sabato 12 aprile 2014

12.04.2014 - Commento a Ezechiele cap. 37, par. 3

3. La ricostituzione dell’unità d’Israele e l’unico ovile nella Chiesa.
Il Signore con un altro simbolo volle annunziare al suo popolo il modo come sarebbe stato ricostituito, nell’unità di un solo regno, senza più la divisione causata dallo scisma di Roboamo. Egli ordinò al Profeta di prendere un legno, e di scrivere su di esso: Giuda e i suoi congiunti figli d’Israele-, poi gliene fece prendere un altro sul quale fece scrivere: Giuseppe verga di Efraim e tutta la casa d’Israele a lui congiunta.
Nel primo pezzo di legno era simboleggiato il regno di Giuda, nell’altro era simboleggiato quello d’Israele, denominato da Giuseppe, dal quale erano venute le tribù più potenti d’Israele, Efraim e Manasse e chiamato verga di Efraim perché i primi Re d’Israele, Geroboamo e Nadab furono Efraimiti.
Il Signore ordinò ad Ezechiele di prendere in mano i due pezzi di legno, e di congiungerli così come un solo tutto, per esprimere due cose: prima l’imminente ricostituzione del popolo suo in sol regno, con la fusione di Giuda e d’Israele; secondo la ricostituzione del popolo suo, disperso non solo nella Caldea, ma in tutte le nazioni come popolo vivificato dalla grazia nella sua Chiesa, lontano dalle abominazioni degl’idoli, e dai loro peccati, sotto l’unico Pastore Gesù Cristo, discendente di Davide, e sotto il Papa che lo rappresenta come vicario suo in terra, in una perpetua e nuova alleanza di pace, vicino al Tabernacolo suo.
È evidente dal testo che Dio non parla solo della ricostituzione d’Israele dopo la schiavitù, ma parla anche della sua ricostituzione religiosa negli ultimi tempi, nell’unico ovile, che non può essere che quello della Chiesa, sotto l’unico Pastore e Re, Davide, che non può essere che Gesù Cristo, discendente di Davide, e il Papa vicario di Gesù Cristo in terra.
Il testo infatti dice che il popolo si radunerà di mezzo alle nazioni tra le quali fu disperso; non si contaminerà più con gli idoli, con le abominazioni e con le iniquità, e quindi sarà tutto convertito alla verità ed al bene; avrà un unico Pastore e Re, e camminerà fedelmente nella via della divina Legge. Avrà la terra di Giacobbe, cioè sarà erede delle sue promesse fatte al santo Patriarca, non tanto intese materialmente, ma spiritualmente, ed avrà una novella alleanza di pace.
Tutto questo non si verificò nell’immediata ricostituzione di Israele, come è evidente dalla storia, ma si verificherà certamente in modo più grande nella conversione del popolo Ebreo alla vera fede, e nel suo incorporamento alla Chiesa.
Forse è questa la ragione misteriosa per la quale Dio chiama tribù di Giuseppe e verga di Efraim il regno d’Israele che si sarebbe ricongiunto al regno di Giuda, formando con esso una sola nazione.
Strettamente parlando, infatti, se l’avesse detto solo perché Efraim e Manasse erano le tribù più potenti d’Israele, avrebbe nominato non solo Efraim ma anche Manasse, e non avrebbe avuto ragione di nominare Giuseppe. Le tribù scismatiche, divise dal centro religioso, erano esse stesse figura del popolo di Dio, diviso dalla Chiesa, e il loro ricongiungimento al regno di Giuda, sotto un Re
discendente da Davide, era figura dell’unione di tutto il popolo alla Chiesa Cattolica sotto l’unico Pastore discendente di Davide, Gesù Cristo e il Papa che ne è Vicario.
La conversione degli Ebrei sarà quindi per essi non una diminuzione ma un accrescimento, Giuseppe, ed essi all’ombra della Chiesa cresceranno e daranno il loro frutto, Efraim. Essi non saranno più i perseguitati che si esauriscono miseramente nelle loro aberrazioni e nelle loro tribolazioni, ma saranno come un vigoroso polline che cresce e fruttifica. Saranno veramente come morti che risuscitano, e si congiungeranno alla Chiesa nell’unità della Croce del Redentore, figurata in quei due legni che in mano del Profeta si congiunsero. Giuda era più piccolo d’Israele, e il legno che lo rappresentava, congiunto a quello che rappresentava Israele, formava nella mano del Profeta come una Croce, e in quella Croce i due legni trovavano l’unità, formandone uno solo.
Ezechiele significa Dio rende forte, o, secondo S. Girolamo, imperium Dei, nella mano di Dio forte, dunque, che chiama tutti i popoli nell’unità del suo regno, per la Croce, il popolo Ebreo si congiungerà alla Chiesa, ed in Essa e per Essa si accrescerà e darà il suo frutto.
Tutta la Chiesa attende questo momento di grande misericordia, nel quale intorno al Tabernacolo Eucaristico il popolo Ebreo e quello cristiano si troveranno in unità di fede e di amore, formando un solo ovile sotto un solo pastore con tutti i popoli della terra, nella tranquillità e nella pace.
Preghiamo perché i momenti di Dio si affrettino; deponiamo ogni odio od avversione al popolo ebreo, tendiamogli anche noi le braccia con la preghiera, col perdono e con la carità, e cooperiamo cosi anche noi all’avvento del Regno di Dio.
Sac. Dolindo Ruotolo

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