martedì 8 aprile 2014

08.04.2014 - Commento a Numeri cap. 21, par. 2-4

2. II mistero delle profetiche figure del Redentore.
A testimonianza di Gesù Cristo medesimo, come altra volta si è detto, Mosè parlò di Lui nei libri della Legge. Questi libri quindi sono certamente pieni di misteriosi annunzi del Redentore che formavano nel popolo, per così dire, la mentalità e la coscienza della futura Redenzione. Non poteva l’uomo in un momento intendere un mistero così grande, tanto diverso da tutte le umane vedute. L’uomo avrebbe capito facilmente il mistero della Redenzione se si fosse trattato di consumare il peccato con un atto di potenza impressionante, o con un atto di misericordia improvvisa ; ma l’intendere una Redenzione ottenuta con l’immolazione, con l’umiliazione, con
l'obbedienza del Verbo fatto carne, non era cosa facile. Difatti, nonostante tante rivelazioni divine sul futuro Redentore, il popolo ebreo finì per aspettarlo come un Re, un conquistatore, un dominatore politico. Il Cristianesimo non si sarebbe mai diffuso, se Dio non avesse preparato l'uomo per tanti secoli alla concezione luminosa di una Vittima che doveva immolarsi. Il Crocifisso, umanamente parlando, sarebbe passato come Un giustiziato qualunque nonostante i miracoli che accompagnarono la sua morte, se non ci fosse stata la lunga preparazione fatta da Dio in tanti secoli di aspettazione. Poco per volta, lasciando intatta l'umana libertà della quale Dio è gelosissimo, il Signore abituò l'uomo ad intendere il concetto di una Vittima caricata dai peccati di tutti, eppure immacolata, immolata per dare la vita, umiliata per ridare all’uomo la perduta nobiltà ; di una Vittima che dava i mezzi della riabilitazione senza forzare nessuno, che rimaneva come isolata fuori della città dalla quale fu immolata, fuori del consorzio degli uomini, abbandonata da tutti, tendente a tutti le sanguinanti mani in un eccesso di amore, capace di attrarre, incapace d’imporsi con la violenza ; illuminante tutti come luce serena, alla quale si poteva pure resistere, come difatti si resistette da tanti ; di una Vittima ricoperta dall'obbrobrio della colpa che veniva ad espiare, meravigliosa sintesi dolorante di quello ch'era diventato l’uomo, eppure splendido modello di quello che doveva essere l'uomo nuovo.
Se la mente ancor oggi si smarrisce di fronte al mistero della Redenzione, dopo tanta preparazione fatta da Dio nei secoli, figuriamoci come si sarebbe smarrita se il Signore non l’avesse preparata ! Come le meravigliose grotte di Postumia, ricche di ricami di roccia, di cristalli variopinti, di fantastiche colonne, si sono formate con lo stillicidio dei secoli, così stillò a poco a poco nell'umanità la divina misericordia, formando il meraviglioso disegno della Redenzione. Nessun colpo di scalpello o di martello ha turbata mai la profonda quiete delle grotte di Postumia, eppure si sono formate le colonne, gli archi, gli arabeschi, stupendi. Dio è passato attraverso l'umanità silenziosamente, senza un solo colpo che forzasse la nostra libertà. La Redenzione è il capolavoro della potenza divina che non costringe, della bontà che non conquide con la violenza, della misericordia che non perdona indipendentemente dall'uomo.
Dio s’isolò quasi dalla povera umanità per non forzarla. Noi crediamo che il Santo dei Santi, chiuso dal velo, inaccessibile, misterioso, sia stato una manifestazione della maestà tremenda di Dio, invece ne è stato il nascondimento. Egli non ha voluto farsi scorgere per non forzare l'uomo, si è nascosto sempre. Il modo come si è rivelato è più atto a nasconderlo che a manifestarlo : un'Arca chiusa, una nube caliginosa, una vittima scelta fra gli animali, un tenue fumo d’incenso, una pietra che dà acqua, un serpente sospeso ad un legno... una, spoglia umana umiliata nel lavoro , un corpo sanguinante nell'obbrobrio di una condanna, un sepolto in un’oscura caverna, un poco di pane e di vino chiusi in un piccolo ciborio... E poi, anche nella gloria, un Risorto che si mostra solo dove è attratto dall’amore, una sapienza nascosta dalle parole umane, una potenza celata nel groviglio degli umani eventi, una Provvidenza che è colossale ed appena appena appare come lo scintillare degli astri lontani...
Dio ha reso accessibile a noi quello che è piccolo, ha distanziato da noi quello che è colossale ; anche della creazione vediamo solo le cose più umili e le più grandi ci sfuggono, tanto Egli è geloso di nascondersi. Le stelle sono lontane e si nascondono, il verme che è tanto meschino di fronte ad una stella ci si manifesta; ma quello che è ammirabile in un verme, la sua struttura, le sue funzioni, i suoi organi, ci sfuggono, avviluppati nel velo dell'infinitamente piccolo. Noi abbiamo bisogno del microscopio per scrutare certe meraviglie di Dio, eppure quanto poco è quello che ci svela lo stesso microscopio ! Solo nel Cielo, dove l'umana libertà Lo ha definitivamente scelto, solo nel Cielo Egli si rivela in tutta la sua magnificenza per farci eternamente felici. Non deve quindi meravigliarci che Dio abbia scelto come simbolo del Redentore pendente dalla Croce persino un serpente, un animale che ispira tanto disgusto e tanto ribrezzo. .Forse se Gesù Cristo medesimo non ci avesse manifestato il valore di questo simbolo, noi avremmo stentato a comprenderlo (Giov. Ili, 14 e segg.).
3. La natura della colpa commessa dagli Ebrei e la ragione del castigo
specifico dei serpenti. Il serpente di bronzo ed il Crocefisso.
Gli Ebrei avevano riportata una strepitosa vittoria contro i Cananei ; vinti da loro nel primo momento, avevano fatto voto a Dio di sterminarli se il Signore li avesse dati nelle loro mani. Esauditi, avevano compiuto il voto, ed avevano chiamato Horma, cioè anatema, il luogo della disfatta dei loro nemici. Può apparire strano questo voto di rovinare tutte le città di • un nemico, eppure non lo è. I Cananei erano scellerati, dediti all'idolatria, colmi d'iniquità; là misura del loro peccato era riboccante e meritavano lo sterminio ; diroccare le loro città era lo stesso .che diroccare dei focolari d’infezione morale. Gli Ebrei avrebbero subita l'influenza dei Cananei se si fossero stabiliti nelle loro città, e si sarebbero pervertiti ; il rinunziare col voto ad ogni bottino, ad ogni accomuna- mento con quel popolo, era lo stesso che il promettere di conservarsi immuni da ogni spirituale contagio.
Dopo una vittoria così strepitosa, gli Ebrei avrebbero dovuto sentire il bisogno di ringraziare Dio, invece cominciarono a mormorare contro di Lui e contro Mosè, ripetendo la loro ingiuriosa cantilena, lamentandosi del cammino e del cibo miracoloso che ricevevano, cioè dei due maggiori benefizi di Dio: il camminare verso la terra promessa, e .l'essere alimentati da Lui. Si può supporre logicamente che il luogo per il quale passavano fosse già infestato dai serpenti, non essendoci nessuna ragione per credere che il Signore li avesse miracolosamente creati per punirli; ed allora è chiaro che Dio li sforzava a camminare perché sfuggissero ad una plaga pericolosa, e tracciava loro il cammino, spostando la colonna di nube. Essi invece, mormorando, si fermarono proprio in quella regione infestata dai serpenti, e raccolsero il triste frutto della loro ostinata disubbidienza ad ogni ordine benefico di Dio. Avevano mormorato affilando come serpenti le loro lingue, come dice il Salmista, e però uscirono contro di loro proprio questi animali per punirli. I serpenti uscirono dai loro nascondigli, e li morsicavano causando un bruciore di fuoco e la morte, perciò furono chiamati serpenti focosi; non si conosce a quale famiglia appartenessero, ma erano certamente velenosi e mortali.
Si riproduceva così in un simbolo vivo la scena della colpa originale : l'infernale serpente uscendo dalle profondità dell'inferno, aveva avvelenato l'uomo con un morso di fuoco, suscitandogli il fuoco delle disordinate passioni nei sensi. Dio guardava quella scena e guardava il rimedio che aveva preparato alla caduta dell’uomo : quel serpente agile, insidioso, velenoso, sarebbe stato vinto dalla Croce ; avrebbe invelenito contro il Redentore, facendolo condannare a morte, e si sarebbe accorto poi che a quella Croce sarebbe rimasto lui inchiodato. In realtà, se si guarda il Crocifisso attentamente nella sua ignominia e nel suo dolore, si dilegua la figura sanguinante del Verbo umanato e vi rimane solo, come condannato il peccato ed il demonio. È una considerazione profonda, ma verissima. Fate la radioscopia di un corpo umano, comparirà uno scheletro ; la carne, le torme, la bellezza svaniranno ai raggi radioattivi, e comparirà quello che è duro : lo scheletro. Rivestite di soffice bambagia un arido ferro, e formatene una delicata statua ; ai raggi radioattivi tutte le delicate e morbide forme spariranno e comparirà sulla lastra fotografica il rigido ferro.
Dio, come rimedio alle morsicature dei serpenti, fece elevare da Mosè su di un ceppo simile ad una Croce, un serpente di bronzo; chiunque, essendo morsicato dai serpenti, lo guardava, era risanato dalle morsicature e viveva. Con un paragone ardito si potrebbe dire che quel serpente di bronzo era come la radioscopia del Redentore Crocifisso. Guardatelo ! Quel capo addolorato, trafitto da spine, è il capo del più bello dei figliuoli degli uomini, ma perché è così trafitto ? Egli è innocente e non merita quel trattamento crudele, eppure soffre e gira intorno lo sguardo smorto ed agonizza! Guardatelo in quel suo misterioso patire: Egli porta nel capo l’orgoglio altrui, la ribellione dell'uomo, la tracotanza dei capi... Quelle mani trafitte da chiodi sono come due rose vermiglie, non conobbero che il fare del bene ; quel corpo spirante purezza ineffabile, è tutto piagato, ma quelle piaghe sono amore ; quei piedi sono tanto belli, eppure tremano per lo spasimo dei chiodi che li trapassano ! Togliete dal Crocifisso tutto quello che è ineffabile bellezza sua, mettetelo nei raggi della divina giustizia, assai più penetranti dei raggi radioattivi ; spariranno le bellezze dell'Uomo- Dio, e rimarrà appeso a quel legno solo il peccato, come serpente reso innocuo, irrigidito in quella fiamma divina di amore che lo fuse come bronzo nel fuoco, e lo mutò in monumento della divina bontà.
Aprite una roccia antidiluviana : ecco un fossile di un animale primitivo, velenosissimo, terribile. Mentre 1’ animale incedeva spirando minacce, la roccia ancora molle lo strinse, lo tenne nascosto per innumerevoli secoli, lo fossilizzò. La roccia si coprì di vegetazione, produsse i fiori ed i frutti più belli, e nessuno si accorse che stringeva incatenato in sé un mostro fossilizzato. Considerate soltanto la sezione della roccia, fatene lo schizzo, e voi non segnerete sulla carta che un mostro spaventoso, con le fauci ancora dilatate, pronto quasi a ghermire la preda. Se vi si domanda : " Che cosa è questo mostro spaventoso ? „ Voi risponderete : " È la sezione verticale della florida montagna. „ Il serpente di bronzo era come la sezione del Crocifisso ; Gesù Cristo era la pietra anche in questo senso, era la roccia mirabile che incatenò il mostro, il serpente antico, e lo ridusse come un monumento della divina misericordia.
E dunque una figura mirabile questa del serpente elevato nel deserto, una figura così bella che Gesù Cristo stesso volle illustrarla. Il peccato degli Ebrei dette luogo al castigo dei serpenti e fu occasione che si alzasse questo simbolo del Redentore ; così il peccato dell'uomo cagionò la caduta, e per sanare la nostra piaga il Redentore si fece porre in Croce. Il simbolo e la realtà furono dunque elevati per il peccato e per sanare la piaga del peccato.
Chi guardava il serpente di bronzo era guarito, ma perché ? Il guardare un simbolo così deforme era un atto di umiltà e di fede in Dio che aveva dato quel comando. Gli Ebrei poi, riguardando il serpente, guardavano senza volerlo la futura Croce elevata sul Calvario nella pienezza dei tempi, designata da Dio in quel simbolo come il vessillo glorioso del Redentore; la riguardavano obbedendo a Dio, e perciò erano risanati. Ci voleva una, fede non comune per andare a domandare la sanità ad un serpente, solo guardandolo. Quello sguardo era simbolo della fede dell'umanità nel Crocifisso ; ci voleva una fede grande per adorare-un Crocifisso, e questa fede Dio richiese all'umanità per sanarla. Lo disse espressamente Gesù Cristo : " Come Mosè innalzò nel deserto il serpente, così fa d'uopo che sia innalzato il Figliuolo dell'uomo, affinché chiunque creda in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna „. La fede dunque è lo sguardo che noi diamo al Crocifisso, come lo sguardo degli Ebrei feriti ah serpente di bronzo era un atto di fede in Dio.
Gl'Israeliti domandarono a Mosè che avesse ottenuto dal Signore l’allontanamento dei serpenti, Dio invece concesse loro soltanto il rimedio contro i morsi avvelenati. Si completava così questo magnifico simbolo del Redentore : Egli non muta la nostra condizione, ma ci risana soltanto quando noi lo vogliamo ; non poteva mutare la condizione dell’umanità decaduta, perché l’uomo doveva cooperare alla propria salvezza, e perché ci sarebbero stati tanti che non l’avrebbero accettata. La Redenzione sarebbe stata
completa anche in atto, e tutti gli effetti del peccato sarebbero stati distrutti, se l'umanità fosse terminata con Gesù Cristo; in Lui infatti, furono vinti ed annientati gli effetti del peccato e della morte, ed Egli risuscitò a vita immortale ed ascese al Cielo. Gesù Cristo però non aveva soltanto il corpo reale, ma anche il corpo mistico; l'umanità non terminava con Lui, continuava il suo cammino, e doveva a mano a mano incorporarsi a Lui liberamente. Essa, in realtà, rimane in prova fino alla consumazione dei secoli, e non può essere confermata in grazia, finché non sia completo il numero degli uomini e il numero degli eletti.
Gesù Cristo raccolse nella sua umanità, e nella Chiesa che è il suo corpo mistico, tutti i frutti della Redenzione, ma lasciò gli uomini nella piena libertà di usufruirne, e quindi li lasciò ancora con le miserie che avevano, ed in preda alla morte. Se avesse distrutto di un colpo gli effetti disastrosi della caduta, q l'uomo non sarebbe andato liberamente a Lui, o quelli che rifiutavano la Redenzione avrebbero usufruito dei suoi vantaggi temporali per peggiorare la loro condizione. Con infinita sapienza Gesù Cristo è diventato quindi, come disse Lui stesso, il segno dell’umanità, e si è elevato come il serpente di bronzo, in modo che chi liberamente crede in Lui, ha la vita eterna. Egli è la pietra che manda l'acqua viva ; chi beve si disseta, chi non beve muore. Siamo noi che liberamente dobbiamo incorporarci a Lui; a misura che c'incorporiamo, sopraggiungono le nuove generazioni, e per questo noi non raccogliamo ancora, anche nel corpo, il frutto dell'immortalità. Il corpo mistico di Gesù Cristo non può risuscitare dalla morte che quando è tutto completo e tutto sepolto, come lo fu il suo corpo reale; né può vincere completamente il peccato e la morte, se non è in esso completa la Passione di Gesù Cristo, come fu piena nel suo corpo reale. Non poteva spirare il Redentore prima di prendere il fiele e 1’ aceto, prima che i soldati avessero divise le sue vesti, e prima che il sole si fosse oscurato. La Chiesa deve ancora bere il fiele nell’ultima persecuzione ; allora chinerà il capo, e nella rovina finale del mondo apparirà lo splendore pieno della Redenzione in tutti i suoi effetti, anche in quello dell'immortalità del nostro corpo.
Una pianta avvelenata e marcita è innestata ; l'innesto costituisce la sua salvezza, essa è come redenta, ma non può dare subito i suoi germogli, finché tutta la sua vita non si trasfonda nell'innesto. Al principio appare ancora una pianta marcita, ed il suo innesto sembra vano ; è necessario attendere che a mano a mano si formino i nuovi germogli vivificati dall’innesto, e che cadano più marciti di prima i germogli infetti ; quando sono completi i suoi rami, e sono sbocciati tutti i suoi fiori, allora si vede l'efficacia e la realtà della rinnovazione che le diede l’innesto.
A noi sembra che la Redenzione non ci abbia fruttato nulla; vediamo l’umanità soggetta alle miserie ed alla morte, vediamo il peccato ed il male trionfante, e diciamo : Dov'è la Redenzione? Ma la Redenzione c'è, ed è magnifica; chi l'accetta pienamente ne vede in sé i frutti, e li vede prima di tutto nell’anima, perché la germinazione di una pianta rifatta dall'innesto comincia prima di tutto nel suo interno ; i fiori ed i frutti ne sono l'ultima manifestazione. In un'anima che accetta la Redenzione e si unisce a Gesù Cristo, il peccato è arcisconfitto, la grazia è abbondante, la felicità è traboccante benché sia tutta interna. Le ricchezze dei Sacramenti, la sublime ricchezza del Sacerdozio, l’Eucaristia, la Liturgia, la Verità rivelata, l'Acqua santa, i Sacramentali, le Indulgenze, ogni manifestazione della-vita della Chiesa è un'immensa ricchezza dell'anima che accetta la Redenzione, e che è parte viva del corpo mistico di Gesù Cristo. Tutto questo è il succo interno che la vivifica, è la sua vita che spunta in mille gemme, che germina in mille polloni, che si apre in mille fiori, che produce mille frutti. Se è ancora soggetta alle miserie ed alla morte, questo avviene perché in lei sia completa la vita del Redentore, nella sua passione e nella sua resurrezione.
Quel Dio che dà il suo sole ai buoni ed ai cattivi, che fa piovere sui giusti e sugl'ingiusti, che nell’estrema sua delicatezza per l’umana libertà non ha voluto differenziare esternamente i giusti dai peccatori, permette che non si vegga palesemente il frutto della Redenzione in un'anima che l’ha accettata ; ma il frutto c’è ed è stupendo : 1’ anima è liberata dalla schiavitù, è piena di ricchezze, è colma di grazie, e raccoglie ancora le ultime spine della caduta natura umana per completare in lei l’immagine del Redentore. Il peccato, come insidioso serpente, può mordere ancora gli uomini, ma chi crede nel Redentore e vive in Lui, è risanato, è liberato dalla morte, e scende nel sepolcro non per diventare squallida polvere che non ha speranza, ma per risorgere con Lui l’ultimo giorno, nell’immortale gloria dell’eterna vita. Credi tu inutile la semente sol perché devi attendere che germini ? Credi vano il tuo titolo di rendita sol perché devi attendere la scadenza della cedola? Crede inutile il pescatore il gettare la sua rete sol perché c'entra col pesce buono anche il cattivo ? Crede inutile l’agricoltore il biondeggiare delle sue spighe sol perché vi è frammista la zizzania? Finché siamo sulla terra la Redenzione è semente che germina inegualmente, secondo il suolo che trova; è talento che dev’essere posto a traffico; è rete che raccoglie tutti i pesci, perché poi siano esclusi i cattivi; è grano puro che cresce con la zizzania, ma non perde la sua magnifica vita. Attendiamo ancora che termini il percorso della vita umana che è brevissimo innanzi a Dio ; abbiamo pazienza di attendere anche noi i delicati riguardi che il Signore ha per l'umana libertà, e vedremo alla fine dei tempi la pienezza vera di quella Redenzione che, distrutti i vincoli della morte, ci ridonò il primitivo splendore dell'originale giustizia, e ci fece liberamente eredi dell'eterna gloria.
4. Perché Dio fece fare il serpente di bronzo. Gli scontenti della vita.
Dio aveva comandato al suo popolo con grande severità di non farsi degl'idoli. Come mai ora fa elevare Egli stesso questo serpente di bronzo che poteva sembrare un idolo ? Il Signore, che aveva tutto presente, voleva anticipatamente confutare e confondere quelli che un giorno avrebbero rinnegato le immagini del Crocifisso ed in generale le immagini sacre. Il serpente di bronzo fu la prima immagine del Crocifisso ; noi raffiguriamo Gesù nelle sue piaghe esterne, Dio lo raffigurò nella sua terribile piaga interna che gli angosciava l'anima assai più che il corpo. Il peccato fu il vero carnefice del Redentore; come serpente lo avvolse nelle sue spire e gli cagionò la morte. È dunque un errore madornale quello dei protestanti che rinnegano, le immagini sacre, e rifuggono persino dal segnarsi di Croce; Dio stesso li smentisce. Da quell'infinita sapienza che è, Egli scelse il momento più opportuno e più pratico per elevare in mezzo al suo popolo quest’immagine sacra e profetica : un momento di pubblica calamità, un momento nel quale i numerosi serpenti che strisciavano dovunque e mordevano, cagionavano un grande ribrezzo. Il popolo dunque non poteva guardare il serpente  di bronzo con un senso idolatrico, ma per necessità si sentiva tratto ad umiliarsi innanzi a Dio e ad implorare misericordia da Lui solo. Il serpente era soltanto un segno, un ricordo, un simbolo; tutti lo capivano e tutti sentivano nel fondo dell'anima il mistero che sì celava in quel simbolo.
Inoltre quel serpente levato in alto era per gli Ebrei il ricordo vivo della colpa commessa, come per noi il Crocifisso è il ricordo delle nostre prevaricazioni. Dio stesso trasfonde di soave unzione soprannaturale quei simboli che Egli ci dona per compungere il nostro cuore. Quel serpente non era una sterile immagine, ma era un simbolo che penetrava l’anima; sembrerebbe strano, eppure è una grande verità ! Non ha infatti il Signore sfidato quasi l’orgoglio umano presentandogli come mezzo di salvezza un Crocifisso ? Quel serpente era la sfida di Dio all'orgogliosa baldanza degli Ebrei, anzi era la dimostrazione più bella di quella divina potenza che vince per propria virtù senza bisogno di grandiosi mezzi umani, e che trae il bene dal male stesso. Dai serpenti che cagionavano la morte fu tratta l’immagine del serpente di bronzo che portava la salute; quei serpenti uscivano dalle loro tane melmose, mentre il serpente di bronzo uscì dall’ardente fornace dove venne fuso ; così il corpo adorabile del Redentore, in tutto simile a noi, fu formato per opera dell'Eterna fiamma di amore, per opera dello Spirito Santo, nel .seno immacolato di Maria, fiamma ardente anch'essa di soprannaturale amore.
Gli Ebrei erano dei pellegrini mormoratori ; si lamentavano del loro cammino e prendevano occasione da ogni contrarietà per desiderare la morte. Questo aggravava la loro penosa situazione, e li esponeva a tante tribolazioni che avrebbero certamente evitate se fossero stati più rassegnati alla divina volontà. È una lezione per noi che riguardiamo la vita come una grande infelicità e ci avveleniamo l’esistenza; nelle nostre angosce leviamo lo sguardo al Crocifisso e saremo sanati. Come si può guardare quel Corpo divino, tutto piagato, spirante in mezzo agli obbrobri, senza sentirsi la forza di soffrire in pace ogni pena ? Non può nuocerci il serpente infernale quando noi guardiamo il Crocifisso, quando uniamo i nostri dolori ai suoi. Guardiamo dunque il Crocifisso, allorché il dolore ci morde, e la nostra piaga scottante sarà risanata dal refrigerio che ci viene dalle sue amabili piaghe.
Sac. Dolindo Ruotolo

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