sabato 21 giugno 2014

21.06.2014 - Commento al secondo libro delle Cronache cap. 24, par. 2-3

2. La novella prevaricazione di Giuda e la prevaricazione protestante.
È veramente penoso il constatare che le grandi riforme durano sempre poco. Compiute fra continue difficoltà, si affermano con un grande splendore di vita, e poi subito il male ripiglia il sopravvento. L' opera fatta da Joiada nei ricostituire il regno di Giuda sembrava che dovesse sfidare i secoli. Il Re posto sul trono era stato educato nel Tempio da luì stesso con ogni cura, aveva avuto i migliori sentimenti, ed aveva cominciato a regnare, infatti, curando la riedificazione della Casa del Signore con tanto zelo che Joiada sembrò quasi fiacco di fronte a lui. Egli mandò per le varie città a raccogliere danaro, e quando s’accorse che i Leviti preposti a queste collette agivano con negligenza, fece fare nel Tempio stesso un cassa per raccogliere le offerte spontanee dei fedeli, e comandò che si pagasse il tributo imposto da Mosè per il Tabernacolo di Dio. Con entusiasmo il popolo rispose all’appello, e risposero quei medesimi principi che poco dopo furono causa della novella prevaricazione di Giuda. Il Tempio fu così rifatto e dotato di ricche suppellettili; i sacrifizi furono offerti incessantemente, e la pubblica preghiera si ripristinò con decoro. Ma tutto questo durò finché visse Joiada, poiché la sua grande santità e la sua influenza benefica su tutti, aveva unito il popolo in un sol pensiero, in una sola fede, in un solo amore. Morto lui si determinò una novella apostasia in Giuda.
Insieme con la fabbrica materiale del Tempio, infatti, non si era pensato ad edificare nelle anime una profonda pietà; l'ignoranza della legge di Dio rapidamente riprese il sopravvento, ed i principi del popolo, alla morte dì Joiada, trovarono il campo propizio per una restaurazione idolatrica. Ad essi bastò mostrarsi servili adulatori del Re per conciliarsene la benevolenza e farlo arrendere ai loro desideri. Cominciarono forse col far tollerare alcune pratiche di culto pagano; ristabilirono gli alti luoghi dedicati agl’idoli, forse con la scusa d'interessi materiali da salvaguardare; certo bastò poco tempo, perché il popolo, abbandonato il Tempio di Dio, si desse novellamente all’idolatria. Il Signore non mancò di mandare dei Profeti per richiamare il popolo a penitenza, ma nessuno li ascoltò, anzi lapidarono il Sacerdote Zaccaria che investito dallo Spirito di Dio era insorto contro l’apostasia del popolo, e lo lapidarono per ordine del Re, tra il Tempio e l’altare degli olocausti, come risulta dalle parole medesime di Gesù Cristo (Matt. XXIII, 35; Lue. XX, 52). Era il colmo dell'empietà, ed il Sacro Testo medesimo par che si stupisca dell’ingratitudine di Joas, che dimentico dei benefizi avuti da Joiada non dubitò di ucciderne così barbaramente il figliuolo.
Ecco quello che avviene nella Chiesa dopo la restaurazione della Fede nei popoli. I grandi del mondo, desiderosi di divertimenti e di piaceri, non tollerano a lungo una vita di morigeratezza e di pietà. Insorgono sotto le speciose apparenze delia libertà, adulano vilmente i capi dello stato, li lusingano nel loro orgoglio, ottengono leggi di tolleranza per le manifestazioni del male, e trascinano il popolo all’idolatria dei sensi ed all'apostasia.
Sembra quasi di vedere in questo episodio del regno di Joas quello che avvenne ai tempi dell'apostasia protestante: si lavorò con grande ardore e si raccolse danaro da ogni parte per edificare il S. Pietro in Roma, come Joas e Joiada lavorarono per la riedificazione del Tempio. Si elevò un grandioso edificio, ma non si curarono le anime: sorse così la mala pianta protestante, e si profuse in adulazioni ai Re delle nazioni, rammollendoli ed eccitandoli contro la Chiesa. L'eresia protestante rielevò gl'idoli delle passioni più turpi, sbrigliando l’umana ragione e favorendo con teorie molto comode il peccato. Il mondo tutto si sconvolse, e nonostante la predicazione dei Santi, veri Profeti di Dio in quell'epoca disgraziata, andò a rapidi passi verso la perdizione, determinando l’apostasia moderna delle nazioni, che è la naturale conseguenza del protestantesimo.
I poveri protestanti non possono distruggere questa grande realtà storica; ad essi si deve l'apostasia del razionalismo e del materialismo, e la corruzione dei popoli. Quando si eleva come idolo la ragione, anzi il pensiero stravolto della propria mente, quando si mette a base della vita il comodo proprio, palliato da fiducia nella giustificazione dei Redentore, allora la natura non ha più freni, non desidera che di godere e, volte le spalle al Signore, abbraccia un culto effimero che non glorifica Dio, ma soddisfa solo quel bisogno di avere una fede qualunque e di smorzare i rimorsi della coscienza.
3. Il castigo di Dio.
II Signore nell'infinita sua misericordia, prima di colpire il suo popolo, l'aveva richiamato sul retto sentiero per mezzo dei Profeti, e sopra tutto per mezzo del Sommo Sacerdote Zaccaria. Questi aveva solennemente proclamato che l'apostasia da Dio non tornava a bene della nazione, e che il Signore avrebbe abbandonato il suo popolo; ma le sue parole non valsero che a procurargli la morte. Ciò nonostante Dio attese ancora un anno, per dare ancora tempo di penitenza al suo ingrato popolo. Dopo un anno, essendo riuscito vano ogni richiamo, l'esercito della Siria salì contro Giuda e contro Gerusalemme. Era un esercito piccolo, di fronte alle forti schiere degli armati di Giuda, ma riuscì vincitore perché il popolo di Dio si trovava abbandonato a se stesso. Era un fatto soprannaturale, ma appartenente a quell’ordine di Provvidenza che regola la nostra vita nell'armonia dell'universo; aveva perciò un fondamento anche nell'ordine naturale. Che cosa era il popolo di Giuda abbandonato al culto degl’idoli se non un popolo bacato, senza energie, senza iniziative, senza forza, rammollito dai vizi, avvilito dalla vita materiale, abituato a servire ?
È una riflessione della massima importanza per la vita delle nazioni: un popolo senza Fede è abituato a servire, è schiavo, è privo di ogni nobiltà e di ogni fierezza, è imbarbarito; può reagire ancora quando conserva un residuo della forza perduta, ma è destinato a perire quando questa forza viene meno totalmente. Si può dire, che il popolo che abbandona Dio è abbandonato da Dio; è una frase profondissima, poiché quando si abbandona il Signore si è privi di. tutti quegli aiuti, anche naturali, che vengono dall'amicizia di Dio, si è abbandonati alle proprie miserie, enormemente accresciute dalla mancanza di Religione, e si cade come corpo grave nell’abisso.
È logico che un corpo pesante che si stacca dall'areostato che lo portava in alto, si trovi abbandonato al suo peso ; non è necessario che l’areostato gli dia una spinta per farlo cadere, poiché esso stesso precipita con violenza sempre maggiore, scientificamente proporzionata in ragione diretta del quadrato della distanza. I fatti provvidenziali della storia delle nazioni sono matematica- mente proporzionati come i fatti naturali ; noi potremmo calcolare esattamente, a base di matematica, per quali leggi una nazione decade di fronte ad un'altra, le deficienze e le forze dell'una e dell’altra sono esattamente bilanciate fino all'atomo , fino alla più piccola forza.
I Siri dunque trovarono un popolo senza forza, staccato da Dio, incapace di difendersi, e potettero con piccolo numero sopraffarlo. Sconfitto il popolo, fu malmenato anche il Re con castighi ignominiosi, dice il Sacro Testo, il che fa supporre che avessero fatto scempio del suo corpo, tanto da costringerlo a porsi a letto.
Alla sconfitta successe la rivoluzione, fenomeno comunissimo nelle nazioni dopo un disastro militare; Zabad e Jozabad ordirono una congiura per vendicare il sangue del Sommo Sacerdote Zaccaria, ed uccisero il Re, nel suo letto. Il Sacerdote morendo si era appellato alla giustizia di Dio, ed il Signore aveva risposto all'appello della sua creatura con un atto di rigorosa giustizia. Così un regno cominciato con i più lieti auspici, terminò tragicamente per il maledetto peccato.
Se la forza dei regni è il timore di Dio e l'osservanza della sua legge, molto più questo Io è per la Chiesa, la cui vita è più soprannaturale che terrena. Non basta perciò restaurare il decoro del culto nelle sacre cerimonie, se si vuole rielevare a Dio la vita cristiana, ma bisogna restaurare l’anima illuminandola con la verità, purificandola dalle sue miserie, infiammandola di amore per Dio.
È lodevolissimo il restaurare in una città, per es., la Chiesa Cattedrale, e l'adornarla con magnificenza, ma è più necessario restaurare nella Cattedrale la grande preghiera pubblica, il coro dei Canonici e dei Cantori ; è necessario restaurare i luoghi di educazione, dove si formano i novelli Ministri del Signore, i luoghi di preghiera, dove le anime sono dedicate al Signore.
Joas si fermò troppo in un’ opera materiale, a differenza di Oiosafat che spedì per tutto il regno i missionari della Divina Legge. Le cure materiali gli tolsero il fervore, lo impegolarono troppo negli affari, lo materializzarono nel maneggio delle ricchezze raccolte; il successo dell'opera dei restauri lo inorgoglì, e bastò l'adulazione dei suoi principi per renderlo prima debole e poi connivente nelle loro scelleratezze.
Finché era vìssuto joiada aveva avuto una guida spirituale, un freno, un esempio, una spinta; dopo la morte del Sacerdote, s'era trovato come disorientato. Perciò chi sta a capo, tanto nei regni che nella Chiesa medesima, deve avere una guida spirituale che lo illumini e lo faccia camminare per la via della giustizia e della verità. È facilissimo disorientarsi dal bene senza una guida, poiché chi sta a capo vive in mezzo alle adulazioni e nel pericoloso fastidio di continue lodi. Non c'è forse un pericolo più grande per un'alta autorità ; essa ha molti mormoratori celati, molti avversari nascosti, ma esternamente non raccoglie che applausi. Sono questi che spesso rammolliscono la tempra più forte e la rendono incapace di combattere con energia il male. Oli onori imbecilliscono, e nella migliore ipotesi rendono fanciulli chi li riceve, e possono suscitare in noi, anche scientificamente parlando, uno di quei rami di pazzia che sono il patrimonio di tutti.
Ognuno ha infatti un ramo di pazzia vera e propria, un’ostinazione morbosa in un pensiero, in un'abitudine, in un apprezzamento ; ognuno ha dei momenti di furia inconsulta ed irragionevole, dei momenti di malinconia cupa ed opprimente ; ognuno ha delle aberrazioni, delle fantasie, delle stupide aspirazioni. Questi rami di pazzia si equilibrano con la mansuetudine e con l'umiltà, le due grandi virtù che rendono l'uomo perfettamente ragionevole. La mansuetudine reprime i disordini dell'irascibilità, l'umiltà impedisce
i traviamenti del pensiero e del giudizio proprio, facendo sottometter l’anima al giudizio degli altri. Quando si sta in alto è facilissimo contrarre l'abito dell’impetuosità o dell’irruenza, ed è quasi impossibile sottostare al giudizio altrui; allora senza una guida forte e spassionata è facile il concentrarsi in se stesso ed il traviare, anche senza accorgersene, fino ad accentuare quei tratti di squilibrio che fanno perdere il sereno senso della giustizia e della ragione.
Perciò non ci regoliamo mai da noi stessi, non abbiamo la presunzione di agire a nostro modo, poiché quando muore Joiada, quando manca cioè la nostra guida, vengono subito i falsi consiglieri a far deviare la nostra vita dal retto cammino. Si comincia con indulgere alle passioni, si rielevano gli altari degl'idoli, si cade nell’avvilimento, e si diventa vittima di satana.
Sac. Dolindo Ruotolo

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