2. La
bontà di Dio attraverso la sua stessa ira.
Il
Signore stesso avvertì Mosè del peccato d’ Israele, e poiché
quel popolo ingrato lo aveva disconosciuto, Dio ne parla come se non
gli appartenesse più. Dopo quel peccato, non era diventato che il
popolo di un condottiero umano, e perciò Egli ne parla come se
appartenesse a Mosè, come se Mosè lo avesse liberato dall'Egitto,
come se Mosè lo avesse istruito. Dio così manifesta l’effetto del
peccato che ci divide da Lui, privandoci della vita soprannaturale, e
nello stesso tempo, con infinita delicatezza, muove Mosè a pregare
ed a riparare per quel popolo ingrato, facendogli riflettere ch’è
suo, ch’egli lo ha con tanti prodigi liberato dalla schiavitù
dell'Egitto, ch’egli lo ha istruito. In tal modo Dio suscitava nel
cuore di Mosè la compassione per i prevaricatori, e lo interessava
alle sorti di quel popolo, perché avesse pregato in suo favore. È
un tratto delicato della misericordia infinita che cercava un
compenso per la giustizia, affine di perdonare.
Mosè,
quando sentì che il popolo, dopo tanti benefizi, aveva rinnegato Dio
Ch’Egli immensamente amava, si accese di sdegno. li Signore allora,
ancora una volta, con infinita delicatezza, mostrò a Mosè quello
che sarebbe stato di quel popolo senza una voce supplicante, e per
muoverlo alla preghiera, gli domandò quasi il permesso di
sterminarlo. Con questo stratagemma di amore, richiamò lo sdegnato
Mosè alla realtà, lo risvegliò dall'ebbrezza della sua - ira, e lo
costrinse a pregare, Dio non disdegna dì apparire severo e spietato,
pur di essere misericordioso.
La
Scrittura ci prospetta due momenti della divina bontà che rivelano
tutta la sua infinita delicatezza: nel primo momento, Dio non dice di
essere sdegnato, ma annunzia a Mosè il peccato del popolo,
dicendogli : Questo popolo ch'è tuo, che tu traesti dall'Egitto, che
tu istruisti, ha prevaricato. Così diminuiva anche agli occhi dì
Mosè quel peccato, presentandolo come un’infedeltà alla creatura
e non al Creatore. Ma poiché Mosè rimase come impietrito dallo
sdegno, e non pregò, in un secondo momento Dio mostrò a lui quale
effetto poteva avere quel peccato senza una preghiera riparatrice. Si
potrebbe quasi dire che Dio si accigliò, e con quel gesto toccò
delicatamente il cuore di Mosè, il quale si spaventò al pensiero
che gli Egiziani avessero potuto dire eh’ egli aveva condotto quel
popolo fuori dell’Egitto per sterminarlo. Con arte di misericordia
divina, con divina psicologia, Dio prima gli suscita il pensiero
della sua responsabilità innanzi a tutti, dicendogli che quel popolo
era suo, ch’egli lo aveva tratto dall’Egitto, e lo aveva istruito
; così infatti pensavano gli Egiziani, così pensavano gli stessi
Ebrei. Dopo, Dio si mostra adirato, pronto a sterminare quel popolo,
pronto a dargliene un altro, per fargli capire che non c’era tempo
da perdere e che doveva pregare. Il Signore moveva così, con estrema
riverenza, una libera volontà senza forzarla, ma penetrandola in
ogni sua sensibilità.
Come
Salomone finse di voler uccidere il bambino conteso da due madri, per
suscitare il grido supplicante della vera madre, e salvare il bambino
dandolo a lei, così Dio sentenziò la morte d’Israele, per
suscitare il grido di preghiera nel cuore dell'adirato Mosè.
3. Mosè
supplicante, figura di Gesù Cristo. Preghiera e riparazione.
Da
quel grande Signore che è, Dio non voleva toccare le prerogative di
un capo, giustamente adirato per l’ingratitudine del suo popolo, ma
voleva che quel capo lo avesse supplicato stimando suo personale
interesse la salvezza del popolo. Era questa una stupenda figura del
modo come Dio voleva salvare l'umanità: Egli dette al Redentore in
eredità le nazioni, ne formò il popolo suo, le fece da Lui liberare
ed istruire. Esse diventarono così interesse suo, e perciò Egli
salvò il mondo come un Re che conquista la sua gente, e lo scusò
persino dell’atroce delitto della sua crocifissione. La preghiera
di Mosè supplicante sul monte figurava precisamente la preghiera di
Gesù Cristo sul Calvario, la grande preghiera sanguinosa che salvò
gli uomini dalla rovina e li redense.
Ma
aveva bisogno Dio della preghiera di Mosè per perdonare a quel
popolo? Evidentemente sì, poiché era questa la minima esigenza
della sua giustizia. Egli è infinito ordine, e non può permettere
in nessun modo il disordine, né può tollerarlo senza una
riparazione. Se Dio non esigesse una riparazione, tutto l’ordine
del mondo, sommamente armonico, si scompaginerebbe. La preghiera di
Mosè sul monte era il contrappeso alla stoltezza del popolo nel
deserto : nel deserto c'era l’idolo ed il popolo delirante; sul
monte c’era Dio e Mosè che pregava. Il peso delle iniquità del
popolo era una forza negativa che traeva al precipizio, Mosè era una
forza positiva che traeva in alto; era dunque indispensabile il
contrappeso. Il male è come una nube di gas asfissiante, la
preghiera e la riparazione sono come vento che la ricaccia e la
dissipa. Nella grande guerra europea, quando si avanzavano le nubi di
gas asfissiante, si mettevano in moto i colossali ventilatori per
diradarle ; quel soffio era come una preghiera, per dir così. Se
piove ci vuole il sole ed il vento per asciugare la terra; se il
fuoco divampa, ci vuole l’acqua per smorzarlo; se l’acqua dilaga,
occorre la diga per contenerla. Tutto l’ordine fisico è poggiato
sull'equilibrio delle forze, e tutto l'ordine morale è fondato sulla
riparazione; per questo Dio stesso è disceso dal Cielo per riparare
I nostri peccati. Tutta la preghiera delle creature acquista valore
dalla preghiera del Verbo Incarnato ; quella preghiera fu tale
prodigiosa attività, che dette valore anche alle preghiere che la
figuravano come tenue ombra lontana.
Sac. Dolindo Ruotolo
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