martedì 3 giugno 2014

03.06.2014 - Commento al vangelo di S. Giovanni cap. 17 par. 2

2. La sublimità della preghiera di Gesù Cristo al Padre
Dopo aver parlato agli apostoli per consolarli nelle future angustie che li attendevano, e dopo averli prevenuti della loro debolezza, per la quale lo avrebbero abbandonato lasciandolo solo nella sua imminente passione e Morte, Gesù, come sommo ed eterno Sacerdote, pregò il Padre suo per sostenerli, e per meritare e domandare la forza e l'aiuto per quelli che avrebbero creduto in Lui, ed avrebbero fatto parte della sua Chiesa. Il momento era solenne.
Gesù si considerava già fuori del mondo; non doveva fare altro che consumare il suo sacrificio, e prima di consumarlo si raccolse nella preghiera, esprimendone l'intenzione principale: glorificare Dio e salvare le anime. Egli volle insegnare anche ai suoi apostoli ed a tutte le anime, che, incombendo la tribolazione, è necessario ricorrere alla preghiera, e come padre amorosissimo volle con la preghiera manifestare ai suoi cari l'amore che gli ardeva nel cuore per essi, suggellando così i suoi insegnamenti con un atto di carità immensa. Pregò e completò così, diremmo quasi, il ringraziamento che fece fare ai suoi cari dopo essersi dato loro vivo e vero nell'Eucaristia. Se si riflette bene, infatti, i suoi discorsi dopo la cena tendevano proprio a questo, e la sua preghiera ne fa il riepilogo ed il suggello.
Gesù si donò agli apostoli per unirli a sé e renderli in sé una cosa sola, e comandò loro di amarsi com'Egli li aveva amati (13,34-35).
Si donò per non lasciarli orfani e privi di aiuto, e raccomandò loro di non turbarsi, anzi di aspirare alla vita eterna, riguardando Lui come la via, la verità e la vita (14,1-6).
Si donò perché avessero pregato in Lui e per Lui (14,13) e promise loro lo Spirito Santo, perché, ricevendo Lui sacramentato, fossero stati accesi di amore per Lui, ed avessero goduto la pace interiore, (14,16 e 27) fatti tempio vivo di Dio per l'amore (14,23).
Si donò per vivificarli, come la vite vivifica i tralci (15,1-5), e per renderli pieni di carità, uniti tutti come i tralci di una stessa vite (15,12), separati dal mondo (15,18) e pieni di fiducia nelle medesime persecuzioni (16,2-4), perché dall'angustia sarebbe venuto loro il gaudio eterno, frutto di tribolazioni (16,20).
Si donò ed annunziò loro una fioritura magnifica del suo dono, promettendo un tempo di luce e di trionfo (16,22-24), li prevenne della loro debolezza, ma li consolò proclamando la vittoria Ch'Egli aveva già riportata sul mondo (16,31-33).
Ed infine pregò per renderli capaci dei frutti dell'Eucaristia, e per suggellare l'unità alla quale li aveva chiamati, donandosi loro vivo e vero. Si può dire, senza timore di cadere nell'arbitrario, che Gesù Cristo coi suoi discorsi tracciò le linee fondamentali dell'atteggiamento delle anime dopo la Comunione, e con la sua preghiera insegnò loro a pregare in quei momenti solenni di intima unione con Lui. A quelli che considerano la preghiera solo come un affetto ed una sensibilità questo potrà anche non apparire, ma è un fatto che Gesù, pregando dopo l'istituzione dell'Eucaristia e prima della Passione, ci guidò nella preghiera che dobbiamo fare dopo averlo ricevuto nel cuore.
II terribile problema della prosperità degli empi e della sopraffazione dei giusti trova sul Calvario il massimo cimento
Gesù Cristo alzò gli occhi al cielo, per indicare che l'anima deve astrarsi dalla terra, e volgersi tutta a Dio. Non aveva bisogno di fare questo gesto per raccogliersi, ma volle insegnare ai suoi cari il raccoglimento profondo dell'anima con Dio. Era bellissimo; alla fioca luce delle lampade del Cenacolo, appariva in tutta la soave maestà del suo volto, e la stessa penombra dell'ambiente ne faceva spiccare il fulgore. Era tutto un'ostia di offerta, e nei suoi grandi occhi azzurri pareva splendesse il firmamento. Non era un uomo soltanto; anche visto superficialmente da persone rozze, appariva nel fulgore della sua divinità. Volse gli occhi al cielo perché il cielo si aprì su di Lui, e guardò nella profondità dei misteri divini, esclamando: Padre, l'ora è venuta, glorifica il tuo Figliolo, affinché il tuo Figlio ti glorifichi, avendogli Tu dato potere su ogni essere umano, perché dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato, Gesù Cristo andava verso la morte, e quella era l'ora venuta per Lui; ma per la sua morte doveva venire la vita a tutti gli uomini, doveva annientarsi il regno di satana, ed inaugurarsi il regno di Dio, ed Egli domandò che quella morte non fosse solo obbrobriosa, ma rifulgesse di splendori divini, e traesse tutti gli uomini all'eterna salvezza.
Egli sapeva bene che non sarebbe morto come una vittima, ma come un malfattore; i suoi uccisori non sarebbero stati dei sacrificatori, ma dei manigoldi d'infima risma, ed Egli sarebbe stato riguardato come un maledetto, pendente dal legno d'infamia. Questo ripugnava grandemente all'amore ch'Egli sentiva per la gloria del Padre, poiché, lungi dall'apparire immolato per le colpe altrui, Egli appariva come un reo vilissimo per tutti quelli che lo ignoravano, e un sopraffatto ingiustamente per quelli che ancora l'apprezzavano e l'amavano. Ora Egli non voleva che un sacrificio di tanto amore da parte sua fosse apparso semplicemente l'epilogo di un giudizio vendicativo della legge penale e che un disegno d'infinita carità da parte del Padre fosse apparso come un'ingiustizia fatta a Lui. Il terribile problema della prosperità degli empi e della sopraffazione dei giusti, trovava sul Calvario il massimo cimento, e Gesù domandò al Padre che lo avesse glorificato, perché fosse apparso ch'Egli non era sopraffatto dall'ingiustizia.
Egli si preoccupò principalmente, per tenerezza di amore, dei suoi apostoli, i quali più di tutti potevano disorientarsi in quella immane tragedia. Al suo Cuore era penosissimo il pensare che lo avrebbero riguardato come un illuso, perché questo si opponeva alla loro eterna salvezza, e che con essi moltissimi l'avrebbero giudicato alla stessa maniera, con loro immenso danno spirituale, e per questo espresse il motivo della sua domanda, ricordando al Padre che gli aveva dato dominio su tutte le creature, per dare loro la vita eterna.
Gesù voleva morire nell'obbrobrio della croce, e si umiliava fino a quel termine, ma per la gloria stessa del Padre e per la salvezza delle anime domandò che la sua morte fosse accompagnata da segni prodigiosi che avessero diradato, almeno nelle anime rette e di buona volontà, le tenebre di quel tremendo mistero.
Egli era venuto per dare la vita eterna agli uomini; ora la vita eterna è questa, che gli uomini conoscano Dio e Gesù Cristo. La vita eterna riguarda due tappe, per così dire: quella della prova e quella della conquista. Sulla terra si tende alla vita eterna, e nell'eternità la si conquista; per tendervi bisogna credere nell'unico Dio, in tre Persone e, perché questa fede sia operativa e pratica, bisogna credere in Gesù Cristo Redentore. Credendo in Gesù Cristo Verbo Incarnato, si crede anche nello Spirito Santo, poiché l'Incarnazione fu compiuta per opera dello Spirito Santo. Nel Cielo la vita eterna consiste nella visione di Dio, e poiché non ci si arriva che per Gesù Cristo, consiste in un'eterna unione con Lui, come parte del suo Corpo mistico. Si contempla Dio vivendo in Gesù e per Gesù, si ama, si adora, si ringrazia, si gode Dio in Gesù e per Gesù.
Se questa è la vita eterna, sul Calvario non poteva apparire Dio come ingiusto e il Figlio suo come colpevole; era necessario che apparisse la gloria di Dio e l'innocenza della Vittima divina, e questo fu possibile solo per i prodigi che avvennero nella morte del Redentore, e il grandioso trionfo della sua risurrezione. Gesù Cristo domandò il compimento della glorificazione della sua stessa umanità nel cielo e lo domandò per il merito della sua obbedienza, e per ciò che aveva fatto per glorificare il Padre dicendo: Io ti ho glorificato sulla terra; ho compiuto l'opera che mi desti da fare, ed ora glorificami, o Padre, presso Te stesso con quella gloria che io ebbi presso di Te prima che il mondo fosse. La gloria che doveva venirgli dai prodigi del Calvario e da quello della risurrezione doveva culminare nella gloria eterna, dove la natura umana da Lui assunta doveva ascendere e sedere alla destra del Padre, resa figliola di Dio, e partecipe della gloria medesima del Verbo che l'aveva terminata. Era il sommo della gloria, e Gesù la domandò non solo per sé, ma per trasportarvi tutti gli uomini, fatti per Lui figli di Dio per adozione.
Che cosa era la gloria che il Verbo di Dio ebbe presso il Padre prima che il mondo fosse? Era la gloria divina di essere conoscenza sussistente del Padre, era la chiarezza ed il fulgore di eterna Sapienza, che conoscendo il Padre spirava col Padre l'eterno Amore; era l'eterna ed immutabile felicità di Dio stesso, che conoscendosi si apprezzava e si amava, infinitamente in atto ed infinitamente sazio di sé, per così dire. Innanzi a questo splendore di gloria la mente si perde e non sa dire nulla, e qualunque umana glorificazione appare tenebre.
Il Verbo eterno è glorificazione del Padre perché ne è conoscenza ed apprezzamento eterno; il Verbo Incarnato è glorificazione del Padre fra gli uomini, perché lo fa conoscere ed amare degnamente, nonostante la limitazione dell'umana creatura; il Verbo eterno è eterno inno di gloria e di lode, il Verbo Incarnato è olocausto di amore e, manifestando agli uomini le eterne grandezze di Dio, rende l'anima loro, in Lui e per Lui, olocausto di lode e di amore. Per questo Gesù, passando a pregare per i suoi cari, soggiunse: Ho manifestato il tuo Nome agli uomini che mi hai dati dal mondo, cioè li ho resi partecipi della tua conoscenza, e prego anche per essi, che in me sono una sola cosa perché hanno creduto alla tua parola: Erano tuoi e li hai dati a me, ed hanno conservato la tua parola. Avevano creduto alla testimonianza del Padre che lo aveva proclamato suo Figliolo, oggetto della sua compiacenza; avevano ammesso che Egli era una sola cosa col Padre, e che tutto quello che aveva veniva a Lui dal Padre, e questa fede li aveva congiunti a Lui; Egli perciò li presentava al Padre come figli veri di adozione, e lo supplicava a riguardarli come parte della sua stessa vita, ed a tutelarli per amor suo nei gravi pericoli che avrebbero incontrati nel mondo.
Gesù disse: Non prego per il mondo
Io prego per loro - soggiunse Gesù - non prego per il mondo, ma per coloro che Tu mi hai dato perché sono tuoi, e tutto ciò eh ' è mio è tuo, e tutto ciò eh 'è tuo è mio, e in essi sono stato glorificato.
Sarebbe errato il dire che Gesù non abbia pregato per il mondo, escludendolo così da ogni sua preghiera, riparazione ed espiazione. Gesù pregò per tutti e si offrì per tutti, anzi, specialmente per i peccatori, e quindi specialmente per il mondo che è tutto peccatore. Egli non pregò per il mondo in questa sua particolare preghiera, perché presentò ai Padre i suoi cari, e quelli che avrebbero fatto una sola cosa con Lui, uniti a Lui nel suo Corpo mistico. Egli pregava per la Chiesa sua, che sta agli antipodi del mondo, e logicamente pregando perché il Padre l'avesse conservata, accogliendo in essa gli uomini come sua porzione e sua eredità, non poteva pregare per il mondo. Era venuto a combatterlo ed a distruggerne lo spirito, e sarebbe stato un anacronismo se avesse pregato per esso quando pregava per la conservazione dello spirito dei suoi fedeli.
Il mondo è servo di satana, ne segue le massime, vive del suo spirito, ed è suo strumento nella lotta per la conservazione del suo regno tenebroso, e nella sua lotta contro la Chiesa. Con molta superficialità e leggerezza noi giudichiamo la vita del mondo come un'evoluzione storica di popolo e nazioni; mentre essa è solo, diciamo solo con sicura coscienza, una manifestazione del satanismo, tendente alla lotta contro la Chiesa e contro le anime. I grandi eventi storici contemporanei specialmente, e quelli immediatamente passati sono congiure diaboliche per distruggere lo spirito, il prestigio e la vita stessa della Chiesa. La rivoluzione francese, per esempio, non fu una rivolta di popolo anelante alla libertà, fu una congiura satanica per togliere la libertà alla Chiesa e impedirle di salvare. La rivoluzione bolscevica non è stata e non è l'aspirazione del popolo verso una più alta giustizia sociale come si blaterò, ma è stata ed è la base e il fondamento per la cristianizzazione del mondo.
La spaventosa guerra nazista, alla quale assistemmo, non è la rivincita di un popolo umiliato dalla guerra mondiale, ma un movimento avvolgente per isolare la Chiesa dai popoli e darle il colpo finale. Nella prima guerra mondiale si disse apertamente che si voleva togliere alla Chiesa ogni prestigio diplomatico, e si cercò di distruggere le nazioni cattoliche, che ancora avevano per lei una venerazione, per quanto solo politica e sterile. Non ci si riuscì, perché Dio deride i popoli coalizzati contro di Lui e il suo Cristo; anzi il prestigio diplomatico della Chiesa si accrebbe, ma a questo tendeva quel movimento, come risulta da documenti storici irrefragabili.
Ora il pericolo è più grande, immensamente più grande: satana ha mobilitato tutte le sue forze, dentro e fuori la Chiesa, ha scelto la tattica, così cara agli eserciti moderni, dell'accerchiamento a tenaglia, ha adottato un sistema di lotta che dovrebbe portare alla completa distruzione della Chiesa.
Satana fa dell'hitlerismo e del nazismo in piena regola, fa del fascismo e del comunismo per conto suo, mentre le sue forze tenebrose avanzano.
È la guerra moderna che deriva da lui, ed è lui che muove questa spaventosa macchina della guerra moderna per i suoi fini: egli ha ordinato la sua quinta colonna hitleriana, cercando di prendere in mano i centri vitali della Chiesa. Il modernismo, quello biblico specialmente, che toglie praticamente ogni vita ed ogni valore alla Sacra Scrittura, e scrolla con i dubbi le basi della stessa teologia, è la colonna interna che cerca di disorientare la Chiesa. Esso ha anche i suoi paracadutisti, quelli che scendono dal cielo, armati come nemici, e sotto veste di angeli, o veste di zelanti, per distruggere ponti, vie, ferrovie e campi di aviazione. Questi disgraziati “paracadutisti” sono quelli che combattono il bene nel seno della Chiesa, dissimulati come zelanti contro le superstizioni e la falsa pietà.
I tedeschi usano potentissimi riflettori nel combattimento, per abbagliare ed accecare i nemici; è la luce che diventa fonte di tenebre, di disorientamento, di sfinimento e di morte. Alla luce uniscono l'offensiva degli urli meccanici: gli aeroplani che si precipitano ruggendo spaventosamente, e le bombe che urlano tutte insieme a migliaia. Satana acceca coi riflettori della cosiddetta civiltà58, con la falsa scienza, con le tentazioni, col far ripudiare il soprannaturale accecando con luci abbaglianti, che producono tenebre fitte. Urla poi col movimento stesso della vita sociale e nazionale, disorientando tutta la vita interiore, e rendendole impossibile orientarsi a Dio. La tremenda schiavitù nella quale vivono i popoli, il lavoro forzato, la mobilitazione civile, la rinunzia alla vita individuale, nell'idea di satana non sono mezzi per rendere tutta la nazione combattente, ma per annientarne la vita dello spirito. Avanzano i tedeschi con le divisioni blindate e motorizzate, con i carri armati che si arrampicano per le colline, scendono nelle valli, superano ostacoli, saltano come cavallette, travolgono tutto, e ad essi seguono i lanciafiamme, tra il rombare spaventoso dei cannoni e il crepitare assordante delle mitragliatrici.
Satana avanza nel trionfo della materia che travolge la vita dello spirito, lancia le fiamme delle passioni, le fomenta in tutti i modi, e fulmina tutte le energie dello spirito sgominandole. Egli ha come i nazisti, i comunisti e i fascisti l'offensiva dei nervi, la guerra degl'inganni e delle menzogne, per disorientare le anime, e tutto tende alla rovina della Chiesa e delle anime, come vi tendono questi immani eserciti che avanzano. I turchi con le loro guerre spariscono come pigmei innanzi ai giganti. Le grandi guerre della storia sono come giochi di fanciulli, le passate rivoluzioni sono come baruffe d'infanti.
E questo il mondo per il quale Gesù non pregò, quando pregò per i suoi cari e per la sua Chiesa; Egli si preoccupò logicamente non della fiumana di fango, ma della liberazione di quelli che potevano esserne travolti; Egli pregò per l'annientamento del regno e delle forze di satana. Per questo, con accoramento paterno, guardando i secoli futuri, e guardando questo nostro secolo satanico, compatendo le condizioni di quelli che si sarebbero trovati a contatto, alle prese ed in lotta col mondo satanico, esclamò: Io già non sono più nel mondo, poiché la mia morte dolorosa è imminente, è sopraggiunta già, ed io vengo a Te, o Padre, ma i miei sono nel mondo, e si troveranno sconquassati dalle sue lotte. Padre santo, santità per essenza, mèta ultima della santificazione delle anime, felicità eterna di quelle che si santificano nella Chiesa e per la Chiesa, conserva nel tuo Nome quelli che mi hai dato; affinché siano una sola cosa come lo siamo noi.
Sac. Dolindo Ruotolo

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