giovedì 3 aprile 2014

03.04.2014 - Commento ad Esodo cap. 32, par. 2-3

2. La bontà di Dio attraverso la sua stessa ira.
 
Il Signore stesso avvertì Mosè del peccato d’ Israele, e poiché quel popolo ingrato lo aveva disconosciuto, Dio ne parla come se non gli appartenesse più. Dopo quel peccato, non era diventato che il popolo di un condottiero umano, e perciò Egli ne parla come se appartenesse a Mosè, come se Mosè lo avesse liberato dall'Egitto, come se Mosè lo avesse istruito. Dio così manifesta l’effetto del peccato che ci divide da Lui, privandoci della vita soprannaturale, e nello stesso tempo, con infinita delicatezza, muove Mosè a pregare ed a riparare per quel popolo ingrato, facendogli riflettere ch’è suo, ch’egli lo ha con tanti prodigi liberato dalla schiavitù dell'Egitto, ch’egli lo ha istruito. In tal modo Dio suscitava nel cuore di Mosè la compassione per i prevaricatori, e lo interessava alle sorti di quel popolo, perché avesse pregato in suo favore. È un tratto delicato della misericordia infinita che cercava un compenso per la giustizia, affine di perdonare.
Mosè, quando sentì che il popolo, dopo tanti benefizi, aveva rinnegato Dio Ch’Egli immensamente amava, si accese di sdegno. li Signore allora, ancora una volta, con infinita delicatezza, mostrò a Mosè quello che sarebbe stato di quel popolo senza una voce supplicante, e per muoverlo alla preghiera, gli domandò quasi il permesso di sterminarlo. Con questo stratagemma di amore, richiamò lo sdegnato Mosè alla realtà, lo risvegliò dall'ebbrezza della sua - ira, e lo costrinse a pregare, Dio non disdegna dì apparire severo e spietato, pur di essere misericordioso.
La Scrittura ci prospetta due momenti della divina bontà che rivelano tutta la sua infinita delicatezza: nel primo momento, Dio non dice di essere sdegnato, ma annunzia a Mosè il peccato del popolo, dicendogli : Questo popolo ch'è tuo, che tu traesti dall'Egitto, che tu istruisti, ha prevaricato. Così diminuiva anche agli occhi dì Mosè quel peccato, presentandolo come un’infedeltà alla creatura e non al Creatore. Ma poiché Mosè rimase come impietrito dallo sdegno, e non pregò, in un secondo momento Dio mostrò a lui quale effetto poteva avere quel peccato senza una preghiera riparatrice. Si potrebbe quasi dire che Dio si accigliò, e con quel gesto toccò delicatamente il cuore di Mosè, il quale si spaventò al pensiero che gli Egiziani avessero potuto dire eh’ egli aveva condotto quel popolo fuori dell’Egitto per sterminarlo. Con arte di misericordia divina, con divina psicologia, Dio prima gli suscita il pensiero della sua responsabilità innanzi a tutti, dicendogli che quel popolo era suo, ch’egli lo aveva tratto dall’Egitto, e lo aveva istruito ; così infatti pensavano gli Egiziani, così pensavano gli stessi Ebrei. Dopo, Dio si mostra adirato, pronto a sterminare quel popolo, pronto a dargliene un altro, per fargli capire che non c’era tempo da perdere e che doveva pregare. Il Signore moveva così, con estrema riverenza, una libera volontà senza forzarla, ma penetrandola in ogni sua sensibilità.
Come Salomone finse di voler uccidere il bambino conteso da due madri, per suscitare il grido supplicante della vera madre, e salvare il bambino dandolo a lei, così Dio sentenziò la morte d’Israele, per suscitare il grido di preghiera nel cuore dell'adirato Mosè.
3. Mosè supplicante, figura di Gesù Cristo. Preghiera e riparazione.
Da quel grande Signore che è, Dio non voleva toccare le prerogative di un capo, giustamente adirato per l’ingratitudine del suo popolo, ma voleva che quel capo lo avesse supplicato stimando suo personale interesse la salvezza del popolo. Era questa una stupenda figura del modo come Dio voleva salvare l'umanità: Egli dette al Redentore in eredità le nazioni, ne formò il popolo suo, le fece da Lui liberare ed istruire. Esse diventarono così interesse suo, e perciò Egli salvò il mondo come un Re che conquista la sua gente, e lo scusò persino dell’atroce delitto della sua crocifissione. La preghiera di Mosè supplicante sul monte figurava precisamente la preghiera di Gesù Cristo sul Calvario, la grande preghiera sanguinosa che salvò gli uomini dalla rovina e li redense.
Ma aveva bisogno Dio della preghiera di Mosè per perdonare a quel popolo? Evidentemente sì, poiché era questa la minima esigenza della sua giustizia. Egli è infinito ordine, e non può permettere in nessun modo il disordine, né può tollerarlo senza una riparazione. Se Dio non esigesse una riparazione, tutto l’ordine del mondo, sommamente armonico, si scompaginerebbe. La preghiera di Mosè sul monte era il contrappeso alla stoltezza del popolo nel deserto : nel deserto c'era l’idolo ed il popolo delirante; sul monte c’era Dio e Mosè che pregava. Il peso delle iniquità del popolo era una forza negativa che traeva al precipizio, Mosè era una forza positiva che traeva in alto; era dunque indispensabile il contrappeso. Il male è come una nube di gas asfissiante, la preghiera e la riparazione sono come vento che la ricaccia e la dissipa. Nella grande guerra europea, quando si avanzavano le nubi di gas asfissiante, si mettevano in moto i colossali ventilatori per diradarle ; quel soffio era come una preghiera, per dir così. Se piove ci vuole il sole ed il vento per asciugare la terra; se il fuoco divampa, ci vuole l’acqua per smorzarlo; se l’acqua dilaga, occorre la diga per contenerla. Tutto l’ordine fisico è poggiato sull'equilibrio delle forze, e tutto l'ordine morale è fondato sulla riparazione; per questo Dio stesso è disceso dal Cielo per riparare I nostri peccati. Tutta la preghiera delle creature acquista valore dalla preghiera del Verbo Incarnato ; quella preghiera fu tale prodigiosa attività, che dette valore anche alle preghiere che la figuravano come tenue ombra lontana.
Sac. Dolindo Ruotolo

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