4. Il grido d'amore del Cuore di Gesù nell'ultimo giorno della festa dei Tabernacoli
Il Cuore di Gesù ardeva dal desiderio di comunicarsi alle anime e dar loro la vita. La festa dei Tabernacoli ricordava il pellegrinaggio degli Ebrei, ed era immagine viva delTumano pellegrinaggio verso l'eterna Patria; ora Egli era venuto proprio per facilitare questo cammino alle sue creature ed aveva le mani piene di misericordie e di grazie per effonderle su di loro. Al suo Cuore perciò era d'immensa pena il vederle lontane da Lui, miseramente trascinate negli abissi da quelli che le ingannavano, e vedere che ancora si fermavano ai simboli ed alle figure che lo avevano annunziato, rifuggendo da Lui che ne era il compimento.
Ogni mattina degli otto giorni nei quali si celebrava la festa dei tabernacoli, eccetto solo il primo giorno, il sacerdote andava con un vaso d'oro ad attingere acqua alla fontana di Siloe, che significa mandato, messia, la portava al tempio con grande pompa, e dopo averla mescolata con vino, la versava sull'angolo dell'altare degli olocausti, mentre i leviti cantavano il così detto Hallel, cioè i Salmi 113-118. La cerimonia ricordava l'acqua scaturita miracolosamente nel deserto, ma era anche una figura dell'abbondanza delle grazie che sarebbero venute alla terra dal Messia e dal suo sacrificio.
Nell'ultimo giorno della festa il popolo, com'era naturale, si affollava di più per assistere a questo rito, e Gesù che vi era presente notò con quanto ardore vi partecipasse, senza considerare che aveva a portata di mano non il simbolo ma la realtà, Lui stesso fonte di vita. Perciò, ritto in piedi e col Cuore divino esuberante di amore, gridò alla folla:
Chi ha sete venga a me e beva.
Vedendo poi quell'acqua mescolata col vino versata sull'angolo dell'altare degli olocausti e come rigurgitante da esso, vide in quel rito il simbolo di un'anima redenta dal sacrificio della croce, ricolma e quasi rigurgitante delle grazie effuse in lei dallo Spirito Santo, e soggiunse:
A chi crede in me, come dice la Scrittura, sgorgheranno dal seno torrenti di acqua viva.
Citò a senso con questa espressione, sintetizzandoli, vari passi della Scrittura nei quali si allude all'effusione dello Spirito Santo (Is 41,18; 44,3; 55,1; 58,11; Ez 36,25; Gl 2,28 ecc.), ed alluse Egli stesso, come soggiunse l'evangelista, allo Spirito Santo che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in Lui, dopo la sua Passione e la conseguente sua glorificazione.
I nemici spargono menzogne e falsano notizie
Gesù Cristo parlò con tale divino ardore, e le sue parole erano così luminose, che molti del popolo riconobbero in Lui il profeta che si attendeva, ed altri addirittura il Messia, esplicitamente in faccia ai suoi nemici dichiarati; questi poi, nella speranza di disingannarli, dicevano che il Cristo non doveva venire dalla Galilea, ma dalla progenie di Davide e dalla città di Betlem, e provocarono, così, grande dissenso e discussione in mezzo al popolo. Alcuni dei più scalmanati volevano mettere le mani addosso a Gesù e catturarlo, ma né essi né le stesse guardie mandate per arrestarlo, e che già da quattro giorni lo seguivano per colpire il momento opportuno di eseguire l'incarico avuto, osarono farlo. Ai sacerdoti ed ai farisei che li rimproverarono per questo, poi, risposero che nessun uomo aveva parlato mai come quell'uomo, testimoniando così l'impressione profonda prodotta in loro dalla sua santità e dalla sua divina dottrina.
I sacerdoti e i farisei andarono su tutte le furie a questo smacco, e trattando da ignoranti e fanatici quelli che credevano in Gesù, fecero notare alle guardie che nessuno tra le autorità costituite o tra le persone ragguardevoli del popolo gli aveva creduto. Speravano così d'indurre le guardie a vergognarsi della loro debolezza ed a ritornare sui loro passi ed arrestarlo.
L'intervento di Nicodemo
Nicodemo però, che era presente alla discussione, li sconcertò anche di più suggerendo loro di ascoltare ed interrogare Gesù prima di condannarlo, secondo quanto comandava la Legge nei giudizi. Egli che ancora aveva nell'anima l'impressione profonda del colloquio che aveva avuto di notte con Gesù, e che constatava, nelle guardie che l'avevano ascoltato, la stessa impressione, sperava che il sinedrio, avvicinandolo, si sarebbe ricreduto sul conto di Lui, e sperava di potersi dichiarare più liberamente simpatizzante per Lui. Ma i sacerdoti e i farisei pieni di sdegno gli replicarono: Sei forse anche tu un Galileo? E trattandolo da inconsiderato e da ignorante soggiunsero: Scruta le Scritture e vedrai che un profeta non sorge dalla Galilea. Mentirono dicendo così poiché il profeta Giona era certamente Galileo (2Re 14,25) e probabilmente anche il profeta Nahum; ma essi con la loro affermazione volevano far colpo sugli altri, temendo un proselitismo anche in mezzo a loro; per evitare perciò un'ulteriore replica di Nicodemo o di altri, sciolsero la seduta, e ritornarono ciascuno a casa sua.
Quale distacco penoso tra l'amore e l'invito del Cuore di Gesù: Chi ha sete venga a me e beva, è lo spirito gretto, ignorante, ingrato e presuntuoso dei suoi nemici, che lungi dal voler riconoscere la verità facevano ogni sforzo per rinnegarla, ed erano pronti a ricorrere ad ogni violenza per sopraffarla!
È quello che si verifica oggi tra i poveri razionalisti, il cui sforzo non è quello di elevarsi nello splendore della verità, ma di scendere nell'abisso delle tenebre. Questi poveri disgraziati giocano di prestigio nei loro sconclusionati studi, per fare apparire umano ciò ch'è divino, naturale ciò ch'è soprannaturale e stolto ciò ch'è sapiente; ricorrono a tutti i sotterfugi dei sofismi per raggiungere il loro stoltissimo scopo, e si appagano di frottole pur di rinnegare la verità.
Il più penoso in queste aberrazioni poi è il vedere che quelli che possiedono la verità, i cattolici, si avvelenano spessissimo a queste fonti inquinate, e si rendono propagandisti dell'errore o per ostentare una stupida erudizione che non serve a nulla, o nell'illusione di disingannare qualcuno infetto, che in realtà non si lascia mai disingannare, anzi più si ostina nel suo errore.
Chi ha sete di verità vada a Gesù e beva', questa è la fonte limpidissima che veramente ristora.
Chi ha sete di amore vada a Gesù e beva, perché il suo Cuore è la fonte inesauribile di carità che consola.
Chi ha sete di Dio vada a Gesù e beva, beva la vita nel Sacramento della vita, e credendo veramente si elevi col cuore fino all'eterno Amore, per attingerne fiumi di grazie.
I perversi non potranno mai arrestare sul quadrante della provvidenza l'ora di Dio
Nonostante la pessima intenzione dei sacerdoti, degli scribi e dei farisei di uccidere Gesù, nessuno potè mettergli le mani addosso perché Egli non lo permise. Era il padrone della sua vita, e nessuno poteva toglierla a Lui senza di Lui. Eppure è detto, al principio del capitolo, che Egli non voleva andare nella Giudea perché i Giudei cercavano di ucciderlo', se non potevano ucciderlo senza il suo permesso, perché poi li fuggiva quasi che avessero potuto farlo senza il suo consenso? Ma Egli nel suo infinito amore misericordioso, senza una necessità non voleva esporli a commettere col pensiero, col desiderio e con la volontà l'orribile peccato di attentare alla sua vita.
Egli poi volle insegnarci a non esporci inutilmente ai pericoli ai quali andiamo incontro operando il bene, ed a non essere causa di colpe novelle a quelli che lo combattono.
Il coraggio cristiano non è mai temerità o reazione aggressiva; è frutto di abbandono in Dio, ed è sempre fioritura di carità; sa essere fermo ed incrollabile, ma sa essere anche compassionevole e remissivo verso i cattivi.
Nelle angustie e nelle contraddizioni confidiamo in Dio, e non ci facciamo troppo spaventare dalle congiure dei perversi. Essi possono agitarsi quanto vogliono, ma non possono arrestare sul quadrante della provvidenza le ore di Dio. Si può far arrestare un orologio, ma non si può arretrare l'ombra di una meridiana, poiché essa dipende dal sole che splende in alto. L'orologio è regolato dagli uomini, e va quasi sempre male, la meridiana è regolata dal corso del sole e non fallisce mai. Abbiamo fede nei tempi di Dio, e quando gli uomini si agitano per demolire il bene confidiamo nell'ora di Dio che scocca infallibile e luminosa dopo l'ora delle tenebre. Vigiliamo piuttosto per non interferire noi con le nostre colpe e le nostre ingratitudini nei momenti di Dio, e ricorriamo alla preghiera senza stancarci, perché la preghiera è arma che nessuna forza umana può far spezzare.
Il Cuore di Gesù ardeva dal desiderio di comunicarsi alle anime e dar loro la vita. La festa dei Tabernacoli ricordava il pellegrinaggio degli Ebrei, ed era immagine viva delTumano pellegrinaggio verso l'eterna Patria; ora Egli era venuto proprio per facilitare questo cammino alle sue creature ed aveva le mani piene di misericordie e di grazie per effonderle su di loro. Al suo Cuore perciò era d'immensa pena il vederle lontane da Lui, miseramente trascinate negli abissi da quelli che le ingannavano, e vedere che ancora si fermavano ai simboli ed alle figure che lo avevano annunziato, rifuggendo da Lui che ne era il compimento.
Ogni mattina degli otto giorni nei quali si celebrava la festa dei tabernacoli, eccetto solo il primo giorno, il sacerdote andava con un vaso d'oro ad attingere acqua alla fontana di Siloe, che significa mandato, messia, la portava al tempio con grande pompa, e dopo averla mescolata con vino, la versava sull'angolo dell'altare degli olocausti, mentre i leviti cantavano il così detto Hallel, cioè i Salmi 113-118. La cerimonia ricordava l'acqua scaturita miracolosamente nel deserto, ma era anche una figura dell'abbondanza delle grazie che sarebbero venute alla terra dal Messia e dal suo sacrificio.
Nell'ultimo giorno della festa il popolo, com'era naturale, si affollava di più per assistere a questo rito, e Gesù che vi era presente notò con quanto ardore vi partecipasse, senza considerare che aveva a portata di mano non il simbolo ma la realtà, Lui stesso fonte di vita. Perciò, ritto in piedi e col Cuore divino esuberante di amore, gridò alla folla:
Chi ha sete venga a me e beva.
Vedendo poi quell'acqua mescolata col vino versata sull'angolo dell'altare degli olocausti e come rigurgitante da esso, vide in quel rito il simbolo di un'anima redenta dal sacrificio della croce, ricolma e quasi rigurgitante delle grazie effuse in lei dallo Spirito Santo, e soggiunse:
A chi crede in me, come dice la Scrittura, sgorgheranno dal seno torrenti di acqua viva.
Citò a senso con questa espressione, sintetizzandoli, vari passi della Scrittura nei quali si allude all'effusione dello Spirito Santo (Is 41,18; 44,3; 55,1; 58,11; Ez 36,25; Gl 2,28 ecc.), ed alluse Egli stesso, come soggiunse l'evangelista, allo Spirito Santo che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in Lui, dopo la sua Passione e la conseguente sua glorificazione.
I nemici spargono menzogne e falsano notizie
Gesù Cristo parlò con tale divino ardore, e le sue parole erano così luminose, che molti del popolo riconobbero in Lui il profeta che si attendeva, ed altri addirittura il Messia, esplicitamente in faccia ai suoi nemici dichiarati; questi poi, nella speranza di disingannarli, dicevano che il Cristo non doveva venire dalla Galilea, ma dalla progenie di Davide e dalla città di Betlem, e provocarono, così, grande dissenso e discussione in mezzo al popolo. Alcuni dei più scalmanati volevano mettere le mani addosso a Gesù e catturarlo, ma né essi né le stesse guardie mandate per arrestarlo, e che già da quattro giorni lo seguivano per colpire il momento opportuno di eseguire l'incarico avuto, osarono farlo. Ai sacerdoti ed ai farisei che li rimproverarono per questo, poi, risposero che nessun uomo aveva parlato mai come quell'uomo, testimoniando così l'impressione profonda prodotta in loro dalla sua santità e dalla sua divina dottrina.
I sacerdoti e i farisei andarono su tutte le furie a questo smacco, e trattando da ignoranti e fanatici quelli che credevano in Gesù, fecero notare alle guardie che nessuno tra le autorità costituite o tra le persone ragguardevoli del popolo gli aveva creduto. Speravano così d'indurre le guardie a vergognarsi della loro debolezza ed a ritornare sui loro passi ed arrestarlo.
L'intervento di Nicodemo
Nicodemo però, che era presente alla discussione, li sconcertò anche di più suggerendo loro di ascoltare ed interrogare Gesù prima di condannarlo, secondo quanto comandava la Legge nei giudizi. Egli che ancora aveva nell'anima l'impressione profonda del colloquio che aveva avuto di notte con Gesù, e che constatava, nelle guardie che l'avevano ascoltato, la stessa impressione, sperava che il sinedrio, avvicinandolo, si sarebbe ricreduto sul conto di Lui, e sperava di potersi dichiarare più liberamente simpatizzante per Lui. Ma i sacerdoti e i farisei pieni di sdegno gli replicarono: Sei forse anche tu un Galileo? E trattandolo da inconsiderato e da ignorante soggiunsero: Scruta le Scritture e vedrai che un profeta non sorge dalla Galilea. Mentirono dicendo così poiché il profeta Giona era certamente Galileo (2Re 14,25) e probabilmente anche il profeta Nahum; ma essi con la loro affermazione volevano far colpo sugli altri, temendo un proselitismo anche in mezzo a loro; per evitare perciò un'ulteriore replica di Nicodemo o di altri, sciolsero la seduta, e ritornarono ciascuno a casa sua.
Quale distacco penoso tra l'amore e l'invito del Cuore di Gesù: Chi ha sete venga a me e beva, è lo spirito gretto, ignorante, ingrato e presuntuoso dei suoi nemici, che lungi dal voler riconoscere la verità facevano ogni sforzo per rinnegarla, ed erano pronti a ricorrere ad ogni violenza per sopraffarla!
È quello che si verifica oggi tra i poveri razionalisti, il cui sforzo non è quello di elevarsi nello splendore della verità, ma di scendere nell'abisso delle tenebre. Questi poveri disgraziati giocano di prestigio nei loro sconclusionati studi, per fare apparire umano ciò ch'è divino, naturale ciò ch'è soprannaturale e stolto ciò ch'è sapiente; ricorrono a tutti i sotterfugi dei sofismi per raggiungere il loro stoltissimo scopo, e si appagano di frottole pur di rinnegare la verità.
Il più penoso in queste aberrazioni poi è il vedere che quelli che possiedono la verità, i cattolici, si avvelenano spessissimo a queste fonti inquinate, e si rendono propagandisti dell'errore o per ostentare una stupida erudizione che non serve a nulla, o nell'illusione di disingannare qualcuno infetto, che in realtà non si lascia mai disingannare, anzi più si ostina nel suo errore.
Chi ha sete di verità vada a Gesù e beva', questa è la fonte limpidissima che veramente ristora.
Chi ha sete di amore vada a Gesù e beva, perché il suo Cuore è la fonte inesauribile di carità che consola.
Chi ha sete di Dio vada a Gesù e beva, beva la vita nel Sacramento della vita, e credendo veramente si elevi col cuore fino all'eterno Amore, per attingerne fiumi di grazie.
I perversi non potranno mai arrestare sul quadrante della provvidenza l'ora di Dio
Nonostante la pessima intenzione dei sacerdoti, degli scribi e dei farisei di uccidere Gesù, nessuno potè mettergli le mani addosso perché Egli non lo permise. Era il padrone della sua vita, e nessuno poteva toglierla a Lui senza di Lui. Eppure è detto, al principio del capitolo, che Egli non voleva andare nella Giudea perché i Giudei cercavano di ucciderlo', se non potevano ucciderlo senza il suo permesso, perché poi li fuggiva quasi che avessero potuto farlo senza il suo consenso? Ma Egli nel suo infinito amore misericordioso, senza una necessità non voleva esporli a commettere col pensiero, col desiderio e con la volontà l'orribile peccato di attentare alla sua vita.
Egli poi volle insegnarci a non esporci inutilmente ai pericoli ai quali andiamo incontro operando il bene, ed a non essere causa di colpe novelle a quelli che lo combattono.
Il coraggio cristiano non è mai temerità o reazione aggressiva; è frutto di abbandono in Dio, ed è sempre fioritura di carità; sa essere fermo ed incrollabile, ma sa essere anche compassionevole e remissivo verso i cattivi.
Nelle angustie e nelle contraddizioni confidiamo in Dio, e non ci facciamo troppo spaventare dalle congiure dei perversi. Essi possono agitarsi quanto vogliono, ma non possono arrestare sul quadrante della provvidenza le ore di Dio. Si può far arrestare un orologio, ma non si può arretrare l'ombra di una meridiana, poiché essa dipende dal sole che splende in alto. L'orologio è regolato dagli uomini, e va quasi sempre male, la meridiana è regolata dal corso del sole e non fallisce mai. Abbiamo fede nei tempi di Dio, e quando gli uomini si agitano per demolire il bene confidiamo nell'ora di Dio che scocca infallibile e luminosa dopo l'ora delle tenebre. Vigiliamo piuttosto per non interferire noi con le nostre colpe e le nostre ingratitudini nei momenti di Dio, e ricorriamo alla preghiera senza stancarci, perché la preghiera è arma che nessuna forza umana può far spezzare.
Sac. Dolindo Ruotolo
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