martedì 29 aprile 2014

29.04.2014 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 11, par. 7-9

7. Il privilegio dei piccoli di spirito, e l'invito del Cuore di Gesù
Perché le anime non corrispondono alle grazie del Signore? Perché presumono di se stesse, si gonfiano vanamente, indagano con superba tracotanza quello che dovrebbero adorare e praticamente rifiutano la luce delle divine misericordie. Il Vangelo non si può intendere dai così detti grandi del mondo, perché essi hanno la testa come intontita dalle loro meschinità, e sono avvolti dalla fitta cortina delle loro idee.
Gesù perciò si compiace dei piccoli di spirito, che in realtà sono grandi, e ringrazia il Padre di aver loro rivelato i misteri della verità e dell'amore celati ai così detti sapienti della terra. La sapienza e la prudenza umana è come nebbia che si leva all'orizzonte e impedisce il diffondersi dei raggi del sole; gli uomini la credono sapienza ma in realtà è stoltezza innanzi a Dio. Ne sa più un umile contadino, pieno dello spirito del Signore, che un dotto filosofo, il quale si perde nei vortici delle sue fantasie. È questo un punto importantissimo e fondamentale per andare a Dio, e Gesù mostra in se stesso la grandezza di questo principio: Egli si è umiliato e fatto piccolo per amore, e tutto gli è stato dato dal Padre; è povero innanzi al mondo, ma è ricchissimo innanzi a Dio, perché il tutto donatogli dal Padre è il suo Verbo che termina l'umana natura.
Il Verbo è la conoscenza del Padre ed è la sapienza infinita che lo conosce, il Verbo e il Padre sono perfettamente uguali, benché realmente distinti.
Il Padre conosce se stesso e genera il Verbo nella sua infinita semplicità, ed il Verbo, conoscenza del Padre, lo glorifica in una luce infinitamente semplice.
È dunque la semplicità che trionfa nell'oceano dell'infinita luce ed è attraverso la semplicità che questa luce si comunica. Il Padre la comunica ai piccoli, e il Figlio la comunica a chi vuole; siccome la sua volontà è fonte di bene così è chiaro che la comunica non a capriccio, ma diffondendo il bene con la sua volontà, salvando e redimendo. Il bene raggiunge la creatura nel sacrificio e il sacrificio avvicina la creatura al sommo bene, e per questo Gesù invita a sé tutti i sofferenti per ristorarli col dono della luce e dell'amore di Dio.
8. Imparate da me, che sono mansueto e umile di cuore
Per ricevere la luce di Dio bisogna appartenere al Redentore, e sottoporsi al suo giogo, cioè al suo dominio, che è soave e dolcissimo, e bisogna imparare da Lui come da Maestro. Non basta ascoltare i suoi precetti per intenderli, bisogna prima sottomettervisi ed accettarne la pratica perché i precetti di Gesù non sono teorie filosofiche ma sono via, verità e vita. Bisogna imparare da Lui che è mansueto ed umile di cuore, nella mansuetudine che si sottomette al giogo; e nell'umiltà che sa rinunziare ai propri pensieri; bisogna imparare dal Maestro divino la mansuetudine e l'umiltà del suo Cuore, che sono i segreti della sua intimità col Padre, poiché Egli si sottomette alla sua volontà che lo immola ed, umiliandosi fino alla croce, ne glorifica la grandezza e la maestà.
I moderni esegeti sostengono che Gesù Cristo nel dirci: Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore, non abbia voluto proporsi come maestro di queste due virtù ma abbia voluto dire che Egli è un maestro che non fa paura, che è mansueto ed umile nell'insegnare, e lo è non a fior di labbra ma profondamente nel cuore (vedi Sales, pag. 51). A noi questa spiegazione sembra non solo monca nel contesto, ma contraria allo spirito stesso della Chiesa. Gesù, infatti, ci esorta a prendere il suo giogo e ci mostra il Cuore suo per mostrarci che cosa è questo giogo, tutto amore, tutto pace, e tutto bontà. Se il Re è amore, mansuetudine ed umiltà, è logico che anche i sudditi lo siano, poiché i sudditi debbono imparare da Lui. Gesù vuole, precisamente perciò, com'è chiaro dal contesto, che s'impari da Lui la mansuetudine e l'umiltà del suo Cuore.
La vita eterna sta nel conoscere il Padre ed il Figlio, come il Figlio Incarnato conosce il Padre e lo glorifica; Egli si sottomette alla sua volontà e si umilia fino alla croce, accetta con mansuetudine il giogo come vittima e si offre alla croce. I suoi seguaci debbono fare lo stesso e poiché l'amore di Dio include quello del prossimo, debbono essere mansueti ed umili anche nelle relazioni coi propri fratelli.
9. Il Cuore di Gesù, il segreto di una pace internazionale
Gesù Cristo volle precisamente mostrare il suo Cuore e volle additarlo come rimedio supremo all'umanità che rifiuta il suo giogo nell'apostasia universale; il versetto del Vangelo è come il primo annunzio della rivelazione fatta a santa Margherita Alacoque, rivelazione che la Chiesa ha solennemente riconosciuta. Egli è il Maestro, e l'umanità apostata non vuole riconoscerlo, e rifiutando Lui rinnega il Padre, rinnega Dio. L'orgoglio umano scuote il giogo della sapienza e dell'amore, e si dà con pazza violenza alla conquista dei beni terreni; Gesù sfata questa pazzia, affermando che, per raggiungere la pace e la felicità interna, bisogna umiliarsi, farsi piccoli, essere docili e mansueti innanzi a Dio e agli uomini, come Egli lo è stato. Non c'è altra via per mantenersi fedeli alla misericordia che Egli è venuto a portare in terra, e per sfuggire all'ingratitudine che Egli rimprovera a Corazin, a Betsaida ed a Cafarnao.
In un mondo senza pace e senza amore, fondato ormai sulla violenza del più forte, e potremmo dire sul massacro del più debole, non c'è altra via di salvezza che la mansuetudine e l'umiltà imparata dal Cuore Sacratissimo di Gesù.
Bisogna sapersi vincere nelle irruenze del carattere e nella prepotenza dell'orgoglio, e bisogna persuadersi che queste virtù non sono necessarie solo all'individuo, ma anche alla società. Non si può instaurare il dominio della forza brutale e dell'orgoglio che tutto vuole accentrare a sé e tutto vuol dominare, e pretendere che non ci sia altra via per conservare la preponderanza di una nazione sull'altra. Solo a questa condizione è possibile conservare nel mondo la pace.
La pace dell'anima è frutto dell'armonia con tutti e della placida moderazione delle proprie aspirazioni; la pace delle nazioni sta nell'armonia interna ed esterna di uno stato e nel mantenere la propria fisionomia, per così dire, di fronte alle altre nazioni senza presumere di volersi ingrandire a spese delle altre. È necessario sottomettersi a Gesù Cristo, poiché questo è il vero segreto dell'internazionalismo sapiente che diventa cattolico, apostolico, romano. L'internazionalismo che non è fondato sulla piena accettazione del giogo soavissimo del Vangelo non è unione di tutti i popoli, ma è massacro e barbarie, come si è visto dolorosamente nell'internazionalismo comunista, che è passato come un uragano di ferro, di fuoco e di rovine in tutte le nazioni che ha infestate.
Sac. Dolindo Ruotolo

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