martedì 18 marzo 2014

19.03.2014 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 1, par. 5

5. La nascita di Gesù Cristo e l'illibata Verginità di Maria Santissima e di san Giuseppe
La Vergine Santissima fu sposata a san Giuseppe per obbedienza, perché, come si usava presso gli Ebrei, il matrimonio veniva trattato dai genitori o dai parenti più prossimi della fanciulla, a volte senza che essa lo sapesse.
Giunta all'età da marito, che era quasi sempre al dodicesimo anno, veniva promessa al giovane che ne faceva richiesta, e celebrava gli sponsali, prendendo impegno con giuramento, ella e lo sposo, di contrarre le nozze.
Il periodo degli sponsali durava un anno per le vergini e un mese per le vedove, ed in questo tempo, benché dimorassero ognuno a casa sua, i promessi sposi si riguardavano legittimamente coniugati, ed un figlio che fosse stato generato in questo periodo era riguardato come legittimo anche legalmente. Nel tempo degli sponsali, gli sposi corrispondevano fra loro per un intermediario di fiducia che era chiamato amico dello sposo. Dopo un anno si celebravano le nozze, e la sposa veniva accompagnata solennemente in casa del marito. Maria Santissima era stata sposata a san Giuseppe, giovane di circa 26 anni, modello di virtù, che il Vangelo caratterizza con una sola parola chiamandolo giusto, ossia santo. Probabilmente fu san Zaccaria che trattò il suo matrimonio sia perché sacerdote e sia perché i genitori della Vergine Santissima dovevano essere già morti.
Sposata, non era stata ancora accompagnata a casa dello sposo. Essa aveva promesso a Dio con voto di conservarsi Vergine, ed aveva consentito alle nozze per obbedienza, confidando che il Signore l'avrebbe custodita, e confidando anche nella virtù dello sposo che doveva esserle nota, essendo egli suo cugino.
Raccolta nella preghiera, umiliata profondamente innanzi a Dio, aspettava che la provvidenza avesse pensato alla sua situazione. È evidente che non manifestò a nessuno, e neppure a san Giuseppe il voto che aveva fatto, ma aveva la certezza che il Signore sarebbe intervenuto con uno dei suoi tratti di misericordia per liberarla dalle sue angustie. Fu in questo periodo di attesa e di preghiera che si trovò incinta del Verbo eterno per opera dello Spirito Santo.
San Matteo non racconta i precedenti di questa concezione miracolosa, presenta il fiore verginale già fecondo senza opera umana, intatto e purissimo, e dice solo che Maria fu trovata feconda senza che convenissero insieme Ella e san Giuseppe, per mostrare che si era verificata la profezia d'Isaia sul parto verginale della Madre del Redentore.
San Giuseppe si accorse di questo per le mutate condizioni dell'aspetto di Maria; forse fu attratto a considerarla perché senti da Lei una santità arcana; egli non poté pensare male di una Vergine che conosceva illibata, ma non osò contravvenire alla Legge che comandava di rimandare col libello del ripudio la consorte che fosse venuta meno alla fedeltà. Ciò che si manifestava in Maria la quale stava già al quarto mese dalla concezione del Verbo, era umanamente inspiegabile, e legalmente poteva solo apparire come una trasgressione.
Fu un momento terribile di angustia nel quale il santo dovette pregare ardentemente. La Vergine Santissima dal canto suo non osò rivelargli il mistero avverato in Lei, e si rimise al Signore, sembrandole che poteva essere incredibile senza una luce speciale di Dio. Il Signore intervenne, e per il ministero di un angelo illuminò l'afflitto Giuseppe sulla concezione miracolosa del Redentore. Il santo patriarca, semplice, silenzioso, umile, purissimo, compiva in sé la figura dell'antico Giuseppe, ed il Signore gli si rivelò nel sonno, forse nella veglia un'apparizione lo avrebbe troppo spaventato, forse avrebbe potuto anche soffrirne per la sua profonda umiltà; il fatto è che il Signore stimò più proporzionato a lui parlargli nel sonno.
Il messaggio dell'angelo era eccezionalmente straordinario, ma san Giuseppe vi prestò piena fede, e vide in esso con esultanza il compimento delle antiche promesse. Capì perfettamente che egli era scelto a custode del Figlio divino di Maria, e della illibata verginità di Lei. Le parole d'Isaia citate dall'evangelista furono luminosissime nell'anima sua, ed egli obbedì al Signore con piena sottomissione.
Con ogni probabilità e verosimiglianza san Giuseppe celebrò il matrimonio con Maria Santissima per obbedienza, avendo anche egli il fermo proposito di conservarsi vergine. Non è solo una supposizione questa, ma è consono al modo di operare di Dio, che volle il matrimonio per celare il mistero ai profani e non esporlo alla profanazione, ma che non poté non affidare ad un purissimo giglio il giglio immacolato dal quale sbocciò il Redentore.
Spira dal racconto evangelico un tale profumo di purezza che non può supporsi in nessun modo che san Giuseppe si sia sposato con un ideale umano. Egli capì di compiere la divina volontà, ed aspettò le disposizioni del Signore consacrandosi tutto a Lui. Forse per questo, dopo che furono celebrate le nozze non condusse ancora Maria a casa sua, ma lo fece solo al ritorno di Lei dalla casa di sant'Elisabetta, dopo la rassicurazione dell'angelo.
Il Vangelo insiste sulla verginità di san Giuseppe, facendo rilevare che non fu insieme con la consorte in nessun modo, né quando Essa concepì il Redentore, né dopo che l'ebbe partorito. L'espressione: ed egli non la conobbe fino a quando partorì il suo figlio primogenito, (che egli chiamò Gesù), ha questo preciso valore nel testo e nel contesto. L'evangelista usa quell'espressione proprio per insistere sulla miracolosa concezione del Redentore, e per escludere che nella sua nascita vi sia stato alcun concorso umano. Egli chiama primogenito Gesù Cristo non per far supporre che sia stato il primo di una serie, ma per determinare le sue prerogative di primogenito, che gli spettavano pur essendo unigenito, e per designare soprattutto il primogenito della novella generazione dei figli di Dio, e del novello patto. Gesù Cristo è il primogenito di Maria, noi siamo i secondogeniti. Se l'espressione del Vangelo sembra oscura, tanto da far disorientare i poveri protestanti e quelli che non concepiscono le arcane bellezze della verginità, la sua oscurità è solo apparente, e serve a farci confessare per fede quello che è evidente perché è una realtà storica.
In ogni fatto soprannaturale il Signore permette che vi siano alcune linee oscure, per lasciare integra la libertà, e pieno il merito della fede. Quelle oscurità ci fanno assentire a Dio che rivela e ci fanno sottoporre liberamente alla Chiesa che conferma la divina rivelazione. Se tutto fosse evidente qual merito vi sarebbe nel credere? Anche nello spettro solare vi sono alcune righe oscure, ma è proprio da quelle righe che emanano i raggi più potenti, capaci di uccidere i microbi. La verginità di Maria è un fatto storico certissimo; l'oscurità apparente del Vangelo la rende oggetto di fede; le insinuazioni degl'empi tentando di rendere tenebrosa l'oscurità, strappano dall'anima un atto più nobile di fede, e Dio le permette per prova e merito degli eletti. Il Vangelo dice che Maria diede alla luce il suo Figlio primogenito, perché tu abbia l'occasione di credere e di confessare che Egli è l'unigenito; dice che san Giuseppe non conobbe Maria fino a quando partorì il suo Figlio, perché tu creda che non la conobbe mai e si conservò vergine, e perché tu riconosca e confessi che il Verbo Incarnato fu concepito per opera dello Spirito Santo.
Sac. Dolindo Ruotolo

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