venerdì 4 aprile 2014

04.04.2014 - Commento a Sapienza cap. 2, par. 2-4

2. Il significato letterale di questo capitolo
Dopo aver detto alla fine del capitolo precedente che gli empi attirano nel mondo la morte, il Sacro Testo fa un quadro impressionante della loro perversità, causa dei castighi che piombano sulla terra. Oli empi si rifiutano di credere e perciò pongono a base della loro vita un fondamento di tristissimi errori, con i quali cercano giustificare la propria condotta e soffocare i loro rimorsi. Guardano alla vita come ad un corso di tempo tedioso ; per essi la morte inesorabile è senza speranza futura; e per negare l'esistenza dell'altro mondo, dicono che nessuno n’è mai tornato. Anche però se tornasse qualcuno dall'eternità, com’è accertato in tante apparizioni di defunti, non crederebbero lo stesso, perché la loro miscredenza è frutto di cecità e di corruzione. Con stoltissimo ragionamento sì credono nati dal caso, ed attribuiscono la vita dello spirito a fenomeni della materia, né più e né meno dei nostri poveri materialisti ; l'anima per essi è un vapore, il pensiero una funzione della vita corporale, lo spirito è un'impressione che si dilegua senza lasciar tracce fuori del mondo o lasciandone di molto fugaci in questa terra; il sepolcro non si dischiude più per nessuno, e fuori di questa vita non c’è nulla.
Da questi principii stoltissimi, gli empi ricavano le conseguenze che se ne possono attendere; essi vogliono godere della vita presente ad ogni costo, vogliono dominare ed hanno come norma di giustizia la forza bruta; riguardano come buono a nulla chi è fisicamente debole, ed odiano il giusto perché la sua vita è una confutazione pratica dei loro principii ed un rimprovero perenne alla loro malvagità. L’odiano e lo perseguitano cercandolo a morte, con la scusa di far prova di lui, ma in realtà per toglierselo dinanzi.
Vedremo subito il senso profetico di questo capitolo, ma fin da ora facciamo notare che l’Autore ispirato, parlando del giusto odiato dagli empi, fu illuminato soprannaturalmente con tanta luce che vide il Giusto per eccellenza, il Redentore futuro e gli empi che lo perseguitarono, e profetizzò in maniera impressionante non solo gli atti, ma persino le parole che i persecutori dissero contro di Lui, come può rilevarsi dall’Evangelo. È questo il sentimento unanime di tutti i Padri;

3. La mirabile profezia dell’ambiente del popolo ebreo alla venuta del Redentore, e della persecuzione che gli fecero condannandolo alla morte di croce.Non è difficile che alcuni possano giungere persino a credere, che il Sommo Sacerdote, gli Scribi e i Farisei avessero condannato Gesù Cristo, animati da uno zelo eccessivo per la purezza della dottrina e delle tradizioni. Il Sinedrio era qualche cosa, dicono essi, come il nostro S. Uffizio, e non poteva far correre impunemente una dottrina così profondamente innovatrice come quella proclamata da Gesù Cristo, benché confermata da grandi miracoli. Il miracolo è un linguaggio chiaro per chi Crede, ma non per coloro che non credono e per questi, data la loro malafede, può essere, più che un argomento di luce, un fastidio ed un'occasione d’intensificare la lotta.
Il Sinedrio invece non agì per tutelare la purezza della Fede, e condannò a morte turpissima il Redentore, per sfatarne ogni prestigio, e stroncare il pericolo che secondo essi, Egli rappresentava. Così in questi tempi malaugurati di tenebre fitte, dopo aver ascoltato l'apologia degl'imperatori che hanno perseguitato i Cristiani, di Pilato e persino di Giuda, noi ascoltiamo l' apologia del Sinedrio. Eppure prima che venisse il Redentore,, il Signore aveva tracciato già in una sintesi mirabilmente profetica, il vero ambiente del Sinedrio e del popolo che condannò Gesù Cristo, affinché non si fosse attenuata la loro colpabilità.
Il discorso degli empi che meditiamo, non è che l'esposizione del vero stato di quei cuori che rigettarono la verità. Per il rilassamento dei costumi infatti, iniziatosi per l’influenza dei Greci e aumentato per l’invasione romana, molta parte del popolo ebreo era caduta in uno stato di materialismo pratico, ed aveva subito il triste fascino dell'epicurea civiltà romana. Conservava ancora la Legge e le tradizioni, ma praticamente vi credeva poco o niente, amava godere, e viveva come se nulla lo avesse aspettato oltre la tomba. Molta parte della classe dirigente, asservita ai Romani, non era diversa, e lo scrupolo che manifestava nel mantenere le tradizioni, era più un atto di politica che di religione, perché tendeva a conservare quel minimo di autorità e d’indipendenza ch’era ancora possibile salvare.
Mancava la pietà, il Tempio era profanato, le sacre funzioni erano un'occasione d'indegno commercio, come disse Gesù Cristo medesimo, quando cacciò col flagello quelli che profanavano la maestà del Tempio. Gli adultèri non erano infrequenti, come può rilevarsi dalla povera donna sorpresa nel peccato, e trascinata innanzi a Gesù Cristo, e da altri episodi dell'Evangelo ; la corruzione s’infiltrava in tutti gli strati del popolo, il quale vedeva il vizio esaltato sul trono di Erode e nella dimora di Pilato, scettico e materialista. Il discorso degli empi è dunque il quadro sintetico e profetico di quello che fu l'anima di tanta parte del popolo ebreo e dei Sacerdoti alla venuta del Redentore. In queste condizioni di spirito si capisce bene perché fu disconosciuta la verità della divina predicazione, perché si odiò il Giusto per essenza, e perché lo si condannò a morte, prendendo come pretesto l'essersi Egli dichiarato Figlio di Dio.
Precisamente come dice il Testo profetico e come conferma Gesù nell'Evangelo rimproverando gli Scribi e i Farisei, la classe dirigente opprimeva i poveri e le vedove, imponeva pesi insopportabili, aveva come norma di giustizia la forza, perché tale era l’esempio che riceveva dai Romani, Gesù Cristo in queste condizioni di ambiente, era per loro un imbarazzo, un rimprovero, una voce potente che li smascherava, anzi un censore dei loro pensieri, perché li leggeva e li scrutava. Lo odiavano fino al punto che non ne tolleravano la vista, si credevano offesi da Lui, disprezzati, e credettero di trovare un giusto pretesto per andargli contro, nel fatto ch'Egli diceva di avere una dottrina divina e si proclamava Figlio di Dio. In queste condizioni l'odio contro il Redentore divenne così terribile, che decisero di toglierli ogni prestigio,'annientandolo con una morte infame. Dissero che volevano tentarlo per vedere se veramente era Figlio di Dio, proprio come annunzia il Testo profetico, perché erano certi che la prova sarebbe riuscita a Lui sfavorevole. Veramente lo posero a cimento con ingiurie e strapazzi inauditi, e quando l’ebbero crocifisso, lo schernirono fin sulla Croce perché il popolo avesse constatato ch'Egli non aveva saputo liberarsi, e quindi, secondo loro, che tutte le sue affermazioni erano false.
Ma s’ingannarono e la loro malizia li accecò fino al punto da non intendere i misteri di Dio che si svolgevano sotto i loro sguardi. Lungi dall'essere giusti, come si vantavano, non seppero apprezzare la grandezza della santità. Non capirono sopra tutto il mistero della Redenzione che doveva sconfiggere satana invidioso del bene degli uomini è restaurare l’uomo fatto ad immagine e somiglianza di Dio; per questo rifiutarono ogni grazia e si resero servi del diavolo.

4. La vita materialistica rovina dell’amore di Dio, fonte di odio tra gli uomini e causa delle persecuzioni contro la Chiesa.
La grande piaga della moderna società è la mancanza di amore a Dio ed al prossimo. Dio è il grande sconosciuto, e dolorosamente è anche il grande odiato; tutto ciò ch’è divino e soprannaturale urta contro queste generazioni moderne, immerse nella materia, le quali volano nel piccolo cielo della terra con i loro apparecchi e scendono nel fondo del fango con le loro miserie spaventose. In un’epoca poi di pretesa filantropia, noi vediamo sempre più giganteggiare l’odio e la durezza, di modo che con la scusa della disciplina o con quella della ragione di stato, gli uomini sono ridotti nella schiavitù, degna risposta alla loro apostasia da Dio, come si vede in Russia e in tante altre nazioni. La durezza si è infiltrata persino nei cuori che dovrebbero avere come vessillo la carità, ed in questo campo assistiamo tanto spesso, per lo meno all'incomprensione dei dolori del prossimo. È uno spettacolo desolante che ha le sue radici nel materialismo, proprio come ci viene descritto dal Sacro Testo.
Le deplorevoli eresie moderne che come gas asfissiante hanno avvelenato finanche gli ambienti più sani, pongono come base della vita il godere sfrenato dei sensi, la negazione ostinata e balorda del soprannaturale, la negazione stessa di Dio. Si è affermato che siamo venuti dal caso, evoluti dalla scimmia e da animali inferiori; si è negato l'anima, si è attribuito l'attività dello spirito alle leggi biologiche della materia, negando per conseguenza 1'immortalità dell'anima e la vita eterna, e si è caduti nell’apostasia da Dio e nell'orrore dell’odio, della tirannide, del disprezzo del bene e di tutto ciò ch'è santo. Com'è possibile vedere la luce di Dio e considerare la nobiltà del prossimo, quando si cercano le voluttà senza freno, lo sfogo ai vizi più degradanti e l’ebbrezza del piacere? La forza egoistica diventa la norma della giustizia; l'infermità umana, anziché essere compatita e curatale violentemente oppressa, e noi abbiamo assistito agli errori di tante teorie moderne che dissolvono là fraternità dei popoli e la carità, teorie degne di barbari, anzi molto al di sotto del loro livellò, abbiamo sentito affermare persino che il diritto e la volontà dei tiranni si equivalevano, di modo da non ammettere altra norma di diritto che il loro volere.
In questo stato di aberrazione spaventosa, il mondo perseguita il giusto, il Corpo. Mistico di Gesù Cristo, la Chiesa, ed insorge contro di Essa con un odio implacabile, cercando di annientarla. La Chiesa infatti è l'unico ostacolo alle sopraffazioni della modernissima barbarie, mascherata da civiltà, il solo imbarazzo serio che in ogni nazione trovano i tiranni; è la sola voce di autorità che ' rinfaccia le colpe, smaschera le ipocrisie, proclama la paternità augusta di Dio su tutte le creature e censura inesorabilmente il pensiero moderno. La Chiesa sola si tiene lontana dal mondo come da campo d’immondezze, e proclama la realtà della vita eterna e la nobiltà della santità.
Il mondo, perseguitando la Chiesa, ne attende cinicamente la fine e ne profetizza ad ogni momento l’imminente catastrofe ; ma s’inganna ed è accecato dalla sua malizia, perché la Chiesa è un mistero di Dio, è tutelatrice della gloria del Signore e dell’umana dignità, e non può perire. Muoiono ad uno ad uno i suoi persecutori, muoiono nell’obbrobrio, ed Essa resiste all'urto dei secoli, fino all'eterna vittoria.
Nella pietà cristiana però, benché sia aliena dallo spirito del mondo, si può anche trovare una forma d'egoismo materialista che uccide gli slanci del divino amore. La polvere del mondo a volte s'insinua nelle anime buone sotto l'aspetto di un’eccessiva ricerca dei propri comodi, sotto una freddezza di fede che fa guardare alla vita con un senso di opportunismo, sotto un’indifferenza ed anche un disprezzo di ciò ch'è soprannaturale, con la scusa di voler toccare tutto con mano e di voler essere ponderati. La presunta ponderazione diventa a poco a poco miscredenza, l'egoismo prende il sopravvento, e l’anima non sente più tenerezza di amore per Dio, non sente più carità per il prossimo, a poco a poco diventa-arrogante, dura nel riprendere, spietata nel giudicare, inesorabile nel condannare. Chi vuole amare veramente il Signore, deve vigilare sul proprio cuore e sulla propria vita e, tenendosi lungi dall’atmosfera asfissiante del mondo, deve vivere di Fede, di rinunzie, di bontà, di compatimento, di carità, perché in questo terreno prospera l'amore e si dilata fino all'eterna unione con Dio.
Sac. Dolindo Ruotolo

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