giovedì 20 marzo 2014

21.03.2014 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 21, par. 7-8

7. Gesù svela con parabole la cattiva disposizione dei suoi nemici
I principi dei sacerdoti, cioè i capi delle 24 famiglie sacerdotali, e gli anziani del popolo, cioè i membri del sinedrio appartenenti al popolo, erano sommamente adirati nel vedere che Gesù insegnava, sembrando loro un arbitrio, e perciò gli si avvicinarono domandandogli con quale potestà compiva quel ministero. Non glielo chiedevano per indagare, ma per dirgli con quell'espressione che egli usurpava un potere che non aveva. Gesù Cristo non avrebbe potuto loro rispondere che insegnava per propria divina autorità, perché essi ne avrebbero preso motivo per tacciarlo di bestemmia; non poteva venire a discussione con loro, perché erano mal prevenuti; Egli allora, per convincerli che erano mossi da mala fede, disse che voleva prima da loro una risposta precisa sulla natura del battesimo di san Giovanni. Se avessero agito per vero zelo non sarebbero dovuti ricorrere a sotterfugi, ma dire apertamente la verità; essi invece risposero che non sapevano da dove fosse il battesimo di san Giovanni, e Gesù di rimando disse che neppure Egli diceva loro con quale potestà operava.
Con delicata carità volle richiamare la loro attenzione sulle vere disposizioni della loro coscienza, e su quelle della sinagoga, e volle indirettamente rispondere alla loro domanda; perciò propose le parabole dei due figlioli e dei cattivi vignaioli. Essi si mostravano così zelanti dell'osservanza della Legge, ma a parole soltanto, in pratica non ne facevano nulla, mentre i peccatori e le meretrici, trasgressori della Legge, ascoltavano la Parola di Dio, si pentivano, riparavano le loro pessime azioni, e praticamente operavano il bene più di quelli che se ne mostravano zelanti.
Giovanni venne da parte di Dio a richiamare i peccatori alla conversione, e ci riuscì, mentre essi, pur protestandosi fedeli, rifiutarono di credergli, rinnegando così le medesime Scritture che lo avevano annunziato. Si erano meravigliati che Egli insegnasse senza la loro autorità, ma avevano dimenticato che in ogni tempo Dio aveva mandato profeti straordinari, con autorità ricevute da Lui immediatamente?
Egli allora aveva inviato lo stesso suo Figlio e invece di congiurargli contro, avrebbero dovuto ascoltarlo e riverirlo più di qualunque profeta. In realtà anch'essi seguivano l'esempio dei loro padri che avevano perseguitato i profeti, e già si accingevano a cacciare fuori di Gerusalemme Lui stesso e ad ucciderlo. Perciò sarebbero stati puniti come vignaioli infedeli, sarebbero stati privati dei benefici divini, mentre Egli, posto come pietra angolare del regno di Dio, sarebbe passato ai pagani fondando la Chiesa sulla ferma roccia, incrollabile edificio della nuova alleanza.
Gesù Cristo parlò severamente ai suoi oppositori, perché essi non cercavano la verità, e difatti come conclusione dei suoi discorsi cercarono di mettergli le mani addosso. E vero che essi si trovavano di fronte ad un fatto nuovo e singolare, che in quel caso appariva loro come l'arbitrio di un uomo, ma si trovavano anche innanzi ad argomenti di verità luminosissimi, che avrebbero potuto e dovuto approfondire. Noi, troppo abituati a vedere anime false o illuse, potremmo quasi trovare giustificata l'opposizione degli scribi, dei farisei e dei sacerdoti; se vedessimo oggi un profeta forse lo lapideremmo anche noi, e forse lo lapidiamo realmente; ma non dobbiamo dimenticare che Gesù Cristo era Dio, e che, conversando con Lui avendo solo un poco di rettitudine e d'umiltà, sarebbe stato impossibile non scorgere l'immensa luce che da Lui emanava, e non sentirsi conquisi dal suo ineffabile amore.
8. Per la nostra vita spirituale
Noi viviamo in un'epoca di intensa persecuzione contro Gesù Cristo e la sua Chiesa; ascoltiamo da ogni parte le grida frenetiche degli scalmanati che rifiutano il regno di Lui, e che portano in trionfo il male e i più spregevoli fra gli uomini. In tanta tempesta di apostasia e d'ingratitudini dobbiamo essere tutti come asine ed asinelli che portano in trionfo il Re d'Amore. Lasciamo ciò che è terreno, rinneghiamo noi stessi, formiamo nel mondo stesso come un tappeto di onore al Re divino spogliandoci di noi, e nonostante tutto portiamo Gesù in trionfo. I gloriosissimi martiri moderni ce ne danno l'esempio: Gesù si avanza ed essi hanno rinunziato alla loro vita e gli hanno formato, per così dire, coi loro corpi e col loro sangue un cammino di onore per farlo trionfare. In un'atmosfera così calda, anzi arroventata, di sedizione e di orrori, leviamo anche noi le palme del trionfo sul mondo e su tutte le moderne eresie, e gridiamo: Osanna al Redentore divino, benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna! S'impone al nostro cuore una fedeltà incrollabile, fino alla morte, e diremo pure una serietà di vita, perché in un ambiente di angustie e di eroismi singolari non possiamo impiccolire in tante stupidaggini d'interessi, di sport, di moda, né possiamo eccessivamente preoccuparci delle nostre velleità. Quello che deve preoccuparci veramente è il trionfo di Gesù Cristo su tutte le miserie dell'apostasia moderna.
La nostra fede sia piena, viva e ricca di opere; se siamo come il fico infruttuoso, tutto apparenze, meritiamo la maledizione del Signore. Saremmo pieni di foglie se ci contentassimo di un apostolato esterno e trascurassimo quello interno, se fossimo osservanti di una disciplina organizzatrice e trascurassimo quella della perfezione d'animo.
Tempio vivo di Dio siamo noi, e non possiamo farci profanare dalle preoccupazioni della vita terrena. Chi non conosce altra occupazione che quella riguardante i beni temporali, il comprare, il vendere, il possedere, è tempio profanato. Come potrebbe esserci una Chiesa senza la Santa Messa, l'Eucaristia, la preghiera, il confessionale? E come può vivere un'anima, tempio di Dio, senza ascoltare la Messa, confessarsi, comunicarsi e pregare? Una giornata, passata solo tutti intenti al lavoro materiale od agli affari, rappresenta una giornata di profanazione per il tempio dell'anima.
In questi tempi difficili e amarissimi, Dio ci chiama in tanti modi alla conversione, e manda anche oggi nella sua vigna anime straordinarie per farci risorgere a nuova vita cristiana; non siamo come i vignaioli infedeli! Non ricacciamo sistematicamente tutto ciò che sa di straordinario e di soprannaturale, perché facendo così ricacceremo anche Gesù Cristo che ci visita.
L'infedeltà ai doni del Signore può renderci indegni del regno di Dio, e può farlo passare agli altri popoli, come già vediamo. Umiliamoci e riconosciamoci peccatori; convertiamoci a Dio quando i santi ci richiamano a Lui; mostriamoci gelosi della ricchezza della nostra fede, che è un tesoro insostituibile, e siamo fieri del carattere cristiano, senza cercare altre bandiere sotto le quali percorrere il nostro mortale
cammino. Persuadiamoci che Gesù Cristo è la pietra angolare del mondo, e che Egli vive solo nella sua Chiesa e nel Papa; chi urta contro di Lui è sfracellato, e chi presume di erigersi sopra di Lui è schiacciato dalla sua maestà e potenza. E la storia di venti secoli che ce lo conferma, è la storia contemporanea che noi stessi viviamo: tutto rovina in quel regno o in quella coscienza dove Gesù Cristo è perseguitato e dove è disconosciuta la Chiesa e il Papa che ne è capo; le nazioni decadono, s'imbarbariscono, sono rese schiave, muoiono; gli individui si abbrutiscono, si sconvolgono, marciscono, rovinano; è la legge della storia che non fallisce e non fallirà mai!

Sac. Dolindo Ruotolo

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