3. Curiosità di popolo e polemiche intorno a Gesù
Gesù Cristo era solito andare a Gerusalemme nelle solennità, e quando vi andava suscitava sempre la preoccupazione dei sacerdoti, degli scribi e farisei, i quali gli erano ostilissimi, e cercavano ogni occasione per toglierlo di mezzo. Avendo già complottato di ucciderlo, speravano sempre che Egli stesso si compromettesse, e quindi avevano stabilito di tenerlo d'occhio in modo particolare; perciò quando notarono che nel giorno solenne della festa Egli non v'era, l'andavano cercando e domandavano a quelli che lo conoscevano ed ai Galilei venuti in pellegrinaggio: Dov'è quel tale? Anche la folla lo cercava, e siccome c'erano molti Galilei che si gloriavano di Lui innanzi ai Giudei, considerandolo come loro concittadino, nacque un alterco nel popolo a suo riguardo: alcuni dicevano che era buono, ed erano forse in maggioranza Galilei, altri invece, probabilmente Giudei, rispondevano: No, inganna il popolo. Nessuno però parlava apertamente innanzi all'autorità, perché questa aveva proibito di parlare sia in bene che in male, sperando così di evitare intorno a Lui ogni pubblicità.
Gesù si mostra pubblicamente il quarto giorno della festa dei Tabernacoli e proclama la sua missione
Alla metà dei giorni festivi, cioè al quarto giorno, Gesù si mostrò pubblicamente coi suoi discepoli nei porticati del tempio ed insegnava. La sua Parola divina era luminosa e penetrava le anime, rivelando in Lui una grande dottrina; perciò i Giudei se ne stupivano dicendo: Come costui sa le Scritture se non ha mai studiato? Lo conoscevano come il figlio del fabbro, sapevano che aveva condotto una vita di lavoro materiale, e non sapevano spiegarsi come parlasse con competenza della Scrittura, commentandola luminosamente come nessuno mai aveva fatto. Gesù rispose al loro stupore dicendo: La mia dottrina non è mia, ma di Colui che mi ha mandato. Egli volle così escludere che avesse potuto riceverla da maestri privati, e volle affermarne l'origine divina. Espose poi con quali criteri potesse giudicarsi se la sua dottrina era umana o divina.
Il primo criterio era la rettitudine personale e la buona coscienza di chi doveva giudicare, poiché con cuore falso o cattivo, preoccupato del proprio interesse e del proprio orgoglio, è impossibile scorgere la luce di Dio. Perciò Gesù disse: Se alcuno vorrà fare la volontà di Colui che mi ha mandato, conoscerà se la dottrina sia da Dio, o se io parli di mia autorità.
Fare la volontà di Dio significava osservare la Legge e vivere santamente; ora dallo studio e dalla pratica della divina Legge emergevano chiari i caratteri del Messia e i segni per riconoscerlo; un'anima veramente retta non avrebbe potuto confondersi, ed avrebbe riconosciuto nella dottrina di Gesù l'accento divino della verità eterna. Con queste parole Gesù svelava indirettamente la ragione e la causa per la quale i suoi nemici lo avversavano: essi non erano retti, non agivano per la gloria di Dio, ma per avversione e per odio, non studiavano le Scritture per trovarvi la verità ma per trovar modo di cavillare su quanto Egli diceva od operava, non vivevano onestamente, ma erano dediti ad ogni sorta di vizi, non potevano dunque aver lo sguardo retto nel giudicare.
A questo criterio di giudizio che riguardava chi doveva giudicare, Gesù ne aggiunge un altro riguardante colui che doveva essere giudicato: chi parla per propria iniziativa, parla per la sua gloria, cerca cioè l'applauso degli altri, il proprio vantaggio, ed il compimento dei suoi disegni. Chi invece parla in nome di Dio e da parte di Dio, cerca la gloria di Dio anche a costo di contraddizioni e di dolori. Questo è indice di rettitudine e di verità, ed è argomento chiaro di una speciale missione ricevuta dal Signore. Era evidente da tutto l'insegnamento di Gesù che Egli non cercava la propria gloria, ma cercava di far conoscere e amare Dio e di portare le anime alla salvezza; non aveva nessun fine umano od opportunista in quello che faceva, e le sue parole spiravano solo amore a Dio; non si poteva dunque dire che parlasse per sedurre le turbe e per rivoluzionare la nazione.
Sul riposo sabàtico. I cavilli maligni dei farisei
L'argomento del quale si servivano i sacerdoti, gli scribi e i farisei contro Gesù era che Egli non osservava il sabato; faceva scalpore poi soprattutto la guarigione del paralitico alla piscina probatica, al quale Egli aveva ingiunto di portare il proprio tettuccio.
Quando i malintenzionati sono a corto di argomenti, cavillano su tutto, e la più piccola ombra immaginaria serve loro come arma di battaglia.
Gesù ritorse l'argomento contro di loro, richiamando la loro coscienza sulle continue trasgressioni che essi facevano della Legge di Mosè. Si gloriavano di averla, la citavano contro di Lui per appuntarlo della supposta trasgressione del sabato, ma si curavano poco o nulla degli altri precetti; volevano ucciderlo per avere Egli permesso al paralitico di portarsi il letto, non per fargli trasgredire il sabato, ma per fargli glorificare Dio, dimostrando con quell'atto di essere stato veramente guarito, e non si curavano delle loro gravissime trasgressioni che avrebbero meritato la pena di morte, secondo la stessa Legge di Mosè.
Con quella recisa domanda: Perché cercate voi di uccidermi? Gesù Cristo smascherava in pubblico le trame segrete dei sacerdoti, degli scribi e dei farisei, trame che Egli non poteva conoscere naturalmente, perché le avevano tenute segrete. Vistisi perciò scoperti, e non attribuendo quella sua conoscenza a un dono divino, la supposero un suggerimento diabolico, e di primo moto, adirati come erano, gli dissero: Tu sei indemoniato; ma subito si ripresero, e non volendo confermare neppure con un insulto così brutto che Egli avesse dato nel segno, soggiunsero: Chi cerca di ucciderti? Gesù Cristo per infinita carità non insistette sul fatto che essi volevano veramente ucciderlo; gli bastò averlo fatto capire a quelli che erano rei di una trama così scellerata, e ripigliò con dolcezza divina a confutare il pretesto che essi adducevano per cercare di ucciderlo: essi lo rimproveravano di aver guarito il paralitico di sabato, ossia di aver fatto un bene, e lo rimproveravano di avergli fatto sollevare e portare il lettuccio, per dimostrare il miracolo operato, e glorificare Dio; quel miracolo poi era stato anche diretto all'anima del paralitico, perché l'aveva liberato dagli effetti disastrosi di peccati commessi, come si rileva dal contesto del racconto (5,14).
Ora, disse Gesù, anche voi stimate che non sia trasgressione del sabato il circoncidere, benché si debba fare un taglio, e giudicate così perché quel taglio rappresenta un beneficio, un segno di alleanza ed anche una disposizione d'igiene. Anzi, nel generale rilassamento della pietà, la circoncisione era finita per diventare per molti solo un atto d'igiene, senza curarsi dei suoi effetti spirituali. Gesù dunque con un argomento diretto, ad hominem, come suol dirsi, soggiunse: Se non credete violazione del sabato un beneficio fisico parziale fatto ad un bambino, e credete che non lo si debba rimandare anche di un giorno, come potete rivolgervi contro di me che ho sanato tutto un uomo in giorno di sabato, nell'anima e nel corpo?
Non giudicate secondo le apparenze, cavillando sulle circostanze del miracolo da me compiuto, ma giudicate con retto
giudizio considerandone la realtà, la grandezza ed il fine, poiché in questo sta il retto giudizio.
Alcuni di quelli che erano addentro alle macchinazioni del sinedrio, ascoltando Gesù parlare con tanta franchezza, senza che nessuno di quelli che avrebbero voluto ucciderlo lo facesse catturare, se ne stupirono e sospettarono che i capi del popolo l'avessero riconosciuto come Messia; ripigliandosi però subito, perché erano tra gli avversari del Redentore, soggiunsero: Noi però sappiamo da dove venga costui, mentre quando verrà il Cristo nessuno saprà donde sia.
Per false interpretazioni dei Profeti (Is 53,8; Mi 5,2; MI 3,2, ecc.) era ferma la persuasione nel popolo che il Messia, dopo la sua nascita in Betlem dalla stirpe di Davide, dovesse eclissarsi, e comparire poi improvvisamente in Gerusalemme, per inaugurare il suo regno trionfante, senza che nessuno potesse sapere da dove fosse venuto. Questa falsa interpretazione rendeva per i malintenzionati inaccettabile come Messia il Redentore, giacché se ne conoscevano le origini temporali, benché non se ne conoscesse il mistero, e si sapeva da dove venisse.
Molti del popolo sentono la maestà delle affermazioni di Gesù convalidate dai miracoli e credono in Lui
Ma anche a voler tener conto della credenza comune, il popolo in realtà non conosceva da dove venisse il Redentore, perché ignorava che Egli fosse il Figlio di Dio e venisse dal cielo; perciò Gesù, insegnando nel tempio, levò alta la voce perché avessero potuto ascoltarlo tutti e disse: E voi mi conoscete e sapete di dove io sia ma non conoscete in realtà né chi io sia né donde sia, perché io non sono venuto da me, ma Colui che mi ha mandato è la verità e voi non lo conoscete. Io lo conosco perché vengo da Lui, ed Egli mi ha mandato.
Gesù non poteva dichiararsi Dio in una maniera più esplicita: benché nato nel tempo e conosciuto da tutti nella sua fisionomia e nella sua parentela, Egli non era venuto da sé, ma da Colui che lo aveva mandato, da Colui che è la verità, ossia che è Colui che è. La sua origine era divina, Egli veniva da Colui che è la verità, cioè era generato da Dio che infinitamente si conosce, e lo conosceva nella stessa sua essenza infinita come Verbo di Dio.
Questa dichiarazione esplicita, fatta in una luce di grande maestà, eccitò maggiormente l'ira dei suoi nemici, i quali volevano allora stesso arrestarlo. Ma non lo fecero, non per mancanza di mezzi o di volontà, bensì perché Egli non lo permise, non essendo ancora giunta l'ora di dare la vita perle sue creature. Molti del popolo, poi, essendo più semplici, sentirono la forza e la maestà di quell'affermazione e, trovandone la conferma nei miracoli ch'Egli aveva fatto, credettero in Lui e dicevano: Quando verrà il Cristo potrà fare maggior numero di prodigi di quelli che questi fa? Avevano la persuasione che il Messia venendo dovesse operare grandi prodigi e, vedendo quelli che faceva Gesù, si persuasero che il Messia non avrebbe potuto fame di più e credettero in Lui.
I farisei, sconcertati, non si arrendono tuttavia e meditano di catturare Gesù
I farisei furono sconcertati di quello che diceva il popolo e, non osando in quel momento mettersi contro l'opinione pubblica attaccando nuove discussioni, reclutarono alcune guardie del tempio, ingiungendo loro di catturarlo. Gesù conobbe questa loro intenzione omicida e la smascherò indirettamente dicendo loro che non sarebbero stati essi a prenderlo e farlo morire, ma sarebbe stato Lui ad eclissarsi da loro, permettendo che avessero raggiunto il loro scopo malvagio. Essi l'avrebbero perduto, e nelle angustie, nelle quali si sarebbero trovati, avrebbero desiderato invano il Messia, ed avrebbero inutilmente pensato di salvarsi, avendo rigettato la verità e la salvezza offerta loro da Dio; disse perciò Gesù: Per poco tempo ancora sono con voi, cioè per circa sei mesi, sino alla prossima Pasqua, e me ne vado a Colui che mi ha mandato, accettando io volontariamente la morte. Voi ora volete disfarvi di me, perché non volete riconoscermi; ma verrà il giorno nel quale cercherete di me e non mi troverete, cercherete cioè inutilmente il Messia, e per la vostra perversità non potrete salvarvi e venire nel cielo dove io sono. I farisei, ascoltando queste parole, le presero in caricatura, e dicevano gli uni gli altri: Dove mai sta per andare costui che noi non lo troveremo? Forse vedendo che il suo ministero fallisce fra noi, e che non può qui reclutare proseliti, andrà tra i Giudei dispersi tra i pagani, o addirittura cercherà proseliti tra i pagani, insegnando loro le sue dottrine?
È ripugnante l'atteggiamento degli Ebrei: e il nostro atteggiamento?...
Che cosa penosa il pensare non solo all' atteggiamento del popolo ebreo verso Gesù, ma anche al nostro atteggiamento, sotto un aspetto anche più ripugnante, dato che ci troviamo nella piena luce della redenzione! La sua dottrina è celeste, ed il mondo corre appresso ai fannulloni che gli dicono menzogne e che presumono formare essi nuove dottrine con le illusioni della loro fantasia il mondo era sapiente ed è sapiente solo quando può dire con Gesù: La mia dottrina non è mia. Quando le università splendevano della luce teologica e di quella delle Scritture, allora erano centri di dottrina vera. Si può studiare quanto si vuole e quel che si vuole, ma è un fatto che il mondo visse quando accolse la dottrina del Vangelo, morì quando se ne distaccò, rivive e rivivrà in questa dottrina. A che vale tutta la sapienza umana? Essa è un labirinto in una zona ristretta, mentre la dottrina celeste è una via rettilinea dalla terra al cielo.
Alla luce delle caratteristiche che Gesù ci diede di quelli che divulgano la vera dottrina, possiamo discemere quelli che parlano le parole della menzogna: essi rifiutano la verità perché non fanno la divina volontà, e cercano la propria gloria menando una vita carica di iniquità; sono trasgressori della divina Legge, gonfi di orgoglio, e non sono capaci di scorgere la verità, perché non possono adattarla alla loro vita. I creatori di panzane e di fole non si curano della Legge di Dio, sono peccatori che ne fanno scempio, e cercano come gli Ebrei di uccidere il Cristo pur protestando di non volerlo fare, anzi spesso, come facevano una volta i socialisti, appellandosi al Cristo come ad uno dei loro, o ad un Precursore delle loro stoltezze. Oggi i falsi cristi e i falsi profeti si sono moltiplicati e, giocando di astuzia e di violenza, sono giunti a chiamarsi essi padri dei popoli e salvatori del mondo.
Certe nazioni hanno offerto e offrono uno spettacolo spaventoso di empietà, di corruzione e di confusione, e sono cadute in un profondo abbrutimento morale e materiale.
E necessario ritornare a Gesù Cristo, in pieno, con l'intelletto, col cuore e con la vita, e seppellire sotto il disprezzo più profondo le pretese fedi dei novelli scellerati anticristi.
Quando le nazioni si mettono sul cammino dell'apostasia, Gesù Cristo se ne va, e passa ad altri popoli e ad altre nazioni, come già si vede. Rimane ancora per poco nell'anima e nel cuore dei fedeli che ancora gli credono e lo amano; poi, spenti questi, Egli si eclissa, lasciando abbandonate a loro stesse quelle genti che prima erano un fiorente giardino della Chiesa.
Dobbiamo pregare che non avvenga questo di noi, popoli europei, poiché, ecco, la guerra terribile che comincia a svilupparsi potrebbe preludere all'abbandono di Dio, se Egli non ci usa una speciale misericordia. Noi questa misericordia la speriamo e la domandiamo ardentemente, ma dobbiamo meritarla con un ritorno individuale pieno e totalitario a Gesù Cristo. Il giorno in cui avessero il sopravvento gli anticristi, nelle nazioni regnerebbe la distruzione e la morte.
Gesù Cristo era solito andare a Gerusalemme nelle solennità, e quando vi andava suscitava sempre la preoccupazione dei sacerdoti, degli scribi e farisei, i quali gli erano ostilissimi, e cercavano ogni occasione per toglierlo di mezzo. Avendo già complottato di ucciderlo, speravano sempre che Egli stesso si compromettesse, e quindi avevano stabilito di tenerlo d'occhio in modo particolare; perciò quando notarono che nel giorno solenne della festa Egli non v'era, l'andavano cercando e domandavano a quelli che lo conoscevano ed ai Galilei venuti in pellegrinaggio: Dov'è quel tale? Anche la folla lo cercava, e siccome c'erano molti Galilei che si gloriavano di Lui innanzi ai Giudei, considerandolo come loro concittadino, nacque un alterco nel popolo a suo riguardo: alcuni dicevano che era buono, ed erano forse in maggioranza Galilei, altri invece, probabilmente Giudei, rispondevano: No, inganna il popolo. Nessuno però parlava apertamente innanzi all'autorità, perché questa aveva proibito di parlare sia in bene che in male, sperando così di evitare intorno a Lui ogni pubblicità.
Gesù si mostra pubblicamente il quarto giorno della festa dei Tabernacoli e proclama la sua missione
Alla metà dei giorni festivi, cioè al quarto giorno, Gesù si mostrò pubblicamente coi suoi discepoli nei porticati del tempio ed insegnava. La sua Parola divina era luminosa e penetrava le anime, rivelando in Lui una grande dottrina; perciò i Giudei se ne stupivano dicendo: Come costui sa le Scritture se non ha mai studiato? Lo conoscevano come il figlio del fabbro, sapevano che aveva condotto una vita di lavoro materiale, e non sapevano spiegarsi come parlasse con competenza della Scrittura, commentandola luminosamente come nessuno mai aveva fatto. Gesù rispose al loro stupore dicendo: La mia dottrina non è mia, ma di Colui che mi ha mandato. Egli volle così escludere che avesse potuto riceverla da maestri privati, e volle affermarne l'origine divina. Espose poi con quali criteri potesse giudicarsi se la sua dottrina era umana o divina.
Il primo criterio era la rettitudine personale e la buona coscienza di chi doveva giudicare, poiché con cuore falso o cattivo, preoccupato del proprio interesse e del proprio orgoglio, è impossibile scorgere la luce di Dio. Perciò Gesù disse: Se alcuno vorrà fare la volontà di Colui che mi ha mandato, conoscerà se la dottrina sia da Dio, o se io parli di mia autorità.
Fare la volontà di Dio significava osservare la Legge e vivere santamente; ora dallo studio e dalla pratica della divina Legge emergevano chiari i caratteri del Messia e i segni per riconoscerlo; un'anima veramente retta non avrebbe potuto confondersi, ed avrebbe riconosciuto nella dottrina di Gesù l'accento divino della verità eterna. Con queste parole Gesù svelava indirettamente la ragione e la causa per la quale i suoi nemici lo avversavano: essi non erano retti, non agivano per la gloria di Dio, ma per avversione e per odio, non studiavano le Scritture per trovarvi la verità ma per trovar modo di cavillare su quanto Egli diceva od operava, non vivevano onestamente, ma erano dediti ad ogni sorta di vizi, non potevano dunque aver lo sguardo retto nel giudicare.
A questo criterio di giudizio che riguardava chi doveva giudicare, Gesù ne aggiunge un altro riguardante colui che doveva essere giudicato: chi parla per propria iniziativa, parla per la sua gloria, cerca cioè l'applauso degli altri, il proprio vantaggio, ed il compimento dei suoi disegni. Chi invece parla in nome di Dio e da parte di Dio, cerca la gloria di Dio anche a costo di contraddizioni e di dolori. Questo è indice di rettitudine e di verità, ed è argomento chiaro di una speciale missione ricevuta dal Signore. Era evidente da tutto l'insegnamento di Gesù che Egli non cercava la propria gloria, ma cercava di far conoscere e amare Dio e di portare le anime alla salvezza; non aveva nessun fine umano od opportunista in quello che faceva, e le sue parole spiravano solo amore a Dio; non si poteva dunque dire che parlasse per sedurre le turbe e per rivoluzionare la nazione.
Sul riposo sabàtico. I cavilli maligni dei farisei
L'argomento del quale si servivano i sacerdoti, gli scribi e i farisei contro Gesù era che Egli non osservava il sabato; faceva scalpore poi soprattutto la guarigione del paralitico alla piscina probatica, al quale Egli aveva ingiunto di portare il proprio tettuccio.
Quando i malintenzionati sono a corto di argomenti, cavillano su tutto, e la più piccola ombra immaginaria serve loro come arma di battaglia.
Gesù ritorse l'argomento contro di loro, richiamando la loro coscienza sulle continue trasgressioni che essi facevano della Legge di Mosè. Si gloriavano di averla, la citavano contro di Lui per appuntarlo della supposta trasgressione del sabato, ma si curavano poco o nulla degli altri precetti; volevano ucciderlo per avere Egli permesso al paralitico di portarsi il letto, non per fargli trasgredire il sabato, ma per fargli glorificare Dio, dimostrando con quell'atto di essere stato veramente guarito, e non si curavano delle loro gravissime trasgressioni che avrebbero meritato la pena di morte, secondo la stessa Legge di Mosè.
Con quella recisa domanda: Perché cercate voi di uccidermi? Gesù Cristo smascherava in pubblico le trame segrete dei sacerdoti, degli scribi e dei farisei, trame che Egli non poteva conoscere naturalmente, perché le avevano tenute segrete. Vistisi perciò scoperti, e non attribuendo quella sua conoscenza a un dono divino, la supposero un suggerimento diabolico, e di primo moto, adirati come erano, gli dissero: Tu sei indemoniato; ma subito si ripresero, e non volendo confermare neppure con un insulto così brutto che Egli avesse dato nel segno, soggiunsero: Chi cerca di ucciderti? Gesù Cristo per infinita carità non insistette sul fatto che essi volevano veramente ucciderlo; gli bastò averlo fatto capire a quelli che erano rei di una trama così scellerata, e ripigliò con dolcezza divina a confutare il pretesto che essi adducevano per cercare di ucciderlo: essi lo rimproveravano di aver guarito il paralitico di sabato, ossia di aver fatto un bene, e lo rimproveravano di avergli fatto sollevare e portare il lettuccio, per dimostrare il miracolo operato, e glorificare Dio; quel miracolo poi era stato anche diretto all'anima del paralitico, perché l'aveva liberato dagli effetti disastrosi di peccati commessi, come si rileva dal contesto del racconto (5,14).
Ora, disse Gesù, anche voi stimate che non sia trasgressione del sabato il circoncidere, benché si debba fare un taglio, e giudicate così perché quel taglio rappresenta un beneficio, un segno di alleanza ed anche una disposizione d'igiene. Anzi, nel generale rilassamento della pietà, la circoncisione era finita per diventare per molti solo un atto d'igiene, senza curarsi dei suoi effetti spirituali. Gesù dunque con un argomento diretto, ad hominem, come suol dirsi, soggiunse: Se non credete violazione del sabato un beneficio fisico parziale fatto ad un bambino, e credete che non lo si debba rimandare anche di un giorno, come potete rivolgervi contro di me che ho sanato tutto un uomo in giorno di sabato, nell'anima e nel corpo?
Non giudicate secondo le apparenze, cavillando sulle circostanze del miracolo da me compiuto, ma giudicate con retto
giudizio considerandone la realtà, la grandezza ed il fine, poiché in questo sta il retto giudizio.
Alcuni di quelli che erano addentro alle macchinazioni del sinedrio, ascoltando Gesù parlare con tanta franchezza, senza che nessuno di quelli che avrebbero voluto ucciderlo lo facesse catturare, se ne stupirono e sospettarono che i capi del popolo l'avessero riconosciuto come Messia; ripigliandosi però subito, perché erano tra gli avversari del Redentore, soggiunsero: Noi però sappiamo da dove venga costui, mentre quando verrà il Cristo nessuno saprà donde sia.
Per false interpretazioni dei Profeti (Is 53,8; Mi 5,2; MI 3,2, ecc.) era ferma la persuasione nel popolo che il Messia, dopo la sua nascita in Betlem dalla stirpe di Davide, dovesse eclissarsi, e comparire poi improvvisamente in Gerusalemme, per inaugurare il suo regno trionfante, senza che nessuno potesse sapere da dove fosse venuto. Questa falsa interpretazione rendeva per i malintenzionati inaccettabile come Messia il Redentore, giacché se ne conoscevano le origini temporali, benché non se ne conoscesse il mistero, e si sapeva da dove venisse.
Molti del popolo sentono la maestà delle affermazioni di Gesù convalidate dai miracoli e credono in Lui
Ma anche a voler tener conto della credenza comune, il popolo in realtà non conosceva da dove venisse il Redentore, perché ignorava che Egli fosse il Figlio di Dio e venisse dal cielo; perciò Gesù, insegnando nel tempio, levò alta la voce perché avessero potuto ascoltarlo tutti e disse: E voi mi conoscete e sapete di dove io sia ma non conoscete in realtà né chi io sia né donde sia, perché io non sono venuto da me, ma Colui che mi ha mandato è la verità e voi non lo conoscete. Io lo conosco perché vengo da Lui, ed Egli mi ha mandato.
Gesù non poteva dichiararsi Dio in una maniera più esplicita: benché nato nel tempo e conosciuto da tutti nella sua fisionomia e nella sua parentela, Egli non era venuto da sé, ma da Colui che lo aveva mandato, da Colui che è la verità, ossia che è Colui che è. La sua origine era divina, Egli veniva da Colui che è la verità, cioè era generato da Dio che infinitamente si conosce, e lo conosceva nella stessa sua essenza infinita come Verbo di Dio.
Questa dichiarazione esplicita, fatta in una luce di grande maestà, eccitò maggiormente l'ira dei suoi nemici, i quali volevano allora stesso arrestarlo. Ma non lo fecero, non per mancanza di mezzi o di volontà, bensì perché Egli non lo permise, non essendo ancora giunta l'ora di dare la vita perle sue creature. Molti del popolo, poi, essendo più semplici, sentirono la forza e la maestà di quell'affermazione e, trovandone la conferma nei miracoli ch'Egli aveva fatto, credettero in Lui e dicevano: Quando verrà il Cristo potrà fare maggior numero di prodigi di quelli che questi fa? Avevano la persuasione che il Messia venendo dovesse operare grandi prodigi e, vedendo quelli che faceva Gesù, si persuasero che il Messia non avrebbe potuto fame di più e credettero in Lui.
I farisei, sconcertati, non si arrendono tuttavia e meditano di catturare Gesù
I farisei furono sconcertati di quello che diceva il popolo e, non osando in quel momento mettersi contro l'opinione pubblica attaccando nuove discussioni, reclutarono alcune guardie del tempio, ingiungendo loro di catturarlo. Gesù conobbe questa loro intenzione omicida e la smascherò indirettamente dicendo loro che non sarebbero stati essi a prenderlo e farlo morire, ma sarebbe stato Lui ad eclissarsi da loro, permettendo che avessero raggiunto il loro scopo malvagio. Essi l'avrebbero perduto, e nelle angustie, nelle quali si sarebbero trovati, avrebbero desiderato invano il Messia, ed avrebbero inutilmente pensato di salvarsi, avendo rigettato la verità e la salvezza offerta loro da Dio; disse perciò Gesù: Per poco tempo ancora sono con voi, cioè per circa sei mesi, sino alla prossima Pasqua, e me ne vado a Colui che mi ha mandato, accettando io volontariamente la morte. Voi ora volete disfarvi di me, perché non volete riconoscermi; ma verrà il giorno nel quale cercherete di me e non mi troverete, cercherete cioè inutilmente il Messia, e per la vostra perversità non potrete salvarvi e venire nel cielo dove io sono. I farisei, ascoltando queste parole, le presero in caricatura, e dicevano gli uni gli altri: Dove mai sta per andare costui che noi non lo troveremo? Forse vedendo che il suo ministero fallisce fra noi, e che non può qui reclutare proseliti, andrà tra i Giudei dispersi tra i pagani, o addirittura cercherà proseliti tra i pagani, insegnando loro le sue dottrine?
È ripugnante l'atteggiamento degli Ebrei: e il nostro atteggiamento?...
Che cosa penosa il pensare non solo all' atteggiamento del popolo ebreo verso Gesù, ma anche al nostro atteggiamento, sotto un aspetto anche più ripugnante, dato che ci troviamo nella piena luce della redenzione! La sua dottrina è celeste, ed il mondo corre appresso ai fannulloni che gli dicono menzogne e che presumono formare essi nuove dottrine con le illusioni della loro fantasia il mondo era sapiente ed è sapiente solo quando può dire con Gesù: La mia dottrina non è mia. Quando le università splendevano della luce teologica e di quella delle Scritture, allora erano centri di dottrina vera. Si può studiare quanto si vuole e quel che si vuole, ma è un fatto che il mondo visse quando accolse la dottrina del Vangelo, morì quando se ne distaccò, rivive e rivivrà in questa dottrina. A che vale tutta la sapienza umana? Essa è un labirinto in una zona ristretta, mentre la dottrina celeste è una via rettilinea dalla terra al cielo.
Alla luce delle caratteristiche che Gesù ci diede di quelli che divulgano la vera dottrina, possiamo discemere quelli che parlano le parole della menzogna: essi rifiutano la verità perché non fanno la divina volontà, e cercano la propria gloria menando una vita carica di iniquità; sono trasgressori della divina Legge, gonfi di orgoglio, e non sono capaci di scorgere la verità, perché non possono adattarla alla loro vita. I creatori di panzane e di fole non si curano della Legge di Dio, sono peccatori che ne fanno scempio, e cercano come gli Ebrei di uccidere il Cristo pur protestando di non volerlo fare, anzi spesso, come facevano una volta i socialisti, appellandosi al Cristo come ad uno dei loro, o ad un Precursore delle loro stoltezze. Oggi i falsi cristi e i falsi profeti si sono moltiplicati e, giocando di astuzia e di violenza, sono giunti a chiamarsi essi padri dei popoli e salvatori del mondo.
Certe nazioni hanno offerto e offrono uno spettacolo spaventoso di empietà, di corruzione e di confusione, e sono cadute in un profondo abbrutimento morale e materiale.
E necessario ritornare a Gesù Cristo, in pieno, con l'intelletto, col cuore e con la vita, e seppellire sotto il disprezzo più profondo le pretese fedi dei novelli scellerati anticristi.
Quando le nazioni si mettono sul cammino dell'apostasia, Gesù Cristo se ne va, e passa ad altri popoli e ad altre nazioni, come già si vede. Rimane ancora per poco nell'anima e nel cuore dei fedeli che ancora gli credono e lo amano; poi, spenti questi, Egli si eclissa, lasciando abbandonate a loro stesse quelle genti che prima erano un fiorente giardino della Chiesa.
Dobbiamo pregare che non avvenga questo di noi, popoli europei, poiché, ecco, la guerra terribile che comincia a svilupparsi potrebbe preludere all'abbandono di Dio, se Egli non ci usa una speciale misericordia. Noi questa misericordia la speriamo e la domandiamo ardentemente, ma dobbiamo meritarla con un ritorno individuale pieno e totalitario a Gesù Cristo. Il giorno in cui avessero il sopravvento gli anticristi, nelle nazioni regnerebbe la distruzione e la morte.
Sac. Dolindo Ruotolo
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