedizioni. Dio non aspetta la nostra corrispondenza per farci del bene, non restringe la sua bontà ai soli buoni, e noi per suo amore dobbiamo fare altrettanto; qual merito ci sarebbe amando quelli che ci amano e salutando quelli che ci sono amici?
Anche i pubblicani, cioè i peccatori, e i pagani fanno questo; è necessario dunque fare qualche cosa di più degli altri e specchiarsi non già nell'egoismo accentratore ma nell'infinita generosità di Dio, che non conosce limiti nella sua misericordia.
26. La legge dell'amore
La parola di Gesù: Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che sta nei cieli, riguarda principalmente la misericordia e la carità; ma da queste virtù scaturiscono in noi le altre, per l'esuberante grazia che il Signore ci dona in ricompensa della nostra bontà verso il prossimo. Tutta la creazione è una diffusione della bontà di Dio, e nei più piccoli esseri risplende la sua carità ineffabile. Egli dona la vita, ed avvolge le sue creature con una delicatezza ineffabile di amore e di rispetto, tutelandone la dignità; Egli è geloso custode della giustizia e, benché padrone di tutto, dispone delle sue creature con immensa riverenza; Egli risponde con la misericordia ed il perdono alle nostre ingiurie, ed anche quando noi ci mettiamo nelle condizioni di perderci, tempera la pena che ci facciamo con le nostre iniquità, ed effonde in noi la sua misericordia. Egli accondiscende alle nostre preghiere, e benché ingrati ed indegni della vita che ci ha data, la sostiene con la sua provvidenza. Non è commovente il vedere nel cielo il sole che tutto riscalda e feconda, e la pioggia che cade anche sulle terre dei peccatori? Quella luce che si diffonde e quell'acqua che cade sembrano un amplesso di carità, un bacio di misericordia, un sorriso di bontà da parte di Dio. Come potremmo noi, alla luce di questo esempio divino, disprezzare la vita del prossimo o coprirlo di vituperio? Come potremmo defraudarlo nei suoi diritti e privarlo di quell'amore donatogli dal Signore nel sacramento del Matrimonio come sollievo ed aiuto della sua vita? Come potremmo essere inesorabili verso chi ci ha offesi, mentre Dio è così generoso verso di noi? Bisogna dunque essere perfetti com'è perfetto il Padre nostro, diffondendo la bontà sui nostri fratelli e sui nostri nemici; bisogna essere come sole che li riscalda e li illumina, e pioggia che li feconda, partecipando loro i beni che Dio ci ha dati. Il cuore dev'essere luminoso nel sorriso della carità, e fecondo nelle opere della beneficenza, deve consolare e donare, perché il dono senza la consolazione spirituale sarebbe come acqua senza sole, e la consolazione senza l'aiuto sarebbe come sole senz'acqua. Persuadiamoci che questo solo può ridonare al mondo sconvolto la pace, perché questo solo ci dona la tranquillità dell'ordine fra tutte le creature. Come mai il mondo stolto ed ingrato si è fatto turlupinare dai perversi ed ha preteso di dare una legislazione di odio, di lotta, di rovina e di strazi per ridonare ai popoli l'equilibrio? Come mai ha potuto rinunziare al Vangelo per abbracciare le stupide e dissolventi parole di Carlo Marx, di Lenin, di Stalin e di tutti i traditori della sua pace e del suo benessere? Questi hanno messo come base delle loro utopie criminose l'omicidio, la strage, l'adulterio legale, l'immoralità, la menzogna, l'odio implacabile, la schiavitù dei loro fratelli e, orribile a dirsi, l'odio a Dio ed alla Chiesa! Hanno dato il loro tristissimi frutti di miseria, di stragi, di crudeltà, di delitti spaventosi dovunque sono penetrati; trascinano i popoli con la violenza più brutale nel baratro da essi scavato e chi può ancora illudersi che diano all'umanità una novella prosperità? Ricacciamoli da noi come scellerati ministri di satana, che hanno per emblema la falce e il martello, la falce della morte e il martello dell'oppressione; leviamo in alto la croce e il nome bello di Maria, e persuadiamoci che non c'è altra beatitudine che quella tracciataci da Gesù Cristo; non c'è altra via per conseguire l'ordine, la prosperità e la pace che quella della carità nella Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana.
Sac. Dolindo Ruotolo

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