giovedì 3 aprile 2014

03.04.2014 - Commento al vangelo di S. Giovanni cap. 5, par. 4

4. Il discorso di Gesù ai capi del sinedrio e la sua requisitoria a tutti i tempi ed alla presente generazione: i negatori dei miracoli e della santità. I dissacratori delle Scritture
La persecuzione degli Ebrei contro Gesù Cristo non fu che un principio di quella che Egli avrebbe avuto in tutti i secoli e da tutte le genti. Se ci sono state, infatti, e ci sono schiere innumerevoli di fedeli che credono in Lui e nella sua parola, ci sono stati e ci sono capi di Stato e turbe di genti illuse e tradite da loro, che lo avversano e lo disconoscono: essi preferiscono alla sua verità l'errore ed alla salvezza che Egli ci ha dato a prezzo del suo sangue, la rovina che apportano i mestatori e i delinquenti che infestano la terra. Perciò la sua parola agli scribi e farisei, parola di luce e requisitoria di amoroso rimprovero, riguarda i suoi nemici di tutti i tempi, e molto più quelli dei nostri tempi che in un modo o in un altro sono anticristi aperti e sfacciati, che congiurano per eliminare il Redentore dal mondo, e per mettersi in suo luogo.
Le eresie, cominciate fin dai primi tempi della Chiesa, hanno tentato di sfigurare Gesù Cristo, presentandolo per quello che Egli non è, ed i poteri costituiti hanno cercato o di averlo quasi servo delle loro sopraffazioni, o di disfarsene.
La lotta è continua, senza tregua e, come nella Passione di Gesù i carnefici si davano il cambio per tormentarlo, così nel mondo par che si avvicendino quelli che lo avversano, lo ripudiano e lo perseguitano.
Finisce un errore e se ne manifesta un altro.
S'acquieta uno Stato e ne sorge un altro in armi contro di Lui, di modo che Gesù è sempre il segno della contraddizione ed il perenne appassionato.
L'empietà si ripete nei secoli con la monotonia di ciò che è sempre lo stesso
Il motivo della lotta contro Gesù Cristo e la sua Chiesa è lo stesso di quello degli scribi e farisei; gli empi, infatti, e gli scellerati dei secoli non hanno neppure la nota dell'originalità; sono sempre gli stessi, perché sono animati dallo stesso spirito diabolico.
Ora come gli scribi e farisei non credevano alla divinità del Signore, stimandolo un pericolo per la nazione e per i propri in teressi, così i loro tristissimi successori e continuatori non ponderano di trovarsi innanzi a Dio stesso, e non intendono che Egli è salvezza, è progresso, è vita degli uomini e dei regni.
Se si pensasse e si credesse veramente che Gesù Cristo è vero Dio com'è anche vero Uomo, si accetterebbe con piena fiducia la sua parola, e si seguirebbero i suoi precetti con riconoscente amore. Si sentirebbe la propria meschinità di fronte a Lui, ed invece di tentare i pericolosi e disastrosi esperimenti dell'umana stoltezza, si cercherebbe di realizzare in pieno il trionfante regno di Dio nella sua Chiesa e di parteciparvi con animo sincero.
Lo Stato, le famiglie, le scuole, tutto sarebbe ispirato ai precetti del Redentore e l'umanità fiorirebbe nella prosperità e nella pace spirituale e temporale.
Il Vangelo non è un codice umano
Contro tutte le aberrazioni dei secoli perciò, Gesù Cristo stabilisce la verità fondamentale della sua divinità, poiché, stabilita questa, il suo insegnamento appare per quello che è, luce smagliante di verità, guida sicura e via di salvezza temporale ed eterna per gl'individui e per le nazioni. Egli è il Figlio eterno del Padre, generato ab aetemo, consustanziale a Lui, Dio come il Padre, creatore di tutto come il Padre, operante come Lui, perché con Lui e con lo Spirito Santo regge e governa l'universo. Tutto quello ch'Egli c'insegna non viene da una concezione umana, fallace e mutabile, ma viene dalla stessa profondità di Dio, poiché il Figlio non può fare da sé alcuna cosa se non la vede fare dal Padre; cioè tutto quello che ci dice e tutto quello che ha compiuto e compie per noi è comunicazione che viene da Dio stesso.
Come si può ardire allora di contrastare una sapienza che viene dall'eterna sapienza? E come si può violare una legge d'amore che viene dalla stessa eterna ragione di Dio che vuole il bene e condanna il male?
Il Vangelo non è un codice qualunque; esso viene da Dio, risponde alle reali esigenze della natura umana, perché viene da Chi l'ha creata e la conosce; è, quindi, l'unica via di vera sapienza e di salvezza che il mondo ha, è verità completa, pratica, santificante, apportatrice di beni veri; non c'è bisogno di ricercarne altra o, peggio, di crearne un'altra, cavandola da lobi cerebrali più o meno squilibrati.
Essendo Gesù Cristo vero Dio, ed avendolo dimostrato esaurientemente con le opere da Lui compiute, opere che hanno l'impronta divina, l'umanità si trova innanzi a Colui che dona la vita, essendo col Padre, eterno principio di tutto, ed innanzi a Colui che è eterno Giudice del bene e del male, essendo col Padre e lo Spirito Santo la stessa suprema ragione che vuole il bene e condanna il male. Siccome poi Gesù Cristo è anche vero uomo e si è fatto uomo per darci la vita eterna a prezzo del suo Sangue, come nostro Redentore, ne viene di conseguenza che l'umanità deve attingere da Lui la vita, vivendo di Lui come suo Corpo mistico, e che quindi non può avere la vita che nella sua Chiesa, per mezzo dei Sacramenti che ce la comunicano. La partecipazione alla sua vita o il rifiuto di questa vita, è, perciò, il criterio per giudicare con precisa giustizia quelli che sono buoni e quelli che sono cattivi e, siccome è Gesù che dona la sua vita, Egli solo è giudice degli uomini, perché Egli solo conosce ed apprezza la responsabilità di quelli che la rifiutano, ed il vario grado di amorosa partecipazione di quelli che la ricevono.
Dopo le sue false esperienze, l'umanità vinta tornerà a Dio
L'umanità potrà escogitare tutte le più strane concezioni filosofiche, potrà vaneggiare, come dolorosamente vaneggia, fra le trovate più squilibrate dei suoi pretesi scienziati, potrà giungere, come giunge, alla più degradante idolatria della stravolta ragione e dei sensi, potrà dilaniarsi, come orrendamente si dilania, per conseguire un benessere di civiltà e di progresso, ma dopo tutte le sue folli esperienze dovrà per necessità ritornare alla realtà dell'armonia vera della vita, diremmo a questa mirabile tecnica che ne è la base e il fondamento: Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, Dio che dà la vita e la regola con la sua suprema ragione che vuole il bene e condanna il male, Dio giudice supremo.
Il Figlio di Dio che viene in terra per ridonare la vita, che è Dio come il Padre, che porta in terra la luce eterna, che s'immola per darci la vita c'incorpora a sé per comunicarcela, giudica gli uomini proprio da questo incorporamento a sé, ridona ad essi anche la vita corporale per giudicarli alla fine dei tempi, chiamandoli al cielo se uniti a Lui, o condannandoli alla perdizione, per necessità di giustizia, se separati da Lui, come la pianta viva abbandona e lascia cadere al suolo la foglia ingiallita che non assorbì gli umori vitali!
Quest'armonia di verità così logica non è imposta all'umana ragione come una concezione empirica, più o meno ideale o fantastica: è poggiata sul positivismo più sicuro e lampante, di modo che la ragione dev'essere persuasa di trovarsi di fronte alla verità assoluta, e deve riconoscerlo pena l'abdicazione completa della sua ragionevolezza, e la taccia più certa di follia.
Il positivismo di Dio è il miracolo dei miracoli
Il positivismo sul quale poggia l'armonia delle verità rivelateci da Gesù Cristo e la necessità della nostra fede e della nostra unione a Lui, nella Chiesa e per la Chiesa è questo:
1° La testimonianza di Dio al suo Figlio Incarnato, per le opere trascendenti ogni forza umana, che gli ha fatto compiere.
2° La testimonianza della vita che il Redentore dà alle anime, vita che mostra in Lui il Verbo eterno, che col Padre e con lo Spirito Santo dona la vita.
La trasformazione delle anime, infatti, la conversione dei cuori, la santificazione che muta la debolezza umana in eroismo di purezza, d'amore, di carità e di sacrificio è più evidente nella storia della redenzione degli stessi miracoli.
Sul miracolo si può anche cavillare, benché stoltamente; di fronte ad un morto che risuscita si può anche trepidare, supponendo follemente chi sa quali catalessi o fachirismi, che hanno fatto apparire morto il vivente e risuscitato il morto; ma di fronte ad un empio mutato in un santo, ad una fragile verginella mutata in eroina, ad un fanciullo fatto gigante di fortezza e di santità, alla semplice comunione della vita del Cristo che perdona e vivifica, non si può fare a meno di riconoscere su di un dato positivissimo che Egli è il Figlio di Dio che ci parla della verità eterna e ci dona la vita.
Satana ha potuto simulare i miracoli, come li simulavano i maghi del faraone, ma non ha potuto simulare la vita delle anime.
L'impronta sua è la perversione, l'impronta di Dio è la santità, nell'immolazione e nel sacrificio, nell'amore e nella tranquilla pace.
3° Testimonianza del positivismo sul quale poggia la fede in Gesù Cristo sono i profeti, ed in generale le Scritture, le quali, tutte, parlano di Lui. Vedere gravitare intorno a Lui tutta la storia antica, vedere il Redentore centro della vita e delle aspirazioni umane quando ancora non era venuto, vederlo figurato, annunziato, descritto prima di manifestarsi, molti secoli prima, da quelli che leggevano nel cielo con occhio di aquila, o che portavano nella vita i riflessi lontani e profetici dei disegni di Dio, non è argomento positivo di verità, mille volte più positivo di chi crede positive solo la sezione d'un viscere flaccido, o l'analisi d'un acido corrosivo?
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E questa la sintesi del mirabile discorso di Gesù ai capi della sinagoga, ed è la requisitoria che Egli fa a tutti i secoli miscredenti, alle nazioni ed agli uomini apostati, per scuotere la loro stoltezza e richiamarli alla verità.
E la requisitoria che fa a questa nostra generazione ingannata dagli errori, appassita e morente come pianta invasa dai parassiti, asfissiata da una stoltezza dissimulata orgogliosamente da sapienza, ed incatenata da satana tra i ceppi dell'impurità.
Il dubbio su tutto e la prevenzione contro il soprannaturale ha gettato nell'ateismo il popolo di Dio
Satana ha cercato, oggi specialmente, di distruggere le basi positive della fede nel Redentore, e l'ha fatto con arte maligna, a grado a grado, cominciando dai miracoli e culminando nella Scrittura.
Il protestantesimo in passato gli è stato di aiuto validissimo, ed egli ebbe ragione di esclamare per i famosi indemoniati di Illfurt in Austria, che i protestanti erano suoi amici e i suoi alleati per eccellenza.
Satana ha preteso togliere i fondamenti positivi dalla fede in Gesù Cristo, per farlo ripudiare come semplice uomo, e per far passare gli uomini, dal razionalismo balordo che non ragiona all'ateismo pratico prima, e poi a quello vergognosissimo militante contro Dio.
Cominciando dai miracoli, il razionalismo senza ragione ne ha negato prima l'autenticità, relegandoli tra le favole e, quando è stato stretto al muro dall'evidenza storica, ne ha negato la trascendenza soprannaturale, isolandoli a furia di cavilli e di ipotesi balorde nell'ambito delle forze umane e naturali.
È ricorso per questo, come il faraone d'Egitto, ai suoi maghi, ha tentato di riprodurre nell'ambito naturale i miracoli e, mentre s'è mostrato esigentissimo nell'esame dei miracoli veri, s'è contentato delle più arbitrarie supposizioni naturalisti che per spiegare i falsi ed abbinarli ai veri, distruggendone l'autenticità.
L'uomo ingrato ha creduto più a questi mentitori che a Dio; s'è disorientato, ha rinnegato il soprannaturale, ha sorriso di compassione e di scherno ad ogni annunzio di miracolo, ed ha preteso che non vi si potesse prestare più fede. Il veleno s'è diffuso persino nella Chiesa, ed un timor panico di apparire stolti innanzi al tribunale degli stolti ha indotto anche le anime più pie, anche i propagatori della verità a rimanere scettici o perplessi innanzi ai miracoli, e quindi praticamente a rinnegarli, pur ammettendone teoricamente la possibilità. Le stesse autorità che debbono vagliare i fatti soprannaturali mostrano di far più conto della scienza miscredente che di quella credente, e chiamano come giudici della verità quelli che per partito preso la rinnegano. E così che all'annunzio di un miracolo s'appellano all'incredulità, ne seguono le tracce, ne apprezzano il responso, e si affrettano a comunicare che il miracolo, annunziato come tale, è una mistificazione.
E così che il popolo, mentre vede spuntare una luce di fede e comincia a risvegliarsi, mentre benedice Dio oggi, perché la sua mano non si è abbreviata, domani si sente agghiacciare da una smentita, e cade in uno stato di scetticismo totalitario che difficilmente si sana. Noi accenniamo soltanto, ma il tristissimo fenomeno è più grave di quello che si crede, ed è più deleterio di quello che si pensi.
I vescovi antichi, i santi della Chiesa, all'annunzio di un miracolo ricorrevano alla preghiera ed al digiuno per avere lumi da Dio, e Dio si rivelava, facendo rifulgere la verità nella mente luminosa d'un vescovo.
Noi invece ricorriamo alla miscredenza, accendiamo tutti i suoi fumiganti lucignoli, ed a quel bagliore sinistro, carico di ombre e di nubi, di fumo puzzolente, presumiamo studiare le stelle del cielo.
Se non rimanessero ancora nelle altezze della Chiesa i due miracoli richiesti per la canonizzazione dei santi , quei due astri luminosi che spuntano nel suo firmamento, benché timidamente e tra foschie d'interminabili trepidazioni, se non rimanessero quegli stendardi che in san Pietro ricordano i due miracoli operati da Dio a conferma della santità, garantiamo che nessun vessillo annunziante un intervento di Dio si leverebbe più sulla terra.
Contro la terribile ed insidiosa aberrazione che confonde il miracolo con la natura s'eleva la voce infallibile di Gesù: Il Padre mio opera sempre, ed anche io opero. Il Figlio non può fare da sé alcuna cosa se non la vede fare dal Padre, poiché qualunque cosa questi fa, la fa anche il Figlio.
Ecco la fonte, la radice vera dei miracoli del Redentore, ed in generale dei miracoli che nella Chiesa continuano ad illuminare la verità: essi non si operano nell'ambito della natura e delle sue forze, ma vengono da Dio e si operano per un suo diretto intervento. Essi non sono un fenomeno qualunque della vita, sia pure misterioso e sconosciuto, ma sono una comunicazione della vita fatta da Dio, con un intervento creativo: Il Padre risuscita i morti e dona la vita... il Figlio dà la vita a chi vuole. Anche nei miracoli che non importano una creazione, l'agente non è la natura ma Dio, ed essi perciò sono testimonianza di Dio che dona la vita.
I miracoli che riguardano l'anima
Ci sono i miracoli che riguardano il corpo e quelli che riguardano l'anima: il dare la vita o la sanità ad un corpo morto o infermo è un miracolo che si attua nel corpo; il risuscitare un'anima e farla santa è un miracolo di grazia che si attua nello spirito, ed è più grande di un miracolo corporale. Il Figlio dà la vita a chi vuole, risuscita i morti alla grazia, e dà la vita eterna a chi crede alla sua Parola ed a Colui che l 'ha mandato. Risuscita i morti convertendo i peccatori, dona la vita santificando, e dona la vita eterna glorificando le anime nel cielo. La conversione e la santificazione delle anime, come s'è detto, è un argomento della verità della fede superiore a qualunque miracolo.
La miscredenza perciò se ne sbarazza relegando tra gli squilibri patologici questi divini equilibramenti dello spirito; studia la santità come studia una lezione cerebrale, ed a poco a poco toglie ogni fiducia nella grazia, consigliando persino il peccato come rimedio a quello che crede, senza ragionare, paranoia od isterismo.
E un'insidia spaventosa che ha discreditato la santità e l'intervento di Dio nella santificazione, la conversione delle anime e l'intervento della grazia che le trasforma. E così che dove splende la luce della rinascita spirituale o della santità si suppongono fiamme di follia ed incendi devastatori della natura o, peggio ancora, incendi di sensi avidi d'impurità!
E terribile!
Per questo Gesù si dichiara solennemente giudice: Egli dà la vita, trasforma le anime, le santifica, le nutre, e giudica come ascolta, giudica con giusto giudizio, e cerca non la sua volontà, ma la volontà di Colui che lo ha mandato. Il fulgore del suo giudizio riflesso in un'anima la scuote col rimorso, l'eccita al bene e la converte. L'anima non trae dalle profondità del proprio io squilibrato le idee vitali che la trasformano, ma le riceve dalla luce del giudizio del Redentore, che viene dalle profondità di Dio, perché Egli giudica come ascolta, come ascolta dal Padre.
L'anima non ascende per una via di perfezione tracciata dall'idealismo che matura nelle circonvoluzioni del cerebro sconvolto, ma ascende sulla via luminosa tracciata dal giudizio della giustizia dato dal Redentore, e cerca non le follie della propria volontà, ma le altezze serene della divina volontà, seguendo le orme del suo Re.
Tutte le follie e le fandonie della miscredenza cadono di fronte ad una tecnologia, per così dire, così precisa della conversione e della santità, e più cadranno, clamorosamente, quando i morti che sono nei sepolcri ascolteranno la voce dell'eterno Giudice', vedranno dov'era veramente la vita e dove la morte, piangendo sull'umana insensatezza ed acclamando il trionfatore della morte. Gesù Cristo ricorda il giudizio universale, perché in quel giorno soltanto sarà possibile valutare in pieno la vita che viene da Lui e l'insania di quelli che la stimarono stoltezza. Ricorda il giudizio, perché le anime che lo seguono nella via della santificazione non si scoraggino per le derisioni degli stolti ma attendano tranquille l'ora solenne di Dio.
La voce di Dio nella Sacra Scrittura
La terza testimonianza divina, che ci rende persuasi e convinti della divinità di Gesù Cristo e della realtà dell'opera sua nella Chiesa e per la Chiesa, è la testimonianza della stessa
voce di Dio nelle Sacre Scritture, testimonianza viva e vivificante che mentre figura, annunzia, profetizza o canta il Cristo nelle sue mirabili pagine, lo forma nei nostri cuori, avvicinandoci alle fonti che scaturiscono dalla sua redenzione.
La Sacra Scrittura, illuminata per mezzo della Chiesa Cattolica dalla stessa luce di Dio, e vista come unicamente può essere vista nella centralità del Cristo, non è solo una testimonianza di verità, ma è un nutrimento che sostenta l'umana debolezza ed una medicina che la svelena, perché l'innesto con Gesù Cristo sia pieno, ed essa germogli nella sua grazia. L'averne, quindi, un giusto concetto ed il meditarla come Dio vuole, nella luce della Chiesa, è vitale, sommamente vitale per le anime.
Satana lo sa bene e per questo le si è accanito contro, soprattutto in questi tempi, cercando in tutti i modi di sfigurarla e dissacrarla. Non potendo scoronare Dio, si è accanito contro la sua Parola, ne ha fatto quasi il proprio libro, facendola divulgare dai protestanti senza alcuna luce della Chiesa, e dopo averla così divulgata dicendo che era l'unico libro della salvezza, che bastava leggere in qualunque modo, per supplire tutte le deficienze e tutte le colpe. A poco a poco, con la scusa di farla meglio approfondire e meditare, l'ha vivisezionata, l'ha ridotta come membra morte, l'ha riposta così divisa tra i cimeli pagani, come un libro di Omero e Senofonte, ne ha fatto un testo di curiosità filologiche, storiche e letterarie; poi l'ha collocata al disotto degli altri libri antichi, quasi ne fosse stata il plagio più o meno dissimulato, poi l'ha disseminata di assurdi, di ombre, di tenebre, e l'ha fatta rigettare come libro indegno d'una razza libera, che aspira al dominio di tutti gli spazi vitali, e che per farsi luce non ha bisogno più della Bibbia, ma dei fuochi del solstizio, accesi sui monti neri, dalle fiaccole dell'orgoglio folle e collettivo, e dalle fulminanti vampate dei cannoni e delle bombe conquistatrici.
La Bibbia travisata
È questo il ciclo autentico, storico, che noi viviamo, dolorosamente, della dissacrazione della Scrittura e del suo annichilamento per rinnegare il Cristo; è il ciclo, lo diciamo gemendo e piangendo autentiche lacrime, il ciclo nella cui scia tenebrosa si sono messi anche gli studiosi cattolici, i quali se in teoria non sono giunti ancora per pudore alle ultime conseguenze, praticamente le hanno oltrepassate, bisogna dirlo, perché con l'ipocrita maschera modernista tutta sorrisi e leziosaggini, dicendo di voler conservare l'autentica Parola di Dio nello splendore della più rigorosa critica, ne mutilano ogni giorno una parte, la trattano alla stregua di un libro umano, come disse Pio XI, e il senso letterale inteso principalmente dallo Spirito Santo come fondamento degli altri sensi, lo confondono col senso umano, umanamente e materialmente storico, e dicono poi di non potervi trovare altro senso, perché se storicamente è Davide, per esempio che dice che i giusti non saranno abbandonati alla corruzione, non è il Cristo. Ammettono ancora poche luci messianiche nella Scrittura, si noti bene, ma non come annunzi profetici divini, sebbene come indici dell'aspirazione messianica degli Ebrei, e questo lo dicono dissimulandosi, perché non vogliono confessare che quegli annunzi messianici per loro sono solo delle stiracchiature. Basta leggere i loro libri per convincersene. Per meglio infierire contro il Libro di Dio, sono ricorsi alla spiritosa trovata degli studi superiori, quasi che a chi studia superiormente, fosse lecito smentire il Libro di Dio, o trattarlo come un giudice tratta il colpevole, o come un archeologo tratta i cocci di una pignatta etnisca.
Il modernismo dissacratore e subdolamente razionalista, miscredente ed ateo, fulminato da Pio X, s'è rifugiato come tarma insidiosa nel Sacro Libro e lo rode, lo rode, e lo roderà fino al punto da lasciarvi solo i margini per scrivervi le proprie stoltezze.
La Chiesa ha il suo Testo, consacrato dai Concili, sotto i lumi dello Spirito Santo? Ma per il modernista il testo è quello critico che può cavare lui compulsando i testi originali, col proprio criterio o col criterio personale di razionalisti e protestanti tedeschi, francesi, o... della Mecca, ed anche col criterio di cattolici più o meno addomesticati dal razionalismo. Ognuno fa il proprio testo, e poiché non sempre convergono, ognuno lo manipola a suo modo, fino al punto da mutarlo (sic!), da sostituire una parola con un'altra, per fame emergere il proprio senso, da spostare o invertire i versetti, da ripudiarne alcuni come corrotti, altri come strafalcioni di copisti, quasi che essi li avessero assistiti da vicino, altri come incongmenze filologiche.
E così che testi tanto barbaramente alterati secondo il proprio capriccio e la propria meschinissima e claudicante cultura filologica, tanto claudicante, che è raro trovarne due che vadano d'accordo, è così che questi testi hanno la pretesa di sostituirsi al Testo della Chiesa, e diventare la base di un'arida, umana e razionalista esegesi della lettera che uccide lo spirito.
La presunzione di questi modernisti avvelenatori e dissacratori del cibo vitale della Chiesa è pari all'ignoranza.
Appena balbettano una lingua orientale, supponendo che gli altri la ignorino, credono di potere elevarsi a critici sprezzanti dei dotti e santi maestri della Chiesa, e credono essere essi i numi dell'esegesi, quasi che l'esegesi della Parola di Dio fosse analisi sintattica o grammaticale della parola umana!
Nel Sancta Sanctorum della sapienza si entra con disposizioni di santa umiltà!
I critici moderni dimenticano nell'esegesi non solo il senso letterale, non umano, inteso principalmente dallo Spirito Santo, ma il senso mistico, che per essi praticamente non esiste o, tutto al più, deve rimettersi a quelli che giocano quasi di fantasia sulla Scrittura: agli oratori, agli ascetici, ai mistici, stimati da essi persone poco serie, che possono arzigogolare sui Sacri Libri, ma che non meritano alcuna considerazione da parte degli accigliati, inesorabili e cinici scientifici, com'essi stessi s'appellano!
Dimenticano nell'esegesi la funzione dello Spirito Santo, dimenticano che l'interpretazione è principalmente un dono di Dio, dimenticano che i padri e i dottori della Chiesa hanno avuto questo dono, e che i loro scritti sono venerandi e sacri, dimenticano che non si può ardire di entrare nel recinto in cui Dio parla - e che è come il Sancta Sanctorum della sapienza, del pensiero e della ragione - senza essere santi, e senza prostrarsi in grandissima umiltà; dimenticano che è assurdo considerare la parola ed il pensiero di Dio alla stessa stregua del pensiero umano, e che un'esegesi che diventa analisi grammaticale, logica, sintattica, estetica, non è esegesi, ma è il povero commento che si fa ad un canto di Virgilio o di Dante!
È così che la Scrittura non dice più nulla alle anime; anzi il suo studio falsato dice solo parole di dubbio e di oscurità che minano la fede. È così che Gesù Cristo, che ne è il centro di gravitazione, non vi appare più, o vi è prospettato come un ignoto restauratore nazionale cui aspiravano gli Ebrei. E così che nel trattarla si ha paura di vedervi qualunque luce soprannaturale, si ha paura di far la figura di credulone, e si sorride più facilmente ai miscredenti che la rinnegano, anziché ai Padri della Chiesa che la illustrano!
Non è facile formarsi un'idea completa della rovina prodotta dal dissacramento della Scrittura, rovina tanto più pericolosa perché universale. Il voler avere gli specialisti in materia ha praticamente universalizzato il malanno poiché un centro d'infezione è diventato come la cittadella inespugnabile, contro la quale non si osa combattere, perché si teme poter fare la figura d'incompetenti. È così che i pigmei d'un pensiero travisato e infetto sono riguardati come numi, e presumono imporre la loro stolta sapienza che gonfia a quelli che lo Spirito Santo ha posti a reggere la Chiesa di Dio, alimentandola con la divina Parola! Contro queste aberrazioni si leva la voce di Gesù Cristo, che grida a questi scientifici, dissacratori del Sacro Libro come gridò agli orgogliosi dottori del sinedrio:
Voi non avete in voi la divina Parola, perché non credete a Colui eh 'Egli ha mandato, e non gli credete perché non lo riguardate come il centro di gravitazione della Parola di Dio.
Voi scrutate le Scritture, ma ne scrutate la lettera, aridamente, dimenticando che esse rendono testimonianza di me.
Voi non volete venire a me per avere la vita... vi ho conosciuti che non avete in voi amore a Dio.
Non credete a me che parlo per la Chiesa e che vi faccio sentire la voce della verità, ma, se un altro viene nel nome proprio, voi lo ricevete.
Rifiutate le parole sante, ispirate da un dono speciale dello Spirito Santo, e ricevete quelle sataniche dei miscredenti, perché vi glorificate a vicenda', siete gonfi di orgoglio, e non cercate la gloria che viene dal solo Dio.
Come si vede, il discorso di Gesù Cristo ai capi del sinedrio è una requisitoria viva per tutti i tempi, e soprattutto per i nostri, carichi di stoltezze e di errori.
Non possiamo' rimanere sordi alla sua parola; dobbiamo scuotere i ceppi della schiavitù che ci avvince ed infrangerli ad ogni costo. Non possiamo e non dobbiamo respirare l'aria mefitica del mondo e dei miscredenti, né possiamo subordinare la nostra vita intellettuale e spirituale ai loro gusti.
A poco a poco abbiamo rinnegato il nostro patrimonio di ricchezze autentiche, ed abbiamo voluto arricchirci delle loro false monete.
Essi hanno deriso le nostre devozioni e noi le abbiamo smesse, hanno schernito il nostro filiale amore a Maria Santissima, e ci siamo assiderati anche noi verso di Lei, con la scusa di onorare Gesù Cristo; hanno chiamato idoli le nostre immagini, e noi le abbiamo ridotte ai minimi termini; ci hanno spifferato stoltezze e noi le abbiamo accolte come scoperte scientifiche. Rinnegando la sapienza dei Padri, hanno intaccato il nostro Credo, e noi siamo rimasti titubanti; ci hanno avvelenati ed abbiamo bevuto il loro tossico!
Tutto questo deve finire, se non vogliamo incontrare la condanna del Giudice eterno, se non vogliamo rinnegare la nostra particolare fisionomia di veri cattolici, riducendoci come tubercolotici nello spirito.
Il Signore ci dia la grazia di risorgere a nuova vita, e ci liberi una volta per sempre da tutte le nostre infezioni.
Sac. Dolindo Ruotolo

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